mercoledì 30 marzo 2016

tra sevillanas e cordobès

Siamo arrivati a Siviglia in piena notte di Venerdì santo, città impazzita di gente, riti e processioni di nazareni. Madonne affrante, Cristi doloranti e piegati, su argentatissimi e doratissimi carri, sorretti dalle teste incappellate dai costal, seguiti da centinaia di lugubri incappucciati di ogni età. E accompagnati da piccole bande di fiati che suonano requiem.
Moltissimi turisti iperfotografanti, ma anche molte persone prese davvero, credenti...

Siviglia è una città grande, elegante, che crede in sé, anche con una certa sicumera.
Che fa le cose in grande, che si mostra, che si vende.
La cristianità qui ha ripreso possesso completo del minareto, della grande moschea, della medina.
L'ha sostituita con la tronfia Cattedrale gotica e barocca, lasciando solo tracce dei caratteri islamici, negli azulejos, nella porta del Perdono, in alcuni archi.
L'ha sedotta ed acquisita nello splendido Alcàzar, ed i suoi aranceti profumatissimi di zagare.

Diversa la scelta di Cordoba, dove ora siamo.
La Mezquita è rimasta quasi intatta, visibile, umile e maestosa nelle sue tenui luminosità, pur circondata e avvolta dalla violenta luce della enorme chiesa successiva.
E' stato bello entrare poco dopo l'alba tra i suoi portali, attraversare gli infiniti archi bianchi e rosso mattone, ammirare gli artesanados in legno intarsiato sui tetti.
Terra di filosofi e teologi e medici (Averroè, Seneca, Maimonide), a lungo capitale più popolosa d'Europa, mescolamento di tre religioni e di tante culture nel tempo.
Ma anche luogo di processi, persecuzioni, diaspore, inquisizioni.

Tutto sembra attenuato, ma le storie sono ancora ben vive, nelle pietre, nelle vie, nei volti.
Il viaggio procede, tra loro, e anche tra noi.
Nei prossimi giorni ci muoveremo verso Granada, alla ricerca di nuove Alhambre e di nuovi fiumi.



venerdì 25 marzo 2016

vale, valencia

Ultimo giorno a Valencia, ultimo giorno da solo.
Stanotte sarò/saremo a Siviglia.
Il misto estremo tra antico e moderno, tra crepato e resuscitato, tra avveniristico e preistorico colpiscono molto in questa grande città.
La città delle arti e delle scienze di Calatrava, che ho attraversato ieri in bici, è un emblema di questo mix.
Se poi la tieni insieme ai quartieri del porto o ai vicoli intorno al centro, puoi fare il resto.
La senti integrata, ma anche spezzata.
Vivibile, ma anche dolorosa.
La modernità, che cosa è stata ?
Nella vita delle persone, nelle loro vite e in quelle dei quartieri, nelle tradizioni stravolte o folklorizzate ?
Qui si sente molto.
E senti le somiglianze con l'Italia, ma con una sensazione maggiore di strappo, di accelerazione forzata, di violenza, direi.

Sarà un lungo viaggio questo, in termini di spazi percorsi, se non di tempi.
Ho bisogno ora di cultura araba, anche se la Semana santa mi assorbirà nei prossimi giorni.
Ieri ho visto venire verso di me i primi, lugubri e medievali, incappucciati.
Al rullo di tamburi, come in un tribunale dell'Inquisizione.
Grande il contrasto tra i volti scoperti (gente di mare, pescatori, nasi spesso da bevitori, gente semplice, pasoliniana...) e i loro stessi volti coperti dai cappucci a punta, quasi favolistici.
Un teatro religioso dentro una vita quotidiana che mal si concilia ormai con i riti.
Anche qui ho sentito fratture, più che conciliazioni o mediazioni possibili.

