lunedì 1 giugno 2020

no potho respirare


Da molto tempo non andavo a sedermi e a leggere al giardinetto.
La situazione è peggiorata: sporco, abbandono, barboni sempre più chiassosi ed ubriachi, più numerosi e più giovani, in una miseria del corpo e dell'animo sempre più evidenti, nude vite che urlano il dolore e la loro ulteriore mortificazione, in un disincanto senza rimedio.
Si fanno compagnia così, umani come sono, tra sberleffi e liti, parolacce e sapienti rivelazioni su se stessi o sul mondo, cartoni di vino e vetri rotti di bottiglie scolate tra i ricordi e le mense della Caritas.
A Minneapolis, e in vari slums degli USA, i neri miserabili e bistrattati si ribellano al grido di 'I can't breathe!'. Sì, anche qui, nella vita borghese che ancora conduciamo, non si riesce a respirare.
Ma per i poveri, e i neri di sempre, c'è un ginocchio che preme fatale sul collo.
E per soffocarli non vogliono neppure più spendere i soldi per cappio e forca.
In tutta risposta, i potenti ed i riccastri di turno si assidono sul trono e tornano sprezzanti alla conquista dello spazio, lanciando in aria i loro dispendiosissimi dragoni celesti.
Che la terra resti irrespirabile... Loro vanno a respirare in cielo, per vivere lì, come dei che si oppongono alla vita degli uomini con il loro sogno mortifero di immortalità (ed immoralità).

    Come il capitalismo e a differenza del cristianesimo, la religione medica non offre prospettive di salvezza e di redenzione. Al contrario, la guarigione cui mira non può essere che provvisoria, dal momento che il Dio malvagio, il virus, non può essere eliminato una volta per tutte, anzi muta continuamente e assume sempre nuove forme, presumibilmente più rischiose. L’epidemia, come l’etimologia del termine suggerisce (demos è in greco il popolo come corpo politico e polemos epidemios è in Omero il nome della guerra civile) è innanzi tutto un concetto politico, che si appresta a diventare il nuovo terreno della politica – o della non-politica – mondiale. È possibile, anzi, che l’epidemia che stiamo vivendo sia la realizzazione della guerra civile mondiale che secondo i politologi più attenti ha preso il posto delle guerre mondiali tradizionali. Tutte le nazioni e tutti i popoli sono ora durevolmente in guerra con sé stessi, perché il nemico invisibile e inafferrabile con cui sono in lotta è dentro di noi. (da https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-la-medicina-come-religione )

Non ci basta più di vivere al centro, non ci basta più di scacciare via da lì le mille periferie del mondo. Perchè quel che è accaduto mette in angoscia la città, le metropoli, i centri. E mostra di nuovo la salute e la potenza dello star fuori, dell'isolarsi, del distare.
E' anche qui che si sta giocando il conflitto tra Nord e Sud Italia: quelli che sono in vantaggio nel mondo (economico) si rivelano non esserlo nel vivere e nel morire.
La quantità non corrisponde alla qualità, anzi pare proprio che valga l'inverso.
Le zone extraurbane, le isole, le realtà pastorali ed agricole non industriali, le aree non metropolitane hanno superato questa crisi sanitaria molto meglio delle città e dei centri globalizzati.
Sono sistemi che resistono meglio alle catastrofi epidemiche: più distanza, meno stress, aria più pulita, difese immunitarie sveglie, sonni più profondi e silenziosi, scorrere del tempo senza corse.
Lo so che la vita rurale non è per nulla tutto rose e fiori, anzi.
Lo so che da lì viene e verrà gran parte dei voti all'estrema destra populista: ed anche da qui si intravede la sconfitta progressiva della città, e dei suoi cittadini più colti ed agiati, anche nella dimensione della politica 'democratica'.
Ma è da lì che sta arrivando l'odore (il profumo, la puzza) di nuove rivolte.

I nuovi feudatari post-moderni difenderanno allo stremo e con ogni mezzo la loro ricchezza ed i loro crescenti privilegi contro la massa crescente di impoveriti, disperati, nuovi perdenti alla roulette del mercato globale.
Anche se dovessero finire nel bunker della Casa Bianca, assediati da Joker impazziti, arrabbiati e in rivolta, come sta accadendo alla famiglia Trump in questi giorni.
Sapranno come reagire, hanno i loro eserciti e le loro polizie, e le useranno contro il popolo, come sempre.
I media ed i politici, i negozianti e i banchieri blaterano di ripartenza e rinascita. Noi stessi, desiderosi sempre di vivere, riprendiamo a respirare e a camminare.
Ma il nostro futuro, che era già soltanto anteriore , ora si fa remoto: un futuro remoto ed in remoto.
Remoto perchè assomiglierà sempre più ad una modernità regressiva, arretrante, pre-moderna, contro-democratica, feudale. Un ritorno al futuro che ritorna indietro per tentare di andare avanti.
Ed 'in remoto' perchè il nuovo totalitarismo, inaugurato con questa emergenza, sarà gestito attraverso il distanziamento sociale ed il controllo informatico-sanitario-securitario (https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-biosicurezza).

Al proposito, il prof. Zan-grillo parlante l'ha finalmente detto: 'il pericolo clinico è finito, ma qualcuno vuole continuare a terrorizzare il paese'. Parte certamente da premesse ed intenzioni opposte alle mie (lì è il capitalismo intensivista a ruggire, che quel che doveva avere in pasto l'ha avuto, ma che ora è come un leone che non vuole più stare in gabbia; non è un caso che sia il medico personale di Berlu); ma dice la verità.
Quel che sta accadendo da almeno un mese a questa parte non ha più nulla a che vedere con il virus e con i rischi di contagio (https://www.valigiablu.it/nuovo-coronavirus-svezia/) , ma è totalmente all'interno della sola dinamica bio-politica e delle sole istanze di controllo territoriale degli stati.
Il che si dimostra col fatto che le decisioni non si basino più sui contagi e sui fattori di rischio, come avevano ipocritamente annunciato all'inizio della fase 2; ma si basino sulle divisioni territoriali (regionali) e sui diversi rapporti di potere intercorrenti tra loro e nei confronti dello stato nazionale, a partire da statistiche economiche e non sanitarie (oltre che da calcoli elettorali feudali, ovviamente).
Il modello detentivo prolungato, mutuato dal nostro medioevo feudale passato e dalla dittatura cinese, modello feudale del nostro prossimo futuro remoto, resterà nell'aria, come il virus stesso.
E ci ripiomberà addosso, ogni volta che servirà e molto prima di quel che speriamo nel nostro illusorio tirare un sospiro di questi giorni.
Dico sospiro e non respiro, perchè -chi sa guardare il futuro- non può che restare in apnea, in attesa del futuro remoto che bussa alle porte.
Non si sta aprendo la porta, ma solo una piccola finestra. E, nel frattempo, i cancelli si sprangano e si rifiniscono i dettagli delle gabbie in cui proveranno ancora a farci vivere.

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