domenica 29 novembre 2015

culturame

Sono contrario agli stati confessionali, sono contrario ai crocifissi a scuola, all'ora di religione, alle feste religiose in ambito scolastico. Sono anticoncordatario.
Vorrei vivere nella laicità, cioè nella libertà di tutti di vivere la propria fede, anche in pubblico e in politica, ma senza per questo religiosizzare enti e istituzioni pubbliche.
Soprattutto in un mondo occidentale in cui ormai le religioni non contano quasi più nulla, neppure in privato (non si possono adorare simultaneamente Dio e il Denaro).
Detto questo, e vista invece la situazione in cui siamo di fatto da sempre, credo che non sia una buona idea eliminare le festicciole di Natale a scuola per non indispettire od emarginare i bambini e i genitori credenti in altre fedi.
Che ognuno manifesti la sua, allora, e che ogni fede abbia i suoi tempi per festeggiare durante l'anno scolastico, a turno.
E che festeggino, di volta in volta, solo quelli coinvolti per fede o per scelta di esserci,
 anche solo per stare con i loro amici o per condividere con loro una festa.

Renzi sta aumentando le spese militari e per l'ordine pubblico, ma 'per ogni euro investito nella sicurezza, ne investiremo uno in cultura!'.
Così giustifica e copre le spese militari, senza ottenere peraltro alcun risultato culturale.
Magari qualche voto tra i giovani e qualche occasione in più per l'Isis di ammazzare dei giovani ai concerti o al cinema.
E' incredibile come la parola cultura riempia magicamente le nostre bocche ogni volta che siamo in difficoltà su altri piani. o vogliamo compiere malefatte che desideriamo coprire.
E' ormai una parola distrattiva di massa.
Ma ci pensa Poletti, ministro dei lavoretti e dei lavorucci, a riportarci alla dura realtà.
'Laureatevi, velocemente, anche con voti bassi, ma laureatevi in fretta! '.
Ecco qui, il vero valore che danno alla cultura.
L'importante non è studiare, è prendere il titolo.
Per poter diventare disoccupati, laureati, il prima possibile...



sabato 28 novembre 2015

cara oriana, ti scrivo...

Cara Oriana,
immagino che tu, pur sempre inquieta e insoddisfatta come sei, possa iniziare a trarre conforto da quel che sta accadendo.
Tu l'avevi visto e auspicato da molto più tempo, come spesso sanno fare le persone che sanno prendere posizione e trarre le dovute conseguenze da quel che vedono.
In questo ci assomigliamo, e per questo ti scrivo.
La rabbia e l'orgoglio, come titolava un tuo libro di qualche tempo fa ormai, si fanno strada per le strade d'Europa.
Ovviamente nessuno, anche stavolta, ne parla apertamente, anzi in molti li negano.
Mostrare rabbia non sarebbe civile, sarebbe darla vinta ai cani rabbiosi che ci hanno morso.
E l'orgoglio non è un sentimento che va di moda esibire, a meno che tu non sia un nazionalista francese.
Eppure, la rabbia trova sfogo negli attacchi aerei, nel richiamo alla spietatezza della risposta, nella paranoica ricerca di colpevoli e potenziali stragisti e complici.
Eppure l'orgoglio si esprime con inni, giornate del ricordo, richiami alla cultura e alla civiltà superiore contro 'l'orda di assassini che odia la nostra libertà'.
Tu dirai che, ancora una volta, siamo di fronte a molta retorica e poca sostanza, e che non ti basta.
Dal tuo punto di vista, è difficile darti torto.
In effetti, il fronte militare occidentale è scisso, non coordinato, autocontraddittorio, incerto e pieno di ambiguità e lotte interne.
E, al di là di qualche pomposa marcetta e patetico raduno, i popoli europei non sono -in fondo- per nulla orgogliosi di se stessi, né tanto meno dei loro Stati o dell'Europa.
D'altra parte, come essere orgogliosi di paesi che hanno fallito ripetutamente nel loro tentativo di 'esportare la democrazia' attraverso la guerra e i servizi segreti, per poi negarla ogni qualvolta le libere elezioni hanno portato a parlamenti non graditi (il caso dell'Egitto è soltanto l'ultimo di una lunga serie), oppure costruendo stati confessionali con la conseguente emarginazione di parti fondamentali del paese (come in Iraq), oppure difendendo e sostenendo dittatori contro i tentativi di cambiamento democratico e nonviolento(vedi la stessa Siria), o costituendo governi fantoccio invisi a metà della popolazione (come in Afghanistan).


Inoltre, conoscendoti un po', so che sei sempre più preoccupata del ritorno in scena dell'orso russo.
Mentre la potenza statunitense perde progressivamente il controllo del mondo, ed altri poteri economici e militari prendono il sopravvento; mentre l'Unione europea vacilla e assomiglia sempre più ad un'armata Brancaleone in disarmo, è la Russia che -accerchiata e ridimensionata per due decenni almeno- si sta ribellando alle umiliazioni subìte e riprende territori e potere: il caso ucraino ne è stato il primo esempio, quello siriano il secondo.
L'attacco turco di qualche giorno fa al jet russo non può essere avvenuto senza il beneplacito Usa e Nato. La Russia sta esagerando e va punita, pur proseguendo -su un altro tavolo- a parlare di alleanze contro i nemici comuni (sempre loro, da 15 anni, i terroristi...).
Se gli americani riescono, dopo le disfatte diplomatiche e sul campo con il mondo arabo, a ricrearsi anche il vecchio nemico post-sovietico, credo che per te, Oriana, sarebbe un perfetto en-plein.
Se il contesto diventa di guerra permanente, gli stati autoritari avranno sempre la meglio sugli stati ancora minimamente democratici.
Non devono stare lì a giustificarsi, a far distinguo, a trincerarsi dietro frasette tipo: dobbiamo investire in cultura, l'intervento non può essere solo militare, trattiamo con le armi della politica, etc etc. Nessuno ci crede, neppure loro. Ma devono farlo, per non indispettire quei pochi residui di opinione pubblica liberale che ancora prova a credere in se stessa, nonostante se stessa.
Un Putin non ha di questi problemi: decide di fare guerra e la fa, per difendere i suoi interessi diretti o i suoi alleati, senza remore o cavillosi infingimenti.
Magari, Oriana, a te piacciono i tipi così, e vorresti che anche i nostri governanti andassero più spediti.
Ma ci vorrà ancora un po' di tempo, lo sai. Già gli attentati di quest'anno hanno dato loro una bella mossa, ma i prossimi eventi saranno decisivi e ci faranno fare un altro passo verso la direzione che tu da tempo auspichi: la guerra di civiltà, ammantata da contrasti religiosi.
L'odio cresce e alligna ben bene, sia tra loro verso di noi che tra noi verso di loro.
E la sottile crosta che ancora ci avvolge e non ci fa esplodere del tutto gli uni contro gli altri, sia all'interno degli stati, sia tra loro, è in via di consunzione e disfacimento.
Cara Oriana, nel giro di un decennio -forse meno- ci troveremo dentro il mondo che tu hai preconizzato.