Il viaggio nel viaggio inizia stanotte.
Dopo Capo Verde, è il secondo esperimento di convivenza itinerante con Viviana.
Restiamo sempre aperti a quel che accade, giorno per giorno, ora per ora, come sempre è stato sinora.
Cambiamenti, mescolamenti, mediazioni, tagli, separazioni e unioni, distanze e incontri, di nuovo.
E vedremo cosa...se...che...?


mercoledì 23 marzo 2016

jeanette aerea

Ieri mattina sull'aereo ho pianto leggendo queste parole...

Ma anche quando riuscivo ad avere un'amica, mi mettevo d'impegno per rovinare tutto...
Se una mia compagna si affezionava a me, aspettavo che abbassasse la guardia e poi le dicevo che non volevo più essere sua amica. Guardavo la confusione e il dispiacere dipingersi sul suo viso. Le lacrime. Poi scappavo via trionfante, perchè sentivo di avere il controllo della situazione, e ben presto la sensazione di trionfo e di controllo si sgretolava e io piangevo a calde lacrime perchè ero di nuovo chiusa fuori, di nuovo sui gradini, dove non volevo stare.
Essere adottati significa rimanere fuori. Tu riproduci la sensazione di non appartenere a nessuno. E la riproduci cercando di fare agli altri quel che è stato fatto a te. Non riesci a credere che qualcuno ti ami per quello che sei...
Non ho mai creduto che i miei genitori mi amassero. Ho cercato di amarli, e non ha funzionato...
Da bambina amavo Dio, naturalmente, e lui mi amava. Era già qualcosa.
E amavo gli animali e la natura. E la poesia. Il mio problema erano gli esseri umani. Come si fa ad amare un'altra persona ? Come possiamo fidarci del suo amore ?
Non ne avevo idea. Pensavo che l'amore fosse la perdita.
Perchè è la perdita la misura dell'amore ?
E' la frase iniziale di un mio romanzo, Scritto sul corpo (1992),.
Davo la caccia all'amore, intrappolavo l'amore, perdevo l'amore, agognavo l'amore...


Cercare la felicità, e io l'ho fatto, e lo faccio tuttora, non equivale affatto a essere felici, una condizione che io trovo effimera, dipendente dalle circostanze e un pò ottusa.
Se il sole splende, goditelo, sì sì sì. I giorni felici sono una benedizione, ma i giorni felici passano, devono passare, perchè il tempo passa.
La ricerca della felicità è più elusiva: dura tutta la vita e non è vincolata a uno scopo.
Quello che cerchi è il significato: una vita che abbia un significato. C'è l'hap, il fato, la giocata che è tua e non è prefissata, ma cambiare il corso del fiume, o dare nuove carte, richiederà un sacco di energie.
Ci saranno volte in cui andrà così male che sopravviverai a malapena e volte in cui capirai che sopravvivere a malapena secondo i tuoi parametri è meglio che vivere una pomposa vita secondo i parametri degli altri.
La ricerca non è tutto o niente: è tutto E niente...

(Jeanette Winterson, Perchè essere felice quando puoi essere normale ?, 2011)

un abbraccio dalla bella e calda Valencia

lunedì 21 marzo 2016

orizzonte


L'amore conferisce innocenza. Non ha nulla da perdonare.
La persona amata non è come la persona vista attraversare la strada o lavarsi il viso e nemmeno come la persona che vive la propria vita e le proprie esperienze, perchè tale persona non può restare innocente.
Chi è dunque la persona amata ?
Un mistero la cui identità non è testimoniata da alcuno se non da chi ama.
Come aveva compreso bene Dostojevski, l'amore è solitario anche se unisce.

La persona amata è l'essere che perdura anche quando le sue azioni e la sua unicità si sono dissolte.
L'amore riconosce una persona prima ancora che agisca e la riconosce immutata dopo che ha agito.
Le conferisce un valore che non ha nulla con la virtù.

