mercoledì 27 giugno 2012

si salvi chi (non) può !

La riforma del lavoro è una boiata, ma non si può non votarla.
Il governo Monti non ci piace, ma non possiamo farlo cadere, perchè sarebbe una catastrofe.
L'Unione europea è un fantasma, ma non si può non obbedirle.
L'euro non funziona, ma non si può rinunciare alla moneta unica.
Siamo arrivati, infine, anche oltre al 'si salvi chi può' di marinaresca memoria.
No, ora siamo circondati dai 'non si può', elargiti continuamente da regimi che continuano a parlare di 'libertà'.
Libertà del nulla.

Qualche sera fa ho ascoltato per la prima volta questa canzone dei Mercanti di Liquore:

SENZA TITOLO

Beviamoci un caffè mio dolce amico 
prendiamoci del tempo per pensare 
ne abbiamo viste tante io e te 
ma abbiamo ancora voglia di guardare. 

Quando partimmo per il nostro viaggio 
ad aspettarci c'era la fortuna 
provammo ad inseguirla con coraggio 
convinti che ne valesse la pena. 

Nessuno mai ci vide negli ingorghi 
di strade trafficate e risapute 
tracciammo lungo vicoli e sentieri 
le rotte delle nostre traversate. 

Fummo curiosi e poco compiacenti 
e mai ci rassegnammo alla tristezza 
che ridere non è mostrare i denti 
ma accorgersi che esiste la tristezza. 

Ben presto fummo preda dell'invidia 
di chi ci rinfacciava la freschezza 
di chi pur nato vecchio e rassegnato 
pretende di insegnare giovinezza. 

Ci siam lasciati prendere e abbruttire 
e libertà mettemmo a repentaglio 
e più noi si voleva ripartire 
più gli altri appesantivano il bagaglio. 

Siamo fuggiti e ancora fuggiremo 
che libertà contempla diserzione 
perché per far dell'obbedienza un credo 
ci manca sufficiente vocazione. 

Noi siamo due lucertole in attesa 
di mani che ci afferrano in ritardo 
sapremo quindi eludere la presa 
lasciandogli la coda per ricordo. 

E forse infine non avremo niente 
perché non difendemmo l'avvenire 
volgendo i nostri sforzi sul presente 
piuttosto che attrezzarci per fuggire. 

Beviamoci un caffè dolce compare 
il nostro è un viaggio semplice e leggero 
sarà altrettanto facile inciampare 
succede a chi cammina e guarda il cielo.


Tra qualche giorno, scatta finalmente l'operazione 'casetta di legno'.
Ho bisogno di un luogo ulteriore di libertà, quella che cammina e guarda il cielo.
Quella in cui regna, umilmente e silenziosamente, il possibile e l'invisibile.
Quella in cui si può.






domenica 24 giugno 2012

poesiola romantico-sentimentale

IO TI AMO.


Io ti amo.
E se non ti basta
ruberò le stelle al cielo
per farne ghirlande
e il cielo vuoto
non si lamenterà di ciò che ha perso
che la tua bellezza sola
riempirà l'universo.


Io ti amo
e se non ti basta
vuoterò il mare
e tutte le perle verrò a portare
davanti a te
e il mare non piangerà di questo sgarbo
che onde a mille e sirene
non hanno l'incanto di un tuo solo sguardo.


Io ti amo
e se non ti basta
solleverò i vulcani
e il loro fuoco metterò
nelle tue mani
e sarà ghiaccio 
per il bruciare delle mie passioni


Io ti amo
e se non ti basta
anche le nuvole catturerò
e te le porterò domate
e su te piover dovranno
quando d'estate
per il caldo non dormi


E se poi non ti basta
perchè il tempo si fermi
fermerò i pianeti in cielo
e se non ti basta
vaffanculo.


(Stefano Benni)

il baratro

Il nostro presidente del consiglio, qualche giorno fa, si è fatto scappare una frase tragicomica:
il baratro ci segue.
Qui siamo già oltre 'l'orlo del baratro' o 'nel baratro': ora noi scappiamo e lui ci (in)segue!
Genere: horror.