Con buona pace di quel povero diavolo di Tiziano e di tutti gli ingenui pacifismi e irenismi del secolo scorso.

giovedì 26 novembre 2015

dalla siria con furore

Siria: ‘Adesso parlo io’, lettera di una vittima dimenticata

Scrittore
siria_675
Adesso parlo io.
Adesso mi ascoltate perchè sono io la vittima. Come mi chiamo non ha importanza. Io vivo ad Aleppo, a Damasco, ad Hama, a Homs e in tutte le città della Siria. Non mi importano i discorsi sulla geopolitica che vi permettete di fare nei vostri salotti a Parigi, Roma, Ryad o Mosca. Io devo sopravvivere. La mia sopravvivenza non è legata alla speranza che noi vittime, d’improvviso, veniamo riconosciute come il fulcro della questione, del vostro pensare alla Siria, perché sono consapevole che non sarà mai così. Tutto viene relegato a piani astratti.
Quando la questione siriana si allarga al vostro Paese, qualunque esso sia, tramite un evento che vi fa sentire la Siria più vicina, allora vi preoccupate. Parlate dell’Isis, ne avete paura, dimenticando che siamo noi siriani a essere decapitati. Oltre all’Isis non vedete più nulla. Guardate con i miei occhi le milizie, di qualsiasi estrazione confessionale, sciite, cristiane, sunnite, che massacrano il popolo.
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Non guardo più il cielo per osservare le stelle, ma per vedere se c’è un aereo, siriano, russo, francese o americano, che vuole bombardarmi, per “liberarmi” dal fondamentalismo.
Sono stanco, distrutto, dall’idea che le mie aspirazioni di libertà, di dignità e di pari diritti non vengano considerate. Non capite che cerco l’emancipazione dal regime e dal fondamentalismo. Al posto di aiutarmi, di stringermi la mano, continuate a giudicare perchè non conoscete la mia storia. Addirittura, dite che non mi dissocio dall’Isis quando è la mia testa a essere poggiata sul loro ceppo, pronta alla decapitazione.
Oggi parlate dell’aereo russo caduto, ma non conoscete Leymar Al Taani, una bambina uccisa da un bombardamento russo, sabato 22 novembre 2015 a Daara, in Siria, molto lontano dalle postazioni dell’Isis.
E’ vergognoso che la Siria, la mia tragedia, venga utilizzata da alcuni dei vostri partiti politici, nel vostro bell’Occidente, solo per fini elettorali, per alimentare lo scontro.
Ma allora, se non mi volete vedere, dimenticatevi di me, di noi. Così tutto sarebbe più facile e non sarei costretto a constatare l’ipocrisia di un mondo preoccupato dall’interesse e non dalla nostra vita.
Un siriano

una emilyana a parigi

Dopo un grande dolore, i sensi solenni s'atteggiano-
come tombe i nervi siedono cerimoniosi, 
il cuore -irrigidito- si chiede: fui io a sopportare
e fu ieri, o secoli addietro ?

Meccanici si muovono i piedi,
percorso di terra, di aria, di nulla,
un cammino legnoso,
che va a caso,
una pace di quarzo, come pietra.

Questa è l'ora di piombo,
che ricorda chi sopravvive,
come gli assiderati, la neve.
Dapprima una sensazione di freddo, poi lo stupore.
Infine, la resa. 

(1862)


Quando le luci si spengono
poco per volta ci si abitua al buio
come quando il vicino, sollevando alto
il lume, sigilla il suo addio

Dapprima, i passi si muovono incerti
nel buio improvviso
poi, lo sguardo si abitua alla notte
e senza incertezza affrontiamo la strada

Ed è così nelle oscurità più fonde
in quelle notti lunghe della mente
quando non c'è luna che disveli un suo segno
quando non c'è stella che -dentro- si accenda

e i più coraggiosi -per un poco- brancolano
e battono a volte dritti in fronte
contro il tronco di un albero
ma poi imparano a vedere

E allora è la Notte che si trasforma
oppure un qualcosa nella vista
che alla Mezzanotte si conforma,
E la vita procede quasi senza incertezza.

(1862)


Sognamo, ed è buona cosa.
Ci farebbe male, fossimo svegli.
Uccidiamoci, visto che non è altro che un gioco.
Urliamo, tanto siam noi che giochiamo.

Che male c'è! Gli uomini muoiono, di fuori
è, questa, verità di sangue
Ma noi moriamo sul palco
e il teatro non muore

Attenti a non scuoterci
chè non si aprano gli occhi a nessuno dei due,
per paura che il fantasma dimostri l'inganno
e la fredda sorpresa

ci congeli in steli granitiche
con sopra solo Età e Nome
e forse una frase in egizio
E' più prudente, sognare.

 (1862)

Il cuore ricerca il piacere, dapprima
e poi, la dispensa dal dolore
e poi, quei blandi anodini
che anestetizzano la sofferenza.

E poi di potersi addormentare
e poi, se tale fosse
la volontà del suo inquisitore,
il lusso di morire.

(1862)


Presentimento è quell'ombra lunga, sul prato
che preannuncia il tramonto dei Soli

L'avvertimento all'erba sorpresa
che la Notte sta per sopraggiungere.

(1863)


Non sarebbe aspra sfortuna
ricordare quanto sono infelice
se potessi dimenticare quanto sono stata felice
ma il ricordo di alberi in fiore

ogni anno rende difficile il novembre
poi, un giorno, io che ho avuto quasi coraggio,
come un bambino perderò la strada
e morirò di freddo.

(1863)


Morbido come un massacro di soli
trucidati dalla sciabole della notte.

(1868)


Grandi strade di silenzio portavano
lontano, alla volta di zone di pausa, vicine,
Qui non vi era segnale, nè dissenso
nè universo, nè legge.

Gli orologi dicevano che era mattino
a distanza le campane sollecitavano la notte.
Qui tuttavia il tempo non aveva fondamento 
perchè l'epoca si estingueva.

(1870)


Se non avessi mai visto il sole
avrei sopportato l'ombra.
Ma la luce ha reso il mio Deserto
ancora più selvaggio.

(1872)


Era come se le strade precipitassero
poi fu l'mmobilità.
Eclisse: tutto ciò che era dato vedere alla finestra.
Terrore: tutto ciò che provavamo.

A poco a poco, i più coraggiosi uscirono piano
allo scoperto, per vedere se il Tempo c'era ancora.
La natura indossava un grembiule d'opale
e impastava aria più pura.

(1877)


Sembrava un giorno di quiete
senza minacce, nè in cielo nè in terra.
Finchè al tramonto 
un rosso casuale,
un colore diffuso, che sembrava
disperdersi, oltre la città, verso occidente.

Ma quando la terra iniziò a vibrare
e le case svanirono in grande fragore

e le creature umane, tutte, si rintanarono
allora fu il terrore che ci fece capire,
come capirono coloro che videro
la Dissoluzione, il Papavero nella nuvola.

(1877)


Un dono senza pretese, parole impacciate
sono i modi in cui al cuore umano
è rivelato il Nulla.
'Nulla' è la forza 
che il mondo rinnova.

(1883)


(da Emily Dickinson, Silenzi) 
 

martedì 24 novembre 2015

oltre al danno...





Essere ucciso dai terroristi mi dispiacerebbe, certo.
Soprattutto mentre ascolto musica, anche se fosse quella dei Death Angels.
Ma non sopporterei ancor più che al mio funerale si suonassero gli inni, e fossero lì Mattarella e la Pinotti.
Chissà la povera Valeria, attivista di Emergency, cosa dovrà aver pensato, nella bara.
Forse questo: che i potenti sono potenti perchè sanno sempre impossessarsi, al momento giusto, anche di quello che non gli appartiene e soprattutto di quel che ha provato con tutte le sue forze, in vita, a sottrarsi.

