venerdì 30 settembre 2016

a li mortacci...!

Il Dio degli eserciti presenzierà al solenne funerale di Shimon Peres..
Quella volpe del deserto che faceva strage di galline mentre diceva di costruire pollai.
Quel pacifista che preparava la guerra.
Quell'uomo potente sempre impotente di fronte (e sempre a fianco) dei vari macellai di stato: la Meir, Begin, Sharon, Netanyhau.
Quell'uomo sempre pulito perchè sapeva sempre far fare il lavoro sporco agli altri.
L'uomo che non è stato ucciso al posto di Rabin.
Quell'uomo che incarnava tutta la storia, e tutte le aberranti ambiguità, del sionismo israeliano.
L'ironia della sorte ha voluto che in questi stessi giorni sia morto anche Nemmer Hammad, importante interlocutore di Peres per decenni.
Un uomo che incarnava tutta la storia, e le aberranti ambiguità, della causa palestinese.
E mentre non si risolve quell'annoso conflitto, i grandi della terra -quelli che vanno al funerale di Peres e quelli che non ci andranno- fingono di risolverne un altro, quello siriano.
Un'altra guerra eterna, che fa strage di uomini, donne e bambini, assediati e macellati da tutti i lati.
Con grande soddisfazione di Peres, Nobel per la Pace.

Un'altra ironia della sorte ha voluto che Eurostat ci dichiarasse il paese europeo col maggior numero di ultraottantenni proprio il giorno in cui Berlusconi giungeva ai suoi 16 lustri.
E' sfatto e bollito ormai, politicamente morto.
Ma per capire quale influenza abbia avuto sul nostro passato basta vedere i servizi da imperatore romano che gli hanno preparato ieri le sue reti.
E per capire la sua influenza sul presente basta vedere Renzi.
Che non a caso si è premurato -proprio mentre faceva gli auguri al suo mentore in pectore- di riproporre il ponte sullo Stretto e di tentare di sedurre l'elettorato di destra perchè voti Sì al referendum costituzionale.
Ma non era meglio tenersi un Berlusconi vecchio piuttosto che volerne uno giovane ?

I giovani non sono mai stati vecchi come ora.
E i vecchi restano ben fermi al potere, umiliando e ammazzando generazioni di giovani, bianchi agiati o neri sfigati, fighetti da discoteca e facebook o profughi da sbarco poco importa...
Il vecchio continente si chiama, ora capiamo perchè.
L'Unione Europea perde i pezzi, ma non il vizio.
Va ignominiosamente verso la sua fine, e lo fa con coerenza cieca e bieca.
Continua a fare Cara Cara ai disperati in fuga per il mondo intero.
E continua a fabbricare denaro per le banche in coma.
Continua a non contare nulla fra i forti e a tartassare i deboli.
Continua a far costruire muri dentro gli stati e muri fra i popoli.
Nell'antica Roma, i gladiatori che entravano nell'arena prima di lottare si rivolgevano -come si sa- all'imperatore di turno con la formula 'morituri te salutant'.
Questo sembra il saluto adatto anche per i nostri tempi.
Per stare a Roma, basta vedere la sorte della giunta Raggi, dove gli assessori muoiono ancor prima di entrare in carica e i giochi olimpici si dissolvono (e meno male) ancor prima di esser indetti.
E per allargare lo sguardo all'Italia: si resta in vita, almeno qui da noi, ed anche sino ad ottant'anni e più. Magari pensionati all'osso od esodati, vivendo sempre peggio, ma si sopravvive.
In altre parti della terra si continua a morire presto, sbranati dai leoni del mercato o uccisi da nuovi gladiatori nei sempre uguali teatri di guerra.
Ma quel che ci accomuna tutti, persone e istituzioni, poveri e ricchi, bianchi e neri, è che stiamo ancora salutando Cesare, apprestandoci a morire.