Il presidente di Confcommercio ha, nel frattempo, dichiarato:
i consumi sono tornati indietro di 15 anni, siamo nel 1997!
Qui siamo già nel 'ritorno al futuro'.
Genere: fantascienza

Il viceministro all'Economia ha lanciato un'idea di livello extra:
Lavoriamo una settimana in più all'anno e solleviamo il PIL di un punto!
Qui siamo alla coglionaggine acuta.
Genere: film di Pierino.

Re Giorgio ha intimato il suo 'non ci sto!' , di scalfariana memoria.
Qui siamo alle solite: retorica delle istituzioni pulite e delle intercettazioni sporche, realtà delle collusioni di sempre.
Genere: favolette.

giovedì 21 giugno 2012

the waves

Le onde è un libro sul tempo...
A fronte del quale stanno il sole, la luce, l'onda, il canto degli uccelli, e la parola umana.
E una divinità femminile, che si accompagna al sole, innominata, ma riconoscibile...come Eos, l'Aurora.
L'Aurora è propriamente nient'altro che luce. Come il Sole, non è che potenza e calore.
Essi aprono, coniugalmente avvinti, il tempo del giorno, che non è scandito nelle Onde secondo la grammatica delle ore, ma nei modi di un chiarore che irradia e un'ombra che progredisce...


Tutto il tempo, sempre il tempo, è per loro insidiato dal negativo di un'assenza che è puro vuoto, in cui essi stanno come dei bambini in un mondo convesso, dal quale facilmente potrebbero cadere -come Rhoda.
Rhoda restituisce con disarmante commozione la sensazione del passaggio dal mondo cavo (che ci contiene nell'abbraccio dello spazio con il tempo, che è la nostra salvezza) all'esposizione vertiginosa all'esterno, quando ci sentiamo arrischiati su superfici che non ci tengono...
Che cosa sta ? Che cosa sta fermo ?...
E l'occhio non è anche un cuore che batte, preso nell'onda di un'emozione che rovescia il dentro nel fuori, e viceversa ? Non siamo tutti dentro un medesimo continuo passaggio ? 


Vi sono due modi, in quella lingua madre alle nostre, quel greco che la Woolf  tanto amava, per dire la forma: il primo viene dalla radice del verbo echo, e connette la forma a un modo dell'avere o del tenere. Come si sta in una situazione, come ci si contiene in essa: in fondo, la forma è relazione allo spazio, e dunque è lo stile dello stare che conta. E sarà lodato chi nello stare sta fermo, posato. Bello è lo schema.
Ma c'è un'altra radice che connette la forma al verbo rheo, il quale verbo ne movimenta il significato fino all'idea di un fluire, dove la forma si dà come flusso di immagini che si susseguono a ritmo.
'Io scrivo a ritmo, non a trama', confessa l'autrice.


E' una specie di estasi della mente nel suo rovescio, una ricaduta nel recto dell'espressione, dove la parola si consegna a un dettato interiore, la cui intensità ricorda la preghiera muta...
E la parola sale dal cuore e dalla mente, è emozione e ricordo: e se non si versa nel fuori è per meglio sprofondare in se stessa, nella pregnanza del suo proprio significato. Il quale è in rapporto a una percezione, la cui resa verbale pare legarsi a una specie di attitudine passiva del soggetto, a una forma di sottomissione, di abbandono.


