Il mio rapporto col
blog, l'avrete notato, si è fatto più discontinuo, incerto,
rarefatto.
Da un lato, il
mondo si è allontanato ulteriormente e non ho tanta voglia di
commentarlo come prima., al momento.
Continuo a tenermi
informato, ascolto telegiornali, guardicchio internet, ho vari
pensieri su quel che accade, come sempre.
Provo dolore a
sentir parlare, ad esempio, di Sabratah, di cui ricordo bene uno dei
teatri romani sul mare più spettacolari e struggenti che abbia mai visto nei miei viaggi.
Temo che la guerra
lo distrugga, lo uccida, come fa con gli esseri umani.
Provo tristezza
davanti alla terza guerra mondiale in corso, e mai dichiarata, o
sempre alle porte.
Ma tutto si ripete,
suona falso, e precipita...
Dall'altro lato,
vivo sensazioni, emozioni, sentimenti più intimi, più forti e
delicati, più teneri e nascosti.
E non trovano, non
possono trovare espressione diretta in uno spazio pubblico aperto.
Non per vergogna o
senso della privacy.
Ma per un buon
senso del pudore, per un richiamo a non ostentare e a non esibire.
Per proseguire a
declinare l'invito a mostrarsi.
Per
l'impossibilità, l'inutilità, la nocività forse, del dire stesso.
Quindi,
sopportatemi così, ora, come mi avete -bene o male- sopportato in
passato.
E' una nuova
variante, più viva (ma intimamente) e più morta (virtualmente),
di fare il morto...
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