lunedì 26 settembre 2016

ri-capitolando

Chiudendosi a Zianigo in compagnia di Pulcinella Giandomenico (Tiepolo) non sceglie né la farsa né la tragedia. Non si tratta nemmeno di disincanto e di delusione, piuttosto di una sobria meditazione sulla fine. Poiché Pulcinella è certamente per lui, nel bene e nel male, nell'infamia e nella gloria, ciò che sopravviene alla dine se non del mondo, almeno di un mondo -il suo mondo-, la figura che qualcosa assume quando ha fatto il suo tempo. Nella teologia cristiana, questa figura è la ricapitolazione: 'Per l'economia della pienezza dei tempi, tutte le cose si ricapitolano in Cristo' (Ef., 1,10). Solo attraverso una ricapitolazione qualcosa -un certo tempo- può essere ultimo., può dirsi compiuto...
Nei trattati della retorica classica, la ricapitolazione è definita come 'un'anamnesi compendiosa di ciò che era stato detto diffusamente'...
(G. Agamben, Pulcinella ovvero Divertimento per li regazzi, Nottetempo, 2015)

In questo viaggio tra Lazio e Toscana io e Vivi abbiamo ricapitolato in pochi giorni il nostro rapporto ed alcune altre cose.
E' stato come un viaggio in capitoli, in cui si è confermata ancora una volta la nostra attuale capitolazione alla necessità di amare.
E' stato un riassunto, la storia di un inizio e di una fine sempre presenti.
E' stato un continuo passare di fasi, di luci e ombre, di riso e pianti, di notti e giorni, presenze e attese di ritorni, fuggevoli carezze e punte ben piantate nella carne.

Siamo andati a trovare i marmi e i bronzi di Palazzo Altemps, in cui il bellissimo Antinoo ci attendeva col suo volto perfetto e sfregiato.
Ci siamo aggirati tra i dolori e le gioie del Giardino dei Tarocchi, surrealtà en plein air, eccedente di vita e sparsa di morte, opera di quell'incredibile artista che è stata Niki de Saint Phalle.






Abbiamo percorso verdissime strade di campagne, dritte e curve tra gli alberi, le colline e le piane della bella Maremma.
Abbiamo abitato in vicolo Venezia a fianco alla piccola Gerusalemme, compendio d'ebraismo nel Ghetto della sorprendente Pitigliano.







Lì vicino abbiamo gironzolato per i libri di Stampa Alternativa insieme al suo mitico fondatore, Marcello Baraghini, che ci ha parlato dei suoi incontri con Goliarda Sapienza e della sua storia.

E da lui ci siamo presi due magliette della serie Fà pensiero, che compendiano bene il nostro momento: una, viola, porta una frase della Merini (Il peccato non si rifiuta mai) e l'altra di Guy Debord (Sono riuscito a dispiacere universalmente sempre in modo nuovo).
Abbiamo rinunciato per ora a quella di Flaiano: Coraggio, il meglio è passato!
Abbiamo visitato la colorata e festante necropoli ipogea di Tarquinia, in cui gli etruschi si infilavano nella morte circondati da satiri, gorgoni, uccelli, delfini guizzanti e leopardi che mordono il sedere ai daini, musiche e piaceri sensuali tra efebi ed etère.
Una vita che finisce, capitola e capitombola, ricapitolando se stessa in frizzi e lazzi, tragedia e commedia, senso e non senso del tutto o anche solo di qualcosa.



Nelle splendide e tiepide vasche di Saturnia, ci siamo avvoltolati come serpenti e abbiamo goduto come bisce. 


Per diletto, abbiamo scherzato a ricompendiare i personaggi di Fare il morto, tra le rocce bianche di calcare e le pietroline verdi come l'acqua demoniaca di zolfo.

il sommerso...

il surfer...
fare il morto...

e il salmone...

Ieri ho ricapitolato il percorso che mi ha portato sino all'ultimo libro, passando per figure e parole dei miei libri precedenti, per provare a raccontarmi, a spiegarmi, a farmi capire da persone che non mi conoscevano e che sono state distanti sinora.
Ho presentato Fare il morto a Roma, vicino alla stazione, ripercorrendo attraverso l'aquilone-rombo i miei modi di vedere il mondo e di vedermi in esso, nei vari modi e mondi in cui ho provato a vivere.







domenica 18 settembre 2016

In-Ciampi



Stanotte i poveracci che vivono nel tugurio sotto casa si sono resi protagonisti di una scenata-sceneggiata (urla, frizzi e lazzi) che è andata avanti per due ore buone, tenendo sveglio tutta la via e parte del quartiere.
Motivi futili, facce da forca e da sanatorio, comportamenti prevedibili e quasi scontati: aggressività, maleducazione, mancanza di rispetto per gli altri e tra loro.
Quando le cose si tengono a vicenda, è tutto più facile, comprese l'accusa, la colpa, la discriminazione: il cattivo c'è, e si vede.

