Mi alzo alle 11,
dopo due giorni passati tra poltrona, divano, amaca e letti.
Le gambe si sono
mosse solo tra lì e il bagno o la cucina, per necessità.
Quando provo a muoverle oltre, nicchiano.
Mi dico che sarebbe
bene uscire e magari fare anche la spesa, ma fuori piove.
Nei giorni scorsi
ho provato a riprendere la bici, ma il circuito elettrico mi è
saltato alla terza salitella.
Ho iniziato a
leggere l'ultimo di Barnes, appena uscito, ma da pagina 60 mi
ripeteva le stesse pagine già lette, e me ne saltava venti, e non
si poteva continuare.
Al giardinetto, le
richieste di aiuto e di soldi si fanno sempre più assillanti, e un
poveraccio -sfatto e tutt'ossa- mi è morto ieri nella panchina a
fianco, lasciandosi andare per terra.
Anche prendere il
sole, così, diventa un'impresa.
I funghi, forse, mi
hanno lasciato.
Ma il catarro
ristagna ancora tra gola e polmoni, le ghiandole sotto l'orecchio
destro si gonfiano, non peggioro e non miglioro, il respiro scende e
risale arrancando, annaspo.
Anche il corpo sta
lì, sospeso, degradante sul male, presente solo nel farmi sentire la
sua assenza e quella di altri corpi, da troppo tempo.
Urla in silenzio,
come gli esseri umani ipotetici descritti da Oz.
Scoramento, è la
parola che userei oggi (ma forse l'ho anche già usata un anno fa, o
due...).
Comunque - lo dico a
tutti quelli che hanno insistito per curarmi e che mi vogliono bene
così - sto prendendo acqua calda e limone al risveglio, panacea di
tutti i mali.
L'effetto è
confortante, spero non mi inacidisca (ah ah...!)
Altro piccolo
conforto: il Cagliari coglie una vittoria insperata, e fa risperare.
Qualcuno prova ad
incontrarmi, o a scrivermi, ed io gli espongo la (mia, sua, nostra)
catastrofe.
Appena si arrende
un attimo, gli apro la porta e lo lascio andare.
Lancio flebili
segnali, senza risposta e senza slancio.
Non affondo, non
nuoto, non bevo, non affogo, non mi dibatto, non chiedo aiuto.
Galleggio in questo
stagno, come un soldatino di piombo, e ristagno...
Il guerriero della luce ha appreso che Dio si serve della solitudine per insegnare la convivenza. Si serve della rabbia per mostrare l'infinito valore della pace. Si serve del tedio per sottolineare l'importanza dell'avventura e dell'abbandono.
RispondiEliminaDio si serve del silenzio per fornire un insegnamento sulla responsabilità delle parole.
Si serve della stanchezza perché si possa comprendere il valore del risveglio. Si serve della malattia per sottolineare la benedizione della salute.
Dio si serve del fuoco per impartire una lezione sull'acqua. Si serve della Terra perché si comprenda il valore dell'aria. Si serve dela morte per mostrare l'importanza della vita.
Paulo Coelho