La scoperta di una persona amata, già formata e completa, è l'inizio della passione.
Alle persone che non si amano viene dato riconoscimento per quello che fanno, per le loro opere. Le opere che noi giudichiamo importanti possono essere diverse da quelle che la società riconosce come tali. Tuttavia noi consideriamo coloro che non amiamo secondo il modo in cui essi, per così dire, riempiono un contorno, e per descrivere questo contorno usiamo aggettivi comparativi.

La persona amata è vista in modo opposto.
Il suo contorno, la sua forma, non è una superficie ma un orizzonte che ci circonda.
La persona amata non è riconosciuta per quello che fa, ma attraverso i verbi che possono appagarla.
I suoi bisogni possono essere del tutto diversi da quelli di chi l'ama, ma generano valore: il valore di quell'amore...

(J. Berger, Fra due Colmar, in  Del guardare. 1995)



Domani riparto, come un cane andaluso.
La salute migliora, l'animo è inquieto come sempre davanti a un nuovo viaggio, ma questa volta anche diversamente.
Concludo le ultime cose in facoltà, chiudo la valigia, ripenso a quel che ho (messo) e a quel che manca.
Resto aperto, curioso verso quel che accadrà.
Ho paura, anche.
Ma ora sto bene e sta bene così...

mercoledì 16 marzo 2016

viaggiare e sentirsi a casa

Il viaggio a Roma è stato breve ma intenso: non mi era ancora capitato di dormire in un pied-à-tèrre immerso nel verde in un quartiere per ricchi in cerca di riparo dalla mastodontica città.
Abbiamo visto due film (Ave Caesar e Room; soprattutto il secondo, davvero da vedere...), due case di amici/amiche, una mamma (magicamente immersa tra intrichi di piante, innumerevoli ninnoli e ricordi...)
Siamo stati a Nemi, a passeggiare tra borghi e laghetti, con una Fiesta sussultante, e la frizione che sfrigolava in salita, e batteva come un cuore, ascoltando Patty Pravo.
Abbiamo letto poesie di Piumini e della Candiani, mangiucchiato qualcosa ogni tanto, ci siamo dati tanti baci e contagiati di nuovo la tosse.

Le unghie continuano a crescere nelle mani, per la prima volta nella mia vita.
Mi fanno sorridere, mi sento strano, mi inquietano, come le mani di un altro.
Di nuovo a casa, ma solo per una settimana.
Martedì prossimo inizia la spedizione andalusa.
Mi nutro di filosofia araba, architetture esotiche, libri d'amore islamici.
E cerco di capire come si svolgerà la Semana Santa.
Ascolto Mina, mentre scrivo.
L'otorino mi ha appena stappato le orecchie.
Dice che ho una tubo-timpanite catarrale: il nome mi piace, mi ricorda quello di una pianta o di una scimmietta tropicale. Ma i sintomi sono persistenti e pallosi.

Ho anche iniziato le lezioni, quest'anno dedicate al giocare con Eros e Thanatos.
Programma in qualche modo preveggente, tra fare il morto e morire d'amore, tra il rantolo e il sospiro, tra il respirare a stento e l'aprirsi verso il cielo.
Amore e morte, fratello e sorella da sempre, mi condurranno a vivere ancora per un po', credo.
Il gruppo di studenti è ampio (più di cento), in un'aula che diventa piccola in un attimo.
Ma inizia ad esserci un buon coinvolgimento e un giusto mescolamento di idee, sentimenti e segreti.
Sento che insomma, anche questa volta, forse sarà bello...

la sciarpa

Ma secondo te anche noi due siamo complici ?
Direi di no. Non mi risulta che abbiamo un rito.
Strinse le labbra deluso e protese appena il corpo nella mia direzione.
Lo voglio. Ne voglio uno con tutti.
Costruiscili, allora. Non è difficile.
Ma come si fa? Da dove comincio ?
Non lo so, Chirù, io ho improvvisato. Ho iniziato provando a prendermi cura di quello che mi sembrava unico, e alla fine i riti sono venuti da soli.
Esitò, prima di confessare: Nei miei rapporti non c'è niente di unico. Lo hai detto anche tu: sono casuali. Ecco perchè ho il terrore di perderli.
Sul viso gli leggevo chiara la paura di essere arrivato tardi a se stesso, e di convivere in forma già stabile con troppe banalità su misura. Il suo disgusto per quella prospettiva mi diede una balsamica sensazione di conforto...Per quel ragazzo non era troppo tardi.

