martedì 24 febbraio 2015

migliaia di kilometri...

Suvarnabumi primo aeroporto, e superformicaio, di Bangkok.
Arrivare al vecchio aeroporto di Don Mueang, ora solo per lowcost, è stata un'impresa.
48 ore di viaggio quasi ininterrotto, 6 aerei in tutto, sono iniziate alle 7.00, col taxi di Jeffrey, lo studente che ci ha fatto un po' da autista in questi ulimi giorni.
Primo volo da Miri alle 8.35, con atteraggio a Bintulu e poi a Sibu.
Da qui, alle 12.40, sarebbe dovuto partire l'aereo per Kuala Lumpur, ma aveva già 40 minuti di ritardo.
E così, siamo arrivato nell'aeroporto della capitale correndo come forsennati, a perdifiato, proprio al limite del tempo. Ci hanno concesso di salire in extremis, quasi per pietà, senza neppure prenderci i bagagli, che ci siamo dovuti trascinare dietro.
Il gate L13, me lo ricorderò finchè vivo, era il più lontano nel corridoio infinito.
E ovviamente l'unico aereo che partiva in perfetto orario oggi era proprio quello, il nostro.
Un incubo...finito bene.
Ansimanti, distrutti, in coma, ma ce l'abbiamo fatta.
Ora attendiamo l'una di notte, ora in cui dovrebbe partire l'intercontinentale per Il Cairo.
Tra un'oretta consegneremo i bagagli, se tutto va bene.
Con i pochi bath thailandesi che ci erano rimasti dall'inizio del viaggio (ormai un mese fa), ci siamo fatti un hamburger, patate arrosto e birra Singha.
Gli ultimi ringit malesi, invece, li abbiamo usati per arachidi e barrette al cioccolato.
Insomma, il viaggio sembra proprio finito, infine e finalmente.
Abbiamo visto 20 luoghi in 42 giorni, girato 3 nazioni, usato tutti i mezzi di locomozione possibili (auto, bus, treni, taxi, barche d'ogni tipo, risciò a pedali, motorini, bici...), visitato città antiche e supermoderne, parchi e foreste, fiumi, isole coralline e mari cinesi, sulawesi, indiani e indonesiani.
Cos'altro dire ? Che siamo stanchi, senz'altro.
Che siamo appagati da tutto quello che abbiamo incontrato.
E che, per quanto mi riguarda, non sarà l'ultimo viaggio qui: prossime mete ancora più a sud, direi.
Indonesia, Bali, verso l'ultimo continente che mi manca ormai, l'Oceania.
Ma se ne riparlerà per l'anno prossimo, credo.
Ora mi riposerò un po', nella mia casetta, ne ho proprio bisogno.
Quando pubblicherò questo post, sarò già lì (qui non ho campo, ora).
Buonanotte da qui, anche se per voi sono solo ancora le quattro del pomeriggio.

P.S. E invece no, trovo una gentil rete all'aeroporto del Cairo, alle 7 di qui, e lo pubblico subito.
Ancora due piccoli salti ormai, verso Milano e casa.
Ma arriveremo solo stasera.
Baci a tutti, e a presto...





lunedì 23 febbraio 2015

primi e ultimi sguardi dal sarawak

 templi taoisti in festa per il chinese new year





 tramonto alla foce del fiume miri, a miri
 altro tempio taoista a marudi
 arcobaleno e lampi
tramonto sul fiume baram
 si riparte verso kuala baram
e domani sull'aereo per tornare a casa....

venerdì 20 febbraio 2015

a proposito di incrinature

Naturalmente tutta la vita non è altro che un processo di deterioramento, ma i colpi che formano il lato drammatico dell'impresa, i grandi colpi improvvisi che vengono, o sembrano venire, dall'esterno, quelli che si ricordano, cui si attribuisce la responsabilità di tante cose e di cui, nei momenti di debolezza, si parla agli amici, non rivelano il loro effetto tutto a un tratto.
C'è un altro genere di colpi che viene dall'interno, che non si sente se non quando è troppo tardi per correre ai ripari, quando ci si rende definitivamente conto che in un modo o nell'altro non ci sarà più l'uomo in gamba di un tempo. Il primo genere di crollo sembra verificarsi rapidamente, il secondo avviene quasi a vostra insaputa, ma uno se ne rende conto davvero con subitaneità.

