venerdì 5 giugno 2020

uomo avvisato...ma non salvato!


Siamo agli ultimi avvisi.
Dopo, ci saranno solo i titoli di coda. E le lacrime di coccodrillo, e i gemiti dolorosi degli uomini.
La catastrofe ha indossato la sua corona regale e si aggira nelle nostre vite, alla faccia di malinconici indizi e istinti di ripartenza. Solo colpi di coda di un gigante ormai impazzito e irredimibile. Siamo solo patetici nel nostro irrimediabile riprendere e riprenderci.
Una bella botta è finalmente arrivata addosso come un tir in corsa, proprio a noi che correvamo per le strade come formiche isteriche, distrutte di lavoro, di non-lavoro e di forsennate, insensate esistenze.
Non si è trattato, come altre volte, di catastrofi limitate, circoscritte, brevi o lontane.
E ci ha colpito per sempre, perlomeno per il tempo di chi vive, è nato, cresce in questi e nei tempi prossimi a venire.
I proclami dei nostri governanti promettono ancora pace e prosperità, ma chi li ascolta spera per un attimo, ma ormai sa. Lo sappiamo, lo sentiamo tutti.
Sappiamo che non ne usciremo più, vivi.
Quanto più cercheremo di uscirne, ma con i soliti mezzi ed i soliti fini (che da tempo coincidono), e più sprofonderemo negli abissi, più aumenteranno le probabilità ed i rischi di catastrofi di massa come quelle appena vissute.
Il pericolo non viene da fuori.
Siamo noi, i nostri stili di vita, i nostri consumi a generare le condizioni perchè i virus si moltiplichino e si diffondano tra specie.
Siamo noi, le forme organizzate ed istituzionali che abbiamo dato alle nostre società, a determinare quella gestione catastrofica delle catastrofi e delle ripartenze che ci condurrà a finire miseramente.
Siamo noi a uccidere noi stessi e a tentare di far fuori la Terra su cui poggiamo i piedi.
Vedrete che ce la faremo.

PS: Un ultimo consiglio di lettura, che riassume in breve quasi tutto quel che ho scritto su questo blog e sui miei libri: Donatella di Cesare, Virus sovrano ?, Bollati Boringhieri, appena uscito.
Forse potete trovarlo ancora anche in edicola, perchè c'è stato un anticipo del testo, abbinato a Repubblica-L'Espresso, a fine maggio.
PPS: Credo che ora riprenderò a tacere su queste pagine, almeno per un po', sino alla prossima catastrofe. Riprendo a far parlare la realtà. Le parole, tanto, stanno a zero...

lunedì 1 giugno 2020

no potho respirare


Da molto tempo non andavo a sedermi e a leggere al giardinetto.
La situazione è peggiorata: sporco, abbandono, barboni sempre più chiassosi ed ubriachi, più numerosi e più giovani, in una miseria del corpo e dell'animo sempre più evidenti, nude vite che urlano il dolore e la loro ulteriore mortificazione, in un disincanto senza rimedio.
Si fanno compagnia così, umani come sono, tra sberleffi e liti, parolacce e sapienti rivelazioni su se stessi o sul mondo, cartoni di vino e vetri rotti di bottiglie scolate tra i ricordi e le mense della Caritas.
A Minneapolis, e in vari slums degli USA, i neri miserabili e bistrattati si ribellano al grido di 'I can't breathe!'. Sì, anche qui, nella vita borghese che ancora conduciamo, non si riesce a respirare.
Ma per i poveri, e i neri di sempre, c'è un ginocchio che preme fatale sul collo.
E per soffocarli non vogliono neppure più spendere i soldi per cappio e forca.
In tutta risposta, i potenti ed i riccastri di turno si assidono sul trono e tornano sprezzanti alla conquista dello spazio, lanciando in aria i loro dispendiosissimi dragoni celesti.
Che la terra resti irrespirabile... Loro vanno a respirare in cielo, per vivere lì, come dei che si oppongono alla vita degli uomini con il loro sogno mortifero di immortalità (ed immoralità).

    Come il capitalismo e a differenza del cristianesimo, la religione medica non offre prospettive di salvezza e di redenzione. Al contrario, la guarigione cui mira non può essere che provvisoria, dal momento che il Dio malvagio, il virus, non può essere eliminato una volta per tutte, anzi muta continuamente e assume sempre nuove forme, presumibilmente più rischiose. L’epidemia, come l’etimologia del termine suggerisce (demos è in greco il popolo come corpo politico e polemos epidemios è in Omero il nome della guerra civile) è innanzi tutto un concetto politico, che si appresta a diventare il nuovo terreno della politica – o della non-politica – mondiale. È possibile, anzi, che l’epidemia che stiamo vivendo sia la realizzazione della guerra civile mondiale che secondo i politologi più attenti ha preso il posto delle guerre mondiali tradizionali. Tutte le nazioni e tutti i popoli sono ora durevolmente in guerra con sé stessi, perché il nemico invisibile e inafferrabile con cui sono in lotta è dentro di noi. (da https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-la-medicina-come-religione )

Non ci basta più di vivere al centro, non ci basta più di scacciare via da lì le mille periferie del mondo. Perchè quel che è accaduto mette in angoscia la città, le metropoli, i centri. E mostra di nuovo la salute e la potenza dello star fuori, dell'isolarsi, del distare.
E' anche qui che si sta giocando il conflitto tra Nord e Sud Italia: quelli che sono in vantaggio nel mondo (economico) si rivelano non esserlo nel vivere e nel morire.
La quantità non corrisponde alla qualità, anzi pare proprio che valga l'inverso.
Le zone extraurbane, le isole, le realtà pastorali ed agricole non industriali, le aree non metropolitane hanno superato questa crisi sanitaria molto meglio delle città e dei centri globalizzati.
Sono sistemi che resistono meglio alle catastrofi epidemiche: più distanza, meno stress, aria più pulita, difese immunitarie sveglie, sonni più profondi e silenziosi, scorrere del tempo senza corse.
Lo so che la vita rurale non è per nulla tutto rose e fiori, anzi.
Lo so che da lì viene e verrà gran parte dei voti all'estrema destra populista: ed anche da qui si intravede la sconfitta progressiva della città, e dei suoi cittadini più colti ed agiati, anche nella dimensione della politica 'democratica'.
Ma è da lì che sta arrivando l'odore (il profumo, la puzza) di nuove rivolte.

I nuovi feudatari post-moderni difenderanno allo stremo e con ogni mezzo la loro ricchezza ed i loro crescenti privilegi contro la massa crescente di impoveriti, disperati, nuovi perdenti alla roulette del mercato globale.
Anche se dovessero finire nel bunker della Casa Bianca, assediati da Joker impazziti, arrabbiati e in rivolta, come sta accadendo alla famiglia Trump in questi giorni.
Sapranno come reagire, hanno i loro eserciti e le loro polizie, e le useranno contro il popolo, come sempre.
I media ed i politici, i negozianti e i banchieri blaterano di ripartenza e rinascita. Noi stessi, desiderosi sempre di vivere, riprendiamo a respirare e a camminare.
Ma il nostro futuro, che era già soltanto anteriore , ora si fa remoto: un futuro remoto ed in remoto.
Remoto perchè assomiglierà sempre più ad una modernità regressiva, arretrante, pre-moderna, contro-democratica, feudale. Un ritorno al futuro che ritorna indietro per tentare di andare avanti.
Ed 'in remoto' perchè il nuovo totalitarismo, inaugurato con questa emergenza, sarà gestito attraverso il distanziamento sociale ed il controllo informatico-sanitario-securitario (https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-biosicurezza).

Al proposito, il prof. Zan-grillo parlante l'ha finalmente detto: 'il pericolo clinico è finito, ma qualcuno vuole continuare a terrorizzare il paese'. Parte certamente da premesse ed intenzioni opposte alle mie (lì è il capitalismo intensivista a ruggire, che quel che doveva avere in pasto l'ha avuto, ma che ora è come un leone che non vuole più stare in gabbia; non è un caso che sia il medico personale di Berlu); ma dice la verità.
Quel che sta accadendo da almeno un mese a questa parte non ha più nulla a che vedere con il virus e con i rischi di contagio (https://www.valigiablu.it/nuovo-coronavirus-svezia/) , ma è totalmente all'interno della sola dinamica bio-politica e delle sole istanze di controllo territoriale degli stati.
Il che si dimostra col fatto che le decisioni non si basino più sui contagi e sui fattori di rischio, come avevano ipocritamente annunciato all'inizio della fase 2; ma si basino sulle divisioni territoriali (regionali) e sui diversi rapporti di potere intercorrenti tra loro e nei confronti dello stato nazionale, a partire da statistiche economiche e non sanitarie (oltre che da calcoli elettorali feudali, ovviamente).
Il modello detentivo prolungato, mutuato dal nostro medioevo feudale passato e dalla dittatura cinese, modello feudale del nostro prossimo futuro remoto, resterà nell'aria, come il virus stesso.
E ci ripiomberà addosso, ogni volta che servirà e molto prima di quel che speriamo nel nostro illusorio tirare un sospiro di questi giorni.
Dico sospiro e non respiro, perchè -chi sa guardare il futuro- non può che restare in apnea, in attesa del futuro remoto che bussa alle porte.
Non si sta aprendo la porta, ma solo una piccola finestra. E, nel frattempo, i cancelli si sprangano e si rifiniscono i dettagli delle gabbie in cui proveranno ancora a farci vivere.

domenica 31 maggio 2020

L' immunità del gregge


Si potrebbe chiamare 'immunità del gregge'. Poco a che vedere con quella sanitaria (immunità di gregge), anche se le parole contano (ed anche le analogie).
La parola latina 'munus' può significare molte cose diverse (impegno, ufficio, obbligo, ed anche dono...) e sta dentro alcune parole importanti (munire, comunicare, comunità, immunità...).
L'im-munitas è quel che ci toglie l'obbligo, ci esonera dall'impegno e dalla preoccupazione, ci evita problemi. La nostra communitas è divenuta sempre più negli anni una entità collusiva immunizzata e immunizzante, che ossessivamente cerca di proteggersi in tutti i modi dal negativo: dai pericoli e dai rischi, dai conflitti, dalla messa in gioco, dalle impurità, dalle catastrofi, dallo straniero e dal pensiero.
La nostra securitas (da sine cura, sans souci, senza preoccupazione) sta in un'area semantica affine e si fonda su una pedagogia immunizzante di massa. La gran parte delle nostre energie vitali sono da tempo ed ogni giorno dedicate soltanto a respingere il male che ci attornia (l'esperienza del coronavirus è soltanto l'ultima, più evidente ed estrema esperienza all'interno di questa sindrome).
Se le persone e le comunità si immunizzano per evitare la paura è inevitabile però che inizino a temere fortemente la libertà (questo timore non sta solo al termine del processo, ma anche all'origine, peraltro). E la comunità che fugge dalla libertà è quella che si fa gregge.
Su questi temi vi consiglio 'Liberi servi' di G. Zagrebelsky e 'La politica senza politica' di M. Revelli, letti in questi giorni tristi.