I russi bombardano i siriani, per proteggere Assad.
I francesi bombardano i siriani, per far fuori Assad e per credere di proteggere se stessi.
I turchi abbattono aerei russi e li accusano di aver sconfinato.
E, intanto, continuano ad ammazzare curdi, che fanno guerra all'Isis.
L'Isis, sotto sotto e sotto terra, se la ride.

Una capitale europea è sotto coprifuoco preventivo da giorni, ma Salah non si trova.
Negozi, scuole, metro: tutto chiuso, e tanto rumore per nulla.
Prima o poi lo acchiapperanno, ma intanto è una beffa.
O forse lo troveranno prima i suoi compari: non si è fatto saltare, ha avuto un ripensamento, è un traditore. La giustizia divina lo troverà. Lei vede tutto, si sa.

Il mediatore francese che provava a trattare quando le forse di polizia hanno fato irruzione dentro il Bataclan ha dichiarato che i militanti dell'Isis non erano disposti a discutere e continuavano a ripetere soltanto: Siamo soldati del Califfato, la colpa di tutto questo è di Hollande!'.
E aggiunge: 'Erano molto agitati, si muovevano confusamente. Sembravano drogati'.
Quanto siamo ridicoli. Pensiamo che, in piena guerra, si possa ancora essere disposti a mediare o voler ancora parlare. Siamo proprio degli inguaribili ottimisti, razionalisti, illuministi...!
E, visto il grado di convinzione e di fanatismo che anima i terroristi, ipotizziamo che lo facciano sotto l'effetto di droghe. Può darsi anche che le usino, ma non è certo da lì che traggono le loro motivazioni ad agire, sino ad accettare l'autoannientamento delle loro stesse vite.
Noi occidentali -ormai quasi totalmente incapaci di fede in qualunque cosa- non dovremmo essere così presuntuosi da credere che gli altri siano ridotti come noi.
Va bene, uccidiamoli, ma almeno non proseguiamo a spiegarceli con le nostre stupide premesse, vi prego... !

lunedì 23 novembre 2015

amor vacui

Se gli dei esaudissero le preghiere degli uomini, l'umanità verrebbe dissolta a causa di tutti i mali che gli uomini si invocano l'un l'altro. (Epicuro)
Questa frase mi è tornata alla mente vedendo Hollande e Cameron pregare insieme davanti ai luoghi in cui sono morti i parigini. Apparivano contriti e commossi.
Qualche ora dopo, si sono accordati sul fare guerra insieme.
E mai come ora i sondaggi crescono a loro favore.
Ci stanno proteggendo, dobbiamo consentirgli qualunque cosa, purchè altri muoiano per noi o contro di noi; e purchè noi si sopravviva, forse, comunque, grazie a loro.

Se lasciata a se stessa, come osservò Nietzsche, la Volontà dell'uomo 'piuttosto che non volere preferirebbe volere il Nulla', e il pensiero di un progresso infinito implicitamente 'nega ogni suo traguardo e ammette dei fini solo come mezzi che gli consentano di superare se stesso nel suo gioco. In altre parole, la potenza della negazione inerente alla Volontà e concepita come motore della Storia, è una forza distruttrice, annichilante, che potrebbe benissimo tradursi in un processo di annientamento permanente come in un processo di Progresso Infinito. (H. Arendt)

Potrebbe essere giunto per noi tutti il tempo di Non Volere Più, di fare il morto, di declinare.
Ma non rinunciano a Volere. E quindi scelgono di Volere il Nulla.
La favola del Progresso Infinito si è conclusa da tempo.
E' iniziata e procede, da almeno due decenni, quella dell'Annientamento Permanente.
La Volontà di potenza da qualche parte deve pur andare.
La guerra ed il terrore sono la sua voce, ed ora giunge sino a noi, direttamente, finalmente.
Ormai sudditi digitali, stiamo a guardare.


LA PROMOZIONE NEO-COMPORTAMENTISTA DELLA SUDDITANZA

L'insieme dei dispositivi digitali di controllo istituisce sempre nuove condizioni di oggettiva sudditanza. Il loro accoglimento da parte degli utilizzatori tuttavia presenta anch'esso aspetti sorprendenti. Primo dei quali è la disposizione piuttosto indifferente, quando non decisamente collaborativa, della gran parte dei controllati alla sottomissione e all'obbedienza.
Disposizione costruita, certo, e tuttavia confusamente accolta senza opporre significative resistenze, forse perchè simmetrica ai dispositivi disciplinari intrinseci alle istituzioni d'impostazione capitalistica. Comunque sia, questa educazione alla sudditanza si attiene a un'impostazione pedagogica che, in sostanza, consiste nel premiare chi accoglie gli inviti all'auto-disciplinamento subalterno e punire in qualche modo chi vi si sottrae...
Con 'sudditanza' intendo dunque questa acquiescenza passiva e a-problematica, questa abitudine inerte ad assumere su di sé la meta-narrazione delle imprese capitalistiche e a farsene attore e riproduttore obbediente nelle proprie pratiche quotidiane...
La promozione neo-comportamentista alla sudditanza svolge una funzione importante nella colonizzazione dell'immaginario. Per suo tramite infatti passa una normalizzazione diffusa della disponibilità a cedere per qualche briciola di consumo spazi di autonomia e di libertà personale. E ogni spazio ceduto accresce di un anello la catena invisibile della schiavitù mentale e della soggezione all'impero, così come ogni briciola ricevuta alimenta la propria complicità nella dipendenza...

Vale la pena di citare la riflessione già fatta a suo tempo da Marx: 'La sicurezza è il più alto concetto sociale della società civile, concetto della polizia, secondo cui l'intera società esiste unicamente per garantire a ciascuno dei suoi membri la conservazione della sua persona, dei suoi diritti, della sua proprietà'...
E' il dilemma che Vint Cerf, uno dei Padri fondatori di Internet, ha espresso con parole molto chiare: 'Uno stato in cui la privacy è totalmente rispettata è uno Stato insicuro. Uno Stato in cui al contrario chi governa sa tutto dei propri cittadini è il massimo della sicurezza...'


(da Renato Curcio, L'impero virtuale. Colonizzazione dell'immaginario e controllo sociale, 2015) 

domenica 22 novembre 2015

(far)credere (far)obbedire (far) combattere

Il Questore di Roma ha predisposto un piano di sicurezza per 'vivere ai tempi dell'Isis'.
Ieri, Bruxelles ha iniziato -cosa significa- a capirlo da sola.
Città -peraltro sede centrale della UE- completamente paralizzata, a partire da un allarme del governo. Militari ovunque, intorno alla poca gente che passeggia, come in stato d'assedio.
E meno male che non dovevano cambiarci la vita e non ci avrebbero fatto rinchiudere dentro casa!
Le nostre città si faranno spettri di se stesse.
A completare il quadro i simpatici falsi allarmi di Roma e Milano, uno sport a cui vari italiani si dedicheranno sempre con grande passione, manifestando così il proprio -sempre alto- senso della patria.

Una settimana fa, a Parigi, uno dei terroristi ha cercato di sparare ad una ragazza a terra, buttata tra i tavolini di un bar e ormai rassegnata a morire, ma il mitra si è inceppato.
La ragazza si è alzata, come in trance, e -da miracolata- si è messa a correre, chiudendosi gli occhi con le mani. 'Credevo che, se io non avessi visto più nulla, loro sarebbero scomparsi', ha dichiarato.
Questa frase fa il paio con quella di Renzi che, ieri, con il suo ineffabile ed ebete sorrisino, ci ha invitato tutti a 'restare umani, restare social'.
Attenzione, non 'sociali', proprio 'social' !
Come se se le due parole fossero sinonime e non, invece, opposte fra loro.
E come se i terroristi, a loro modo, non fossero dei superconnessi social, ed anche umani, purtroppo...Ma forse leggermente asociali, no ?

