martedì 28 aprile 2015

bully bully

Col pretesto della razza, poliziotti bianchi uccidono neri e gruppi di neri si rivoltano contro i bianchi.
Col pretesto del tifo sportivo, gli ultras del calcio si attaccano tra loro e si scontrano con la polizia.
Col pretesto della religione, giovani, arabi e non, si trasformano in kamikaze e guerriglieri e attaccano gli eserciti e le polizie e i cittadini dell'occidente.
Col pretesto del progresso, Renzi pone la fiducia, esautorando definitivamente il Parlamento ed umiliando i suoi stessi compagni di partito.

Il bullismo, a tutti i livelli, avanza.
Se una parte mette sotto l'altra, senza ritegno e senza limiti, al momento vince.
Ma gli effetti di quella sottomissione si sentono in vari modi e tempi.
E si trasformano in controviolenza.
Se cresce il senso di esclusione e di ingiustizia, se sale la sensazione netta di essere fuori e di essere tenuti fuori, una parte delle persone si rivolta.
Si rivolta contro gli ancora più deboli (la maggioranza) o contro gli ancora più forti (una minoranza, ma molto aggressiva e pericolosa).
I passivi, i silenziosi, gli opportunisti stanno al centro, fermi, in attesa di capire chi vincerà.
La storia di sempre...


lunedì 27 aprile 2015

stagno e ristagno



Mi alzo alle 11, dopo due giorni passati tra poltrona, divano, amaca e letti.
Le gambe si sono mosse solo tra lì e il bagno o la cucina, per necessità.
Quando provo a muoverle oltre, nicchiano.

Mi dico che sarebbe bene uscire e magari fare anche la spesa, ma fuori piove.
Nei giorni scorsi ho provato a riprendere la bici, ma il circuito elettrico mi è saltato alla terza salitella.
Ho iniziato a leggere l'ultimo di Barnes, appena uscito, ma da pagina 60 mi ripeteva le stesse pagine già lette, e me ne saltava venti, e non si poteva continuare.
Al giardinetto, le richieste di aiuto e di soldi si fanno sempre più assillanti, e un poveraccio -sfatto e tutt'ossa- mi è morto ieri nella panchina a fianco, lasciandosi andare per terra.
Anche prendere il sole, così, diventa un'impresa.

I funghi, forse, mi hanno lasciato.
Ma il catarro ristagna ancora tra gola e polmoni, le ghiandole sotto l'orecchio destro si gonfiano, non peggioro e non miglioro, il respiro scende e risale arrancando, annaspo.
Anche il corpo sta lì, sospeso, degradante sul male, presente solo nel farmi sentire la sua assenza e quella di altri corpi, da troppo tempo.
Urla in silenzio, come gli esseri umani ipotetici descritti da Oz.
Scoramento, è la parola che userei oggi (ma forse l'ho anche già usata un anno fa, o due...).
Comunque - lo dico a tutti quelli che hanno insistito per curarmi e che mi vogliono bene così - sto prendendo acqua calda e limone al risveglio, panacea di tutti i mali.
L'effetto è confortante, spero non mi inacidisca (ah ah...!)
Altro piccolo conforto: il Cagliari coglie una vittoria insperata, e fa risperare.

Qualcuno prova ad incontrarmi, o a scrivermi, ed io gli espongo la (mia, sua, nostra) catastrofe.
Appena si arrende un attimo, gli apro la porta e lo lascio andare.
Lancio flebili segnali, senza risposta e senza slancio.
Non affondo, non nuoto, non bevo, non affogo, non mi dibatto, non chiedo aiuto.
Galleggio in questo stagno, come un soldatino di piombo, e ristagno...






mago di oz

'Anche lui teneva gli occhi chiusi. Anche lui non ha voluto vedere in Giuda il più fervido credente'.
'Gli occhi -commentò Gershom Wald- non si apriranno mai. Quasi tutti gli uomini attraversano lo spazio della vita, dalla nascita alla morte, a occhi chiusi. Anche tu e io, mio caro Shemuel.
A occhi chiusi. Perchè se solo li aprissimo per un istante, ci sfuggirebbe da dentro un urlo tremendo e continueremmo a urlare senza smettere mai. Se non urliamo giorno e notte, è segno che teniamo gli occhi chiusi. Adesso per favore leggi un po' il tuo libro, stiamo in silenzio. Per questa sera abbiamo parlato abbastanza.'

'Lo chiamavano traditore -proseguì Wald-, perchè la remota possibilità anche si era aperta a metà degli anni trenta per l'aspirazione a fondare uno stato ebraico indipendente, per quanto con un minuscolo pezzo di terra, questa remota possibilità aveva conquistato gli animi. Anche il mio.
Abrabanel, dal canto suo, non credeva in nessuno stato. Neanche in uno stato binazionale. Neanche in uno stato comune tra arabi ed ebrei. Era l'idea in sé di un mondo diviso in centinaia di stati con frontiere, filo spinato, passaporti, bandiere, eserciti e monete diverse, che trovava assurda, arcaica, primitiva, omicida, un'idea ormai superata, che doveva quanto prima estinguersi.
Mi diceva: perchè avere tanta fretta di fondare qui nel sangue e nel fuoco uno stato lillipuziano, a prezzo di una guerra eterna, che tanto ben presto non ci saranno più stati al mondo e al loro posto ci saranno comunità di gente che parla lingue diverse e vivranno le une accanto alle altre facendo a meno di quei nefasti giocattoli che sono i fucili e gli eserciti e le frontiere e la vasta gamma di strumenti di distruzione ?'...

'Il signor Abrabanel che genere di persona era ?'
Sarah De Toledo tacque...
'Lui amava gli arabi -disse tristemente alla fine-, noi non ci amava. Forse gli arabi lo pagavano.' Poi, dopo un altro momento di silenzio aggiunse: 'Non amava nessuno. Neanche gli arabi amava. Quando tutti gli arabi sono scappati, o noi li abbiamo aiutati a scappare, lui è rimasto in casa sua. Mica è andato con loro. Non amava nessuno...'