Tutto diventa unico se sei l'unico che lo vede.
Anche io ?
Gli tremava la voce. Non riuscivo ad abituarmi all'adolescenza che si portava nascosta addosso e che a volte mi appariva all'improvviso, con lo scatto spaurito di una bestia di bosco. Sapevo che avrebbe imparato presto a nascondere quella sua fame emotiva, come sempre si fa con ciò che è nudo e indifeso, ma quel pomeriggio mi pareva che tutte le innocenze fossero ancora possibili, persino le mie. Della sua fragilità in quell'istante amai proprio quello che dell'amore si paga più caro: l'assenza di calcolo e di misura che appartiene solo alle cose nate libere.
Gli sfiorai la mano senza rispondergli e quel gesto sembrò placarlo. Restammo così qualche minuto mentre il vento tirava bruschi colpi invisibili alle vetrate.
Prima di uscire mi tolsi la sciarpa dal collo e gliela porsi. Era la mia preferita, un investimento fatto tempo addietro con i primi soldi superflui e una noncuranza un po' frivola, dato che il velluto color vino e il taglio insolito la rendevano difficile da portare nella quotidianità.

Mettila, non voglio che ti ammali.
Ne guardò perplesso la stoffa pregiata.
E' da donna ?
E' da collo, idiota.
Rise piano drappeggiandosi sulla pelle nuda con sorprendente disinvoltura, poi spiò la mia reazione.
E' meravigliosa...Te la rendo la prossima volta.
Tienila. Sta comunque meglio a te.
Ci affondò il viso come un bambino nello zucchero di un pandoro, inspirando piano.
Sa un po' di lavanda.
E' l'olio essenziale che uso in auto, sarà rimasto intriso. Se non ti piace mettila a lavare.
Se la strinse addosso e senza guardarmi mormorò: Non credo proprio che lo farò...

Lo lasciai sotto casa dei suoi prima di cena e mi portai il segreto piacere di quella conversazione fino a Roma...

(Michela Murgia, Chirù, 2015)

mercoledì 9 marzo 2016

nottetempo

Domenica ho incontrato il mio possibile editore, Andrea Gessner, che da qualche mese ha comprato la Nottetempo...
Non mi ha ancora potuto confermare se pubblicherà o no  'Fare il morto', che ancora sta lì, in una teca, coerentemente, come una mummia...
Abbiamo fatto una bella passeggiata verso Villasimius, e ci siamo ben trovati tra le sabbie e le rocce immaginose di Punta Is Molentis, col suo cane bassotto Rol davvero simpatico...
Tra le varie cose che ci siamo piacevolmente detti, mi ha consigliato di leggere questo libro di Salter, un autore a me sconosciuto...
L'ho divorato in meno di ventiquattr'ore.


I grandi amanti bruciano all'inferno, dice il poeta...
Mi basta sentire certe parole, vedere certi gesti, e i miei pensieri cominciano a ruzzolare...

Perchè è così difficile essere felici da soli ? Perchè è impossibile ? …
Silenzio. Lo ascolto, il silenzio di quella stanza che mi lascia stremato.
Quelle frasi calme alle quali lei sa rispondere così bene mentre, a piedi nudi adesso, gli va incontro nel buio.
Non sono andato abbastanza a fondo, è questo il punto.
Nella solitudine bisogna penetrare, bisogna resistere. Bisogna andare oltre. Bisogna andare fino in fondo, superare l'amarezza, i sentimenti giustificati, avanzare sul terreno della solitudine come in una città santa, intuendo la vera gioia. Sono sicuro che c'è, ma non arriva facilmente. Certo che no. Bisogna vacillare. Bisogna lottare. Gli atti di fede sono fatti per spezzarci fino all'osso...