'Le Onde' si stanno risolvendo in una serie di monologhi drammatici. Il problema è come farli scorrere in modo omogeneo, al ritmo delle onde. Si riuscirà a leggerli uno dietro l'altro? Non lo so proprio. Questa è, credo, la più grande occasione che mi sia data finora: perciò suppongo sarà il fallimento più totale. Eppure mi rispetto per il fatto di scrivere questo libro. Sì, anche se mette in mostra i miei vizi congeniti'....
La Woolf non vuole fare ciò che sa già fare, si rifiuta di usare il metodo che l'ha resa famosa...Ora, a lei, nè la psicologia nè la personalità interessano più....Per questo le serve una diversa postura...
E così educherà il lettore a trovare anch'egli una differente postura, infinitamente scomoda, più complicata...
Il lettore è stordito. 
E' un'esperienza del romanzo che non si può rifiutare. Io vi sono rimasta, in tale stato di stordimento intendo, per tante letture. Ma leggere significa anche questo: essere sommersi dall'onda di una lingua che ci travolge. Non dobbiamo sempre capire. C'è una conoscenza che si forma nell'incomprensione, nell'urto con le difficoltà. Ci vuole pazienza per comprendere Le Onde.


'Un uomo e una donna parlano seduti a un tavolo. O stanno in silenzio ? Dev'essere una storia d'amore...Potrebbe essere una cosa così: lei parla, o pensa all'età della terra, la morte dell'umanità...Forse l'uomo lo potrei lasciare sfocato...Ci lavoro un poco la sera col grammofono che suona Beethoven...'


Vanessa descrive le serate in Provenza, la finestra aperta e una falena che entra. La falena, si sa, va verso la luce. Cercano di scacciarla, ma quella audace, insensata, è attratta da ciò che potrebbe bruciarla...
'Le falene -pensa la Woolf- potrebbero rimpolpare lo scheletro di ciò a cui sta pensando, l'idea di un play-poem, l'dea cioè di una specie di corrente continua, non solo di pensiero, ma della nave, della notte ecc, tutto insieme...'
Questa è l'onda prima delle Onde: l'onda intesa come lo stato mentale che conduce la scrittrice nel pozzo nero della depressione, quando la mente precipita, e più si inabissa, più avanza la tenebra che la seppelisce in un vuoto cavernoso, un inferno. Bisognerebbe evitare all'anima queste depressioni, queste improvvise cadute di altitudine, questi sbalzi di pressione atmosferica, come si evitano al corpo salite troppo rapide, scompensi climatici. Si dovrebbe contenere, disciplinare l'anima, ma la verità è che l'anima è incommensurabile.
La sua, in particolare, sembra non voler arrestarsi dentro i confini di sicurezza, cui menti più comuni si assoggettano. E poi, in quell'abisso, c'è qualcosa di estremamente interessante...Accade che in quell'espansione e dilatazione l'anima sperimenta una solitudine che ha un lato mistico e cioè ineffabile.
Per una scrittrice toccare questo limite è eccitante, oltre che terrorizzante. Perchè la scrittrice non ha altro organo di relazione con il mondo che la lingua; quando questa manchi proveranno un senso di vertigine - che pure, evidentemente. desiderano provare. Come se da lì, da quel punto in cui l'onnipotenza e l'impotenza si toccano, prendesse avvio la loro avventura...
Nella piatta, uniforme orizzontalità dell'infelicità qualcosa appare, che la buca. Una pura e semplice ala di pesce che naviga lontano è la metafora che trasporta lo sguardo verso l'orizzonte, oltre la massa piatta dell'acqua, verso il cielo. In ciò che appare immobile, fermo o uguale, qualcuno o qualcosa di vivo si muove. La vita è in questo senso 'una cosa assai strana'...


La contrapposizione è chiara: da una parte le onde imponenti, grandiose, eterne; dall'altra lo sforzo della creatura che contro quella forza si sforza per l'appunto di esistere, in un difficile equilibrio tra unità e separazione...Ma la vittoria fatale e conclusiva è dell'onda: 'Le onde si ruppero a riva'...
Anche un'emozione è un'onda. E crea un'onda nella mente...'Una veduta, un'emozione creano nella mente un'onda di ritmo molto prima che si abbiano le parole per riempirlo...'
A tema è lo scontro tra due ritmi, quello ciclico dell'eterno ritorno di un'energia apparentemente senza entropia, senza dispendio; e il misurato e miserabile consumo di forza- lo sforzo dell'individuo, la spesa, lo spreco di energia senza ritorno, la perdita...
Così, alla fine, non c'è scelta. Per vivere,  l'individuo dovrà assecondare quell'incontro, predisporsi a nuotare in quella corrente, non importa quanto fragile, insignificante, effimero il suo gesto.