'Quanto darei per leggere quello che ha scritto tuo padre'.
'Non ci ha lasciato nulla. Alla fine si è premurato di distruggere tutti i suoi fogli. Come se avesse cancellato la propria vita'.
'Vedrai che un giorno scriveranno di lui. Faranno delle ricerche. Ci si ricorderà di lui, forse solo fra molti anni, ma sono convinto che prima o poi qualcuno andrà a frugare negli archivi e scoprirà la sua storia'.
'Ma quale storia. Non c'è nessuna storia. Lui non ha fatto nulla. Qualche volta ha parlato un po', e dopo che ha parlato l'hanno espulso da tutto, e lui si è offeso, da allora si è chiuso in casa ed è stato zitto per sempre. Tutto qui. Non c'è stata nessuna storia...'


(Amos Oz, Giuda, 2014)






sabato 25 aprile 2015

nazionalsocialisti in festa



Oggi Festa della Liberazione.
Svanita da tempo, insieme ai partigiani. I pochi superstiti, ben consapevoli di essere stati fregati, cantano comunque Bella ciao di qua e di là, ed anche in Parlamento, accompagnati nel coro da Boldrina e Mattarellum...
Mi sento già meglio.

Tra qualche giorno si celebrerà la Festa del Lavoro.
Una parola che ci perseguita, ormai, solo come una minaccia o un vuoto.
Lo si ricorda, una volta l'anno, come si faceva con gli antenati, per non farli tornare.

Intanto, si fa la festa definitiva alla Costituzione, con l'Italicum.
E si festeggia la sempre prossima uscita dalla crisi.
E l'Europa neonazista festeggia se stessa.
Tante belle feste e festicciole, insomma.

Anche i nazisti e i fascisti facevano tante feste.
E, intanto, riempivano i vagoni.
Noi oggi lo facciamo coi barconi.
O meglio, lo facciamo fare ad altri per noi, i soliti kapò.
Siamo neonazisti, ma in doppiopetto democratico.
E qualcuno si prodiga anche in camice o in maniche di camicia, per salvarne almeno qualcuno, tanto per confondere le acque (così non potranno dire che siamo tutti nazisti...sì, è vero, qualcuno è ancora cattocomunista, bella consolazione...)
Siamo ancora cristiani, solidali, tolleranti e liberali, quando serve, e sino a un certo punto.
Sino a quando non ci costringono a sparare, ovviamente.
Sino a quando non si accontentano di spararsi tra di loro.
Sino a quando accettano di essere sparati da noi, senza reagire.

Lasciate che i morti seppelliscano i morti.
Non festa, ma lutto.
Come si diceva qualche tempo fa, quando si usava ancora, ingenuamente, la parola guerra.


'Non mi avrà sentito'.
'Certo che ti ha sentito, ma ha fatto finta di niente. E' meglio non aver nulla a che fare con i morti, caro il mio Fiore, sono tutti cattivi, invidiosi e non si scompongono un millimetro per chicchessia; ognuno ha il suo da fare e non pensa che a se stesso; gli altri non hanno nessun valore per lui, non vede niente e non sa niente. Dà retta a me, Fiore, non pensarci più; forse potresti arrivare al punto di perdere, del tuo amico, anche la buona memoria'...
'Questa sarebbe l'ora di andare in giro -pensa- per il vicolo della Misericordia...si passerebbe anche di là, prima di andare in cerca di ragazze nel cinema dei preti, ma sarebbe anche l'ora di girare per le macerie qui sotto e raccontarci tutto quello che abbiamo fatto durante la guerra...
Ma forse, se lui fosse qui, non si farebbe niente perchè anche queste cose sono finite. Le penso perchè erano belle ma non le farei adesso; sono già passati anche per me il cinema dei preti e i riti al dio Moloch, non avrei più voglia di farli o se anche li facessi, nessuno dei due riderebbe più...
Perchè non c'è più niente da ridere ?...'
'Ad ogni modo, non lo so perchè non è venuto, Fiore, i morti stanno bene per conto loro, dimenticalo, lascialo andare, non ci guadagnerebbe niente a venire da te e tu non conti più niente per lui. Nessuno conta più niente...', dice Antoine con un gesto vago...

(G. Parise, Il ragazzo morto e le comete, 1951)








mercoledì 22 aprile 2015

gli schifisti

Ora gli scafisti vengono chiamati schiavisti.
Ma gli schiavisti non erano quelli che trasportavano i negri, ma quelli che li sfruttavano al loro arrivo.
Cioè noi, non gli scafisti.
Gli schiavisti siamo noi, non quelli che organizzano la tratta.
Perchè siamo noi a sfruttarli o a ucciderli o ad emarginarli o ad umiliarli, non gli scafisti.
Siamo noi a fare schifo, siamo noi gli schifisti.

Ma dire che i cattivi sono gli scafisti (che sono solo negri che derubano altri negri, organizzati dalle nostre mafie di bianchi o dagli eserciti dell'Isis) aiuterà a giustificare i prossimi atti di guerra, i nostri, gli ennesimi, contro la Libia e contro i paesi arabi.
E falliremo ancora, come in tutte le guerre condotte negli ultimi vent'anni.
E otterremo l'unico risultato di allargare le file dell'odio contro di noi, di arruolare nuovi guerriglieri, di aumentare il rischio di attentati nei nostri territori, di farci entrare definitivamente in guerra.
Perchè, che lo si voglia dire o no, siamo in guerra, e da tempo.
Ed anche le guerre civili, se ancora vogliamo definirle tali, che si combattono ormai quasi ovunque, sono combattute con le nostre armi, e sono state alimentate dai nostri interventi militari e dai nostri interessi coloniali.