Due inutili e mistificanti cortei anche ieri, infine.
La FIOM di Landini, che cerca di coprire il vuoto dei movimenti pacifisti, inventandosi una marcia di metalmeccanici contro la guerra e la paura.
Forse dimenticano che sono proprio loro, i metalmeccanici, a produrre le armi italiane, vendute a peso d'oro in tutto il mondo. E producono anche le bombe a Domusnovas, quelle che finiscono ai sauditi e forse all'Isis.
Quindici anni fa, con la Casa di Alex, avevamo più volte manifestato davanti a quella fabbrica di esplosivi, da soli. La FIOM non c'era, e se c'era dormiva, o era contro di noi.
La FIOM non dice una parola contro le armi che produce -in fabbrica-, ma è contro la guerra -in piazza-. E questa sarebbe la sinistra...
Poi ci sono stati due cortei di alcune (poche) migliaia di musulmani, che -dopo le innumerevoli, ricattatorie insistenze di Salvini & co.-, si sono decisi a scendere in piazza per dissociarsi e dire 'non in mio nome'. Va a loro merito, e certamente sono sinceri (per quanto leggermente sotto pressione).
Ma ci dicono poco sulla massa dei musulmani in Italia e in Europa, sui loro sentire e sui loro risentimenti profondi, su quanto ci amino davvero o ci odino.
Non mi sembrano rappresentativi del loro essere islamici, quanto invece del loro essere italiani, o -se preferite- persone come noi: abbiamo faticato e stiamo faticando tanto per integrarci qui, lasciate in pace noi e i nostri figli, noi non c'entriamo con i terroristi !
Comprensibile e legittimo richiamo, umana e giustificata paura di perdere tutto o quel poco che hanno acquisito. Ma niente di più, direi.
Non servirà a loro, quando la situazione si aggraverà, e non serve a noi (se non ad illuderci ancora, anche su di loro).


sabato 21 novembre 2015

punire gli impuniti

I paesi orientali son l'Impero del Mali, ma la Nato no...
Sono loro a causare la guerra mondiare, ma la Nato no...

Esattamente trent'anni fa, al campo antimilitarista de La Maddalena, andava a mille il nostro rifacimento di questo tormentone, a sua volta famoso hit di 'Quelli della notte'.
Mi è tornato alla mente ieri, mentre assistevo all'invasione del Radisson a Bamako.
Questi mega-hotel per ricchi mi hanno sempre fatto schifo, ancor più quando stanno lì, impuniti, in mezzo al fango e alla povertà estrema della gente, circondati da bidonvilles o favelas.
Ma, in fondo, perchè le nostre tv ne parlano tanto ?
Proprio perchè colpiscono noi, anche lì.
Il telegiornale, come diceva Haig ne 'Gli umani', farebbe bene a parlare sempre e solo di noi e dei nostri vicini, è l'unica cosa che davvero ci interessa.
Anche quando parliamo dell'Altro, è lo Stesso che ci parla.

Ma, impuniti, non stanno ad ergersi solo gli alberghi per nababbi.
Pensate agli Emirati Arabi, con le loro fantasmagoriche metropoli ed i loro grattacieli multicolori.
Alleati dell'Occidente e finanziatori dell'Isis, ci stanno comprando pezzo per pezzo (centri commerciali, squadre di calcio, ospedali, cittadelle finanziarie, quartieri interi, aziende di prestigio...)
E per questo stiamo muti, senza poter fare nulla, parlando di loro e dei loro misfatti meno possibile.
Ora, dopo aver tradito noi -comprandoci-, stanno per tradire anche i giovani fanatici che si aggirano per le nostre città. Quando li avranno usati ben bene, anche questi idealisti disperati, capaci di uccidersi urlando 'Allah akbar', capiranno che stanno soltanto facendo il gioco di pochi Paperoni d'oriente (e, forse, per ennesima beffa, anche d'occidente).

Impunemente anche Renzi continua a sfoderare il suo sorriso, a dirci che ce la faremo, che dobbiamo stare tranquilli. Il suo ottimismo è ineluttabile, immarcescibile, strutturale.
L'importante per lui è restare lì, andare avanti verso l'abisso, ma col sorriso.
D'altra parte, anche l'Isis perchè dovrebbe perdere tempo con l'Italia ?
Non importa che quattro ragazzi mettano a ferro fuoco Parigi, facendola in barba alle nostre gioiose macchine da guerra.
Non importa che i nostri nemici siano già in casa, mentre ci si illude di poter blindare i confini esterni europei (e tra non molto anche quelli interni)..
Non importa che qualcuno stia provando a rifarci vivere le Crociate, da una parte e dall'altra.
Stiamo sereni, dice lui.
Sappiamo già come andrà a finire.

Eppure, davanti a tanta impunità e impenitenza, a tanta boriosa sfacciataggine, in questa nostra storia che non è mai davvero uscita dal circolo perverso dell'umiliazione e della rivalsa, ora lo sappiamo: non ce lo permetteranno più.
Possiamo continuare a vivere e ad agire così come ci pare, ma non potremo più farlo impunemente.
Saremo puniti, in molti modi, ferocemente, senza ritegno e senza sosta.
Noi non smetteremo, se non costretti.
Ma, che sia chiaro, neanche loro.











venerdì 20 novembre 2015

il valzer delle candele



Quando vedo il simbolo pacifista trasformato in Tour Eiffel mi monta la rabbia e il disgusto.
Il simbolo antimilitarista radicale del fucile spezzato sta all'origine di quel logo stilizzato.
Ma le anime candide, le colombine che oggi lo esibiscono se lo sono dimenticato.
Sono le stesse che dieci anni fa attaccavano sul balcone la bandiera arcobaleno per dire: vogliamo la pace! Che significa soltanto: lasciateci in pace!
Lasciateci continuare a sfruttare, violentare, distruggere il mondo, ma -per favore- non veniteci a sparare per le strade o nei nostri bar.
Questi valzer delle candele per i nostri morti, contro la violenza del terrorismo (ma, attenzione, non contro quella delle nostre guerre), ci fa capire cosa ne è stato ormai del pacifismo.
Soltanto Papa Francesco continua a maledire i mercanti e i trafficanti d'armi.
Il resto sono solo litanie, silenziosi raduni di cavallette infoiate da Facebook, ipocriti inviti a non provare 'né rabbia né paura', come se fosse vero e possibile.
Perchè comunque le proviamo: proviamo rabbia, ma non dobbiamo dirlo, verso il diverso che sta tra noi e ci odia.
Perchè proviamo paura, ma non riusciamo a riconoscerlo; se lo facessimo tutto crollerebbe.
E perchè, invece, sarebbe il momento di provare rabbia e paura, ma verso noi stessi, le nostre politiche, i nostri governi, i nostri commerci infami.
Non accadrà.
Perchè noi non abbiamo torto, noi siamo le vittime, noi sapremo reagire, secondo ragione e diritto, come sempre.

Ma più che un valzer delle candele, sembra un valzer del moscerino.
Perchè, come moscerini, i paciosisti e i panciafichisti saranno spazzati via dal vento di guerra.
Le nostre democrazie, già incrinate dall'interno e in stato di abbandono comatoso, non reggeranno all'urto del terrore.
La libertà residua sarà ulteriormente barattata per un'illusoria sicurezza, gestita (per ora) da cretini sesquipedali che hanno le facce e le voci di Alfano e Gentiloni (la fisiognomica è una scienza).
I nostri stati si stanno trasformando rapidamente in stati d'emergenza.