'Vuoi che venga lì accanto a te per un po' ?' dice Dean alla fine.
'Non hai bisogno di chiedermelo, lo sai'.
Si toglie rapidamente i vestiti, il suo corpo si irrigidisce a contatto con le lenzuola gelide. Entrambi giacciono immobili, aspettando che il calore dei corpi permetta loro di toccarsi. Poi il fruscio del suo braccio che si alza a toccarlo.
'Adoro i tuoi capelli' gli dice.
Dean tace. 'Davvero?', dice, stringendosi nelle spalle.
'Sono morbidissimi. Come foche' dice lei.
'Foche?'
'Sì. Beaux cheveux' sussurra Anne-Marie, e si arrende a quel suono. 'Beaux cheveux'.
Queste parole sussurrate lo conquistano. Si gira verso di lei nell'oscurità. Le loro bocche si incontrano...
Ormai non possono più sentire la stufa o l'orologio, il rumore occasionale di un camion di passaggio. Sono sprofondati in se stessi. La mano di lei gli accarezza il petto e incomincia a scendere in disegni di una lentezza esasperante...

Aspetta. Riesce a evocare tutta la campagna scura che li circonda, i silenzi in cui ogni oggetto, ogni forma riposa. Le foglie invisibili -la notte ne è colma- si sfiorano l'un l'altra leggermente. L'erba è immobile. Ascoltando attentamente si sente: il gocciolio dell'acqua sotto le finestre, su una parete di roccia e giù nella schiuma verde. Il gracidio di una rana. E al centro di tutto,in una stanza altissima con le tende tirate contro il mattino, loro giacciono abbandonati, la lieve acidità del sudore che si è asciugato sui loro corpi, e anche altri umori, s'impastano, nitidi. Dopo sono troppo stanchi per alzarsi. Dormono senza muoversi, con la coperta gettata addosso contro il freddo dell'alba...

(James Salter, Un gioco e un passatempo, 1967)
























sardissimo, io mi amo sardissimo...!

In procinto di lasciare l'isola per qualche giorno, mi sono bardato per la partenza.
E, per rafforzare i miei legami e le mie radici, al fine di non perdermi nella metropoli romana....



martedì 8 marzo 2016

in confidenza

Il mio rapporto col blog, l'avrete notato, si è fatto più discontinuo, incerto, rarefatto.
Da un lato, il mondo si è allontanato ulteriormente e non ho tanta voglia di commentarlo come prima., al momento.
Continuo a tenermi informato, ascolto telegiornali, guardicchio internet, ho vari pensieri su quel che accade, come sempre.
Provo dolore a sentir parlare, ad esempio, di Sabratah, di cui ricordo bene uno dei teatri romani sul mare più spettacolari e struggenti che abbia mai visto nei miei viaggi.
Temo che la guerra lo distrugga, lo uccida, come fa con gli esseri umani.
Provo tristezza davanti alla terza guerra mondiale in corso, e mai dichiarata, o sempre alle porte.
Ma tutto si ripete, suona falso, e precipita...