La posizione leghista o lepenista è di fatto la posizione, camuffata e non dichiarata -ma perpetrata e agita con chiarezza estrema- dalla maggioranza dei cittadini europei, e soprattutto dai paesi ricchi e del Nord (del Nord Europa e del Nord Italia).
Se si potesse dirlo, ma non manca molto, l'immigrazione è vista soltanto come una questione di ordine pubblico.
Vogliamo preservare solo la nostra vita, il nostro benessere, la nostra pace.
Che muoiano pure tutti, o se ne restino lì se non vogliono annegare...!
Non hanno diritto a vivere la nostra vita!
Abbiamo imposto un modo di vivere, li abbiamo drogati con le nostre tv e i nostri consumi.
Ed ora che vogliono raggiungerci a nuoto, che vogliono imitarci, che vogliono anche loro la nostra 'felicità', li facciamo affondare nelle onde o li rinchiudiamo nei lager...
Scusate, ci siamo capiti male, in realtà siamo in crisi, non abbiamo soldi neppure per noi, etc etc...
Eppure troviamo molti soldi (per le banche, per il calcio, per l'Expo, per i G8...).
Mentiamo spudoratamente.
Cosa dovrebbero pensare di noi ?
Non siamo noi gli schifisti ?

Il gioco sta per finire.
Le nostre vite sono ormai invase dalle morti.
Possiamo proseguire a tappare falle o a far finta di niente, a organizzare pianti di coccodrillo e celebrazioni postume.
Ma quelle onde proseguono ad avanzare sopra le nostre coste.









martedì 21 aprile 2015

che non sei nei cieli

http://video.repubblica.it/dossier/la-strage-dei-migranti/migranti-la-preghiera-laica-di-erri-de-luca-mare-nostro-che-non-sei-nei-cieli/198471/197513?ref=HRESS-1

lunedì 20 aprile 2015

vita tua, mors mea

'Mia madre', ultimo film di Moretti, ieri all'Odissea.
Regista sempre onesto, sensibile ai richiami della realtà, attento a quel che accade fuori e dentro di sè.
Un film delicato, attonito, che si muove nel nulla in cui siamo, e lo mostra.
Un film ghiacciato, che esprime poco, quasi noioso.
Un film mortifero, in senso letterale.

Un film sul morire del tutto: della madre, e del mondo.
Sul morire del lavoro, degli amori, del cinema, del latino, della medicina, dell'ironia stessa.
E soprattutto del senso di stare ancora a raccontare e a parlare della vita.
Un film spietato, leggermente atroce, e pesantemente autoterapeutico.
Quando la psicanalisi non basta...si fa un film.

Rispetto alla visionarietà di Habemus papam, ci muoviamo qui tra le allucinazioni del regista, interpretate dalla Buy, che è come se facesse se stessa mentre fa Moretti che fa sempre se stesso.
Turturro, anche.
Un film che finge di parlare di relazioni (con una madre che quasi non c'è, se non nel titolo), ma sempre, morettianamente, apertamente autocentrato ed autotrofo.
Un grande ego, che parla sempre e soltanto di sè mentre apparentemente parla d'altro e d'altri.
Ma si può fare qualcosa di diverso oggi ?

Quindi anche io vi parlerò ancora un pò di me, della mia mors in vita.
Nuovo otorino, nuova diagnosi: ora siamo passati ai funghi (candidosi orale) e al reflusso gastro-esofageo (mi mancava!).
Ovviamente, ho sbagliato a prendere antibiotici perchè ho ammazzato tutto il resto ed ho lasciato così tutti i cari saprofiti a banchettare da soli...
E naturalmente, niente labirintite (al massimo, se c'è, è leggerissima) e manovre varie, sono cose superate...

Speriamo che sia la volta buona, almeno.
Permangono debolezza, astenia e sconforto (soprattutto sulla medicina).
Intanto, devo starmene a succhiare del gel in bocca per dieci minuti due volte al giorno.
Era meglio se mi dedicavo a far pompini a qualcuno, sinceramente...!


sabato 18 aprile 2015

attualità di flaubert

La vita! La vita! Avere delle erezioni, tutto qui!

Le varie immagini dello scrittore confermavano la crudele precocità del suo passaggio da bel giovanotto a panciuto borghese afflitto da calvizie...Il suo corpo aveva il senso del decoro: una volta che la mente abbia riconosciuto il proprio prematuro invecchiamento, la carne fece del suo meglio per adeguarsi.

Sento, contro la stupidità del mio tempo, ondate d'odio che mi soffocano. La merda mi sale alla bocca come quando si è afflitti da un'ernia strozzata. Ma io voglio conservarla, lavorarla, indurirla; voglio farne un impasto da spalmare su tutto il diciannovesimo secolo, come si fa con lo sterco di vacca di cui sono dipinte le pagode indiane.

Qualcuno è mai morto al momento giusto ? ''Un cuore semplice' lo avevo iniziato solamente per lei, solo per farle piacere. E' morta quando ero a metà del lavoro. Accade a tutti i nostri sogni'.

In Egitto, Gustave contrae la sifilide. Perde quasi tutti i capelli, ingrassa...La mezza età per Gustave comincia qui. 'Non sei ancora nato che già cominci a marcire'.

Il mio cuore sta diventando una necropoli.

Certe persone hanno il cuore tenero e la mente rigida.
Io sono l'opposto: duro di cuore e tenero di testa.
Sono come una noce di cocco che custodisce il proprio latte sotto parecchi strati di scorza legnosa.
Ci vuole un'accetta per aprirla, e spesso che cosa ci si trova dentro ?
Una specie di panna inacidita.

Man mano che si invecchia, il cuore perde le foglie come un albero.
A certi venti non si può resistere. Ogni giorno strappano via qualche altra foglia; e poi ci sono i temporali che spezzano molti rami in un sol colpo.
Ma mentre in natura il verde ricresce in primavera, quello del cuore non ricresce mai.

Che cosa atroce la vita, no ? Come un piatto di minestra su cui galleggiano non pochi capelli.
E che dobbiamo comunque mandar giù.

E' vero che molte cose mi infuriano. Il giorno in cui smetterò di indignarmi crollerò a terra vergognosamente, come un pupazzo privo di sostegno.

Il mio cuore è intatto, ma i miei sentimenti sono affilatissimi da un lato e smussati dall'altro, come un vecchio coltello molato troppe volte che è pieno di tacche e rischia di spezzarsi.

Mai hanno avuto così scarso peso le cose delle spirito, mai l'odio per tutto ciò che è grande si è manifestato con maggiore evidenza -lo spregio per la Bellezza, l'avversione per la letteratura.
Ho sempre cercato di vivere in una torre d'avorio, ma una marea di merda preme contro le mura minacciando di scalzarla dalle fondamenta.

