mercoledì 31 dicembre 2014

ma renzi resta...


Discorso fine anno: quello che Napolitano non può dire

Discorso fine anno: quello che Napolitano non può dire
Politica & Palazzo

Pierfranco Pellizzetti
Saggista
Italiane e Italiani, concittadini,
è con viva e vibrante soddisfazione che in quest’ultima apparizione – quale vostro Presidente – posso chiudere il difficile anno 2014 con una rassicurazione rivolta a tutti voi: sul ramo annoso della nostra Repubblica si sono schiusi fiori novelli, pronti a maturare in frutti copiosi la prossima stagione. La ragione per cui ora posso adire il mio meritato riposo, fiducioso che il testimone è stato passato a giovani mani, che lo faranno correre verso il traguardo con rinnovata lena.
Consolazione che discende dalla lieta scoperta che un bello guaglione, giunto fra noi dalla nordica Rignano sull’Arno, ha fatto propri gli insegnamenti di imperitura saggezza che indegnamente ho sempre cercato di promuovere; non solo nel periodo presidenziale, ma in tutta un’esistenza al servizio del bene supremo: prendere per il naso il popolo con il gioco delle tre carte.
Spero abbiate capito, qui si parla dell’ammuina come suprema arte partenopea del non muoversi di un passo, eppure dando l’impressione di essere tarantolati dalla frenesia: chi sta a destra vada a sinistra e chi è a sinistra vada a destra, chi sta sotto salga sopra e chi è sopra scenda sotto. E Matteo Renzi si è subito rivelato un vero artista in materia, meritando giustamente l’ambito premio “Francischiello d’oro”.
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All’inizio c’erano state delle incomprensioni tra noi, non lo nascondo. Come quando mise scuorno a un mio fedelissimo, il caro staisereno Enrico Letta. Presto ci siamo capiti. Lo insegna Eduardo, c’è solo una cosa che non dice bugie, ‘a morte.
Quale migliore esempio di ammuina potremmo indicare delle apprezzabili applicazioni da parte del governo durante il 2014? Una cancellazione delle Province che ne mantiene in essere l’apparato e i costi per intero, una riforma del lavoro che non crea assolutamente lavoro, un risanamento del Senato mettendoci dentro i pezzi più avariati della rappresentanza locale (il personale selezionato dai consigli regionali dediti alle spese pazze). Straordinari esempi di “moto immobile” di derivazione aristotelica e scolastica. Seppure, quanto a sua insaputa?
Certo, il nostro giovane deve ancora crescere smettendola dipazziare con promesse di una riforma ogni due giorni: ‘a coppa a Sant’Elmo vo’ piglià o’ purpo a mmare.
Però le cose che contano lui le ha capite, rivelando sicuro istinto di appartenenza alla corporazione politicante (mimetizzata con lasceneggiata delle rottamazioni). Per cui avanzo la mia paternità spirituale nei confronti del caro bambiniello; in misura ancora superiore a quella del suo primo mentore, Silvio Berlusconi.
Tutte le mosse che Matteo Renzi ha compiuto sinora rivelano sempre un intento rivolto alla stessa stella polare che mi ha guidato nell’ormai quasi secolare carriera politica: tenere a bada la plebaglia come missione primaria della Casta politica. Quella Casta politica che va difesa in quanto vera aristocrazia della Repubblica, intoccabile e insindacabile.
Il caro Matteo lo ha capito benissimo, spazzando via lo strumento del voto con cui scalzacani e camorristi pretendevano di interferire con i superiori intenti del ceto superiore, i politici. Difatti per le Province e il Senato non si vota più. Per le altre istituzioni sta andando a gonfie vele l’operazione di scoraggiamento del corpo elettorale a esercitare quell’intollerabile privilegio (qualcuno ha lapazzia di definirlo “diritto”) del dire la propria sulle decisioni che lo riguardano; portando l’astensionismo a vette insperate. Ma andiamo… a che punto può arrivare l’impudenza: lascino fare a chi ne sa più di loro. E non prestino orecchio a qualche raro Masanielloche vorrebbe convincerli del contrario. Da parte mia ho ampiamente redarguito i giudici affetti da protagonismo e che vorrebbero sindacare. Il governo renziano – sono certo – farà capire come e quanto è cambiato il vento ai sopravvissuti di un giornalismo che avrebbe ‘a fantasia di informare.
La scena pubblica sta così diventando una bella Commedia dell’Arte dove tutti staranno buoni ad ammirare le filastrocche del Pulcinella che ha sciacquato i panni in Arno. E anche il vostro Presidente – cari inferiori – potrà finalmente riposarsi. Mentre la nuova stagione di politica beatificata vi esenterà dal pensare.
Esercizio pericoloso a cui non siete adatti. Se è vero che ogni minuto muore un imbecille e ne nascono due.
Statemi bene.
Viva l’Italia, viva la Repubblica, viva la Casta.