'Cerco di trovare, nelle pieghe del passato, quei frammenti che il tempo, il vaso essendosi rotto, ancora conserva. Il vaso perfetto? Ma non era fatto di materia durevole. Perchè fu soltanto dopo che la cosa era accaduta e la violenza dello shock passata che si potè capire, e vivere veramente, Solo quando eravamo ormai usciti dalla stanza e tornavamo a casa nel cuore della  notte...'


(Nadia Fusini, Introduzione a Le onde, di V. Woolf, Einaudi)




'







solo e pensoso, i più deserti campi...

MANIA DI SOLITUDINE


Mangio un poco di cena alla chiara finestra.
Nella stanza è già buio e si vede nel cielo.
A uscir fuori, le vie tranquille conducono
dopo un poco, in campagna.
Mangio e guardo nel cielo -chi sa quante donne
stan mangiando a quest'ora- il mio corpo è tranquillo;
il lavoro stordisce il io corpo e ogni donna.
Fuori, dopo la cena, verranno le stelle a toccare
sulla larga pianura la terra. Le stelle son vive,
ma non valgono queste ciliege, che mangio da solo.
Vedo il cielo, ma so che tra i tetti di ruggine
qualche lume già brilla e che sotto si fanno rumori.
Un gran sorso e il mio corpo assapora la vita
delle piante e dei fiumi, e si sente staccato da tutto.
Basta un pò di silenzio e ogni cosa si ferma
nel suo luogo reale, così com'è fermo il mio corpo.
Ogni cosa è isolata davanti ai miei sensi,
che l'accettano senza scomporsi: un brusio di silenzio.
Ogni cosa nel buio la posso sapere
come so che il mio sangue trascorre le vene.
La pianura è un gran scorrere d'acqua tra l'erbe,
una cena di tutte le cose. Ogni pianta e ogni sasso
vive immobile. Ascolto i miei cibi nutrirmi le vene
di ogni cosa che vive su questa pianura.
Non importa la notte. Il quadrato del cielo
mi sussurra di tutti i fragori, e una stella minuta
si dibatte di nuovo, lontana dai cibi,
dalle case, diversa. Non basta a se stessa,
e ha bisogno di troppe compagne. Qui, al buio, da solo,
il mio corpo è tranquillo e si sente padrone.
(C, Pavese)


In questi ultimi giorni a casa, continuo a fare la vita solita dei miei ultimi anni: dormire, mangiare, bere, cucinare, leggere, scrivere, passeggiare, risolvere parole crociate, pensare alla catastrofe, stare sulle panchine al sole o all'ombra, sotto il gtande ficus della Darsena o sui moli del porto, giocare con il senso, lavorare con i sensi, immaginare quel che non c'è...
Ma qualcosa, sotto, sta cambiando.
Lo capisco dalle leggere palpitazioni del cardias, dai sottili nodi alla gola, dalle piccole nausee irrequiete, dagli slanci improvvisi del cuore, dai mille, vecchi e nuovi, giochi di parole del corpo, dai sogni appannati e dai risvegli, impastati di lacrime (da combattimento).
Sì, qualcosa è cambiato.

come scuolla fucille e pistolla

Ma l'orribile fragore che aveva, quella mattina, fatto crollare il mondo, non era, non poteva essere l'amica voce del fucile: era una voce mai udita fino ad allora, una nuova, spaventevole voce.
Qualche orrendo mostro, qualche feroce dio straniero, aveva rovesciato per sempre il regno del fucile, di quel dio familiare che fino a quel giorno aveva retto il mondo nell'ordine e nell'armonia.
La voce del fucile sarebbe rimasta muta per sempre, vinta da quel selvaggio fragore.
E l'immagine di Mameli, quale appariva in quei crudeli istanti alla mente di Spin, sullo sfondo della sconvolta natura, in quel mondo in rovina, era l'immagine di un piccolo uomo curvo, grigio, pallido, che camminava zoppicando per campi nudi e boschi inceneriti, con una carniera vuota a tracolla e un muto, inutile, vinto fucile sulla spalla.
(C. Malaparte, Kaputt)