Ma, in attesa che arrivi il vaccino e l'immunità di gregge, l'immunità del gregge ora diventa (anche) un problema: perchè la massificazione nega alle persone la capacità di gestirsi in autonomia.
Perchè se trasformiamo i giovani in greggi di idioti che attendono soltanto lo spritz della sera o i bagordi della notte per potersi sentire vivi, dopo averli fatti stazionare per ore davanti ai visori o sui divani, non possiamo sperare che poi, appena lasciati a razzolare, siano ragazzi responsabili.
Se esoneriamo la gente dal pensare non possiamo poi sperare che pratichi il buon senso (così pare si chiami ora l'obbedienza).
Significativo che molte persone si stiano rifiutando di farsi fare i prelievi per i test sierologici.
Dobbiamo pur pagare un prezzo per quel che abbiamo voluto fare del 'popolo'.
Dà grandi vantaggi, quando sta sotto. Con qualche effetto collaterale negativo.

Ma attenzione: non per loro o per noi. Non ce ne frega niente, davvero, dei bambini, dei giovani, degli adulti, né tanto meno dei vecchi. No, non devono fare follie, ma solo per la causa.
E' il capitalismo che non può, non deve rifermarsi.
Ha già sopportato troppo, non può essere rimesso in causa da quattro scapestrati.
Ed ecco l'incazzatura di Sala di una settimana fa per i giovinastri sui Navigli.
Ed allora ecco lo spot terroristico del Veneto contro la mo-rti-vida e la desperate happy hour.
Ed ecco le minacce dell'OMS sulla terrifica seconda ondata che tornerà in autunno.
Ed ecco l'invenzione degli assistenti civici, preambolo alle prossime ronde di stato.
Dopo il premio, se non funziona, ritornano le punizioni (e per tutti, non per chi trasgredisce...)
Siamo sempre lì: o costrizione da lunga paura o piacere da breve ribellione. Nessuno spazio per qualcosa che abbia a che vedere con l'etica o con l'educazione.
Puro infantilismo americano, da entrambe le parti. Ci si muove solo e sempre tra duri sceriffi senza cuore e pervertiti senz'anima e senza scampo.

Da qui anche il muro contro muro tra regioni ancora contagiate ed altre sedicenti covid-free.
Ora il governo, dopo aver isolato zone rosse ed aver imposto detenzioni di massa prolungate per milioni di persone, dividendo famiglie e fidanzati, solo ora scopre che non far partire i lombardi per le vacanze fuori regione sarebbe incostituzionale.
Non si cambia il-logica dell'in-differenza: ci hanno fatto andare in panico solo perchè le terapie intensive del nord non reggevano, e solo per questo hanno costretto paesi interi del sud e delle isole (che non hanno mai avuto un contagio) a stare isolati per mesi. Questo non era incostituzionale? Sì, ma era anche stupido.
Ed ora è stupido farne una questione di razzismo regionale, e buttarla in politica-colitica, come fanno Fontana-Gallera e Sala: si tratta di fare differenza tra chi ha ancora contagi e chi non ce li ha, tra chi può contagiare e chi può essere contagiato, semplicemente.
Ma davanti ai soldi ed ai ricatti dei forti le regole sanitarie non valgono più, valevano solo all'inverso, sino a poco tempo fa.
A proposito: chi poteva dubitare che la serie A avrebbe ripreso, visti i soldi che ci girano ?
L'ho già scritto: solo una ripresa dei contagi tra calciatori potrà salvarci.

Un ultimo accenno all' Università: mentre tutto riapre, lei, povera nobile decaduta, mantiene alzato il ponte levatoio del suo castello, e sbarrati i suoi portoni ben sanificati.
Solo i portali restano aperti. E così sarà ancora a lungo, certamente anche per l'anno accademico prossimo.
La DAD ci impigrisce ulteriormente, è molto più comoda e immunizzata.
Permette risparmi evidenti all'amministrazione.
E' ben vista dalla sempre più potente lobby dell'onlife, che non vede l'ora di trasformare tutte le attività scolastiche in versione e-learning.
La gran parte degli studenti è dentro l'immunità del gregge da tempo e piacevolmente collude, senza proteste o reazioni rispetto a quel che le viene sottratto, pezzo dopo pezzo.
Insomma, si va verso la fine definitiva dell'Università per come l'abbiamo conosciuta.
Nessun rimpianto, nessun rimorso (almeno per me).
Ma il silenzio totale e questa sua resa senza condizioni restano davvero inquietanti (almeno per me).


domenica 24 maggio 2020

verità non contagiose


Passano le settimane, riprende la movida tra i giovani, si va al mare, le passeggiate si rianimano.
E i contagi non crescono. E ricomincia a venirmi da ridere.
Ho visto ieri un servizio su Rai 2 che citava uno studio recente su come ci si può passare il virus: se all'aperto, solo per contatto diretto, attraverso una conversazione ravvicinata di almeno 10-15 minuti, a meno che la persona di fronte non ci tossisca in faccia.
Più probabilmente al chiuso, soprattutto se c'è una certa concentrazione di persone e poca aerazione.
E ancora molto più probabilmente per anziani già debilitati, molto meno per bambini, giovani e adulti in forze.
Ora, se questo è vero, non credo di essere l'unico a capire che quasi tutto quel che abbiamo fatto nei mesi scorsi (tutte le limitazioni e tutti i divieti) non aveva alcuna utilità per evitare il contagio.
Ed anzi ha accresciuto il rischio di contagio per chi stava chiuso in ospedale, in casa, negli ospizi o in fabbrica (come di fatto è avvenuto).
Ed, infatti, ora che abbiamo riaperto, non sta accadendo nulla di nulla, nonostante incontri e vicinanze più o meno scandalose.
Ora dicono che è perchè il virus si è indebolito, perchè sta crescendo il caldo, perchè il mare fa bene. E sarà anche vero, certo.
Ma se quelle erano le condizioni di probabilità del contagio la verità (e non solo ora) è sempre stata un'altra. Bisognerebbe dirlo, bisognerebbe dirselo, finalmente.

Quando mi aggiro per la città, ma soprattutto quando guardo i nostri politici seduti in Parlamento, mi sembra di essere circondato da banditi mascherati.
Anche quando ci promettono dei soldi, non riesco a fare a meno di vederli come nostri rapinatori o, forse ancor peggio, nostri rapitori 'a vita', di noi poveri ostaggi senza possibilità di riscatto, chiusi in una grotta della storia che si spaccia per eterna, ma che -anch'essa- finirà, come tutte.
E chi verrà dopo di noi potrà considerarla finalmente per quel che è stata: solo una grande, persuasiva, mercenaria, tragicomica mascherata.
PS: Continua la mia campagna contro i mascherati incattiviti: ieri mattina ho incrociato una coppia di anziani davanti al mercato, loro con le mascherine, io senza. La signora mi ha guardato molto male mentre transitavo a due metri da lei ed ha esclamato, ripiena di spirito santo sanitario: 'Ma lei pensa di essere molto intelligente ?'. Al che mi sono girato e, ripieno di spirito demoniaco psicoterapeutico, le ho sibilato: 'Certo più intelligente di suo marito, visto che l'ha scelta...!'.
Li ho lasciati lì, paralizzati più del loro carrello, a tentar di sciogliere l'enigma.
Che soddisfazione!

Un super capo della UE, quell'orsetto lettone di nome Dombrovskis che sembra un peluche incattivito dai calcoli economici, ha dichiarato qualche giorno fa che il coronavirus è stato come un asteroide che ha improvvisamente colpito e devastato il nostro pianeta lasciando un enorme cratere, che ora va fatto scomparire, riempiendolo.
Di denaro, ovviamente: una marea di soldi a fondo perduto, a noi, perduti, sul fondo.
Quando gli uomini vogliono rimuovere le proprie responsabilità preferiscono sempre riprendere a credere alla Natura cattiva o all'intervento di forze aliene. Da Medioevo prossimo venturo, insomma.
Da cui si potrebbe uscire, se fossimo capaci di approfittare di quel che sta accadendo per:
-far lavorare tanta gente da casa, ma con tempi e modi definiti;
-dare un reddito di base a tutti, e non per assistenza ma per decisione politica;
-fare educazione fuori dalle aule, per strada e nei boschi;
-avere una sola auto per famiglia (e non a benzina o diesel) ed andare in bici e in monopattino;
-dare peso ai bisogni primari della vita, e poi magari ad altro (e non viceversa);
-accogliere chi ha bisogno e dividerci quel che abbiamo con chi arriva qui, stanco di viaggiare e di essere depredato (da noi);
-smetterla di voler controllare e prevedere tutto e aprirsi all'imprevisto e all'impossibile.
Basterebbe poco ? No. Ma sarebbe una vita migliore, anzi sarebbe una vita.

mercoledì 20 maggio 2020

la rinco...scienza


Quando gli chiesero quali fossero a suo avviso le qualità più importanti per un giovane che aspirasse alla carriera politica Winston Churchill rispose: 'La capacità di prevedere che cosa succederà domani, il mese prossimo e l'anno prossimo; e la capacità di spiegare in seguito perchè quanto era stato previsto non è accaduto...'