La vita, una decina di anni fa, era soprattutto una faccenda di carattere personale. Dovevo mantenere in equilibro il sentimento della futilità dello sforzo e quello della necessità di lottare; la convinzione dell'inevitabilità del fallimento e tuttavia la determinazione di 'riuscire': e più che tutto questo, la contraddizione fra la mano morta del passato e le elevate intenzioni del futuro...
per diciassette anni, con un anno di deliberato ozio e riposo, le cose sono andate avanti così...
Vivevo intensamente, anche, ma: 'Fino ai quarantanove, tutto andrà bene così', dicevo.
'Posso contare su questo. Per un uomo che è vissuto come sono vissuto io, questo è tutto quello che posso chiedere'.
E quindi, a dieci anni ancora dai quarantanove, mi resi conto a un tratto d'essere prematuramente scoppiato.

Improvvisamente sentii, d'istinto, di dover essere lasciato in pace.
Non volevo vedere nessuno, assolutamente nessuno. Avevo visto tanta di quella gente durante tutta la mia vita...Vivevo in un mondo di imperscrutabili avversari e di inalienabili amici e sostenitori.
Ma ora volevo essere lasciato assolutamente in pace, per cui disposi un certo isolamento dalle ordinarie preoccupazioni.
Non fu un periodo infelice. Scomparvi e avevo sempre meno gente intorno.
Mi accorsi di essere stanco morto...
Poi, ad un tratto, sorprendentemente, cominciai a migliorare.
E mi crepai come un piatto vecchio appena ne ebbi notizia...


(F. Scott Fitzgerald, Il crack-up (L'incrinatura), 1936)

tra un sabah e l'altro

 nei giorni scorsi abbiamo noleggiato una Viva...


 e siamo arrivati in posti sperdi tra le montagne...


tra cascatelle e ponti sospesi, davvero molto sospesi, in mezzo alla foresta....
 e il monte kinabalu ci guardava passare...

poi siamo andati a trovare i fieri bajah, gli zingari del mare...


 e siamo tornati a KK, tra pescherecci e pizze buonissime al ristorante Little Italy.

 E concludiamo con un'immagine di Labuan, l'isola della Perla...
e noi che affrontiamo lo stretto di mare su uno speedy boat davvero divertente...
 ed un saluto dai simpaticissimi (e ricchissimi sfondatissimi) sultani del Brunei...

erranze e incrinature

Spesso, quando arrivi quasi alla fine di un viaggio così lungo e impegnativo, inizi a sentire una stanchezza profonda, un desiderio di tornare, di ritrovare la tua casa.
E' un buon segno sul viaggio, significa che l'hai vissuto, che ti ha provato, che è davvero finito, e ti ha davvero finito, consumato, sfinito, sfoderato, sfiancato.
E l'errare si fa maldestro, gli errori da stress si succedono: sbagli una data di prenotazione dell'ostello, non vedi una clausola del biglietto aereo, studi meno le situazioni e ti trovi talvolta all'improvviso in brache di tela.

Ieri, ad esempio, è stata una giornata così: il Capodanno cinese non ci ha portato bene.
Da Labuan, fila di un'ora per fare i biglietti dello speedy boat (che è stato divertente, mezzora per raggiungere Menunbok, saltando di brutto sulle onde, con un vecchietto impassibile alla guida).
Arrivati lì non ci sono bus per Miri. Ci tocca risalire sino a Kota Kinabalu (che non ci molla mai, quando pensiamo di averla lasciata ci riprende sempre...), due ore di maxi taxi.
Ma anche da Kota scopriamo che l'unico bus partiva oggi alle 7.30, e peraltro ci mette 10 ore!
Dormiamo al Grand M Hotel, roba da cinesi in piena festa.
Ieri notte, per concludere in bellezza, gamberoni non freschissimi in una bancarella del porto.

E stamattina abbiamo vissuto tutta l'assurdità delle frontiere e degli stati: per andare dal Sabah al Sarawak ci hanno messo 10 visti in 10 ore sul passaporto: uscita dal Sabah, entrata in Sarawak, uscita Sarawak, ingresso Brunei, uscita Brunei, ingresso Sarawak, uscita Sarawak, ingresso Brunei, uscita Brunei, ingresso Sarawak,,,!  Per capire il perchè di tutto questo, oltre che per riconsiderare la stupidità e la ridicolaggine dell'uomo, guardatevi la cartina...

Arriviamo a Miri (alle 18!), un taxista ci porta con la sua auto alla Cocottecottage, mentre noi avevamo prenotato alla Coco House. Secondo lei è quella, ma non è così.
Scendiamo e prendiamo un altro taxi, ma il taxista improvvisa, non sa dov'è il posto.
Sullo specchietto c'è una foto del taxista, ma non è la sua.
Scendiamo inferociti, senza pagarlo, e troviamo l'ostello a piedi.
Distrutti.