Mi sento sradicato, come un ammasso di alghe morte trascinato qua e là tra le onde.

D'altra parte Ed Winterton amava definirsi un fallito...L'aria da fallito non gli conferiva affatto un aspetto disperato; pareva anzi scaturire dalla pacata consapevolezza di non essere tagliato per il successo e dalla pacata convinzione che fosse pertanto suo dovere assicurarsi di fallire in maniera corretta e dignitosa.

Qualunque cosa accada, rimarremo idioti.

L'unico sogno della democrazia è quello di elevare il proletariato al livello di stupidità raggiunto dalla borghesia.

La deliberata invisibilità di Flaubert in un secolo di personalità chiassose e stili ostentati può essere classificata in due modi: come classica, o come moderna.

Ma non detestava la ferrovia solo in quanto tale, detestava il modo in cui alimentava nella gente l'illusione del progresso. Che senso aveva lo sviluppo sceintifico senza un corrispettivo sul piano morale ? Il treno avrebbe solo permesso a un maggior numero di persone di spostarsi e di incontrarsi per essere imbecilli tutte insieme.

Non c'è soltanto la vita che conosciamo. Né solo la vita che si è riusciti a nascondere. Non ci sono soltanto le varie menzogne della vita, alcune delle quali ormai non possono più essere messe in dubbio. C'è anche la vita che non è stata vissuta.

Che cosa mi spinge a voler sapere il paggio ?
Io amavo Ellen, e volevo sapere il peggio. Ellen non ha mai ricambiato la premura.
Mi voleva bene, ma di me era pronta a credere il meglio senza domandare.
La differenza è tutta qui.
Non cercò mai di individuare il pannello scorrevole che apre la camera segreta del cuore, quella in cui custodiamo cadaveri e ricordi.
E' questo che distingue sul serio le persone: la differenza non è tra chi ha segreti e chi non ne ha, ma tra chi vuol sapere e chi no. A mio giudizio, voler sapere è segno d'amore.

Freud: 'Nel profondo del mio cuore, non posso impedirmi di pensare che i miei cari simili, a parte rare eccezioni, non valgano nulla'.

La democrazia non è l'ultima parola del genere umano più di quanto lo siano stati lo schiavismo, il feudalesimo, la monarchia. La miglior forma di governo è quella in agonia, in quanto è pronta a cedere il passo alla successiva.

'Voi offrite desolazione -scriveva George Sand-, io, consolazione.'
E Flaubert le rispose: 'Non posso cambiarmi gli occhi'.

Non ho mai visto una culla senza pensare a una tomba.
La vista di una donna nuda mi induce a immaginare il suo scheletro.

La tristezza è un vizio come un altro.

Eravamo felici; eravamo infelici; eravamo abbastanza felici.
E' un errore, la disperazione ?
Non è forse la condizione naturale della vita, a partire da una certa età ?
Dopo un determinato numero di eventi che cosa resta, se non la ripetizione e il declino ?
Chi vuole continuare a vivere ? Gli stravaganti, i religiosi, gli artisti (qualche volta), chi si inganna sul senso del proprio valore.
I formaggi molli si squagliano, quelli duri stagionano. Entrambi mettono la muffa.

La gente come noi noi deve avere la fede della disperazione.
Bisogna essere all'altezza del proprio destino, vale a dire non meno imperturbabili.
A furia di ripetersi 'Ecco, ecco...' e di contemplare il buio dell'abisso, ci si tranquillizza.
E come ho già detto, se tutte le tue reazioni a un libro sono già state espresse e diffuse, che senso ha la tua lettura ? Giusto quella di essere la tua.
Analogamente, perchè vivi la tua vita ? Perchè è la tua.
Ma che succede se questa risposta diventa a poco a poco meno convincente ?

Mano a mano che l'umanità si perfeziona, l'uomo si va degradando.
Quando tutto si ridurrà a una combinazione di interessi economici ben bilanciati, quale spazio resterà alla virtù ?
Nel frattempo, ci toccherà attraversare un periodo assai buio.

Si tornerà alle guerre razziali. Prima del trascorrere di un secolo assisteremo alla morte di milioni di uomini in un sol colpo.
L'Oriente contro l'Occidente. Il vecchio mondo contro il nuovo. Perchè no ?

Di quando in quando, sfoglio un giornale.
Le cose sembrano procedere a ritmo vertiginoso.
Danziamo non già sul cratere di un vulcano, bensì sull'asse di un cesso il cui legno per giunta mi pare alquanto marcio.
Ben presto la società finirà per piombare e affogare in diciannove secoli di merda.
Si sentiranno parecchie urla.

Cerchiamo di avere il pudore degli animali feriti,che si ritirano in un angolo e se ne stanno in silenzio., Il mondo è pieno di gente che strepita contro la Provvidenza. Occorre evitare, non foss'altro che per educazione, di comportarsi come loro.

La storia andava morendo, come si esaurisce una sorgente, come si spegne un'eco.
Beh, forse è così che deve essere.
Era tempo di prendere commiato...

(frasi di Gustave Flaubert e di Julian Barnes, tratte da 'Il pappagallo di Flaubert', 1984, dello stesso Barnes...)






venerdì 17 aprile 2015

L'Arca di Non è



Nel dicembre del 1968, l'Apollo 8 decollò verso la Luna.
La vigilia di Natale, la navicella sorvolò l'emisfero nascosto entrando nell'orbita lunare.
Quando riemerse, gli astronauti furono i primi esseri umani a poter contemplare un fenomeno per il quale si dovette coniare un'espressione nuova: 'il sorgere della Terra'.
Il pilota del modulo lunare, William Anders, utilizzando uno speciale apparecchio di marca Hasselblad, fotografò una Terra per due terzi piena che sorgeva in un cielo notturno.
Le sue immagini ce la mostrano nella meraviglia dei suoi colori, frastagliata da pennacchi di nuvole, da vortici di tempeste, con l'azzurro denso dei mari e il bruno ruggine dei continenti.
Il generale Anders ebbe a commentare in seguito:
'Credo sia stato il sorgere della Terra a colpire tutti noi più di ogni altra cosa...Quello che vedevamo era il nostro pianeta, il luogo del cammino evolutivo dell'uomo.
La nostra Terra, che trovammo variopinta, graziosa e delicata, in confronto alla superficie lunare scabra, spoglia, piatta, per non dire noiosa.
A sorprendere tutti, sono certo, fu il fatto che avevamo percorso 240.000 miglia per vedere la Luna, ma era la Terra che valeva davvero la pena di guardare....'
(J. Barnes, Livelli di vita, 2013)


Guardiamola allora questa nostra Terra, come se la guardassimo da fuori, dalla Luna.
E' bella, certo, preziosa, unica, brulicante di sogni e di differenze, ancora viva.
Chi può negarlo ?