Nell'ultimo post ho enumerato le 4 catastrofi in corso ed in espansione-accelerazione.
Ora vorrei chiarire quali sono i livelli meta-catastrofici in cui ci dibattiamo:

-il primo livello è quello appunto, già descritto, che va per tipologie (catastrofe economica, ecologica, sanitaria, militare) ;

-il secondo è relativo alla gestione catastrofica delle catastrofi di cui al livello 1: dopo un eccessivo ed insensato contenimento, ora si va verso una apertura troppo rapida e totale, con una gestione alla cieca, pur di favorire compulsive ripartenze. Il padre padrone carceriere si trasforma nel padre lassista ed abbandonico; e molti dei suoi figli passano dall'estrema obbedienza e diligenza alla più totale, furiosa e contagiosissima incoscienza. Meno male che qualche medico lo dice, ma -sino alla prossima epidemia- ormai non lo si ascolterà più:

-e proprio qui si giunge al terzo livello catastrofizzante: consiste nell'imperturbabilità ed impermeabilità della predetta compulsività spontanea, automatica ed irragionevole di cui al livello 2: nessun ripensamento, nessuna revisione critica delle nostre premesse emerge all'orizzonte: solo la tecnica arriva a supplire, ancora una volta, ad una terribile e tragica assenza di visione e di lungimiranza. La politica si limita ad una governance di ammortizzatori e tamponamenti, e continua solo a tappare falle disperatamente, senza più neanche badare all'esistenza o meno dello scafo.
Non appaiono possibilità di intervento critico e democratico su quel che avviene; già difficile e malvisto l'esprimere opinioni discordanti; il problema continua ad essere affrontato come se fossimo dentro un contesto di 'scienza normale' e non come se stessimo invece attraversando uno 'stato critico-catastrofico' che necessiterebbe di una 'rivoluzione paradigmatica; ed in ogni caso, anche se qualcuno ci provasse, non verrebbe ascoltato e non avrebbe alcuna influenza: verrebbe e viene rimosso, in quanto incompatibile con il paradigma dominante, almeno per ora.

Queste tre dimensioni in circolo appaiono irreversibilmente e ineluttabilmente foriere di meta-catastrofi: non si vede infatti come un sistema così strutturato (e così bloccato) possa trovare risorse e modalità di auto-modificazione proattiva; solo le catastrofi potranno cambiarlo, ma a costo -tragicamente e probabilmente- della sua (e nostra) stessa esistenza in vita.

Ma i passaggi dell'attuale ripartenza appaiono allarmanti ed inquietanti anche per altri motivi:
  • si parla di un miliardo di mascherine al mese solo in Italia da qui a fine anno; l'usa e getta andrà a moltiplicare l'inquinamento da microplastiche; ma se continuiamo ad inquinare per proteggere la nostra vita di umani, semplicemente la perderemo;
  • già dalle 00.01 del 18 hanno riaperto alcune chiese e alcune birrerie; i religiosi delle due parti non potevano resistere: sappiamo già quale delle due fedi vincerà (ha già vinto) la gara;
  • riaprono parrucchieri ed estetiste, ma le Università restano chiuse, lì tutto tace: è più comodo così per tutti (docenti, studenti, amministrativi, rettorato). La cultura può attendere: vuoi mettere la crescita educativa con le urgenze della ricrescita pilifera ?
  • emergono vecchie e nuove povertà, ma si continua a non poter distinguere tra quelle vere e quelle false. Con tutto il rispetto per i poveri ed i nuovi impoveriti veri (milioni), ho la sgradevole sensazione che le lamentazioni di molti imprenditori e commercianti improvvisamente senza mezzi ci possano dire due cose: o che abbiano i soldi, ma facciano finta di non averli; o che non ce li abbiano davvero, ma allora mi chiedo: come, dove e perchè li hanno spesi prima dell'epidemia ? Come non hanno risparmiato quando sono stati agiati ? Non è che si tratti di consumi eccessivi, spese superflue o indotte, compiuti quando le vacche erano ancora grasse ? Non sarebbe necessario allora rivedere il sistema di produzione e consumo, procedere ad una decrescita volontaria, ad una maggiore sobrietà di vita ? No, si sceglie di andare avanti come se niente fosse accaduto, e cosi si procede verso l'abisso del consumismo coatto e della decrescita infelice.

sabato 16 maggio 2020

Da....a...?


Stiamo passando, per le religioni e le chiese, dalla santificazione alla sanificazione.
Il passo appare grande, ma in fondo coincidevano da sempre: la purezza del Santo è ora quella del Napisan, le Crociate contro l'impuro infedele ora si compiono, più laicamente, contro i vibrioni.

Ma intanto i volti, in strada e nelle vetrine, si coprono di mascherine come in una nuova moda occidentale: una sorta di burka, che trova la sua rivalsa, dopo anni di contestazioni alla schiavitù di altri opposta alla nostra presunta libertà.

Nel frattempo, anche la mistica cooperante si converte e si fa chiamare Aisha, la beffa.

Stiamo passando velocemente dalla diligenza ascetico-igienista all'ancor più sfrontato assalto alla diligenza. Ripartono i debiti senza ritegno, i loro cavalli vengono scagliati contro la carrozza del Tesoro, in cui stanno rintanati pavidi finanzieri e burocrati austeri.
In prospettiva, solo un ulteriore assalto ai giovani di oggi e di domani, ed al pianeta.

Nel camminare per le vie si percepisce sotto la pelle una sensibilità più forte: come se ci fosse più consapevolezza di essere fragili e sopravvissuti, ma come in bilico, come più teneri e umani; ma, sono rapidi i transiti, spesso negli stessi sguardi, verso una cattiva irritabilità, aperto risentimento, paura.

I bambini guardano e sentono parlare le loro madri senza più vederne la bocca: che lingua stanno per imparare, quale sarà loro sconosciuta, da ora in poi ? Quali vie dovrà attraversare il loro imprinting per avvicinarli a divenire ancora umani ? Su quali terapie dovranno contare, da grandi ?

In questi giorni mi sono trasportato dai nostri tempi grigi al biancore allucinante delle case algerine.
Camus aveva già scritto tutto sulla Peste e sullo Straniero.
Consiglio a tutti di tornarci, leggetelo.
Perchè siamo ancora gettati lì, nel medioevo del secolo scorso e di quello, ancor meno perdonabile e con ancor meno amore, in corso oggi, dentro le nostre povere vite.

Come si potrà passare da questo modo di vivere, di soffrire, di godere e di morire ad un altro ?
Come potranno cessare questi automatismi, come abbandonare queste nostre compulsioni ?
Come faremo ad uscire da qui ?
L'unica speranza che resta è che questo secolo finalmente ci stronchi.
Nel suo primo decennio si è avviata l'ascesa verso il picco della catastrofe economico-finanziaria, da cui di fatto non ci siamo mai più ripresi, ed ora si avvierà -grazie al coronavirus- ad ascendere ancora e definitivamente verso la fine del lavoro umano.
Nel secondo decennio si è manifestata la catastrofe climatica, ed anche questa da allora ha intrapreso la sua corsa verso l'abisso, senza rimedio.
Ora, dal suo inizio, il terzo decennio ci immette nella catastrofe virale e sanitaria, che già promette ricorrenti, devastanti o subdoli tsunami nel prossimo futuro.
Trascurando la quarta, ma sempre più probabile, quella militare, queste tre catastrofi se sapranno scatenarsi unite, feroci e simultanee potrebbero davvero stroncare la nostra civiltà e dare finalmente una chance a qualcosa che vada oltre noi. Qualcosa d'altro, qualunque cosa sia, purchè non la si possa immaginare da qui, da ora.

domenica 10 maggio 2020

habeas o non habeas ?




Se un uomo mi tiene a distanza, 
la mia consolazione viene dal fatto 
che tiene a distanza anche se stesso.
J.Swift


La civiltà del diritto europeo trova una delle sue radici nell' habeas corpus.
Oggi, i diritti che derivano dall'avere-essere un corpo appaiono da un lato pienamente -ma anche perversamente- realizzati, dall'altro totalmente aboliti.

Realizzati -ma perversamente- perchè si riconosce allo stato il diritto di proteggere il corpo dei suoi cittadini e di salvaguardarne la sopravvivenza fisica, anche a discapito di tutto il resto, di tutti gli altri suoi diritti.
Come è potuto avvenire ?

'E' la paura della morte a spingere il servo a sottomettersi all'Altro. Egli preferisce la servitù alla minaccia della morte. Egli si aggrappa alla nuda vita...Chi non è libero di fronte alla morte, non rischia la vita....E non rischia la morte: per questo diviene servo e lavora.
Lavoro e nuda vita sono strettamente correlati. Sono reazioni alla negatività della morte.
La difesa della nuda vita si acutizza oggi nell'assolutizzazione e feticizzazione della salute.
Lo schiavo moderno la preferisce alla sovranità e alla libertà.
Egli assomiglia a quell''ultimo uomo' di Nietzsche, per il quale la salute in quanto tale rappresenta un valore assoluto. Essa viene innalzata a 'divinità suprema':
'Si sta attenti alla salute. 'Noi abbiamo inventato la felicità', dicono gli ultimi uomini e ammiccano'.
Dove la nuda vita viene santificata, la teologia cede il passo alla terapia- ovvero la terapia si fa teologica...
L'Eros...rifiuta il lavoro come pure la nuda vita: Perciò il servo, che si attiene alla nuda vita e lavora, è incapace di un'esperienza erotica, di un desiderio erotico...
Il capitalismo assolutizza la nuda vita. La sua coercizione ad accumulare e a produrre si rivolge contro la morte, che gli appare come una perdita assoluta. Fatto deplorevole per Aristotele, perchè esso non si cura della buona vita, ma soltanto della nuda vita:
'La causa di questo atteggiamento è l'affaticarsi intorno a quelle cose che permettono di vivere, senza preoccuparsi di vivere bene'. (Byung-Chul Han, Eros in agonia).