Che giornate!
E' stato sinora un viaggio tecnicamente quasi perfetto, senza troppi problemi logistici.
Ma, in questi ultimi giorni, gli errori e le erranze si sovrappongono di più, ed è la fase più dura.
La coda di un viaggio.
E' come se qualcosa all'improvviso si incrinasse.
E puoi solo accettare, e attendere di tornare dall'esilio dorato in cui hai vissuto ormai per un mese e mezzo.
Mancano pochi giorni, staremo qui a Miri per quattro notti, domani ci riposiamo, poi faremo qualche giro qua intorno e poi si va verso Bangkok tanti giorni dopo, e a casa...


martedì 17 febbraio 2015

merdeka !

Merdeka!
Immaginatevi cosa vuol dire qui ?  Libertà.
Piazza della Merdeka, Viale Merdeka, Largo Merdeka...
Popolo della Merdeka, etc etc...
Ed immaginatevi le manifestazioni politiche: Merdeka, merdeka...!
Insomma, una politica di merda, come da noi.
La nostra libertà è una merda, basta solo capirlo. Qui è più facile.

Riso si dice Nasi.
Ordinare nasi a pranzo, divertente no ?
Nasi ai funghi, al maiale se non sei in un restoran islamico, nasi in brodo, nasi goreng (fritto).
E gli spaghetti si chiamano Mee, che si legge mii.
Voglia di mangiare mee stesso (ogni tanto lo vorrei) ? Qui puoi.
Se non vuoi mangiarti tutto, almeno il naso...

A proposito di mangiare: ieri, ottima pizza Napoletana al Ristorante Little Italy.
Un tipo davvero in gamba, con nonna italiana che ha fondato il ristorante.
Locale sempre pienissimo di malaysiani, prezzi un pò alti, ma grande qualità e cura.
Se gli italiani fossero un pò borneani sarebbero migliori ?

Appena arrivati, con un aliscafo lento, all'isola di Labuan.
Niente perle in giro, e neanche un segno su Salgari (così come a Sandakan).
E' una storia solo nostra, tutta italiana.
Loro non ne sanno nulla, pare.
Tra poco in spiaggia, c'è un bel sole.
Ieri pomeriggio abbiamo raggiunto il villaggio degli zingari del mare, i bajah, che vivono ancora su palafitte, in uno scenario da paradiso terrestre, poco sopra la capitale, a Mengkabong.
Un popolo di ex corsari, che ora è venuto a patti con lo stato, ma restano diversi, ancora zingari, anche nei tratti.
Un tuffo in una vita che resiste, fatta di barchette tra un canale e l'altro, di casette in legno sul fango, di bambini che giocano e chiedono denaro, di donne forti e uomini silenziosi.
Qui, nei ristoranti, sono sempre gli uomini ai fornelli e le donne che gestiscono i locali e servono ai tavoli.
Beh, si è fatto tardi.
Appena Diego si sveglia (gli capitano delle fasi di mancamento...), al mare...!
Che vita di merdeka, eh...









lunedì 16 febbraio 2015

l'italia mi manca

L'Italia mi manca, molto.
Mi è mancato Sanremo, tanto.
Ho saputo che hanno vinto quelli de Il volo. Giovani neo-romantici in ritardo di qualche era geologica.
Io mi accontento degli scoiattoli volanti.
Un festival molto seguito: gli italiani sono proprio disperati, ormai.

Mi è mancato molto anche San Valentino.
Qui sono in preda al Capodanno cinese, ma qualche bacio e regalo i fidanzati se li fanno anche qui.
Io donne qui le ho solo viste, sempre che si mostrino.
Fanno il bagno sempre vestite!
Le vietnamite: belle e sensuali, scattanti e curiose.
Le thailandesi: eleganti e sofisticate, gentili ma frigidine e formaline.
Le borneane: grassottelle e procaci, tratti tra il polinesiano e l'indiano, molto sorridenti.

Ho visto che l'Isis è arrivata in Libia e che gli italiani scappano da lì.
Stanno arrivando molto vicini, a sud.
Speriamo che almeno riescano a sconfiggere la mafia in Sicilia, quando sbarcheranno.
Qui gli islamici non mangiano carne di porco, ma per il resto non mi sembrano tanto cattivi...

Mi manca molto il dibattito politico italiano, sempre nuovo e pieno di sorprese.
Non vedo l'ora di tornare e seguirmi di nuovo tutti i telegiornali.
Per ora vedo la tv malese, 5 canali in tutto: soap opera e X factor di provincia a gogò.

Ieri notte alle 22 ho visto il Cagliari in streaming.
Buona partita, solita difesa assurda, buona grinta.
Ma di questo passo si va in B.
Mi sa che incomincio a cercare un posto per Cossu nel campionato malese.