Dava da pensare, l'altra sera, che le persone per sentirsi protette dovessero stare dentro uno stadio.
La partita era finita da tempo, e loro -compresi i giocatori- erano ancora lì, ad attendere di poter essere liberati. Prima le dittature ci mettevano nello stadio per farci fuori, ora ci mettono lì per proteggerci. Ma la musica non cambia.
Finisce il tempo di amichevoli, concertini, festicciole e processioni.
La guerra permanente: unico, ultimo spettacolo della nostra civiltà.

I giornalisti (e gli armieri) già gongolano.

giovedì 19 novembre 2015

cittadini del mondo

Un abitante di Raqqa, dopo aver subito la dittatura di Assad col beneplacito e l'appoggio di russi e francesi, si è visto occupare la città e la vita dai fanatici dell'Isis.
Lui non è un integralista islamico antioccidentale e vorrebbe ritornare almeno alla situazione precedente, visto che è difficile sperare di meglio.
Ha partecipato alle prime lotte popolari e non armate contro il dittatore, ma ha capito subito che nessuno -da fuori- li avrebbe sostenuti.
A chi vende armi la nonviolenza non interessa, non gli fa comodo.
Ora è bombardato dal cielo, ogni giorno, da russi e francesi.
Non scendono a terra, perchè hanno paura di morire.
Allora bombardano dall'alto, senza rischiare quasi nulla.
Ma ammazzano molti abitanti di Raqqa, centinaia al giorno, mentre colpiscono le basi dell'Isis.
Gli abitanti di Raqqa non possono andare allo stadio o al Bataclan.
Quindi vengono uccisi in casa, visto che da tempo non possono neppure uscire da lì.
E' arrivato a pensare che i cittadini russi e francesi pagano i loro soldati per uccidere e morire.
E uccidere uccidono, ma quanto a morire preferiscono far morire gli abitanti di Raqqa.
A caso, solo perchè qualche militante dell'Isis si è attendato nelle vicinanze.
Non credo che un abitante di Raqqa, pur non volendo l'Isis, possa apprezzare quelli che li bombardano e li ammazzano per liberarli.
Credo che, se fossi di Raqqa, odierei francesi, russi e occidentali.
Credo che, se potessi, li sgozzerei.
Credo che tiferei per chi ci riesce.

Un giovane arabo che vive nei ghetti fuori Parigi o Londra è un cittadino europeo.
Magari non proprio veramente e non proprio del tutto.
L'Occidente l'ha sedotto e tradito.
Gli ha promesso soldi e consumi, gli ha detto che aveva gli stessi diritti degli altri, gli ha parlato di valori e fratellanza globale e libertà. Ma qualcosa, si vede, non è andato.
E già per questo non è proprio di buon umore.
Quando vede grandi magazzini in festa gli vien voglia di rubare, quando vede insegnanti volenterosi scappa da scuola, quando vede poliziotti gli prudono le mani.
Ora per di più il suo stato bombarda le sue terre natie e i suoi fratelli nella fede.
Questo gli crea dei problemi ulteriori: deve far finta di essere solidale con i francesi, altrimenti perde anche quel poco che ha, ma non può tradire le sue origini e la sua causa.
Credo che, se fossi di Saint Denis, odierei i francesi.
Credo che, se potessi, li prenderei in ostaggio e li fucilerei uno ad uno.
Credo che starei con chi lo fa.

Prendiamo ora un cittadino veneto preso per il culo dal proprio governo ogni giorno, e che ogni giorno perde il lavoro o non lo trova, che ha sempre meno soldi (sono i suoi valori, che ci possiamo fare?), che va a votare ma non conta nulla, che vede i ricchi diventare sempre più ricchi, e che non ha il coraggio o la voglia di opporsi a tutto questo, perchè pensa che tanto sarebbe inutile. Inizia a boicottare di nascosto: non va più neppure a votare, fa lavoro nero, evade le tasse.
Non ha più uno straccio di fiducia in nulla e sente che i suoi lo stanno fregando.
Tanto, lo sa, ognuno fa solo i cazzacci suoi.
Vive così, nella diffidenza, ma vorrebbe uno stato affidabile.
Vede tanti negri in giro e incomincia a credere che siano loro la causa di tutti i mali.
Sente di furti, rapine, case violate, stupri e disordini.
Ora vede anche stragi in tv, e gli dicono che potrebbero arrivare anche qui.
Credo che, se fossi di Treviso, odierei i negri e gli arabi.
Credo che, se qualcuno li espellesse o li torturasse, sarei con lui.
Credo che riprenderei a votare, e a votare Lega.






mercoledì 18 novembre 2015

parigi val bene una rimessa (d'armi)

Armi, tutti i numeri di un settore che vale quasi 1.800 miliardi di dollari

Chi vende a chi, le armi. Per combattere l'Isis, gli Usa hanno appena dato il via libera a una fornitura per l'Arabia Saudita dal valore di 1,29 miliardi di dollari. Il principale cliente dell'Italia è l'Uae, gli Emirati Arabi Uniti (sette Paesi: Abu Dhabi, Ajman, Dubai, Fujaira, Ras al-Khaima, Sharja e Umm al-Qaywayn). Ecco i principali Paesi per spesa militare
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La spesa militare nel 2014, secondo i calcoli del Sipri di Stoccolma, è stimata in 1.776 miliardi di dollari, poco meno dell'intero Prodotto interno lordo italiano e il 2,3% del Pil globale. Il volume del mercato internazionale degli armamenti è in crescita: nel periodo 2010-2014 ha superato del 16% i livelli registrati nel 2005-2009.
I Paesi top 15 per spesa militare

I

Il budget militare Usa pesa per un terzo delle spese mondiali

I

(quota % delle spese militare globali)
I dieci maggiori esportatori di armi e i loro principali clienti (2010-2014)

I cinque maggiori esportatori pesano da soli per il 74% dell’export totale di armi
I

Come si è mosso l'export nei vari Paesi, tra il 2005-2009 e il 2010-2014

Come

 

ma bomba o non bomba

Finalmente si usa la parola giusta: guerra.
Basta con 'crisi', 'conflitto', 'missioni di pace', e roba simile...
Basta con gli eufemismi.
Siamo in guerra, punto e basta.
Non è consolante, vista la fine che faremo, ma almeno del linguaggio si salverà qualcosa.

C'è da stupirsi che si continuino ad usare bombette o mitra.
Ordigni nucleari tattici e armi chimiche letali si aggirano facilmente per il mondo, e non mancherà molto al loro utilizzo.
D'altra parte, questo potrà avvenire, e forse sta già avvenendo (che ne sappiamo davverò di quel che stiamo combinando ora in Siria, o in Iraq ?), da entrambe le parti.
Quando saremo in preda a quel tipo d'attacchi nelle città, allora sì che ci sentiremo dei topi.

Intanto, l'unica e tanto sbandierata ricchezza della nostra civiltà, la comunicazione libera in rete, sarà la prima vittima di quel che sta per accadere. Il controllo -già evidente seppur coperto- crescerà esponenzialmente su di essa e attraverso di essa.
Già oggi neppure sospettiamo lontanamente quanto siamo intercettati e spiati, tutti.
Ma tra poco lo saremo ufficialmente, alla luce del sole, per legge, e per il nostro bene.