Solo a partire da questa prospettiva di lettura si può capire perchè gli ultimi mesi ci hanno rivelato questa nostra malattia profonda che, da asintomatica o paucisintomatica, si è venuta a palesare nella sua evidenza e nei suoi sintomi acuti e, purtroppo, probabilmente tendenti -da ora in poi- alla cronicità.
Solo da qui possiamo capire la quieta accettazione della detenzione e del distanziamento, la passione per i dispositivi, la claustrofilia generalizzata, la spinta all'iperprotezione immunizzante.
(Si iniziano a vedere ragazzine in posa che si fanno i selfie indossando mascherine fashion, dopo che milioni di ragazzi sono rimasti chiusi in casa a chattare e giocare alla play per giorni e mesi interi...!)
La paura di morire si rivela più mortifera del morire stesso, e ci induce a sterilizzare la vita alle radici.

Gentile coronavirus, ci vuole parlare delle sue origini?

È una domanda a cui non so rispondere. Io sono materia, non so da dove vengo. So delle polemiche sulla mia origine, ma un pezzo di pane non sa da quale forno viene. Io faccio il virus, non sono interessato ad altro.

Si rende conto di quanti danni sta facendo?

Questa domanda è incomprensibile. Io sono materia, incontro cellule, non so nulla della vita e della morte delle persone, so di vicende piccolissime. Coi vostri strumenti state portando luce in un mondo infimo, ma dovete sapere che io sono già una creatura grande, ci sono tantissime cose ancora più piccole e dentro queste cose piccole c’è un qualcosa di così infimo che io al confronto sembro un elefante.

Perché sei più presente in certi posti e in altri meno?

Io sono un autostoppista. Vado con chi mi porta. Non amo i luoghi caldi e asciutti, non amo l’aria pulita, amo l’aria sporca, le onde elettromagnetiche. Navigo nell’aria da un respiro all’altro, cado sulle cose, ma lì non ci sto bene, io sto bene nella vostra gola e poi nella bella casa dei vostri polmoni.

Non ti senti un poco vigliacco a colpire di più gli anziani?

Io colpisco chi è stanco, chi è malato, chi ha preso poca luce. Amo le persone che parlano, che stanno vicine, chi è da solo io lo schifo. Mi piacciono le case di riposo, quell’aria ferma, quei salotti in cui la cosa più animosa è la televisione, mi piacciono gli ospedali, io faccio la mia luna di miele negli ospedali.

Ti dovremo combattere con un vaccino o te ne andrai prima?

Me ne sto già andando, il mio viaggio dalle vostre parti sta già finendo, poi tornerà magari qualche mio cugino. Voi dovete fare molta attenzione al mondo piccolissimo, siete troppo attenti ai vostri giocattoli, pensate alle fabbriche, al denaro, pensato alla vita che vi aspetta quando io sarò sconfitto, ma vi sbagliate. L’errore non sono io, non sono io l’intruso. Il mio consiglio è che voi dovete convincervi di essere un pezzo di materia vagante, come tutti. Le vostre classificazioni non servono più a niente. Non esiste neppure la malattia e la salute, neppure la morte e la vita, ci sono vicende, ci sono salti, apparizioni. E tutto si svolge con cambi di scena continui. Io ora non sono quello che ero due mesi fa e sarò ancora un’altra cosa fra due mesi.

Ti piace il nostro mondo?

Voi non avete un vostro mondo, come noi virus non ne abbiamo uno nostro, siamo storie che aprono altre storie, non ci sono recinti, non ci sono nascondigli per nessuno. E non ci sono vicende più importanti. C’è qualcosa che accade. Se non fosse arrivata quella che voi chiamate pandemia sarebbero morte più o meno le stesse persone, ci sarebbe stato qualche morto in più per incidente, per crepacuore, per suicidio. In fondo un male non si aggiunge, semplicemente sostituisce altri mali. E poi chi ha deciso che essere vivi è meglio che essere morti, che ne sapete voi della morte?

Come vedi il nostro futuro?

Non mi intendo di futuro e men che mai del vostro. Direi che state parlando troppo di quello che dovrete fare dopo, ma dopo di che? Ogni giornata è tutto, non c’è un prima e un dopo. Dovete pensare che ci sono due cose, la materia e il tempo. La materia attraversa il tempo e il tempo attraversa la materia. Da qui nasce tutto, una lacrima, un bacio, un colpo di tosse.

L’intervista impossibile di Franco Arminio al coronavirus: “Non sono io l’intruso”, https://www.fanpage.it/cultura/lintervista-impossibile-di-franco-arminio-al-coronavirus-non-sono-io-lintruso/


E da qui può partire il secondo ragionamento: l'abolizione del corpo, il non habeas corpus.
Questi ragazzi, ma anche quasi tutti gli adulti -e non solo gli anziani a rischio-, se ne sono stati in casa, quasi come se non avessero più un corpo: ordinando a distanza anche la spesa, passando le giornate davanti agli schermi, in una sorta di auto-abbandono passivo ed inerte.
Come se non avere più un corpo non fosse poi una così grave perdita.
Fare il morto per sopravvivere alla mortificazione subita, prima dalla produttività stressante, ora dall'inerzia imposta dallo stato.
Così i corpi sono stati negletti ed abbandonati: negletti, in primo luogo, perchè trasformati in massa di oggetti indifferenziati. Gli stati hanno decretato regole uniche ed univoche per tutti, indipendentemente dalle differenze esistenti e manifeste. Anche in questa fase di riapertura-allentamento si è proseguito sulla stessa linea seguita nella chiusura-irregimentazione: i lombardi sono stati trattati come i molisani o i sardi, saltando qualunque considerazione che riguardasse i corpi, i loro rischi e potenzialità differenti, quelli iscritti nella loro vita reale ed anche nella stessa diversa contabilità algoritmica. Corpi negletti quindi in quanto portatori di differenza irriducibile, ridotta invece a numero, indistinta e ingabbiata in un'unica massa impotente.
Negletti poi in quanto corpi portatori di uguaglianza: i corpi sottoposti a cura vanno insieme ai milioni di corpi trascurati, lasciati ammalati in casa ad attendere tamponi mai arrivati o destinati a cercare inutilmente risposte al telefono; agli studenti senza scuola e senza computer; ai disabili senza assistenza e contatti; ai malati non covid, messi in lista d'attesa ancor più sine die...
Ed infine ai corpi dei morti, oggetti abbandonati, senza culto e a dispetto di ogni cultura umana.
Corpi lasciati morire da soli, annullati, rimossi, seppelliti e scomparsi, come quelli di reduci non tornati dalla guerra.
Ma tutto questo deve essere al più presto dimenticato, tamponato, rimosso.
Bisogna tornare a lavorare, è la ripartenza, babe ! (ma non era stato il virus a prenderci in contropiede ?).
La corsa ricomincia e 'non si dovrà lasciare indietro nessuno!' (mi raccomando, come sempre...)
Dovremmo smetterla: di vivere così e di consolarci con slogan falsi ed ipocriti.
Perchè questa ulteriore mortificazione dei corpi resterà in profondo nei nostri corpi e strutturerà le sfiducie, i risentimenti, le angosce, le nevrosi (ed i rivolgimenti, e le rivolte ?) del prossimo futuro.
Non è vero che 'niente sarà più come prima'.
Sarà tutto come prima, ma ancora un po' peggiore...


venerdì 8 maggio 2020

fare il morto, fra emergenza e nonviolenza


Trascrivo qui un intervento fatto a Napoli a dicembre scorso...
rispetto ad allora lo spazio per un'attivazione autonoma della passività appare ulteriormente ristretto, dal momento in cui il potere biopolitico ha iniziato ad impossessarsi e a gestire anche quello spazio residuale di resistenza/renitenza/riluttanza a cui la proposta di 'fare il morto' alludeva...
Nel momento in cui sono gli stessi governi tecno-sanitari ad imporci di farlo (state a casa, fate i morti per non morire e non far morire...!), qualcosa inevitabilmente cambia...in peggio!



Disobbedienza civile: i giochi della renitenza nonviolenta
Enrico Euli, Facoltà di Studi Umanistici, Università di Cagliari


Di solito si parla dell'Italia in quanto paese dell'illegalità. Dove le norme vengono di continuo trasgredite...Eppure non posso fare a meno di stupirmi di quanto raramente, in effetti, ciò accada...Forse perchè avviene in modo automatico e quasi inconscio, fatichiamo a renderci conto dell'enorme numero di disposizioni che rispettiamo, non dico ogni giorno, ma ogni ora, al limite ogni minuto della vita che scorre. Per una singola norma che stiamo violando, ecco, abbiamo obbedito ad almeno altre dieci, o cento, quasi senza accorgercene...Questa obbedienza pressochè permanente è molto ma molto meno vistosa dell'episodica infrazione: ne abbiamo introiettato l'abito al punto da scordarci quanto essa sia straordinaria e innaturale. Il nostro default, insomma, è piuttosto quello di rigare dritto, rispetto al quale la trasgressione si segnala come un evento...