A ulteriore commento del post precedente: noi siamo ancora umani, armati di cerbottane e vecchi fucili, in un mondo post-umano, in cui ci si fa guerra e proseguono ad ammazzarci (psichicamente, relazionalmente e/o fisicamente) con le armi del terzo millennio.
Armi che non sparano, che distruggono le persone e non le cose, che hanno l'odore (buono) dei soldi, che devastano contesti e culture.
E noi ? A colorare le strade di Rio (o di Roma, o di Pechino (se si potesse...)).



piazzati e spiaggiati

Da Metro di oggi
CON LA CRISI IN PIAZZA 9 MILIONI DI ITALIANI.
CENSIS: CRESCONO GLI ANTAGONISTI 'ERRANTI'  E LA PROTESTA SOCIALE
Cresce la protesta sociale: nell'ultimo anno 9 milioni di italiani , il 17,7% della popolazione maggiorenne, hanno partecipato a manifestazioni di protesta autorizzate...La percentuale, in forte crescita rispetto a quella rivelata nel 2004 (11,8%), si impenna al 26,28% tra i giovani, il 7% dei quali ha preso parte addirittura (sic) a manifestazioni illegali o non autorizzate o di disobbedienz a civile (sic sic), il che corrisponde al 3,3% della popolazione adulta, cioè circa 1 milione e mezzo di persone, certo non riconducibili a un'area di dissenso 'organizzato'. In sostanza aumentano gli italiani che cominciano a chiedersi se non sia il caso di provare a difendere da soli i propri diritti: una robusta 'esibizione di muscoli' in soggetti tradizionalmente poco inclini a far sentire la propria voce.

L'OROLOGIO DELLA TERRA NON PUO' TORNARE INDIETRO.
'Il nostro futuro è in pericolo e il tempo corre: avete 72 ore per decidere il destino dei bambini del mondo. L'orologio è staccato e fa tic tac tic tac. Sono arrabbiata per le condizioni in cui versa il mondo. Siamo qui per risolvere i problemi che abbiamo causato e lo dobbiamo fare tutti insieme se vogliamo assicurarci un futuro.'  
Così la 17enne neozelandese Britney Trifford ha provato a sferzare i delegati alla Conferenza ONU di Rio sulla sostenibilità ambientale.
Ma l'orologio del vertice sembra scivolare inesorabilmente all'indietro (tanto che c'è chi l'ha già ribattezzato 'Rio meno 20', visto che il documento 'riafferma' gli accordi già firmati a Rio nel 1992, vent'anni fa.
Ieri pomeriggio, poi, diverse migliaia di persone e tantissime Buone Pratiche hanno partecipato alla manifestazione che dalla Cupula dos Povos ha colorato (sic sic sic) le vie di Rio de Janeiro.

Ma il Carnevale a Rio non è a febbraio ?
Qualcosa non torna, e non solo in chi ci governa, purtroppo.
Il gioco delle parti continua.


lunedì 18 giugno 2012

farisei e cugurre

In Europa si festeggia perchè la destra ha vinto le elezioni.
Proprio lui, Samaras, il responsabile numero uno del buco nero della Grecia, riprende il potere, scelto dal 30% dei votanti (che corrisponde al 15-20% dei cittadini!).
A volte ritornano.
Ma lui, e i suoi sostenitori, non festeggiano (a differenza della sinistra, che è arrivata al 27%, demolendo di fatto il Pasok): sanno cosa li aspetta (la troika della Melrkel arriva già oggi) e che cosa saranno capaci di fare (poco o nulla, se non proseguire ad affamare i loro concittadini per salvare le banche tedesche o americane).
Chi ha vinto e chi ha perso, quindi ?
L'euro è salvo, dicono. Si è scelto l'ordine contro il caos populista.
No, si è scelto di proseguire nel baratro, affidandosi ancora una volta a chi ha fallito, e a metodi fallimentari.
Ci resta da sperare soltanto che la Grecia batta la Germania nei quarti dei campionati europei.
Un premio di consolazione, per le lacrime ed il sangue già versati e per tutti i disastri che verranno.