Ma, nel nuovo diluvio che si avvicina, niente assomiglia ad un Arca di salvezza.
I profughi sul barcone vengono gettati in mare e uccisi da altri profughi.
Le opere d'arte di Nimrud, create per esaltare le gesta di fanatici guerrieri, sono devastate da fanatici guerrieri.
Gli ulivi millenari della Puglia vengono sradicati e tagliati perchè altri ulivi non siano contaminati.
La nostre libertà personali sono controllate e violate per garantirci la libertà contro i nemici della libertà.
Io mi sento morire, solo perchè vorrei vivere.

Per poter essere (forse), il non essere si diffonde e si impone (con certezza).
E' doloroso ammetterlo: siamo tutti sulla stessa barca alla deriva, siamo tutti imbarcati sull'Arca di Non è.




Venerdì 17: bara a dritta!



Nella prima parte della vita, il mondo si divide grossolanamente tra chi ha già fatto sesso e chi no.
Più avanti, tra chi ha conosciuto l'amore e chi no.
Più tardi ancora -se si è fortunati almeno (o forse sfortunati, in realtà)- si divide tra chi ha vissuto il dolore e chi no.
Si tratta di differenze assolute; di tropici che attraversiamo.

E invece, tra un'estate e l'autunno, passammo dall'ansia all'allarme, alla paura, al terrore.
Trentasette giorni in tutto, dalla diagnosi alla morte.
Mi sono sforzato di non abbassare lo sguardo mai, di guardare le cose in faccia: ne è nata una sorta di assurda lucidità.
Quasi tutte le sere, quando uscivo dall'ospedale, mi ritrovavo sull'autobus a fissare con risentimento la gente che tornava a casa a fine giornata.
Come osavano starsene lì seduti con quell'aria svagata e dimentica, ostentando profili serafici, quando il mondo era sul punto di cambiare ?

Abbiamo un cattivo rapporto con la morte, evento al tempo stesso unico e banale; non siamo più in grado di considerarlo parte di un disegno più vasto...
Di conseguenza, anche il lutto diventa inimmaginabile: non solo in termini di durata e profondità, ma anche di consistenza e di tono, nell'inganno delle sue remissioni apparenti, nelle sue ricadute.
Come pure nel suo trauma iniziale: all'improvviso precipitiamo nel gelido Mare del Nord equipaggiati soltanto di un ridicolo giubbotto di sughero che in teoria dovrebbe salvarci la vita.
Per giunta, niente ci può preparare alla realtà nuova nella quale coliamo a picco.
Ho conosciuto una persona convinta, o fiduciosa, di poterlo fare.
Suo marito era da tempo malato di cancro; essendo una donna pratica, lei si era informata in anticipo sulle letture adatte e aveva messo insieme una scorta di classici sul tema della perdita.
Quando venne il momento non fece alcuna differenza.

Quello che già sapevo era che funzionano solo le vecchie parole: morte, pena, dolore, tristezza, crepacuore. Nessuna moderna perifrasi o diagnosi scientifica.
Il dolore è una condizione umana, non clinica e, sebbene esistano pillole che aiutano a dimenticarlo -quello e ogni altra cosa- , non esistono farmaci in grado di guarirlo.
I dolenti non sono depressi, sono semplicemente, giustamente e matematicamente ('si soffre nell'esatta misura di quanto vale la perdita') tristi.

'Ho parlato a tavola di mia moglie morta, mentre si conversava.
Cala un silenzio breve, un comune spavento, un brivido d'orrore...'
Presi la decisione (ma dato lo scompiglio che mi regnava in testa forse è più giusto dire che fu la decisione a prendere me) di parlare di mia moglie ogni volta che mi pareva o ne sentissi il bisogno...Mi sono reso conto ben presto di come il dolore selezioni e riposizioni le persone che circondano il dolente; di come metta alla prova gli amici, di come qualcuno risulti promosso, e qualcuno bocciato...
Ricordo una conversazione a tavola...; ero in un ristorante con tre amici sposati più o meno coetanei...Feci il nome di mia moglie: nessuno raccolse. Lo ripetei: stessa reazione.
E' possibile che la terza volta avessi la deliberata intenzione di provocarli, perchè quel comportamento, che a me era parso più un segno di vigliaccheria che di buona educazione, mi aveva fatto incazzare.
Spaventati dal contatto con il suo nome, la rinnegarono tre volte e io li condannai.

Un'altra cosa che non sai è che impressione gli altri hanno di te. Non è detto che quello che provi coincida con quello che appare. Vediamo cosa provi.
Ti senti come se fossi precipitato da un'altezza di qualche centinaio di piedi, senza mai perdere i sensi, e fossi atterrato in un'aiuola di rose con tale violenza da ficcarti a terra fino alle ginocchia, mentre lo shock dell'impatto ti ha spappolato gli organi interni scaraventandoli fuori dal corpo.
Ecco, questo è ciò che provi; perchè mai dovrebbe apparire qualcosa di diverso ?
Non sorprende dunque che qualcuno cerchi di deviare la conversazione su un argomento più rassicurante.
Anzi, è possibile che non si tratti di evitare lei, né la morte, bensì di evitare te.

(Julian Barnes, Livelli di vita, 2013)


Quiqueg nella bara.