E. Albinati, La scuola cattolica

A. I tre aquiloni


1. La teoria politica della nonviolenza considera la violenza come un intreccio indissolubile di aggressività (perlopiù agita da minoranze e con bassa frequenza nel tempo) e passività (perlopiù agita da amplissime maggioranze e con alta continuità temporale).
Perchè vi sia violenza non è quindi né necessario né sufficiente che compaia aggressione diretta ed esplicita (come credono e vogliono farci credere invece -ingenuamente e collusivamente- il senso comune ed il pensiero politico liberale). Laddove vi è prepotenza ed eccesso di potere (aggressività) da una parte la nonviolenza ipotizza sempre una cessione di potere (passività) da un'altra.
Al fine di compensare gli squilibri che la violenza immancabilmente genera nella struttura sociale, la politica è nata per compiere quel 'giro da sinistra' che dalla passività giunge all'empatia, attraversando i conflitti ed i dilemmi del potere, correndo il rischio di apparire aggressivi nell'agire assertivamente.
Attualmente la politica appare come arresa, impaurita dai conflitti, e si fa volentieri surrogare da approcci pacificanti e solidaristici, da sempre tipici del volontariato empatico, che sa compiere il passaggio dalla passività all'empatia, ma con un 'giro da destra', senza agire per il superamento della violenza strutturale e sulle cause profonde dell'ingiustizia, che il 'giro da sinistra' comporterebbe.
2. Il secondo aquilone evidenzia un cambiamento nella auto-rappresentazione sociale che la violenza fa e vuole dare di sé negli ultimi decenni e soprattutto oggi: essa si muove in diagonale, tra aggressività ed empatia, presentandosi camuffata da 'buona', 'compassionevole' ed 'umanitaria', assumendo quindi parvenze di cura e protezione (securitarismo), attenzione ai 'bisogni e alle domande della gente' (populismo), ma realizzando attraverso queste forme apparenti le stesse istanze aggressive del passato, ed anzi accentuandone la violenza, in termini strutturali e culturali.
Nel soft power, l'oppressione ed il dominio vengono -foucaltianamente- determinati proprio attraverso i dispositivi della cura e della protezione, che si pongono quali medium del controllo sociale e gestori di quelle stesse paure innescate proprio dalle scelte di coloro che si ergono simultaneamente – paternalisticamente e/o maternalisticamente- a nostri protettori.
Dinanzi a tali potentissime dinamiche di mistificazione della violenza, la nonviolenza proporrebbe di agire sulla diagonale opposta, aumentando le nostre capacità di essere assertivi, sia in termini positivi (su quel che vogliamo realizzare) che negativi (su quel che non vogliamo e a cui non possiamo e vogliamo collaborare: resistenza passiva).
Di fatto, però, questo tipo di prospettiva non si è fatta spazio nella politica, soprattutto in Occidente, se non in contesti e gruppi molto limitati e parziali, e mai coordinati tra loro all'interno di campagne di forte impatto sociale, tali almeno da provare a resistere a processi tanto accelerati e prepotenti.

3. Il terzo aquilone parla di quel che sta avvenendo oggi e, purtroppo, si sta preparando soprattutto per il prossimo domani; la violenza ha ormai invaso quasi totalmente il campo socio-politico-culturale: la dimensione assertiva ed empatica è stata assorbita e mercantilizzata dai social network, che procedono inavvertitamente alla digitalizzazione e virtualizzazione di relazioni sempre più post-umane; il richiamo retorico all'unità e all'amor di patria, al sovranismo quale nuovo e subdolo nome del solito vecchio nazionalismo, unito alla militarizzazione (statale e terroristica) dell'aggressione diretta, rivolta anche verso movimenti nonviolenti o almeno inizialmente pacifici, sempre inascoltati e non sostenuti quando non apertamente traditi (a partire da quel che è accaduto a Genova nel luglio 2001, sino alle primavere arabe, ai gilet gialli, alle proteste del latte in Sardegna, alle lotte Tav e Tap, a quel che ancora sta accadendo in varie parti del mondo, ad es. ad Hong Kong o in America Latina).
Quel che ne risulta, inevitabilmente, è un'ulteriore passivizzazione delle moltitudini ed una crescente impotenza della politica; dobbiamo riconoscere la totale inutilità e inefficacia delle forme tradizionali di protesta 'democratico-liberali' (petizioni, cortei, scioperi autorizzati, manifestazioni).
Il liberismo non se ne fa più nulla, né della democrazia né del liberalismo. Come già accaduto agli inizi del XX secolo, anche se in forme diverse, al momento opportuno virerà con ancor più decisione verso soluzioni autoritarie e totalitarie (e le 'democrature' odierne ne rappresentano già una significativa ed emblematica espressione prodromica).
Quella che viviamo non è una semplice crisi o un'emergenza (come, nel consueto ritualismo negazionista proseguiamo a dichiarare, in una sorta di mantra illusoriamente esorcistico): è una vera e propria catastrofe sistemica.




B. Tra obbedienza e disobbedienza


In uno scenario siffatto, la nonviolenza cerca di salvaguardare e sviluppare quegli anfratti di azione e resistenza che restano disponibili. Da qui anche la mia teorizzazione più recente, espressa in 'Fare il morto. Vecchi e nuovi giochi di renitenza', 2016.
La Non Collaborazione Attiva (NCA) viene lì proposta come unica possibilità non (auto)distruttiva per tentare di stare vivo, 'facendo il morto' per 'non essere morti, non uccidere, non uccidersi e non essere uccisi'.
La NCA potrebbe essere esercitata legalmente, o almeno in un ambito controverso ai limiti della legalità, in una possibile funzione costituente di nuova legalità (in questo, coerente ed affine alla Disobbedienza Civile, che però si muove in una dimensione di dichiarata e palese illegalità).
Molte sono state e potrebbero essere le forme che essa potrebbe assumere:
-Boicottaggi e forme di astensione dal lavoro o nel lavoro: nel 2008, insieme a varie migliaia di altri ricercatori ci si è opposti alla 'riforma Gelmini', rinunciando a fare lezione per un semestre; sono convinto che se avessimo proseguito ancora a lungo l' Università sarebbe stata di fatto paralizzata nel suo funzionamento e la proposta di legge sarebbe stata ritirata);
-Boicottaggi dei modelli di crescita e consumo, agendo il nostro potere di clienti di supermercati, banche, industrie energetiche ed automobilistiche, a discapito del Pil (per una decrescita consapevole, e non semplicemente subita);
-A questo si ricollegano negli ultimi tempi Greta Thunberg ed il suo 'sciopero scolastico per il clima' (che però vedo ora molto depotenziato, ridotto a manifestazione di protesta tradizionale che chiede -inutilmente- di agire in un senso ecologico ai potenti di turno)
-Campagna per un astensionismo pubblico: alle ultime elezioni nazionali, insieme a qualche migliaio di persone, abbiamo promosso una campagna che invitava ad andare alle urne e rifiutare la scheda elettorale (per uno 'sciopero del voto' che renda politica, collettiva e pubblica un rifiuto che non può più restare individuale e clandestino, ma generare una lotta sociale contro una finzione 'democratico-elettorale' quale è quella attuale)
-Campagna per la richiesta di diventare apolidi, dei 'senza patria' volontari, dinanzi al risorgere evidente di nuovi patriottismi e nazionalismi, in cui non vogliamo più riconoscerci.
Già azioni come queste, pur legali o comunque borderline, appaiono oggi poco praticate e sinceramente improbabili.
Troppi i ricatti personali e sociali, le paure instillate in noi e negli altri, troppi gli interessi e le posizioni che rischiamo di perdere e di compromettere.
Il livello di collusione e di collaborazionismo è troppo alto, anche per noi qui oggi.
Quindi non vedo come si possa oltrepassare la linea della legalità ed andare verso forme di disobbedienza civile, individuali o socialmente organizzate.
Meglio e relativamente più facile sarebbe esplorare le possibilità di NCA, come quelle sopra accennate o altre che volessero emergere da qui, da altri consessi o, forse più probabilmente, da pratiche sociali collettivamente agite.
Il mondo e la storia sono già, a mio parere e non solo, ben oltre l'orlo del baratro.
Stiamo precipitando.
Dobbiamo trarne le conseguenze, e non proseguire a baloccarci dentro le nostre abitudini di pensiero e di azione, ad obbedire obtorto collo a regole ed imposizioni sempre più oppressive ed insensate, a collaborare con ingiunzioni e prospettive sempre più violente e disumanizzanti.
La nonviolenza ha aperto una strada nel secolo scorso, ma non è stata ancora presa abbastanza sul serio, né è stata sperimentata a sufficienza dentro la politica degli stessi movimenti, né tanto meno dei partiti politici.
Il XXI secolo si propone come il tempo in cui essa potrà manifestarsi in tutta la sua portata; se così non fosse, l'umanità si troverà a rivivere esperienze tragiche, compreso il rischio, nuovo ma sempre più concreto, della sua stessa autodistruzione.
Perchè, parafrasando Fromm, se la storia dell'uomo è sorta da un'atto di disobbedienza, potrebbe finire miseramente per un atto di obbedienza.





giovedì 7 maggio 2020

ripartenza: la quieta dopo la tempesta

Ci si rilassa, il peggio è passato, si può tornare a gironzolare...
I grandi discorsi sul cataclisma e le macerie che il virus ha portato con sè si perderanno in poche settimane, salve recidive.
La grande guerra parrebbe finita, almeno qui, almeno per ora.
Le nostre vecchie abitudini e le nostre catastrofi quotidiane riprenderanno il loro corso.
Si tornerà anche alle solite soluzioni: quelle giudiziarie, per i colpevoli (i sicari, non i mandanti: non quelli che hanno distrutto la sanità pubblica negli anni, ma i responsabili di un ospizio o di una rianimazione...); quelle economiche, per ri-pompare le aziende decotte ed inquinanti e rim-polpare le cene di vecchi e nuovi poveri; quelle politiche, sempre più de-cretine e sempre meno de-mocratiche.