Ieri notte è morto Carlo Azelio Ciampi, ex Governatore della Banca d'Italia, ex Capo di alcuni Governi, ex Presidente della Repubblica.
Moderato, elegante, perbene, risorgimentale e regimentale, inappuntabilmente retto.
Un livornese liberal, che non si confondeva mai con gli ultras extraparlamentari della città labronica.
Quel che si direbbe, da sempre, un vero signore, insomma.
Facile che piacesse alle persone normali, soprattutto dinanzi ai toni beceri della prima Lega Nord o alle paillettes del primo governo Berlusconi.
Difficile vedere in lui un delinquente, un vampiro, un disonesto, un traditore della patria, un malvagio.
Eppure...

Proprio con Ciampi inizia a realizzarsi l'unificazione completa e terribile della Festa della Repubblica con la pacchiana e retoricissima parata militare del 2 giugno.
Proprio con Ciampi si compie per la prima volta la spaventosa, esplicita endiadi tra potere politico e
potere bancario: il passaggio dalla Banca d'Italia al Governo d'Italia avviene in un lampo e realizza il primo sogno neo-liberista d'Europa.
E proprio Ciampi va a completare il percorso di costituzione dell'altro sogno neo-liberista di oggi, che è man mano giunto ad assomigliare ad un incubo: l'Unione Europea.
In forme gentili e cortesi, Ciampi ha contribuito attivamente al dominio violento e incontrollato dentro cui oggi noi ci troviamo ad affogare.
Non era facile vederlo in una faccia come la sua, ma è stato così.
Così come oggi fatichiamo a non fidarci di Padoan, coi suoi toni calmi, paterni, rassicuranti.
Ma questo non ci salverà dal disastro, anzi lo faciliterà.

I sogni-incubi di Ciampi, nel frattempo, si sgretolano ad ampi passi.
Una Repubblica difesa dalle armi si sta trasformando in un regime militare coperto che inghiotte le libertà.
La politica non è più il bene governato da economisti temporaneamente prestati ad essa, ma è divenuta l'ancella della finanza internazionale, pura governance governata dai banchieri.
L'Unione Europea si sta schiantando contro i muri inflessibili della burocrazia, del nazionalismo, del razzismo, della divaricazione sociale.
Lui dormirà il sonno dei giusti, forse.
Corroborato, come sempre capita a quelli come lui, dalla certezza di 'aver fatto la storia e il bene del paese'.
Ma noi ?
Noi assomiglieremo sempre di più ai miei vicini di sotto, che inciampano ubriachi e sfatti sul gradino di casa.



mercoledì 14 settembre 2016

cosa voglio ora io, cosa voglio...



Non so bene cosa dirvi.
Non ho ancora deciso cosa fare della mia vita ora.
Vivo molto giorno per giorno, ora, ora per ora.
Faccio proseguire l'estate e la vacanza, finchè posso.
Lentamente riemergono lavoro e impegni, ma è come se fossero ancora soffusi, sempre più distanti e non appartenenti al mio io più profondo.
Io sto altrove, non so bene dove, forse nelle cose che leggo o scrivo, forse nell'amore che mi prende, forse nel passato che non torna o in un futuro che non so.
Insomma, me ne sto qui, calmo e placido al passaggio o al passeggio...

Ho concluso oggi la fisioterapia, unico impegno fisso delle ultime settimane.
Domani ho l'assistenza al test d'ingresso dei nuovi studenti in facoltà.
Sto per andare al ricevimento del mercoledì.
Scrivo poche righe per un progettino di formazione richiestomi da attivissimi colleghi in cerca di finanziamenti extra.
Faccio tutto quel che mi chiedono o mi vien richiesto, ma -fosse per me- non farei (quasi) nulla.
Insomma, continuo a fare il morto.
A proposito: anche del libro non so bene che fare, dovrei organizzare delle presentazione, forse, lo so, ma per ora...
Meno male che la casa editrice e Vivi a Roma mi stanno organizzando qualcosa, per i prossimi giorni, altrimenti...