Fu in questa circostanza che il mio povero compagno pagano e stretto amico del cuore, Quiqueg, si prese una febbre che lo portò a due passi dalla fine infinita...
Povero Quiqueg! Quando la nave era circa a metà sbudellata, avreste dovuto piegarvi sulla boccaporta e dare un'occhiata laggiù, dove spogliato, tranne delle mutande di lana, il selvaggio tatuato andava strisciando, tra l'umidità e la fanghiglia, come un verde ramarro maculato, in fondo a un pozzo. E un pozzo o piuttosto una ghiacciaia fu in qualche modo per lui, povero pagano; che, strano a dirsi, con tutto il caldo delle sue sudate, si prese là un terribile raffreddore che riuscì in una febbre; e alla fine, dopo qualche giorno di sofferenze, lo distese nella branda sulla soglia della porta della morte.
Come deperì e deperì in quei pochi lentissimi giorni, finchè non parve restare di lui molto di più dello scheletro e dei tatuaggi !
Ma mentre tutto il resto in lui si assottigliava e le mascelle si affilavano, gli occhi nondimeno parevano crescere sempre più grandi, acquistavano una strana morbidezza di splendore e vi guardavano dolci, ma profondi, dal seno del male...
Non uno dell'equipaggio che non lo desse per spacciato e, quanto a Quiqueg in persona, quel che pensasse del suo caso lo dimostrò validamente un curioso favore che chiese.
Chiamò a sé uno e, prendendogli la mano, gli disse che a Nantucket aveva visto certe piccole canoe di legno scuro...e domandando aveva saputo che tutti i balenieri che morivano a Nantucket venivano composti in quelle nere canoe...
Aggiunse che rabbrividiva al pensiero di venir sepolto nella branda...No: egli desiderava una canoa come quelle di Nantucket...
Ora, non appena questo strano caso si seppe a poppa, il maestro d'ascia ricevette ordine di fare il volere di Quiqueg, qualunque cosa potesse implicare...Non appena avvertito dell'ordine, dato mano al regolo, si recò senz'altro nel castello e prese con gran cura le misure di Quiqueg, segnando regolarmente con il gesso la sua persona tutte le volte che spostava lo strumento.
'Ah, povero diavolo! Adesso dovrà morire', esclamò il marinaio di Long Island...

Quiqueg, tra la costernazione di tutti, comandò che la bara gli venisse immediatamente portata e non ci fu modo di negarglielo; visto che, di tutti i mortali, certi moribondi sono i più tirannici...
Sporgendosi dalla branda, Quiqueg osservò a lungo con occhio attento la bara.
Poi chiese il rampone, ne fece togliere il legno e mettere il ferro nella bara, insieme a una delle pale della lancia. Tutto a sua richiesta, ancora, vennero disposte gallette in giro per i fianchi, e una fiasca d'acqua dolce alla testa, insieme a un sacchetto di terra legnosa raschiata in fondo alla stiva. Fattosi arrotolare come cuscino un pezzo di tela da vela, Quiqueg allora supplicò di deporlo nel suo ultimo letto, per poterne sperimentare le comodità, se ne aveva...
Giacque là, senza movimento, alcuni minuti...Poi, incrociando le braccia, chiese che gli mettessero sopra il coperchio...E lì giacque Quiqueg, nella bara, mostrando poco più del suo volto pacato.
'Rarmai' ('Andrà'; 'E' comodo'), mormorò alla fine, e fece segno che lo rimettessero nella branda.

Ma ora che aveva fatto in apparenza ogni preparativo per la morte, ora che la bara si era dimostrata ben adatta, Quiqueg si riprese all'improvviso...
E qui, quando qualcuno esprimeva la sua lieta sorpresa, egli rispondeva in sostanza che...in un momento critico si era ricordato di un piccolo dovere a terra che lui lasciava inadempiuto, e perciò aveva cambiato idea intorno alla morte, non poteva ancora morire, dichiarò...
Così, ben presto il mio Quiqueg riprese forza e finalmente, dopo essere stato seduto sull'argano, indolente, per qualche giorno (mangiando, però, con appetito gagliardo), saltò in piedi d'improvviso, spalancò le braccia e le gambe, si diede una buona stirata, sbadigliò un istante e poi, balzando in testa alla sua lancia issata e bilanciando un rampone, si dichiarò pronto a combattere.

(Hermann Melville, Moby Dick, 1851)






























mercoledì 15 aprile 2015

eppur si muove...

Eppur si muove...
Questa frase, simbolo di progresso e di evoluzione razionale, ora diventa il segno della terra che frana, che slitta, che crolla.
Ci manca la terra sotto i piedi, come si dice.
L'acqua fa il suo lavoro, a lei continuiamo ad opporre le nostre certezze di cemento, i nostri piloni, le nostre barriere d'acciaio.
Lei se ne frega, e e avanza, e smuove la terra.

E tutta quella gente che continua a fuggire, a imbarcarsi, ad affogare.
Inizia ad assillarci giornalmente, sono migliaia, centinai di migliaia, e attendono solo di partire, di arrivare qui.
E muoiono per vivere e vivono per morire.
Eppur si muovono anche loro, eppur si muove la marea, eppur si muore...

E delle nostre vite, che lentamente, gradualmente, ma inesorabilmente cadono verso il disastro.
Sì, di giorno in giorno, di anno in anno, la catastrofe avanza.
La vediamo, a tutti i livelli, ormai, manifestarsi e assediarci, senza tregua.
Le nostre vite sono accerchiate, e perdono valore ed energia e senso.
E' una lotta impari, ormai.


lunedì 13 aprile 2015

mr. lozio

Giorni lenti in una Milano già ubriaca di Expo.
Ovviamente tante promesse, pochi fatti.
Tutto in ritardo nero.
Una quantità enorme di soldi pubblici buttati al vento.
Una colossale operazione di immagine senza senso.
Ma la gente compra i biglietti, e ci andranno in milioni, tanti, troppi.
Se prendi la tessera PD, entri con lo sconto. Roba indegna.
Si finge di nutrire il pianeta, ma il pianeta sa bene che ci sarà sempre più fame e sete (anche di giustizia).
Il mondo sprofonda, si squassa, si divide, si squarta.
E noi proseguiamo a mentire, a sprecare, a nutrirci, ad ammazzare, ad armarci.
Tutto solo per denaro.