Oggi mi sono crogiolato nelle vasche di acqua calda sulfurea, ai piedi del Monte Kinabalu.
E dei pescioni  hanno smangiucchiato i miei di piedi, e pagavo io per giunta...!
Domani ancora qui in zona, ma cercheremo di salire più in quota.
E dopo andremo a cercare la Perla di Labuan.
Tra poco più di una settimana mi troverò a Malpensa: orrore!




sabato 14 febbraio 2015

laggiù nel paese dei tropici...

Lungo, quasi infinito viaggio tra Sandakan e Kota Kinabalu, 7 ore di bus, tra strade curvose, in un saliscendi continuo.
Ma in un paesaggio straordinario: colline ammantate di palme e banani, foreste pluviali e fiumi con rapide, cielo terso e luce magica.
E poi lui, il gigante Kinabalu, più di 4000 metri, circondato da nebbia e pioggia scozzese.
La pioggia è proseguita per tutta la notte, ma stamattina era belllissima.
Lancia veloce e giù verso le isole coralline di fronte alla città: uno spettacolo!
Fare il bagno, guardarsi intorno circondati da piante e alberi altissimi e ombrosi, nuotare tra i pesciolini dai mille colori, in un acqua tiepida e sotto un sole cocente, che cosa si può volere di più ?

Il viaggio va verso i suoi ultimi fuochi.
Non abbiamo programmi che vadano oltre il giorno dopo.
Abbiamo affittato una piccola auto, che si chiama Viva.
Da domani gireremo il Sabah, e andremo anche a trovare il sacro monte K. (regno dei morti, per i locali...) e la Rafflesia, il più grande fiore della terra.
Forse toccheremo anche l'isola della Perla di Labuan, tanto per completare la saga.

Il Capodanno cinese inizia ad impazzare, tra lanterne rosse, dragoni e fuochi d'artificio.
Il giorno clou dovrebbe essere il 19, se abbiamo capito bene.
Ma allora perchè il Tet in Vietnam è il 15 ? Misteri della fede.
E' incredibile la multiculturalità di questo paese: islamici, cristiani, buddhisti, induisti, confuciani, cinesi, indonesiani, indigeni, tutti sotto lo stesso tetto.
Quanto durerà ancora ?
Anche qui l'integralismo inizia ad emergere, e sono molto preoccupati per la tenuta del paese.

Nuove foto borneane nei prossimi post...



giovedì 12 febbraio 2015

tra bancomat e orang utan

Scrivo queste righe spaparanzato al tramonto, dentro la foresta pluviale del Borneo, circondato da alberi altissimi, acqua e cielo che riluce dolcemente. Succo di papaya e molto ghiaccio.
Giornata molto calda, trascorsa a cercare di vedere orang utan tra le fronde e le liane del parco.
Abbiamo visto i piccoli, orfani in riabilitazione.
Ed anche qualcuno più grande, a mangiar banane e papaya sul cassero.
Ed una mamma, col piccolo avvinghiato addosso, che saltellava da un albero all'altro.
Qualche giorno fa siamo andati a vedere macachi e scimmie con la proboscide, ed anche una crocodile farm.
E' bello vederli, i coccodrilli, nella loro feroce immobilità, che all'improvviso scatta e terrorizza.
Ma anche triste, vederli così, ridotti a fenomeno per turisti.
E così anche le scimmie, per quanto bellissime, danno da pensare sulla vita che stiamo conducendo, noi e loro: noi lì a pagare per fotografare gli ultimi superstiti in cattività, loro a cercare di resistere all'estinzione.

Anche la mia carta di credito si è estinta, divorata dal bancomat feroce di una banca cinese, la UOB.
Da qualche giorno stavo provando invano a ritirare soldi col bancomat.
Alla fine ho fatto alcuni tentativi anche con la carta, ma al terzo l'ha ingoiata e immediatamente distrutta (così mi ha comunicato la gentile impiegata, sorridendo e compiangendomi, come davanti a un lutto).
Non abbiamo trovato i pirati, ma il bancomat della tortuga certamente sì...!

Ci apprestiamo ora ad un lungo viaggio in bus, domani, verso la capitale del Sabah, Kota Kinabalu, nota come KK, sede del mitico monte Kinabalu, 4200 metri, il più alto di Asia e Oceania, a est dell'Himalaya ovviamente...
Città, ma soprattutto il parco, in cui cercheremo di stare un pò (ma senza scalate e ascese ardite).
La Malaysia è molto più tranquilla e lenta del Vietnam, più semplice e diretta della Thailandia.
Sandakan ci ha accolto amorevolmente.
Stanotte un topolino ha rosicchiato le nostre patatine sul tavolino, dentro la stanza in hotel...






lunedì 9 febbraio 2015

immaginatevietnam




da un fiume all'altro, qui sopra attraverso i canali della bella Hoi An...
e sotto nel delta del mekong, intorno a Ben Tre...