Ho alcuni pensierini, però.
Mi piacerebbe proseguire a viaggiare.
Andare con Marta a Lampedusa in dicembre, a gennaio con Vivi in Indonesia e Bali, la prossima estate in Finlandia e Russia.
Mi piacerebbe iniziare a scrivere i Fondamenti di Il-Ludetica, la mia opera magna.
Mi ci vorrà molto tempo, lo so, ma -così come per il viaggiare- l'atto decisivo è sempre e solo quello di partire.
Mi piacerebbe continuare a leggere la mattina, appena sveglio: un romanzo ed un saggio, a scelta, per almeno un'oretta, un'oretta e mezza.
Mi piacerebbe vedere dei bei film, e parlarne un po', magari al giardinetto.
Niente di più, vorrei...
Chiedo troppo ?

giovedì 8 settembre 2016

fisietto

La fisioterapia e l'ultrasonoterapia volgono al termine, dopo due cicli di sedute.
Risultati buoni, apprezzabili: braccio e spalla stanno decisamente meglio.
Gli operatori sono simpatici, informali, competenti e sensibili.
E' una piccola famigliola, un sistema consolidato, con i suoi ruoli ed abitudini.

C'è un tipo grassoccio e asmatico che sta all'accettazione, che sembra scorbutico, ti guarda poco, parla poco, ma fa il suo lavoro, e non è scorbutico come sembra.
Al suo fianco, la capa-dottoressa, una macchina da ricette, che ha anche lo studio a fianco e fa soldi a casse.

Al primo ciclo -a luglio- ho lavorato con V. e S..
La prima parla continuamente di vacanze, mare, e di cucina (come si fanno le melanzane alla parmigiana, come si scongelano i sofficini, etc); di come è il tempo e di come sarà, ti fa molte domande e ti organizza continuamente la vita (e quella del Centro).
E' rapida, iperattiva, sempre presente, spunta da tutti gli angoli, dirige il traffico.
Non le puoi sfuggire, se vuole parlarti di qualcosa lo fa, e nel frattempo dà tutte le istruzioni per la palestra. Una vigilessa multitasking.

La seconda è più silenziosa e sorniona, supercattolica, fa i massaggi con lentezza e attenzione, commenta quel che dicono gli altri nelle stanze attigue, ma non si sbilancia.
Vuole fare la colta del gruppo, quella che non si consuma in chiacchiere come le altre.
Ma ogni tanto sogghigna e lancia strali su chi la circonda.
E' più giovane e carina delle altre, e lo sa. Un'ammiccante gesuita.

Al secondo ciclo, ora, ho incontrato T. ed A.
T. sta sempre al cellulare, a contatto con figli e parenti. E' ansiosa e agitata, senza requie..
Avvisa e avverte sempre di tutto, anche quando è pleonastico e inutile. Fa solo casino.
Gli altri operatori l'ascoltano con un solo orecchio.
Il marito l'ha lasciata, e capisco perchè.
Mi piazza il finger ultrasonico sulla spalla sx e mi presta i giornali per passarci il tempo (Famiglia Cristiana e Di Più, Gesù e Mammona, Padre Sciortino e Britney Spears...tutto quello che è lei, insomma...)
Da quando ha scoperto che sono stato insegnante di sua figlia all'Università (peraltro, non proprio una cima...) si è sciolta in brodi di giuggiole per me. Sa mamma e' tottusu.

A. è l'unico maschio, timido e delicato -forse miope- nello sguardo, bellicosissimo quando parla (quasi sempre; se non parla, vuol dire che sta smanettando sullo smart phone, e intanto protesta contro il dominio dei telefonini sulla nostra vita: 'Ci stanno togliendo la libertà, ci controllano di continuo'..., etc etc).
E' un politico da internet, ce l'ha con tutto e tutti (partiti, ricchi, finanza internazionale, PD, Monti-Letta-Renzi, Berlusconi, De Benedetti e i sindacati).
Parla continuamente di politica, e ti massaggia a ritmo di invettive, fermandosi quando deve declamare e riprendendo quando ha concluso. Divertente. Un grillino sempre in piedi.