In questo viaggio sono stato spesso chiamato zio.
E non solo da mio nipote.
Amici cari cercano così di darmi un ruolo affettivo, anche se non ufficiale.
Nel palazzo di Sesto dove ho dormito in queste ultime due notti vedo una casella della posta con su scritto un cognome: Lozio.
Io lo posso leggere 'lo zio', ma mi piace anche vederci ' l'ozio'.
Sì, è stato un viaggio da zio ozioso.
La cosa più impegnativa è stata prendere l'aereo, visti gli effetti nefasti del volo sui miei fragili labirinti, che proseguono inquietanti a farmi oscillare quanto basta.

Ora torno a casa, mi trovo ad Orio-ozio in attesa del volo.
La primavera sembra già arrivata invece, e con essa finalmente un po' di sole e di luce.
Così magari almeno la tosse mi passa del tutto.
Sta sempre lì, anche lei, in agguato, e a volte ritorna.
Altri pensieri, attese, promesse di piacere, sogni stanno lì, come in agguato.
Ogni tanto mi sorprendono, quando meno me li aspetto.
Chissà, magari qualcosa accadrà veramente...
Avrei voglia di rimettermi a giocare un bel gioco, a giocarlo davvero....
Anche sui monti, in cui gli eremiti vivono ritirati, arriverà quest'aria leggera e tiepida che invita al disgelo ?


martedì 7 aprile 2015

la solita salsa



L'aeroporto Costa Smeralda è nuovo fiammante, ci si arriva ora da Viale degli Astronauti.
Gemma mi ha regalato un pane pasquale, un coccoetto con l'uovo sodo dentro.
Lo porterò ai compaesani in Svizzera, come se fossimo emigrati degli anni 50.
Il pane c'è.
In aereo, la hostess chiama a rapporto il signor Salsa.
E ci comunica che siamo trasportati da un equipaggio guidato dal comandante San Marzano.
Insomma, la zuppa l'è cotta...!
Altro che la flemmatica e psicotica Germanwings, qui se magna...!

Milanesi e comaschi che tornano dalla prima vacanza in costa.
Guardano già con nostalgia il mare smeraldo dal cielo e si dicono: torneremo in estate.
Un giovane manager, elegante e belloccio, viso sfatto dal non rilassarsi mai e dormire meno, si è portato dietro i figli e una moglie di rappresentanza.
Continua ininterrottamente a prendere appunti e a far di conto sull'agenda (cartacea, però).
Snocciola le centinaia di migliaia di euro per ogni affare, da ogni parte del mondo.
I suoi prossimi mesi di lavoro (fiere, soprattutto, e ovunque) entrano rapidamente e diffusamente nel calendario. E l'appuntamento per i tatuaggi e quello per farsi la tartaruga.
Un po' meno lo attraggono i richiami di suo figlio, che avrà 9 anni e legge un libro dal titolo: 'Assassin's creed unity'. Almeno legge, e guarda i panorami, e cerca di interpellare il padre.
Che gli intima soltanto di spegnere lo smartphone.
Al che il ragazzino gli si rivolge contro: 'Spegnilo anche tu, allora...!'.

L'altra sera, alla pizzeria Sa Mesa, tutti i ragazzini stavano attaccati allo smartphone, da soli o in piccoli gruppi.
I genitori, intorno a me, pure.
Mi lamentavo dei loro discorsi, nei giorni scorsi.
Ma forse era meglio che parlassero, anche delle loro solite banalità di adulti.
Ho poggiato la testa sul tavolo e mi veniva da dormire, tanta era la noia che provavo sul mondo, in attesa di una pizza così così.
Mio nipote e i suoi coetanei sanno farsi i cazzi loro alla grande.
Ed i genitori sono contenti perchè così anche loro possono farsi i cazzi loro alla grande.
Ognuno col suo tablet ed i suoi giochi più o meni per adulti, o adulteri, o adulterati.
A meno che non succeda qualcosa di grave, o qualcuno si frapponga tra loro: allora, tornano a rifugiarsi tra le amorevoli braccia dei papà e delle mamme, e loro tornano ad essere i 'loro' figli.

Sull'aereo un neonato si fa allattare, occhi pieni di piacere e di riconoscenza.
La madre sembra un po' meno appagata, ma partecipe.
Il papà, tiene fissi i Ray Ban scuri, e lo bacia il pupo con gli occhiali.
La moglie vede solo il figlioletto, il marito esiste solo quando deve cercare il ciuccio o le salviette nella borsa di lei.
Lui ha una discreta faccia da ottusangolo maschile.

Passa il carrello, un bicchiere di succo o d'acqua gratis.
Cioè inclusi nel costo del biglietto.
Se dovessimo pagarli direttamente magari non lo berremmo.
Ma così ci sembra di non pagarlo e di essere stupidi a non berlo.
Mio nipote dice che gli sms e le chiamate sono gratis.
Li hanno solo già pagati per lui, ma tra ragazzini si dicono che è tutto gratis.
Questi ragazzini sembrano fare zapping proprio con tutto.
Il torneo (vinto!) è già alle spalle, dopo qualche festa e molte foto.
'Pensiamo già alla prossima partita': parlano già come gli allenatori e i giocatori della massima serie.
Un po' mi fanno paura, sembrano dei robottini sentimentaloidi.

Scendo a Linate, e oscillo alquanto, più del solito.
Mi viene da camminare meccanicamente, come un automa, per regolarizzarmi a forza.
L'aereo non aiuta proprio i miei poveri, piccoli labirinti.
I seni nasali, poi, fanno dolore sulla fronte.
Continuo a camminare strano, in modo talvolta inquietante.
Ascolto i sintomi, e ne colgo -credo- alcuni significati profondi e sommersi.
Non posso fare molto di più, da solo.
Né -credo- i medici.

Dopo l'ennesima sfuriata di pioggia tropicale, ora è tornato il sole.
Lo attendo anche per me.
Sogno California... Ma mi pappo il San Marzano.
Ed attraverso la frontiera di Chiasso in un silenzio irreale...



domenica 5 aprile 2015

è resorto ?