Queste considerazioni non hanno la pretesa di costituire una proposta politica alternativa agli slalom tra misure restrittive per arrestare la deriva dei debiti pubblici e misure espansive per rilanciare la crescita in cui si dibatte il blocco di potere fondato sull'alleanza tra le grandi aziende operanti sul mercato mondiale e i partiti di destra e di sinistra che si alternano al governo dei paesi industrializzati. Ancora non esiste un blocco di potere alternativo in grado di scalzare quell'alleanza e, quindi, non c'è possibilità di superare la crisi in corso, che è destinata ad aggravarsi progressivamente e a concludersi con un crollo rovinoso. Tutto lascia credere che questo esito sia ormai inevitabile. Che sia solo una questione di tempo. Se la prima a precipitare sarà la crisi climatica, sarà difficile trovare una via di scampo. Se invece la crisi climatica verrà ritardata dalla crisi economica o dalla crisi energetica, coloro che non si sono lasciati abbindolare dalla gigantesca pera di disinformazione e propaganda svolta dai mass media, e sono più di quanto si creda, possono evirare di restare sepolti sotto le macerie...

(Da 'La crisi economica come occasione per demitizzare la crescita infinita', manifesto firmato, tra gli altri, da Airaudo, Pallante, Latouche, Perino, Petrini, apparso su Azione nonviolenta di questo mese)


ministero dello sterminio

Ho scoperto che l'anagramma di 'sterminio' è 'ministero'.
Ho scoperto che l'anagramma di 'gestore' è 'segreto'.
Se non fosse stata sufficiente la realtà storica, mi sono venute in soccorso le parole crociate.
Noi non sappiamo molto di quel che stiamo vivendo, di quel che decidono su di noi.
E molto di quel che sappiamo preferiamo rimuoverlo.
Il dolore si acquieta, si sublima, si spegne.
Soprattutto quello degli altri, quello lontano, quell'altro.

Eppure, nella quiete apparente delle nostre vite, solo ogni tanto velata o minata dal nulla, i nostri ministeri continuano a s-terminare e a de-vastare, i nostri gestori a moltiplicare i segreti.
La poesia ci ripara e ci avvolge, e lo farà sino alla fine.
Ma la domanda resta sempre: come possiamo, e come potremo, vivere ?


mercoledì 13 giugno 2012

nessuna fuga da new york ?


Nei giorni scorsi:
Ho visto per la prima volta una tromba d'aria avvolgere Venezia e squarciare le sue delicate sabbie e le delizie appoggiate fragilmente su di esse.
Ho visto per la prima volta i tornelli dei metal detector nelle strade di Mosca, per perquisire i manifestanti all'avvio di una protesta pubblica.
Ho sentito per la prima volta un ministro minacciare di licenziamento i vertici di un ente pubblico perchè avevano reso pubblici dei dati scomodi sul numero vero degli 'esodati'.
Ho sentito per la prima volta un ministro europeo ammettere che dopo la Grecia e la Spagna sarà la volta dell'Italia.
Ho sentito per la prima volta il FMI dire che l'euro (e l'Europa) hanno meno di tre mesi di tempo per uscirne vivi.
Ho capito per l'ennesima volta che non ci lasceranno possibilità di fuga.


Labirinto

e ora qualche passo
da parete a parete,
su per questi gradini
giù per quelli,
e poi un po’ a sinistra,
se non a destra,
dal muro in fondo al muro
fino alla settima soglia,
da ovunque, verso ovunque
fino al crocevia,
dove convergono,
per poi disperdersi
le tue speranze, errori, dolori,
sforzi, propositi e nuove speranze.