Dall'altro lato, vivo sensazioni, emozioni, sentimenti più intimi, più forti e delicati, più teneri e nascosti.
E non trovano, non possono trovare espressione diretta in uno spazio pubblico aperto.
Non per vergogna o senso della privacy.
Ma per un buon senso del pudore, per un richiamo a non ostentare e a non esibire.
Per proseguire a declinare l'invito a mostrarsi.
Per l'impossibilità, l'inutilità, la nocività forse, del dire stesso.
Quindi, sopportatemi così, ora, come mi avete -bene o male- sopportato in passato.
E' una nuova variante, più viva (ma intimamente) e più morta (virtualmente), di fare il morto...



per beverly

Ti piaceva prenderti cura delle piante, perchè era un modo di toccare di sistemare il futuro.- proprio come mi sistemavi la sciarpa sulla porta di casa prima che uscissi nel freddo. Ti dedicavi al futuro non perchè credessi nelle utopie, ma perchè una tale dedizione ci permette di contestare e a volte di ingannare il presente.
Attraversavi il presente come una staffetta che porta messaggi dal passato al futuro e avevi il corpo di un corridore, di un fantino e di un pattinatore...
Muovevi i tuoi passi, sul ghiaccio o nella vita, con discrezione; non c'era nulla di ostentato nel modo in cui sceglievi le cose.
Quando ti osservo, hai l'aspetto, l'attenzione di un esploratore provetto. Nel modo in cui porti il cappello, il cappotto, tieni la testa, apri una porta, ti giri.
Tu sei un'esploratrice.

Mentre procedi tranquilla- quasi sognante- non perdi di vista i tracciati possibili e tuttavia mai sicuri. Tracciati che portano a futuri alternativi perchè tu, con sardonica imperturbabilità, rifiuti la stagnazione del presente.
Non sprechi parole: spesso un breve sorriso dice tutto.
Lungo i tuoi tracciati, che tagliano il presente, porti quel che del passato ritieni possa essere utile per l ricerca di un futuro ignoto. E questo patrimonio scelto lo porti tra le scapole, come uno zaino molto leggero, si direbbe senza peso..
Quanto al futuro: è lì, nello scambio di sguardi.

Qual'è per te il contrario di monumentale ? Aereo ? L'atto di Diventare diceva della tua natura più dell'atto di Essere.
Trasformavi tutto quel che potevi in un veicolo per Diventare.
Ecco perchè l'azzurro del soffitto della nostra camera da letto, su nel fienile, era così indicato...
La mattina, al risveglio, contemplavamo quell'azzurro come se fosse il volto della giornata che avevamo di fronte. Uno spazio che ci invitava.

Il tuo coraggio, invece di cercare invano di vincere la paura, la accoglieva come un ospite.


(da John e Yves Berger, Rondò per Beverly, 2014)

mercoledì 2 marzo 2016

da V a E

Quel che ammiravo di Fernando era la sua capacità di convincere le persone a essere oneste con se stesse, perchè quando succede si ottiene il vantaggio della sorpresa...Sono le bugie che diciamo a noi stessi che ci rendono ripetititivi.

Prima che ti prendessero, pensavo poco al futuro. I nostri genitori avrebbero detto che lottavamo per il futuro. Non noi. Noi stavamo combattendo per rimanere noi stessi.

Il coraggio spontaneo comincia da giovani. Quel che viene con l'età è la resistenza, il dono crudele degli anni.

Quasi tutte le promesse vengono infrante. Non una promessa, quindi...Qualcosa che somiglia a una parentesi, a un intervallo nel flusso altrimenti inesorabile del tempo. Forse la somma totale di questi intervalli è l'eternità.

Ti macchiano le dita di rosso, i ribes neri, e il loro sapore, non il loro colore, è nero, nero e marino. Fa pensare al sapore di qualcosa che vive sul fondo del mare. I ricci o qualche altro echinoderma potrebbero avere lo stesso sapore, ma sarebbe meno forte, meno pungente. Come faccio a saperlo ? Non lo so, mi guapo, eppure lo so...
Mi metto a mungere l'arbusto come se fosse una capra.
Le bacche mi scorrono, una a una, dai polpastrelli...come se, al tocco dei miei polpastrelli, fosse arrivata la loro ora.
Mi è venuto da pensare che, in un dato momento del mese, uno dei miei ovuli lascia il follicolo e cade sull'orlo della tuba, le cui ciglia, come le ciglia degli occhi, lo spingono avanti, finchè non atterra nel padiglione in cima al mio utero...
Ne ho colti tre chili. Abbastanza da fare una dozzina di vasetti di gelatina di ribes nero. Mai mettere troppo zucchero. I ricci di mare non vanno costretti a sloggiare.
In ognuna delle mie tube ci sono duecentomila potenziali ovuli. Nell'arco della vita ne matureranno solo quattrocento. Tale è l'abbondanza della natura.
Domani preparerò la gelatina e te ne manderò quattro barattoli..
Adesso senti la fragranza dei miei ribes neri ?
Tua A' ida
I cataplasmi di ribes nero tolgono il dolore delle bruciature.