Domenica di Pasqua.
Piove, mentre scrivo dal terrazzino del mega-resort Geovillage, 4 stelle, all'uscita di Olbia.
Ha colonizzato una collina intera, tra hotel, spa, palestre, bar e caffè, negozi vari, piscine.
Resta ancora un bel verde intorno, ma l'impatto è forte.
Tra le scale e i corridoi si aggira, come una sinuosa gatta egizia, la bella Manuela Arcuri, madrina del residence.
Mariti e fidanzati la occhieggiano di sbieco, mentre le loro donne fanno finta di non vederla, e di non vederli.
Io soffro, per me, e ridacchio, per loro.

In un posto così ci posso andare solo per seguire mio nipote, che gioca un torneo di calcio regionale di ragazzini. Vince e va avanti nel torneo, forse domani arriverà in finale. Sono gasatissimi.
Prime notte insieme in stanza, da soli, con i genitori che cercano di controllarli e di distanziarsi, in una diuturna lotta senza fine, all'ultimo passepartout.
Ricordi indelebili per loro, di amicizia, di vittorie e sconfitte insieme, di giochi.
Il tutto, purtroppo, già inserito in un gran caravanserraglio di allenatori, fotografi a pagamento, sponsor di acque minerali. Promesse esagerate, aspettative di genitori e sogni di bambini, tutto ben miscelato.
Il figlio di Totti, che avrà il nome di un profumo o di uno stilista, si bea di se stesso tra i giovinetti divini dell'A.S Roma esordienti.
Avrà un futuro garantito ?  O sarà l'ennesimo figlio fallito di un mito pesante e insuperabile ?

Il vecchiume insiste: i compagni di Luca, mio nipote, gli chiedono di me, li incuriosisco.
Ma è tuo nonno ?
E' arabo ?  Perchè ha sempre il cappellino ? Perchè ha la tuta dei cinesi e non quelle alla moda ?
Ho detto a Luca di rispondergli per me: E perchè voi indossate quelle scarpette da calcio rosa da frocio ? Perchè avete tre tute super fashion anzichè una ?  Perchè avete dei genitori che parlano solo di calcio a tavola, e dei tornei dei loro figli calciatori, e smanettano sullo smartphone o il tablet ancora più e peggio di voi ?  Perchè vivete in un solo mondo possibile, che è proprio quello che vi sta conducendo al macello della psiche, e -tra qualche anno- anche dei corpi ?
Insomma, sono ormai un vecchio tipico, spazientito, irascibile e bisbetico.

Se Gesù risorgesse davvero oggi, come dicono, tornerebbe rapidamente nel sepolcro.
Magari con la bella Manuela.
Il problema sarebbe parlare con lei: la sua lingua è impastata da un ciociaro inascoltabile, dovreste sentirla...
E non credo che possa apprendere l'aramaico a breve.
Ma tanto, nel caso, avrebbero l'eternità davanti.
E Dio è grande. Anzi, mi scuso con i pargoli, Allah...!







mercoledì 1 aprile 2015

vecchiumi



Una ragazza che non sa ballare dice che l'orchestra non sa suonare (proverbio irlandese).

Sabato ho condotto un seminario all'interno di un ciclo volto a favorire la partecipazione attiva degli anziani.
L'ennesima fregatura della modernità: le società non riconoscono i diversi in quanto tali, ma solo se si sforzano di assomigliare ai normali.
La chiamano 'integrazione', che va insieme a 'integralismo' (il nostro, non quello dell'Isis).
Vale per i negri, che devono diventare bianchi, vivere come noi, occidentalizzarsi.
Vale per i disabili, che sono solo 'diversamente abili' e che, in fondo, possono lavorare come noi.
Vale per i vecchi. Che, in passato, erano stimati e valorizzati in quanto vecchi.
Oggi, invece, solo se fanno i giovani; se lavorano fino a 80 anni, se fanno jogging, se si fanno il lifting, se si riempiono di medicinali per stare sani, se fanno prevenzione di tutte le malattie possibili, se partecipano alla vita sociale attivamente.
Il modello unico della modernità: attivarsi, produrre, riempire tutto, agire sempre, non restare mai fermi o annoiarsi.
In una società della decrescita, invece, sarà bello accettare la vecchiaia come esempio di rallentamento e silenzio.
E prepararsi al morire invecchiando serenamente, come si diceva un tempo.
Insomma, il mio approccio alla questione è stato leggermente eterodosso e divergente.
I presenti erano stupefatti, ma contenti (salvo alcuni).

Due fatti di ieri: i 100 anni di Pietro Ingrao, un grande vecchio, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente negli anni 80, e che da tempo si è ritirato in silenzio a Lenola, il suo piccolo paese d'origine. Un saggio.
E, si parva licet, c'è l'intrepido Bondi che si separa da Berlu: la vecchiaia porta saggezza, anche nei succubi ad oltranza ?
Ma neppure davanti all'abbandono dei suoi amici Berlu ammette di essere vecchio, finito, e si arrende.
Cupio dissolvi.
Non saper smettere, non saper lasciare, non sapersi arrendere.
Tipico della nostra civiltà, non solo di Berlu il miserabile riccone.
Ma sino a quando non ci arrenderemo, non dichiareremo fallimento, non smetteremo di blaterare a vanvera dei nostri meriti, dei nostri successi, delle nostre speranze ?
La nostra civiltà dovrebbe dichiararsi vecchia e accettare di declinare e di morire.
Sarebbe l'ultima sapienza che ci resta.
Ed invece corriamo verso un omicidio-suicidio senza precedenti, un'ecatombe mondiale che farà rimpiangere le due guerricciole mondiali del 900.

Ultimo esempio: in un servizio di Massimo Sperandio (nomen omen) si blatera che l'indice di fiducia di imprese e consumatori sta salendo (e tu chiamale se vuoi emozioni...!).
E che la ripresa è quindi alle porte.
Ed anche Poletti blatera sugli 80000 nuovi posti a tempo indeterminato.
Peccato che oggi l'Istat ci ricordi che abbiamo perso altri 44000 posti di lavoro nell'ultimo mese.
Ma perchè non diciamo la verità, in primo luogo a noi stessi ?
Semplice: perchè non accettiamo di fallire, di invecchiare, di morire.

Eppure, sarebbe tutto così semplice...