Una via dopo l’altra,
ma senza ritorno.
Accessibile soltanto
ciò che sta davanti a te,
e laggiù, a mo’ di conforto,
curva dopo curva,
e stupore su stupore,
e veduta su veduta.
Puoi decidere
dove essere o non essere,
saltare, svoltare
pur di non farti sfuggire.
Quindi di qui o di qua,
magari per di lì,
per istinto, intuizione,
per ragione, di sbieco,
alla cieca,
per scorciatoie intricate.
Attraverso infilate di file
di corridoi, di portoni,
in fretta, perché nel tempo
hai poco tempo,
da luogo a luogo
fino a molti ancora aperti,
dove c’è buio e incertezza
ma insieme chiarore, incanto
dove c’è gioia, benché il dolore
sia pressoché lì accanto
e altrove, qua e là,
in un altro luogo e ovunque
felicità nell’infelicità
come parentesi dentro parentesi,
e così sia
e d’improvviso un dirupo,
un dirupo, ma un ponticello,
un ponticello, ma traballante,
traballante, ma solo quello,
perché un altro non c’è.

Deve pur esserci un’uscita,
è più che certo.
Ma non tu la cerchi,
è lei che ti cerca,
è lei fin dall’inizio
che ti insegue,
e il labirinto
altro non è
se non la tua, finché è possibile,
la tua, finché è tua,
fuga, fuga –

(W.Szymborska)

Nei giorni scorsi e ancora oggi:
ho risentito, dopo tanto tempo, che la mia anima c'è, è viva.
Ama, è amata.
E vorrebbe fuggire.


Qualche parola sull'anima

L’anima la si ha ogni tanto.

Nessuno la ha di continuo

e per sempre.

Giorno dopo giorno,

anno dopo anno

possono passare senza di lei.

A volte

nidifica un po’ più a lungo

solo in estasi e paure dell’infanzia.

A volte solo nello stupore

dell’essere vecchi.

Di rado ci dà una mano

in occupazioni faticose,

come spostare mobili,

portare valige

o percorrere le strade con scarpe strette.

Quando si compilano moduli

e si trita la carne

di regola ha il suo giorno libero.

Su mille nostre conversazioni

partecipa a una,

e anche questo non necessariamente,

poiché preferisce il silenzio.

Quando il corpo comincia a dolerci e dolerci,

smonta di turno alla chetichella.

E’ schifiltosa:

non le piace vederci nella folla,

il nostro lottare per un vantaggio qualunque

e lo strepito degli affari la disgustano.

Gioia e tristezza

non sono per lei due sentimenti diversi.

E’ presente accanto a noi

solo quando essi sono uniti.

Possiamo contare su di lei

quando non siamo sicuri di niente

e curiosi di tutto.

Tra gli oggetti materiali

le piacciono gli orologi a pendolo

e gli specchi, che lavorano con zelo

anche quando nessuno guarda.

Non dice da dove viene

e quando sparirà di nuovo,

ma aspetta chiaramente simili domande.

Si direbbe che

così come lei a noi,

anche noi

siamo necessari a lei per qualcosa.

(sempre lei, l'amica szy)





giovedì 7 giugno 2012

a un gatto

Il cielo

di Wislawa Szymborska

Da qui bisognava cominciare: il cielo.
Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
Un'apertura e nulla più,
ma spalancata.
Non devo attendere una notte serena,
né alzare la testa,
per osservare il cielo.
L'ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
Il cielo mi avvolge ermeticamente
e mi solleva da sotto.
Persino le montagne più alte
non sono più vicine al cielo
delle valli più profonde.
In nessun luogo ce n'è più
che in un altro.
La nuvola è schiacciata dal cielo
inesorabilmente come la tomba.
La talpa è al settimo cielo
come il gufo che scuote le ali.
La cosa che cade in un abisso
cade da cielo a cielo.
Friabili, fluenti, rocciose,
infuocate ed eteree,
distese di cielo, briciole di cielo,
folate e cataste di cielo.
Il cielo è onnipresente
Perfino nel buio sotto la pelle.
Mangio il cielo, evacuo il cielo.
Sono una trappola in una trappola,
un abitante abitato,
un abbraccio abbracciato,
una domanda in risposta ad una domanda.
La divisione in cielo e terra
non è il modo appropriato
di pensare a questa totalità.
Permette solo di sopravvivere
a un indirizzo più esatto,
più facile da trovare,
se dovessero cercarmi.