l'anno se ne va, napo se ne va...al diavolo!

POLITICA & PALAZZO

Napolitano, ultimo atto

Paolo Becchi
Docente universitario
Giorgio Napolitano alla colazione di lavoro del prossimo Consiglio EuropeoCiò che dirà questa sera ilCapo dello Stato sarà, in fondo, del tutto irrilevante, e senza importanza. Quello che conta, ormai, è la sua decisione di abdicare, in un momento in cui nulla di quello che egli aveva espressamente auspicato è stato realizzato.
La legge elettorale è ancora quella che risulta dai “tagli” causati dalla sentenza della Corte costituzionale sul Porcellum, e viene da chiedersi, al di là degli aspetti squisitamente giuridici, come sia possibile la continuazione nel tempo della legislatura con un parlamento eletto attraverso una legge elettorale illegittima. La riforma istituzionale è soltanto all’inizio di un lungo percorso di cui è tutt’altro che certa la conclusione.
Inutile, infine, trincerarsi dietro la fine del semestre europeo, in cui la nostra presidenza non ha prodotto alcun vantaggio per il nostro Paese.
L’unico vero risultato è stato il Jobs Act, il quale, non creerà alcun nuovo posto di lavoro, ma garantirà quella libertà di licenziare  che l’Europa neoliberista da tempo ci chiede.
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Perché, dunque, lasciare proprio adesso? Forse perché anche Napolitano è ormai “un po’ stanchino”? O forse perché il vero obiettivo implicito del suo secondo mandato è stato, in realtà, realizzato?
Napolitano è stato rieletto per bloccare quell’aria di rinnovamento che, dopo anni, si è respirata a pieni polmoni con l’elezione politica del febbraio 2013, portando prepotentemente sulla scena un nuovo soggetto politico: il M5S. Da allora è cominciato un lavoro di logoramento condotto anche in prima persona da Napolitano con continue esternazioni contro il M5S, che si sono attenuate con il tempo solo perché, nel frattempo, Renzi si è rivelato, da solo, sufficiente a mandare in crisi le strategie del movimento.
Il “lavoro sporco” di Re Giorgio sembra aver funzionato: Napolitano lascia nel momento in cui il M5S risulta oggettivamente indebolito, non solo dalla emorragia consistente dei suoi portavoce (26 parlamentari hanno lasciato il gruppo parlamentare o sono stati da esso espulsi), ma forse ancor più dalle ultime scelte politiche (dal voto di scambio con il Pd tra Zaccaria al CSM e la Sciarra alla Consulta, alla nomina di un “Direttorio” e di un Comitato di garanzia), le quali danno l’impressione che il Movimento stia sempre più assumendo la forma del partito politico, dopo averci fatto sognare una “democrazia senza partiti” di olivettiana memoria.
Napolitano lascia perché crede che il pericolo, che per lui rappresentava il M5S, sia ormai scongiurato.
Re Giorgio passerà alla storia per aver architettato un ‘colpo di Stato’ contro un governo democraticamente eletto nel 2011 e per essere riuscito, con la sua rielezione, a fermare il sogno di un cambiamento. Certo, la vera ‘svolta autoritaria’ non è ancora compiuta. Ma il Re può, ormai, lasciare che le cose si facciano anche senza di lui: ormai il più è stato fatto, non resta che ultimarlo. E, per questo, basterà Renzi. Sarà lui a dare le carte per l’ elezione del successore. Come andrà non sappiamo, ma una cosa è certa: la rielezione di Napolitano fu una tragedia nazionale, quella del suo successore una farsa.