L'unico elemento che emerge chiaro oggi è la totale confusione.
Sia dal punto di vista delle strategie di autodifesa e di attacco militare.
Sia da quello dell'approccio ai problemi che ci attorniano e che noi stessi abbiamo creato per proteggere le nostre scelte, i nostri interessi e privilegi, i nostri errori.
Una buona parte di quelli che accogliamo si rivolta dall'interno delle nostre società.
E molti di quelli che non accogliamo ci fanno guerra altrove.
In modo più o meno palese, ma lo fanno.
Per ora sono minoranze, ma molto decise, incattivite e aggressive.
Così come lo sono d'altronde le minoranze che dominano qui da noi, in doppiopetto o divisa.
E, così come per loro anche per noi, le maggioranze sono colluse, fanno fare ad altri il lavoro sporco, subiscono passivamente e, sotto sotto, ne godono.
E' questo mix esplosivo a non lasciare scampo.
Le due minoranze, da sole, potrebbero poco, se le maggioranze non fossero complici.
O se esistessero minoranze attive nonviolente, diffuse e organizzate.
Ma sono due condizioni irreali e irrealizzabili: la prima, da sempre; non si può neppure concepire una maggioranza non collusa.
Sulla seconda, i tempi sono trascorsi: non si può più fare nonviolenza, se non come pura testimonianza, in piena guerra.

In tutto questo, si cerca di continuare a fare amichevoli (già la parola stessa fa ridere ora...) di calcio, che vengono annullate un'ora prima per segnalazioni di grave rischio attentati.
Si cerca di viaggiare e fare turismo, mentre si fa guerriglia in spiaggia o nei musei, o esplodono bombe sugli aerei.
Si va a scuola a perder tempo su Carlo Magno o la guerra dei Cent'anni, senza peraltro imparare nulla neppure sul passato.
Si sta ad ascoltare Salvini ed Ovadia che sbraitano insensatamente in tv.
Propongo almeno un anno di silenzio assoluto, in cui poter sentire soltanto gli spari e il rombo delle armi.
Magari così ci renderemo conto di dove siamo finiti.




 

 

SBRUNCAU





Nei mesi scorsi sono stato sbruncato più volte: qualunque mio tentativo di ravvivare la vita è fallito, in vari campi e in vari modi.
Il mondo non collabora, la vita non mi assiste, i miracoli non accadono.
Ho ricevuto l'ultima bruciante sbruncatura proprio qualche giorno fa.
Ma le metafore sono ancora più efficaci e profonde quando si vanno ad incarnare nel corpo.
Sabato pomeriggio, mentre correvo a portare in bici le scarpette da calcio a mio nipote, la borsa è andata a infilarsi tra i raggi e mi sono sentito catapultare all'improvviso in volo verso terra, sulla quale sono atterrato un secondo dopo proprio con il muso, spappolandomi un labbro e gonfiandomi il già non troppo delicato nasino.
Frenando con le mani ho reso le mie dita preda prelibata per persistenti attacchi di orticanti tossine.
Due lividi alle cosce completano il quadro.
E, dice la carissima medica, mi è andata benissimo.
Qualche giorno ancora per star meglio, mi rassicura.
E di non esagerare a lamentarmi.
A ripensarci, a rivedermi volare e ripiombare planando sulla bocca, nel dolore supremo, mi viene ancora da ridere.
Potenza divina e trasformatrice delle metafore.

NB: Sbruncare, in sardo: sbattere il muso contro qualcosa, ricevere una scoppola, fallire.

RASSEGNARE LE DIMISSIONI





A gennaio si era ancora in vena di manifestazioni orgogliose, tutti a scendere in piazza, con penne e calamaio, guidati dai nostri finto-fieri governanti, per protestare contro l'attentato a Charlie Hebdo.
Vedo che oggi, grazie al cielo, almeno questo non c'è.
Si va rassegnati e dimessi a mettere una candelina o un fiorellino, a cantare Imagine, individualmente, e in pochi.
Forse qualcuna delle 4 milioni di persone del corteo di gennaio sperava davvero che i terroristi avrebbero smesso, colpiti da tanta potenza e dignità civile ?
No, non credo che neppure loro ci credessero.
L'ottusità dei salmoni non arriva a tanto.
Proseguono a solidarizzare con se stessi, però, anche perchè nessun altro nel mondo lo può fare sinceramente. Gran parte del mondo, non solo arabo, ci odia e con ragione.
Molti sono stati i festeggiamenti clandestini nelle banlieuses o in molte case d'Europa e del mondo, alla notizia dei kalashnikov in azione con successo tra le strade e i boulevards.

Qualcosa è cambiato, pare, quindi.
Stiamo rassegnando le dimissioni, stiamo accettando di vivere così, come ostaggi permanenti sotto attacco. E sarebbe un bene, rinunciare alle false speranze.
Ma i dibattiti di queste ore invece sono sempre gli stessi di sempre: non abbiamo paura e non dobbiamo mostrarla, trionferemo contro l'insensatezza, l'inumanità e la barbarie.
Come ? Con le uccisioni dei loro capi e simboli, con le guerre in casa loro, con la propaganda e i droni, con i doppi giochi e le alleanze truccate, con i soldi e i ricatti economici, con lo stato d'emergenza e la militarizzazione delle nostre vite.
E magari cantando la Marsigliese, tanto per tirarsi su (peraltro, un inno violento, cruento e razzista).
No, i governi, i poteri dominanti non si rassegnano.
Ripetono stancamente i loro tristi rituali, assoldando in tv intellettuali e pennivendoli da strapazzo (emblematica e rivoltante la sequenza da Fazio, sabato sera), in questo misto di compassione inerme e aggressività senza ritorno, prepotenza e presunzione sui valori dell'Occidente.
Ma cosa abbiamo fatto noi per meritarci tutto questo, continuano a ripetere ipocriti ? Tutto, sarebbe la risposta onesta.

E soprattutto, infatti, quel che colpisce è proprio quel falso stupore, che resta lì e che dovrebbe salvarci.
Quel chiedere solo a loro 'perchè lo fate?', come se non lo sapessimo e come se non c'entrassimo.
E come se non potessimo e dovessimo rivolgere la stessa domanda in primo luogo a noi, dopo tutti i fallimenti di questi anni.
Come se fossimo solo vittime di un gioco che non ci vede invece principali protagonisti e fomentatori.
Trovo tutto questo assolutamente stucchevole e pericolosissimo, foriero di morte per noi e   per chi, a sua volta e con i suoi (artigianali) mezzi, ci assalta.
E' e sarà un'escalation senza sbocchi.
Quando anche le nostre città saranno ridotte a vivere come Baghdad o Beirut, quando le bombe si succederanno quasi quotidianamente, allora capiremo che la catastrofe e la terza guerra mondiale non sono dei titoli di libri, ma la realtà che stiamo già vivendo ogni giorno.
Ma è quasi inutile, superfluo, parlarne ancora.
I fatti parlano, e soprattutto parleranno, da soli.
Anche se noi proseguiremo ad andare in ristorante, al cinema, ai concerti, e allo stadio.
Ma, ad un certo punto, già dentro il tempo delle nostre vite, ci renderanno-ci renderemo la vita impossibile.