Miei segni particolari:
incanto e disperazione.

martedì 5 giugno 2012

la terra trema

Questi giorni di silenzio sul blog sono stati caratterizzati (ed era ora!) da tremiti e tremori interiori, bellissimi, inquietanti e...maledettamente personali!
Quindi, di questi, non parlo (almeno per ora).
Vi parlo invece del mio soggiorno alle Isole Tremiti: un paradiso terrestre, ancora fuori stagione, selvatico e umanissimo.
Se dovessi darvi un consiglio turistico, vi direi: andateci al più presto!
Oltre a Crì, bella e giusta compagna di viaggio, non riesco a togliermi dal cuore Aniello, il cuoco del Bel Mare; Luigi, conduttore del gozzo con cui abbiamo girato l'arcipelago e suo figlio Michele, il vikingo; Francesco e la mamma, gestori dell'hotel Rossana.
Ma tutta la gente che abbiamo incontrato era semplice, vera, accogliente e divertente.
Un misto molisano-pugliese davvero perfetto!
E poi le innumerevoli passeggiate nel verde, le tante calette di acqua fresca e smeraldo a San Domino, le mille storie narrate, la piccola vita di chi ci abita d'estate e d'inverno (pochissimi), le erte, le rovine e i cimiteri di San Nicola, il deserto dolce di Capperina (Capraia), la luna quasi piena sull'unica spiaggia di sabbia.
Difficile dire tutto a parole.
Insomma, ripeto, andateci!

Mentre eravamo lì, la terra tremava e tanto in Emilia Romagna.
Un popolo che vuole continuare a vivere e a lavorare, come prima e come sempre.
E per questo va sotto i capannoni e continua a morire e a scappare terrorizzata, giorno dopo giorno.
Una terra in cui 'il lavoro è una religione civile' sta facendo la fine di chi affonda annegato insieme alla nave: di chi non riesce, non può, non deve lasciare ed arrendersi, mai e a qualunque costo, anche della vita.
Ancora oggi, nonostante quel che è già avvenuto, varie aziende chiedono ancora liberatorie per lavorare senza l'autorizzazione della protezione civile.
Sempre che questa possa dire qualcosa o prevedere l'entità delle future scosse.
La terra inghiotte chi vuole perdersi.
'Solo il lavoro potrà salvare questa terra!', ripetono sui tg.
'Gli emiliani (a differenza dei sudisti-sudici-aquilani...ndr) ricominciano subito, non attendono gli altri, rialzano la testa, non si arrendono mai...'...
Solo retorica, che non ci proteggerà dal disastro, anzi lo accentuerà proprio a causa della nostra pervicace e stupidissima difesa delle nostre altrettanto stupide abitudini e premesse.
Pagheremo caro, pagheremo tutti.

Le nostre reazioni alla più generale catastrofe in corso assomiglia a quel che sta accadendo in Emilia: rimuovere e-quando non si può più farlo- sottovalutare i rischi e tentare di andare subito oltre, senza elaborare e senza fermarsi mai, se non costretti dall'impotenza e dalla morte.
Vogliamo risorgere, ma non siamo capaci neanche di accettare i tre giorni nel sepolcro.
Eppure, Gesù era Dio.
Ed anche lui ha dovuto accettare di morire e di stare immobile per tre giorni e tre notti, prima di risollevarsi.
Ai nostri tempi, anche lui avrebbe dovuto risvegliarsi già sulla croce: glielo avrebbero richiesto le televisioni ed i mercati.