Le urla da tragedia di ieri e la placida normalità di oggi sono le due facce, solo apparentemente opposte, di un unico processo: quello di coprire la catastrofe, per poter continuare a rimuoverla collusivamente. Entrambe fungono infatti allo stesso scopo.
Rigettarci, cioè, nella detenzione del TINA, del  'non ci sono alternative' a questo nostro mondo, a questo nostro modo (di vivere, di produrre, di crescere, di far soldi).
Ora, per un verso, il capitalismo appare ancor più come un ergastolo, da 'fine pena mai'.

Come diceva Falcone: se vuoi capire dove va la mafia, segui i soldi.
Lo stesso varrà per capire dove andrà il nostro futuro.
Ed i primi segnali non sono confortanti per chi vorrebbe un cambiamento.
Il primo giorno di ripartenza le uniche due lunghe code in città si sono formate in prossimità dei Mc Donalds.
E' una ripartenza quieta, lenta, malinconica, senza entusiasmi, senza visione (ma con molte televisioni), senza immaginazione (ma con molte immagini), senza parole (ma con troppe chiacchiere): ammorbati come sempre dai soliti clichès, altro che cambiamenti epocali...!
Due altri piccoli esempi di questa triste e scontata ripresa, se il McDonald non bastasse:
- la medicina resta tutta rivolta a curare la malattia ed i sintomi (sierologie, tamponi e vaccini); ma si continua a non lavorare sulle cause della zoonosi e sul salto di specie. Nessuna prevenzione delle cause, solo terapie a valle.
Ma quante altre pandemie ci assedieranno nelle nostre vite da ora in poi, se non si pone rimedio a quel che sta a monte ?

-In Europa, più o meno tutti i politici hanno seguito le indicazioni dei comitati tecnico-scientifici, confermando ancora una volta che non possono più esistere governi politici nell'età della tecnica; lo stesso Trump, che pare non seguire i medici, obbedisce ad altri diktat tecnici, quelli del mercato, pur apparendo più autonomo e più politico (è l'immagine che riesce sempre a salvaguardare la destra, che sia al governo o all'opposizione, e che la favorirà comunque alle prossime elezioni...).
Ma quale politica può esserci in futuro se ci si rassegna al fatto che tutto sia tecnica ? E soprattutto che senso avrà parlare di politiche sociali o democratiche ?

Ma quel che abbiamo vissuto rivela anche tutta la vulnerabilità dei nostri sistemi di vita.
Il paradosso è che, proprio al crescere dell'immunizzazione dei corpi e della distanza tra essi, è cresciuta anche la sensazione che siamo un corpo e che siamo fragili, che siamo dentro relazioni ed interdipendenze insopprimibili ed unilateralmente incontrollabili.
E che si può soffrire e morire, in massa e velocemente, anche qui da noi.
E che, per quanti sistemi di difesa e protezione possiamo costruire ed approntare, non potremo evitare rischi letali, incertezze fatali, dilemmi morali.
Non si può dire ora se le società umane si chiuderanno ancor più a riccio, a difendere solo se stesse contro il vivente, o se questa ri-scoperta del corpo vulnerabile e mortale ci aprirà a prospettive etiche (o, magari, addirittura illudetiche...).
Solo e proprio dal corpo, oggetto privilegiato del controllo biopolitico, può sorgere infatti l'istanza di una rivolta, di un'indignazione, di un cambiamento. Ora che la passività del 'fare il morto per non morire' è stata acquisita, perpetrata e imposta come cura dagli stati, proprio ora e proprio lì -per estremo paradosso- risiede ancora la potenzialità marginale di una renitenza profonda e fuori controllo, la spinta disperata a rimettersi in mare su zattere e barconi, quella di chi ha sempre meno da perdere.
A rimettersi (personalmente ? collettivamente?) in gioco.








venerdì 1 maggio 2020

non mi rompete, ve ne prego...


Avevano iniziato con lo sguardo sorridente: basta stare un po' lontani, non tossirsi addosso e lavarsi le manine. Sembrava poco, si poteva fare, e loro erano gentili.
Poi ci siamo trovati a migliaia nelle rianimazioni, senza abbastanza letti e respiratori, e ci hanno implorato di stare tutti chiusi a casa per due settimane. E l'abbiamo fatto, presi da compassione per la nostra solita Italietta che non funziona mai come dovrebbe.
Le due settimane sono diventate due mesi e, nel frattempo, hanno iniziato a richiederci le autocertificazioni, a stilare denunce, a far salire le multe, a ringhiare un po', insomma; quanto bastava per farci paura anche loro, se il virus non fosse bastato, non si sa mai.
Ed hanno avviato la campagna per mascherine (di cui l'80% non servono a nulla, se non a crederci di essere dei James Bond della Mutua assicurazioni mentre andiamo a comprare il pane) e guanti (che diventano focolaio -e non rimedio- di contagio, oltre che fonte di inquinamento ambientale (a proposito: avete notizia, in frangenti come questi, del Ministro dell'Ambiente?)) ; però, attenzione, protezioni non come alternativa allo stare chiusi in casa, ma come aggiunta. Ed ora stiamo facendo anche questo.
Se esigessero di metterci le mutande sporche in faccia con un DPCM, faremmo anche questo.

Pensavamo di meritarci un premio-fedeltà dal 4 maggio, considerata la nostra cieca obbedienza.
Ci hanno fatto i complimenti, -avete fatto i bravi, bravi!- ci hanno detto, ma se ne parla solo dal 18, senza far differenze neppure tra regioni e fottendosene anche delle autonomie e dei governatori, figuriamoci di noi che scriviamo un blog.
Ora lasceremo ancora una volta alla destra di farsi bella come paladina della libertà e della produzione: la destra che, in un colpo solo, difende contro lo stato sia gli imprenditori bistrattati che il parlamento umiliato. Buon preambolo alle prossime elezioni.
Ma intanto ad essere umiliate e bistrattate sono le nostre relazioni sociali e culturali, ostaggi ancora per settimane delle priorità produttive e dei probabilissimi contagi di massa che da queste deriveranno (con relative nuove chiusure e controlli per le relazioni sociali e culturali). 
Perchè il Nord Italia docet, ma non imparat. Però imperat.
E speriamo che almeno non riaprano, come unico spettacolo, il campionato di calcio: sarebbe veramente l'ultima onta, lo schiaffo definitivo a qualunque rispetto per la vita sociale (e lo dico da tifoso).

Noi dobbiamo avere fiducia in loro, ma loro non ce la danno.
Loro si prendono i pieni poteri, e a noi li tolgono pienamente.
Questo si chiama Stato etico (senza etica). Si chiama terrorismo di stato (ma con esplosione di virus, le bombe fanno troppo rumore).
Dietro l'apparente empatia e comprensione per i nostri sacrifici, emerge solo il disprezzo.
Disprezzo per la vita, per i bambini internati, per gli adolescenti sdraiati, per gli adulti lavoratori usa e getta, per gli anziani ammazzati negli ospizi, per i barboni mollati in strada.
Per i docenti e gli studenti intruppati online, per gli artisti senza arte né parte, per i fedeli senza messa, per i malati abbandonati a se stessi (quelli senza virus, fuori dai riflettori e quindi senza cure).
Disprezzo, solo disprezzo. Punizione, senza nessuna ricompensa, se non quella di lasciarci in vita.
Ma anche gli ebrei venivano accompagnati alla Gestapo da altri ebrei, nella speranza che questo salvasse loro almeno la nuda vita. Non è stato così, lo sappiamo. Non sarà mai così.
Chi si fa pecora, il lupo se lo mangia.
(Mi conforta ascoltare questa canzone della Mannoia: https://www.youtube.com/watch?v=tkXnS9BL6e4, Il peso del coraggio... Ce ne fosse...!)

Ma il nuovo totalitarismo ha oggi qualcosa che allora non aveva, la nuova atomica: il controllo informatico. Il vero virus, da cui nessuno ci difende, e che viene presentato -anzi- come cura.
La app viene proposta come sicura e non obbligatoria, ma se non la scaricano almeno il 60% delle persone (cos'è ? la nuova immunità di gregge online?) non potrà essere utile. E quindi, ne consegue che...
A questo proposito, leggete quel che diceva ieri Cingolani, un fisico assoldato nell'èquipe del fantomatico, intelligentissimo, invisibilissimo Colao:
Questo hanno in mente. Ed usano le parole giuste, da veri pionieri del colonialismo, perchè di questo si tratta. E ci trattano da primitivi da far diventare grandi e migliori sotto i loro cingoli, come allora. Come già per gli indios e per i negri.
Ci sarà sempre tempo per chiedere perdono o almeno scusa, a quelli che verranno, alla storia.
E ci sarà sempre tempo per compiere sacrifici di purificazione dai peccati e cerimonie alla memoria.
Non costa nulla e guadagni un altro buon mezzo secolo di potere, per compiere gli stessi o altri delitti e per permettere ad altri di rifarsi perdonare nei successivi lustri (si sono sempre trovati i sacerdoti pronti a ri-benedire qualunque misfatto e qualunque perdono).

A me, che non sono un ministro del sacro culto, però viene da dirvi una cosa: non rompetemi più i santissimi !
Basta con le vostre bocche che mangiano soldi mentre blaterano e sputano batteri.
E basta con le vostre parole ormai imbrattate di merda.
Democrazia e Libertà, Eguaglianza e Fraternità, ad esempio.