 PS: e qualcuno si è ancora salvato 'facendo il morto'... (anche se, viste alcune fesserie che dice alla fine, forse era meglio se l'ammazzavano)







sabato 14 novembre 2015

barricate

L'incapacità di pensare non costituisce una manchevolezza della moltitudine che difetta di capacità cerebrale, ma è una possibilità permanente per chiunque -gli scienziati, gli studiosi, e tutti gli altri specialisti in imprese spirituali...Una vita senza pensiero non è affatto impossibile; in tal caso, però, essa non riesce a sviluppare la propria essenza: non solo è priva di significato; non è completamente viva. Gli uomini che non pensano sono come uomini che camminano nel sonno...
Il pensiero non crea valori; non scopre, una volta per tutte, che cosa sia 'il bene'; non avvalora, ma semmai dissolve le regole accettate di condotta. E non possiede nessuna rilevanza politica, a meno che non insorgano particolari situazioni di emergenza. Che da vivo debba saper convivere con me stesso è considerazione che non sorge in forma politica se non in 'situazioni-limite'.
Questa ultima espressione fu coniata da Jaspers per l'universale, immutabile condizione umana  -non poter vivere senza lotta e dolore; dover assumere inevitabilmente la propria colpa; dover morire -, per indicare l'esperienza di 'qualcosa d'immanente che rinvia già alla trascendenza', e che -se ottiene da noi risposta- ci condurrà a 'divenire l'esistenza che potenzialmente siamo'...
Quando tutti si lasciano trasportare senza riflettere da ciò che tutti credono o fanno, coloro che pensano sono tratti fuori dal loro nascondiglio perchè il loro rifiuto di unirsi alla maggioranza è appariscente, e si converte per ciò stesso in una forma di azione...
La manifestazione del vento del pensiero non è la conoscenza; è l'attitudine a discernere il bene dal male, il bello dal brutto. Il che, forse, nei rari momenti in cui ogni posta è in gioco, è realmente in grado di impedire le catastrofi, almeno per il proprio sé.

(H. Arendt, La vita della mente, 1971)

I parigini si barricano nelle loro case, come topi, in attesa di nuovi ordini dall'alto.
Molta acqua è trascorsa dalle barricate dei sanculotti, dei comunardi, dei rivoluzionari.
Libertè, Egalitè, Fraternitè: di chi verso chi ? E contro chi ?
La guerra scala ancora di grado, investe la nostra vita da falsi innocenti (che significa solo 'menefreghisti che credo ancora di sfangarsela'), attacca i luoghi in cui mangiamo, ascoltiamo musica, ci divertiamo, tifiamo i nostri divi ed eroi di pastafrolla.
Ci colpiscono, indiscriminatamente. Incontrollatamente.
E reagiremo con la guerra, creando altro odio, come sempre.

I terroristi ammazzano i resti della nostra vita 'civile'.
Come noi la distruggiamo ai nostri creditori.

Amen.

venerdì 13 novembre 2015

happy days

Dwight ci riaccompagnò a Seattle il mattino dopo. Quando fu sul ponte che portava fuori dal campo, si fermò per farci vedere i salmoni che saltavano nell'acqua sottostante. Ce ne indicò le sagome scure tra i massi. Erano saliti fin lassù dall'oceano per deporre le uova, disse, e morire. Stavano già morendo. Il passaggio dall'acqua salata a quella dolce ne aveva imputridito le carni. Dai loro corpi si staccavano lunghi brandelli, che fluttuavano nella corrente.

Un giorno, durante una festicciola in palestra. poco dopo l'arrivo di Rhea a Concrete, l'avevo invitata a ballare....Era un lento. Quando mi ero girato per starle di fronte si era lasciata prendere tra le braccia come nessun'altra ragazza aveva mai fatto, schietta e disponibile. Si era avvinghiata a me, premendo contro il mio corpo, docile ad ogni movimento, le gambe contro le mie, la giancia contro la mia, le dita che mi accarezzavano la nuca, Capii che non si era resa conto di chi fossi, doveva essersi trattato soltanto dell'errore di una ragazza nuova. Ma avevo pensato che fosse mio diritto approfittare della cosa. Ci eravamo incontrati nel modo giusto, spontaneamente, senza badare alla casuale differenza di età....
Non ero riuscito a parlare. Avevo continuato a tenerla fra le braccia, a farla ballare respirandole fra i capelli. L'avevo avuta per tre minuti soltanto, poi l'avevo persa per sempre.
Per tutta la serata aveva ballato con ragazzi più grandi di me, a cui non avevo avuto il coraggio di sottrarla. Una settimana dopo si era già messa con Lloyd Sly, un giocatore di pallacanestro con una macchina strafiga. Quando l'avevo incontrata di nuovo, nell'atrio, non mi aveva nemmeno riconosciuto.
Le scrissi lunghe, ampollose lettere che poi distrussi. Pensai ai diversi modi in cui il fato avrebbe potuto restituirmela, per darmi la possibilità di mostrarle chi ero realmente e farla innamorare di me. La maggior parte di queste possibilità implicava ovviamente la morte o almeno gravi mutilazioni per Lloyd Sly.
E quando, come a volte succedeva, una ragazza della mia stessa età mostrava un qualche interesse per me, la trattavo da vero porco. Riaccompagnandola a casa da un ballo o da una partita, mi fermavo con lei a pomiciare sui gradini di casa, poi, il giorno dopo, non ne volevo più sapere.
Ho sempre desiderato solo quello che non potevo avere.

Quando riaprii gli occhi ero ancora disteso di schiena. Sentivo delle voci che mi chiamavano, ma non risposi. Giacevo in mezzo a una distesa di felci, con le foglie luccicanti di gocce di pioggia....Le voci si fecero più vicine, ma io non avevo alcuna intenzione di rispondere. Mi sentivo felice dov'ero. Avvertii un tramestio fra i cespugli poco più in là. Continuavano a chiamare il mio nome. Mi morsi l'interno delle guance per non ridere e lasciarmi scoprire, finchè non se ne andarono...
Mi ero sentito felice, quella sera, mentre mi cercavano, con tutte quelle voci che gridavano il mio nome. Sapevo che non mi avrebbero trovato. Anche dopo che se ne erano andati via, avevo continuato a sorridere nel mio perfetto nascondiglio. Poi, attraverso le felci sopra di me, avevo scorto l'alone della luna nel cielo denso, scuro. Dal fogliame, fredde perle d'acqua mi erano sgocciolate sulla faccia. Le grida della partita che si svolgeva più in alto, gli incitamenti, il calpestio dei piedi sulle tribune mi erano parsi lontani, ovattati. Le avevo ascoltate con divino distacco.


(Tobias Wolff, Un vero bugiardo. Vita di un ragazzo nell'America degli anni '50, 1989)

mercoledì 11 novembre 2015

sincronicità dei miracoli non visti

DISATTENZIONE

Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente. 
Ho svolto attività quotidiane 
come se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo l'altro, incombenze, 
ma senza un pensiero che andasse più il là
dell'uscire di casa e del tornarmene a casa.

Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle,
e io l'ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perchè -
e da dove è saltato fuori uno così-
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure
(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l'altro avvenivano cambiamenti
perfino nell'ambito ristretto d'un batter d'occhio.

Su un tavolo più giovane, da una mano d'un giorno più giovane,
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poichè dopotutto cadeva con gocce diverse.
La Terra girava intorno al proprio asse, 
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
è durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benchè taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po' di attenzione, qualche frase di Pascal 
e una partecipazione stupita a questo gioco con regole ignote.

