martedì 9 dicembre 2014

c'è del marcio...

Scoppia Mafia Capitale.
E tutti si stracciano le vesti.
E giù di nuovo a parlare di mele marce, di criticità da correggere, di singoli da condannare.
Qui il problema non sono le mele: le cassette sono di finto legno, e corrono su Tir inquinanti, e vanno su strade che poggiano su scarti tossici, e sono indirizzate verso mete orripilanti.
Altro che mele marce!
La politica dei partiti è strutturalmente, essenzialmente corrotta.
Il sistema rappresentativo rappresenta soltanto gli interessi dei potenti, dei ladri e dei corruttori.
Purtroppo siamo arrivati qui, da decenni.
Altro che questione 'morale'...! Altro che richiami all' 'onestà'...!
Solo alcuni (quelli del Fatto quotidiano, ad es.), pongono la questione su binari non ipocriti.
Il resto di quel che si sente e di quel che si fa è semplicemente vergognoso.

Il marcio delle famiglie si rivela ogni giorno, nonostante la retorica maternalista e paternalista, buonista e cattocomunista.
Ora le insegnanti ragusane hanno difficoltà a spiegare ai loro alunni chi ha ucciso Loris (la madre). Ed anche il marito 'non vuole crederci'.
Se si continua a pensare che la famiglia sia un bene prezioso, che i problemi arrivino sempre da fuori e da chi non sta in famiglia, che il mostro abiti altrove, è chiaro che si può restare senza parole.
Ma se davvero affrontassimo la violenza familiare come elemento centrale della nostra società (sia per la repressione sessuale che essa incarna, sia per i rapporti tra i generi e per quelli tra generazioni) tutto questo risulterebbe ovvio e facile da spiegare, a noi stessi e ad altri (soprattutto ai bambini).
E invece no: si lasciano da parte studi e statistiche e si continua con i luoghi comuni.
C'è del marcio, e molto, in tutti quelli che ancora se ne scandalizzano...

C'è del marcio nel proseguire a insistere sul mantra del lavoro e dell'occupazione.
Anche qui, con liberisti, socialisti e cattolici uniti nella lotta.
Nessun tema tiene più incollate le culture e le retoriche del 900 quanto il lavoro e la crescita.
Eppure, sino a quando non ne usciremo, soffriremo da cani.
Quelli che lavorano ( e che non lavoreranno più) molto di più di quelli che non hanno mai avuto bisogno di lavorare (i ricchi) o che 'lavorano' con stipendi che superano di mille e mille volte quelli dei loro sottoposti.
La mitologia del lavoro sta alla base dell'ingiustizia sociale più profonda, perchè copre la violenza della sperequazione nella distribuzione dei beni, delle proprietà, delle rendite e del denaro.
Niente è più marcio oggi di un'aristocrazia che fa finta di pensare e di soffrire per il lavoro di chi sta sotto, che lavori o che non lavori.






1 commento:

  1. Senza la mia famiglia, responsabile di tutti i traumi e i conflitti che mi porto dentro, complice dei miei disturbi d'ansia e di non so bene quale altra psicopatologia (psicologi e psichiatri sono catgorie molto creative), sarei perduta. Ho vissuto drammi e disperazioni più o meno comuni ad ogni essere sulla terra. Ma quando mi guardo intorno vedo solo estranei. Gente indefinita. E l'erba del vicino (sessualmente e non) non è poi tanto più verde della mia. Chi sono tutti questi che vedo per strada, di cui somo di cui immagino? Pensandoci non mi interessa granchè. Ma senza la mia famiglia mi sento davvero sola. In mezzo a tutta questa...gente. Concordo sulla retorica del lavoro. Ma non sulla violenza come conseguenza della vita familiare. Questa teoria è un effetto del consumismo che a quella retorica si ricollega. Siamo diventati uomini usa e getta e in questo c'è molta più violenza dell'impegno che una scelta (qualunque) comporta.

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