PS: Leggi anche: https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-sul-vero-e-sul-falso
PPS: E la Svezia?  https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/04/30/coronavirus-oms-svezia-e-un-modello-da-seguire-per-raggiungere-una-nuova-normalita/5786942/

mercoledì 29 aprile 2020

alla stupidità dei colti e degli intelligenti, quella di ora e di prima e di domani


La facilità con la quale crediamo a tutto è la miglior prova che non crediamo in niente!
(Orson Welles)

La thoughtlessness, l'assenza di giudizio, è l'incapacità di discernere tra bene e male. Agli occhi della Arendt l'intasamento della coscienza è la strategia della politica del terrore...Il totalitarismo produce l'oscuramento dello spazio pubblico e luminoso, del tra-noi. L'esito è l'estraneazione come espropriazione integrale dell'umano e la 'messa in riga', l'uniformazione che si compie nei tempi bui, quando la tavola dei valori si rovescia: 'L'esperienza dimostra che furono proprio i membri della società rispettabile a cedere per primi. Essi non fecero altro che cambiare un sistema di valori in un altro.'. Peggio, quando questo cedimento accade non ai malvagi, ma agli amici che non intendono perdere il treno della storia...
Ma il sofisma che confonde obbedienza e consenso non è una difesa accettabile. Il bambino obbedisce, ma se lo fa un adulto, in quanto libero, in realtà appoggia, dà il suo consenso sia all'autorità che alla legge che pretendono ubbidienza...
La responsabilità personale quindi non può mai essere elusa.

Nell'Antropologia pragmatica, Kant distingue tra deficienze e malattie della mente. La stupidità è una deficienza, non un disturbo, cioè lo stupido è 'compos sui', è responsabile: 'Si chiama testa ottusa colui che manca di spirito (Witz). Egli può, tuttavia, quando si tratta di intelletto e ragione, essere una testa molto buona. La deficienza di giudizio senza spirito dicesi stupiditas.'
Ecco, Eichmann è perfettamente in grado di pensare, di esercitare il suo intelletto analitico, è un ottimo organizzatore, ma non è in grado di distinguere il bene dal male, il giusto dall'ingiusto. Allora, intelletto e giudizio non necessariamente si trovano nello stesso uomo.
L'intelletto procede analiticamente e deduttivamente dall'universale al particolare, secondo una logica stringente, funziona per così dire 'in automatico'. Uomini che ragionano perfettamente e per lo più proprio per questo hanno grande successo -Eichmann è quasi il prototipo dello yes-man di oggi- eppure così stupidi.

Nell'oscuramento dello spazio pubblico, quanto emerge con forza è esattamente un appello alla responsabilità personale e insieme all'anticonformismo, perchè il pericolo oggi non viene tanto dal crollo dei valori condivisi, ma dal conformismo rispetto ad un tessuto di valori assunto senza riflettere. L'urgenza dunque consiste in definitiva nell'opporsi alla pressione che intende soffocare sul nascere la decisione per il sì o per il no, cioè la propria libertà.

Lo sappiamo per esperienza, la coscienza morale non dorme sonni tranquilli, la sua condizione è l'inquietudine, lo scrupolo il suo pungolo. La situazione morale è costitutivamente paradossale e un'autentica questione etica è sempre dilemmatica. Per definizione il di-lemma si configura come una premessa doppia; un'ingiunzione plurale, che si compone di almeno due leggi contraddittorie che avvertiamo come altrettanto cogenti. Non è mai semplicemente un problema, la cui risposta è valida a priori e consegue dalla considerazione adeguata di tutti gli elementi che lo compongono, dal calcolo corretto. In questo caso, la soluzione è già data ed attende di essere scoperta. In tal senso, gettato innanzi, il problema è anzi una proiezione e una protezione che non contempla né rischio né responsabilità, nessuna esposizione all'alterità. In effetti, una volta ridotto un dilemma etico a problema, quando l'altro non è nient'altro che un problema, esso è perduto; e la risposta sarà certamente sbagliata.
Quanto alla questione morale -quando ne va del bene e del male- essa invece non si presenta mai come un problema ma piuttosto come una sfida. In questo caso, nell'ora grave delle scelte e delle decisioni, quando l'etica si fa seria, una soluzione buona per tutti non esiste!
Ogni volta l'unica sfida, di fronte all'altro nell'istante della scelta morale, veniamo messi alla prova, separati da tutti. Così, senza protezione, siamo faccia a faccia, ormai esposti all'alterità nella separazione. Allora forse, forse sì, attraverso questa separazione, si produrrà lo straordinario incontro tra quegli assoluti plurali che sono gli uomini.

(da Mario Vergani, Separazione e relazione. Prospettive etiche nell'epoca dell'indifferenza, ETS, 2012, pp. 181-206)

se potessi avere...mille corone(virus) svedesi...



L'uomo non fa quasi mai uso delle libertà che ha, come la libertà di pensiero; pretende invece, come compenso, la libertà di parola.
Soren Kierkegaard


Ad Istanbul si intima il coprifuoco e ci si muove ad accentuare la discrezionalità da sceriffi.
A Stoccolma si continua a girare senza obblighi, a sedersi nei bar, a correre nei parchi.
Noi, tra loro: magari il modello turco sarà introdotto in futuro anche qui, per altre emergenze, magari con gradualità impercettibili, per non generare troppe (peraltro, almeno al momento, improbabili) reazioni.
Ma siamo sicuramente più distanti (come tutte le sedicenti democrazie europee) da quello svedese.

La Svezia: quanto poco se ne parla qui da noi.
Ha un sesto dei nostri abitanti, una densità molto più bassa, è vero.
Ma con i suoi metodi non ha ancora raggiunto i 20.000 contagi e non ha superato i 2000 morti, di cui l'87% sopra i 70 anni. Un terzo di contagiati e morti sta poi tutto nella capitale.
Noi, invece, abbiamo praticato l'obbligo del distanziamento (che in Svezia è solo consigliato) ed abbiamo quasi raggiunto i 200.000 contagiati e i 25.000 morti. Di questi l'80% ha contratto il virus all'interno di luoghi chiusi e protetti (case di cura e di riposo, ospedali, famiglie, luoghi di lavoro) ed anche da noi ha più di 70 anni.
Bisogna constatare che, a parità di isolamento individuale praticato con diligenza e disciplina, alcune regioni continuano ad andare molto peggio di altre: non mi pare che sia risultato quindi così importante e per nulla decisivo il distanziamento sociale tra persone, quanto invece l'isolamento o meno dei territori ed altri probabili fattori di riduzione del rischio (tempestività, limitazione di errori tecnici, scarsa densità di popolazione, stato di salute pregresso, grado di inquinamento e presenza di industrie, intensità e frequenza degli scambi di traffico, differenze di età e genere...).
Il confronto tra noi e la Svezia, sinceramente, lascia perplessi: abbiamo sei volte i loro abitanti, ma abbiamo delle cifre almeno dieci volte superiori alle loro, pur avendo compiuto un sacrificio personale, sociale ed economico davvero terribile e ormai insopportabile.

Perchè allora abbiamo insistito tanto sull'obbligo di detenzione, su questo prolungato e invariato sequestro di persona sotto ricatto a cui siamo stati sottoposti ?
Perchè non ci siamo fidati del senso di responsabilità della cittadinanza, a differenza degli svedesi ?
Alcune possibili letture ci rimandano lontano: alla differenza tra luteranesimo e cattolicesimo, ad esempio. O, per stare leggermente più prossimi, alla cultura pubblica ma non statalista dei paesi scandinavi messa a confronto con la nostra, molto statal-familista e sempre poco attenta a ciò che è pubblico.
Una cultura sociale, la nostra, fondata su modelli sfiduciari e che alterna de-responsabilizzazione (premi e punizioni comminati in relazione all'ottemperanza ad obblighi di controllo eteronomo, in assenza presunta di una responsabilità sociale diffusa) e iper-responsabilizzazione (morale del sacrificio quale unica fonte di virtù personale e salvezza collettiva).
In entrambi gli estremi siamo al di fuori di una dimensione educativa ed etica: in essi non vi può essere alcuno sviluppo della responsabilità sociale, ma soltanto la riproposizione di istanze totalitarie e sempre 'calate dall'alto', per imposizione e non per consapevole adesione morale.
Lo stato, d'altronde, ha avuto tutto il suo guadagno a chiuderci in casa tutti in blocco e a non doversi impegnare in un ruolo di sottile discriminazione dei comportamenti punibili da parte di persone comunque libere di uscire (ad es. il reato di assembramento o di spostamento in gruppo immotivato).
Le persone sono state sovraccaricate di responsabilità (con effetti sanitari tutti da dimostrare) per alleggerire le istituzioni e per coprire le mancanze di quest'ultime (che si tratti di ospedali, aziende o questure).