W.Szymborska -Due punti


Ringrazio G. per avermi ricordato questa poesia.
Nel viaggio sono accadute alcune situazioni di sincronicità alla Jung che me l'hanno fatta ricordare ancora.
Ma sembra che me ne accorga solo io.
Gli altri (e soprattutto le altre) sembrano procedere attorno alle loro vite, ai loro impegni e progetti, ai loro sogni forse.
Come se non fosse accaduto qualcosa con me, come se mi temessero, come se non esistessi.
Attendo che qualcosa accada. Accade, talvolta. 
Ma sembra che sia soltanto io a vederlo, a riconoscerlo nella sua straordinarietà, nel suo significato, nella sua forza.
Mi faccio avanti, seppure con paura e ritegno.
Ma non ci sono richiami, risposte, segni di corrispondenza..
E' un'esperienza ripetuta, dolorosa, mortificante.

venerdì 6 novembre 2015

strenatamente

Il sole scendeva lentamente dai finestrini dell'Intercity su cui mi sono spaparanzato ieri alle due, in partenza da Bari verso Ancona.
Luce calda, dorata sul violetto delle vigne, distese di ulivi ancora carichi in barba alla Xylella, mandorli e fichi a far da contorno.
Campi di carciofi e vari ortaggi, uno spettacolo dolce e verdissimo.
Il mare, azzurro chiaro, dall'altro lato.
Tutto bello, Julia nuovo da leggere, parole crociate, libro di Tobias Wolff da iniziare.
Perfetto.

All'altezza di Barletta il treno si ferma per 45 minuti: uno si è fatto investire, si è buttato di sotto.
Non si sa che ne è di lui.
Ho tempo per sentirmi dentro la campagna, di ascoltare la parlata di qui, di assopirmi.
Il sole scende ancora, tramonta, sale il buio.
Arriviamo a Pescara, e il treno si riferma per altri tre quarti d'ora, per insondabili motivi tecnici.
Arrivo a Fermo con un'ora e mezza di ritardo, e quasi sei ore di treno.
Le Ferrovie italiane non aiutano a stare di buonumore.

Notte agitata, piena di sogni ed interruzioni.
Ieri sera, mi sono ritrovato dentro le difficili vite di una famiglia di amici.
Oggi ho proposto una giornata di formazione ad una cooperativa sociale.
Non lo faccio più tanto spesso, ma è stata divertente, almeno per me.
Ora starò qui, per qualche giorno, a riposarmi e a parlare ogni tanto delle nostre vite sbandate.

E' un viaggio anche nella memoria.
A Bari mi è tornata in mente Orsola, una ragazza con cui ci piacevamo ai tempi dell'Azione Cattolica e che ero andato a trovare a casa del suoi, a 18 anni.
Poi Molfetta, in cui sta la casa editrice in cui ho pubblicato alcuni libri.
E San Severo, patria di un caro amico che non sento più, come tanti e in cui ho passato delle belle ore tra le braccia e le tette di una bella ragazza, a 23 anni.
A Fermo, ritrovarmi oggi al Ricreatorio San Carlo, in cui venni per la prima volta 24 anni fa.
Insomma, una lunga vita mi sta dietro le spalle.
La sento tutta, nel bene e nel male.





lunedì 2 novembre 2015

indietro, marsh!

Qualche giorno fa, alla stazione di Aveiro, sono salito di corsa su un vagone, diretto a Porto.
Tutto tornava, ma -ad un certo punto- l'orario è trascorso e non siamo partiti.
Ho scoperto che il binario veniva usato sui due sensi di marcia, e noi eravamo saliti sui vagoni sbagliati, quelli diretti a sud, verso Coimbra.
Intanto, il nostro treno verso nord partiva, senza di noi.

L'altra notte ho sognato che corteggiavo una donna e tutto andava benissimo sino al momento di andare a letto con lei.
A letto ci finiva, nel sogno, ma con un altro.
Io, anche nel sogno, non capivo perchè e come.

Non capisco anche perchè e come, ad esempio, abbia stravinto Erdogan in Turchia.
Anche in Kurdistan ha preso molti più voti di cinque mesi fa.
Eppure la situazione sembrava terribile (incarcerazione di giornalisti, terrorismo politico di stato, attentati...).
Ma la borsa sale e si brinda in nome della stabilità e della sicurezza raggiunta.
Ed ora che un uomo solo va al comando l'Europa vorrebbe aggregare la Turchia a sè.
Per renderla democratica, ovviamente.

Non capisco anche perchè e come la politica usi oggi gli indipendenti.
Quando i politici risultavano impresentabili o inadeguati, si ricorreva a un indipendente.
Prima un indipendente era un intellettuale o un giornalista.
Poi sono arrivati i magistrati.
Poi i tecnici, gli economisti e i banchieri.
Ora tocca ai prefetti.
Non capisco a cosa servano i partiti e le elezioni, se servono i funzionari dello stato per governarci.
Il prossimo stadio: i militari, direttamente, senza fronzoli.

2 novembre, giorno dei morti.
E della morte di uno che è ancora vivo, nonostante le celebrazioni: PPP
E chissà quante ne avrebbe da dire quell'uomo oggi...!
O forse no: anche lui sarebbe ammutolito, in silenzio, davanti allo sfacelo delle sue profezie realizzate.










domenica 1 novembre 2015

signori, si chiude...!

La pagliacciata di Expo chiude.
Più di 20 milioni di coglioni sono andati a pagare, a fare code interminabili, a visitare fiere e ristoranti, a farti triturare dai caddozzoni di ogni dove, ad automanipolarsi da sé.
A far finta di girare il mondo in 8 ore, a far finta di nutrire il pianeta, a far finta di voler bene a tutta l'umanità, alle sue mille culture e facce, ai suoi cibi.
Ho visto anche tante persone che conosco andarci, con una scusa o l'altra.
D'altra parte, anche io ogni tanto vado ancora allo stadio, e so cosa sia diventato il calcio.
Ma all'Expo non si doveva andare, ne sono certo.
Ora si parla di successo, di esempio per il mondo.
Ora si dice che Milano è la capitale morale d'Italia.
Incredibile.

Anche a Roma si chiude, e sto parlando della giunta Marino.
L' ennesima telenovela PD giunge al termine.
Prima fanno fare le primarie, le vince un candidato outsider e fanno buon viso a cattivo gioco.
Poi fanno di tutto per boicottarlo mentre governa.
Poi, quando a quello resta solo l'onestà, gli tirano fuori gli scontrini.
Insomma, la solita macchina del fango ben orchestrata.
Quando Renzi decide se ne frega di parlamenti e parlamentini.
Tutto avviene a casa sua, come ai bei tempi di Arcore.
E' da sempre il metodo dei capi, e va bene a tutti, in fondo.

Anche l'Europa si chiude, e chiude l'Unione Europea.
Alla fine si scopre che la spartizione tra gli stati di quella carne da macello che chiamiamo 'migranti' si limita a poche migliaia di persone, su milioni che scappano e scapperanno.
Alla fine si scopre che, anche tra quelle che vengono temporaneamente ammassate nei lager di stato, soltanto una piccolissima percentuale avrà lo status di rifugiato ed otterrà asilo.
Gli altri saranno espulsi o costretti alla clandestinità, come sempre.
Si spera nel cattivo tempo, nel mare cattivo, per ridurre gli esodi.
Ma la disperazione resta, le guerre divampano, e non se ne esce.

Anche io ho chiuso, col passato.
Ieri mi hanno invitato al corteo antimilitarista in città e non mi è passato neanche lontanamente per la testa di andare a qualcosa che, qualche anno fa, avrei organizzato in prima fila.
E quando ho visto le solite facce in tv, quei professionisti delle pace sempre in piedi, che stanno lì per lavoro o per cattiva coscienza, ho provato tristezza e nausea per loro e per noi.
Anche io mi chiudo, sempre di più, nel presente.
Ed il futuro è senza porte, senza luce, e senza occhi.