Non c'è modo migliore di ingannare l'attesa, dice Manda.
Scherzare fa andare a gambe all'aria il tempo, dice.

Adesso, bisogna che ti spieghi. Ama ha conosciuto Rami l'inverno scorso. Un uomo di circa dieci anni più vecchio di lei. L'ho visto una volta sola. Baffi molto orgogliosi e occhi ridenti. Ama era un po' innamorata di lui. Ma si può essere un po' innamorati ?

Mi guapo,
da piccola avevo una collezione di piume. Circa duecento. Di ventisette specie.
Non abbiamo parlato molto della nostra infanzia, vero ?
Quando ci si innamora, si parla della propria infanzia, ma noi non l'abbiamo fatto...
Perchè credi che sia andata così ? Io credo di saperlo, ma non riesco a trovare le parole per dirlo. Le troverò quando uscirai.
E' da quella raccolta di piume, piume di volatile, che è nato il mio interesse per gli angeli.

Molto tempo fa pensavo che quel che più si avvicina all'eternità è il senso di beatitudine che si prova dopo aver fatto l'amore. Adesso direi che è l'udire un certo tipo di voce, una chiacchiera di strada, che comincia nel futuro...

Quando varcano la soglia, molti clienti soffiano e sbuffano aria dalla bocca, dicendo: Non avrei mai pensato di trovarvi! Adesso lo so, se Dio vuole! Siete in capo al mondo!
Al che Idelmis replica: E chi vorrebbe essere al centro del mondo oggi ? Di cosa ti lamenti ?

Vogliono toccarti, vogliono farti voltare la testa quando cerchi di guardare dall'altra parte, vogliono farti ridere. E se i neonati, una volta partoriti, ridessero invece di piangere ?
Strana domanda, perchè sappiamo che non sarebbe vita.
Nella mia vita, però, le mie mani desiderano farti ridere...
Il sangue che sa aspettare
sa anche essere pietra
Essere al mondo è dolore
Questo l'ho imparato.
...Essere al mondo è dolore -la poesia dice la verità- e le mie mani stanotte vogliono consolarti.

Per il momento ti mando una frase, scritta nel settimo secolo, da Ibn Arabi.
Fu lui ad osservare, una volta, che la vista di Dio in una donna è la più perfetta di tutte!
Ho trovato la frase citata in una articolo su Aristotele pubblicato in una vecchia rivista medica, che era servita a incartare una scatola di siringhe spedita da Taiwan!
La frase dice: gli angeli sono i poteri nascosti nelle facoltà e negli organi degli uomini.

Come mai, quando nel vuoto della notte dico 'ti amo', ricevo qualcosa di immenso ? Il silenzio è assoluto come prima. Non è la tua risposta che mi è arrivata. C'è stata solo la mia dichiarazione. Eppure mi sento appagata. Paga di cosa? Per quale ragione l'abdicare diventa un dono per chi abdica ? Se lo capissimo, non avremmo più paura, ya nour. Ti amo.