Oltre alla mancata occasione di crescita per l'etica pubblica, quel che sta accadendo lascerà strascichi pericolosissimi che comporteranno -all'opposto, purtroppo- una sua ulteriore degradazione:
  • da un punto di vista relazionale, il dilemma tra 'proteggere gli altri' e 'proteggerci dagli altri' non potrà che risolversi in un aumento del securitarismo; i muri tra gli stati ed i popoli troveranno il loro equivalente interpersonale in muretti e fossati vari (immunizzazione della vita sociale, tra mascherine e guanti; divaricazioni ulteriori tra chi ha/è e chi non ha/non è; il lavoro socio-culturale-assistenziale, che già era alla canna del gas nella fase di ri-animazione precedente, ora si troverà a tappare ancora più falle e a fornire solo delle terapie palliative ad un corpo sociale relazionalmente moribondo e mortificato;
  • da un punto di vista socio-politico, la riduzione ulteriore della vita pubblica, della possibilità di manifestare o anche solo di incontrarsi in gruppo, oltre che il già evidente crescendo del conformismo anti-conflittuale, rappresentano la pietra tombale di qualunque democrazia sostanziale. Forse sorgerà -prima o poi- una nuova resistenza, ma credo che -come già accaduto- dovremo passare necessariamente attraverso le prove dolorose di nuove tirannie (più o meno soft);
  • la privatizzazione e mercatizzazione della dimensione pubblica verrà giustificata a partire da necessità sanitarie: le spiagge libere spariranno di fatto, non si sa per quanto; i marciapiedi e le strade saranno occupate più ampiamente ed ulteriormente gentrificate da ristoranti e spazi turistici lottizzati; lo sport e gli spettacoli saranno sempre più sotto controllo, sempre più in mano alle tv a pagamento, sempre meno godibili in presenza ed in luoghi pubblici;
  • si entrerà ancor più nella dimensione 'onlife': la vita materiale quotidiana (dalla spesa allo studio, dal lavoro allo svago) è destinata a trasferirsi in forme sempre più totalizzanti sulla rete, riducendo ancor più i pochi barlumi ancora esistenti di conversazione ed esperienza sociale diretta; significativa, a questo proposito, la recente reazione dei vescovi (finalmente!);
  • l'esperienza di limitazione creerà un ulteriore corto circuito con la nostra cultura sociale generale che prosegue ad inneggiare al godere e crescere senza limiti; il modello dell'illimite -in presenza di limiti a vivere così evidenti- provocherà ancor più depressione, rabbia, risentimento, frustrazione, senso di impotenza da un lato, e desideri di fuga, evasione, anestesia e/o di vendetta, invidia e desiderio di rivalsa dall'altro.
    Un bel mix di fattori che andrà a tutto vantaggio di una politica d'invocazione ed insediamento del Capo.

Come già scritto, ora iniziano le insubordinazioni: conflitti aperti, ognuno ad esaltare i propri interessi di parte. Altro che comunità, altro che unità, altro che condivisione.
Il tanto sbandierato senso di appartenenza si rivela per quel che era: una mera apparentenza, un'appartenenza solo apparente, gonfiata dalla paura comune e dai media.
Ora si apre la fase più critica per il governo, la luna di miele da coronavirus è finita.
E purtroppo non è il momento di rilassarsi neppure per noi, anzi si apre il momento più critico e delicato.
Dinanzi alla fanatica smania di voler riaprire tutto, non potendo confidare nella conversione degli esseri umani, possiamo solo sperare nella clemenza del virus e che solo per questo i contagi non crescano di nuovo.
E, se questo invece accadesse -come è probabile-, sperare che non si attuino più scelte totalizzanti e generalizzate, ma che ogni area possa da ora regolarsi secondo la propria situazione specifica, i propri contagi e le proprie risorse.
N.B. Nel delirio che riprende permangono come sempre totalmente nascoste (in quanto non portatrici di interessi materiali a breve termine) le due questioni di fondo della catastrofe: la cultura relazionale e sociale (in primis, scuola, università, servizi), rimandata a settembre senza dibattito e senza dubbi; e la questione climatica, che continua a star lì, in mano solo a quattro ragazzetti, gretini e -evidentemente- anche orfani.

sabato 25 aprile 2020

LIBERARCI DA...?




25 aprile con mascherina. La prima domanda è: da e di cosa liberarsi ?

Dall'illusione persistente che se ne possa uscire.
Nonostante la situazione, continuiamo a non trarne le conseguenze: la catastrofe va assunta come dato, e da lì -eventualmente- rinascere. Altrimenti, tanto vale cantare 'Rinascerai' con i Pooh: inutile e ipocrita tirar fuori speranze e rimedi che continuano solo a tappar falle.
La destra ha, a differenza di altri, assunto la catastrofe e sta dimostrando di poterla, seppur catastroficamente, gestire.
L'alternativa non si vede, nessuno la sostiene: eppure la catastrofe, se accolta, poteva (e forse potrebbe ancora) essere gestita e rivoltata-detourneè verso 'sinistra'.


Dagli amici del popolo. Ad esempio, dal commissario Arcuri, il peggiore dei nemici tra i cattivi buoni che ci assediano ogni sera.
Qualche giorno fa ha comparato la pandemia ai bombardamenti di Milano nell'ultima guerra.
Oggi proclama che non c'è Liberazione possibile, e che la guerra deve continuare.
Non pensiate che parli a caso o a vanvera. Ha un'idea sul nostro futuro e ci sta lavorando su.
Intanto, farebbe meglio a risolvere i problemi delle mascherine e, magari, ad arrivare, dopo tre mesi di emergenza, a renderle reperibili, riciclabili e ad un prezzo imposto.
Dovrebbe essere il suo lavoro, non lo fa, e intanto invece sproloquia da storico della domenica (prossima).

Oppure dei secondini e delatori in erba: di tutti quei cari cittadini che si mettono volentieri a fare i poliziotti senza esserlo, quelli che ti guardano di sbieco se non hai la mascherina, quelli che ti intimano di tenere le distanze, quelli che ti denunciano dal balcone... Il Grande Fratello, si sa, ha bisogno anche di diligentissime comparse.
'Ora è il tempo di accantonare i fardelli e domare le ansie dell'individualità dissolvendosi in un 'insieme più grande' e abbandonandosi gioiosamente al suo dominio, lasciandosi sommergere dalla marea di un'identicità indifferenziata', ci ricordava Bauman, già più di dieci anni fa.
Non servirà a molto, ma vanno mandati a cagare da subito, direttamente, senza remore e senza pietà. Per nostra mera soddisfazione, e per incominciare ad allenarci ed a sistemarli in vista del prossimo futuro.
Sono gli stessi che non vedono l'ora di buttarsi tra le braccia delle app geolocalizzanti (a Milano sono già un milione). Quando i loro dati saranno utilizzati non più soltanto da Facebook, ma dalle questure, dalle aziende, dalle assicurazioni, dai politici e dai sanitari, sapranno dove stanno per andare a finire, a sopravvivere nei loro lager di città. Ma sarà troppo tardi.



Seconda domanda: di e da cosa invece ci libereremo e ci libereranno?

Della democrazia parlamentare e della scuola.
In questi ultimi tempi, i più protetti sono stati proprio docenti e parlamentari...per farli fuori meglio in futuro.
Parlamenti inutilizzabili nell'emergenza, decreti solo da ratificare, governo tecnico di politici tecnici, elezioni rinviate sine die (che si faranno, prima o poi, ma mi spiegate -ancora più di prima- a che cavolo potranno mai servire?)
E in tutto questo la fine di un'illusione, il sogno infranto dei Cinque stelle: la Democrazia a rete, ora totalmente e definitivamente sommersa da un decisionismo da capibastone ancièn regime.
O forse era proprio questo, alla fin fine, il sogno telematico di Casaleggio & C. ?
In una vera democrazia si sarebbe potuti procedere ad esperimenti differenziati (per luoghi, tempi, età, generi...), a trovare soluzioni appropriate e specifiche, locali, autogestite ed autoresponsabilizzanti: ma quasi tutto -nelle comunità sociali- era stato già liquidato e liquidificato da tempo. Ed il dominio disciplinare ha potuto ora impunemente calpestare quel poco che restava.

La scuola (e l'università) fanno oggi un altro salto decisivo verso la loro totale sostituibilità ed irrilevanza: lo sdoganamento delle lezioni online costruirà la nuova e super-infettiva collusione tra studenti svagati, docenti ignavi e incompetenti, burocrazie amministrative e industria informatica dei social.
Qualche giorno fa ho dovuto contestare (ovviamente da solo e per pura disperazione) una tesi che tendeva a dimostrare la necessità di istruire i bambini della scuola primaria allo 'spirito di iniziativa e all'imprenditorialità' ! Anche Berlusconi ha vinto, proprio ora che sta morendo democristiano: le tre I (Informatica, Inglese, Impresa) prendono possesso definitivo e completo anche della vita nostra e dei poveri nativi morticini digitali. L'automazione robotico-sociale farà il resto.


Della nostra vita sul pianeta.
Il nostro mondo e i nostri stili di vita, così spocchiosi e arroganti, sono stati messi a soqquadro da piccole bestioline, agitati invaders da videogame o da B-movies.
La nostra hybris da grandeur dovrebbe restarne irrimediabilmente scossa.
E invece tutti sbraitano per ripartire subito, e soprattutto quelli che -e non a caso- sono stati i più colpiti: i lombardi qui da noi, i soliti statunitensi nel mondo (devono essere parenti).
Bisognerebbe liberarsi di loro, ed invece siamo e resteremo loro ostaggi, anche se volessimo fare altro (cosa che, purtroppo, non è).
Le società industriali, metropolizzate, ipercompetitive e superglobalizzate sul mercato: sono proprio quelle che sono state decimate dal virus (troppo lavoro, troppo stress, troppi scambi e poca cura delle relazioni umane e dei legami sociali, sistemi immunitari e sanità pubblica già a pezzi...)
Società che andranno a diventare neppure più società di un terzo contro due, ma di un quarto (agiati) contro tre (di poveri e scartati).
Società che continuano a dare i numeri, valutando -come in un eccitante game online- i record, fosse anche solo di morti e guariti, e i soldi, che servono e serviranno (ma a cosa ?).
E continuano ad utilizzare termini come Recovery (fund) e Sure, per continuare ad internarci e rassicurarci, come i più avveduti nazisti, mentre simultaneamente fanno piovere bonus di sopravvivenza e vaccini e ci distruggono la vita (ricordate le bombe e gli aiuti che cadevano insieme dal cielo a Kandahar, stampelle incluse ?)
PS: a proposito di vaccini: avete notato la gara già avviata per intestarseli per primi e far una barca di soldi, ognuno per sé e Dio vi salvi per tutti ? L'appello di ONU e OMS (preoccupate per il potenziale numero di morti nei paesi impoveriti -si parla di 3 milioni di morti!) - è solo, a questo proposito, l'ennesima ed inutile foglia di fico sull'orrore di sempre.