Tu hai una maniera tutta tua di leggere, mi soplete...il tuo modo di leggere, il tuo modo di compiere l'atto di leggere, è speciale. Alcuni di noi sono risucchiati dal vortice della stampa, altri decollano per lunghi voli, tu raduni attorno a te quel che ricevi e lo colleghi immediatamente a quel che è già lì. Quando leggi, lungi dall'essere assente, sei più presente che mai. Poso la testa sulla tua spalla. Giro la testa che riposa sulla tua spalla e tiro fuori la lingua per sfiorarti la parte inferiore del mento...
Mente e corpo sono orditi insieme e formano un'unica tela, non sono due cose, mi soplete, sono una cosa sola...
La mente è frutto dell'ininterrotta lettura degli eventi che si verificano nel corpo, tra i quali tutte le percezioni dei sensi: quel che vediamo, udiamo, tocchiamo, odoriamo, assaporiamo.
Sto leccando un cucchiaio di miele e bevendo un the caldo...
Anche quel che ci circonda è parte dello stesso tessuto. Tiratelo sulla testa per tenerti caldo con le parole che mi vengono mentre vengo da te.
Gli eventi della percezione del corpo, una volta riconosciuti, diventano immagini mentali.
Niente mente, niente immagini da nessuna parte, amore mio.
L'intera natura è un filtro che rivela l'intelligenza che l'ha attraversata.
I nostri corpi sono parte del medesimo filtro, e dai nostri corpi derivano le nostre menti con le quali riconosciamo il segreto.
Mi sto sfilando i vestiti per dirtelo.
A.

Quando compro delle baklava...gliene lascio qualcuna sul davanzale, coprta da un foulard così non vengono le vespe. Sono virgole di attenzione.
Virgole di attenzione! Punteggiarne le giornate è qualcosa che i reclusi a lungo termine imparano, non è vero ? Ma dopo giorni che non ti scrivo, e settimane senza una tua lettera, le virgole non bastano! Ho bisogno di due versi di una canzone – una canzone cantata prima che esistesse qualsiasi virgola o scrittura del cazzo sulla carta!
Sono andata a trovare Soko. Era la prima volta da quando, povera Soko, ha perso il marito, e sono rimasta sorpresa perchè adesso non si lamenta di niente. Strano, non è vero, come la perdita possa far precipitare cristalli di coraggio ?

Siamo propensi a credere che i segreti siano piccoli...
Ma ci sono anche segreti enormi, ed è per via della loro immensità che rimangono celati a tutti meno che a chi ha provato a cingerli con le braccia. Questi segreti sono promesse.

Qui non c'è posto per le illusioni. Il battito non interrompe la solitudine, non guarisce il dolore, non puoi trasmetterlo per telefono, -serve semplicemente a ricordarti che sei parte di una storia condivisa.
Nella nostra vita attuale siamo condannati a una irregolarità senza fine.
Quelli che ce la impongono hanno paura delle nostra irregolarità.
Per questo costruiscono dei muri per tenerci fuori.
Ma i loro muri non saranno mai abbastanza lunghi e ci sarà sempre modo di aggirarli, di passarci sopra o sotto.
Ci vediamo presto. Tua A' ida.

...e penserò all'upupa, che portò notizie della regina di Saba e fa il nido tra le rovine...
Eppure il silenzio è avvolto, te lo giuro, è avvolto di tenerezza.
E se ne dubiti, ricordati di toccare con un dito l'interno di uno dei nidi che fanno gli uccelli.
Una morbidezza e una tenerezza simili sono il risultato di infinite incursioni e scaramucce, e anche dell'astuzia, appresa attraverso i secoli, di costruire solo con quel che è flessibile, resistente e forte.
Toccane uno...
Aspetto un momento a toccarti. Poi dormiremo. ..
Ya nour, il sonno è la prima casa, una casa senza tetto, pareti o letto.
Sono venuti più tardi, ispirati dal sonno.
Stanotte, amore mio, ti porterò nella prima casa.
La faccio scivolare dietro la porta mostruosa e dentro ci troverai me.
A stanotte
tua A' ida.

(John Berger, Da A a X. Lettere di una storia, Schweiller, 2009)