Mi piace questo lavoro che fanno, per quanto routinario.
Toccano le persone, delicatamente, a lungo.
Le massaggiano, con energia e tatto.
E sembra che faccia bene anche a loro, non solo a noi.
Sembrano di buon umore, si respira un buon clima.
Si fanno quattro chiacchiere, vedi anziani e giovani, gente incidentata e fai incontri incidentali. E' uno strano luogo, tra sanità e non.
Ci si va volentieri.




mercoledì 7 settembre 2016

l'illusione di un'avvenire

Quel che accade alla giunta Raggi a Roma rattrista, ma conferma alcune ipotesi catastrofiste, peraltro già più volte anticipate qui.

1. La politica, a certi livelli, è fonte di corruzione automatica, indipendentemente dalle buone o cattive intenzioni di chi vi partecipa. Già soltanto il dire e non dire, mentire o falsificare le informazioni, nascondere o pronunciare mezze verità, comporta la distruzione di ogni purezza o mito dell'onestà.
Anche se non si prendono mazzette. Il giro è sempre sporco, per statuto.
Rivolgersi ad esperti e tecnici esterni poi, non detenendo una classe politica alta nelle proprie fila, fa il resto e completa la frittata: non ci sono in questo momento persone competenti e pulite tra quelle che hanno già messo le mani in pasta nei grandi enti pubblici o amministrativi.
E tra quelli che non ce le hanno messe, non ci sono le competenze adatte, sempre che ci possa essere qualcuno che possa davvero dichiararsi competente ad amministrare un mostro a sette teste come Roma.

2. Il dirigismo dittatoresco interno dei Cinque Stelle fa pochi danni,se non ai suoi stessi affiliati, sino a quando il gruppo non è chiamato a governare altri.
Quando deve governare, la dinamica Direttorio-Sindaco è stata sinora sempre nefasta e foriera di conflitti irrisolti e mal gestiti (vedi Parma, Livorno, ed ora Roma).
Il dirigismo mal si adatta poi alla presunta orizzontalità della Rete, che di solito inveisce, prende mille posizioni su tutto e tutti, fa solo casino, o si adatta supinamente alle decisioni del vertice.
Permane, peraltro, irrisolta, l'ambiguità della figura e del ruolo della Casaleggio & co.

3. La macchina del fango colpisce immediatamente chi provi a governare senza e contro i poteri forti, camuffati che siano da PD, da Centrodestra, da magistrati o poliziotti.
Così come i Governi nazionali non sono più liberi di governare, sottoposti come sono alle regole di Bruxelles e della finanza internazionale, anche i poteri locali, se provano anche solo di poco ad emanciparsi dalle logiche e dalle figure dominanti, sono subito sottoposte al fuoco di fila dei mass media, degli scandali, delle intercettazioni, dei complotti.
I Cinque stelle possono anche vincere le elezioni a Roma, ma non potranno governarla.
Potranno, forse, vincere le elezioni nazionali (anche se, dopo questo patatrac la cosa appare meno probabile), ma non potranno mai governare davvero e liberamente il paese.
In passato, si usavano la strategia della tensione, gli attentati, le bombe, i depistaggi.
Oggi bastano un dossier e due smart phone.

Riassumendo, acnora una volta: non esiste una via elettorale al cambiamento in Italia.
Sono necessarie trasformazioni strutturali della politica, che potranno sorgere soltanto da un boicottaggio elettorale di massa e dall'abolizione del sistema dei partiti.
La democrazia, per (ri)sorgere, ha bisogno di una catastrofe dell'attuale  'democrazia'.

lunedì 5 settembre 2016

porto,scusa...

Alcuni giorni a Portoscuso, a festeggiare gli 80 anni di Cast, l'highlander dell'economia alternativa.
Lui, che aveva lavorato in giovinezza all'illusoria pianificazione economica del dopoguerra, si è ritrovato ora in vacanza in uno dei luoghi più devastati dall'industrializzazione selvaggia in Italia.
Passi oggi in un deserto di ciarpame di ferro e progresso senza senso, di quel che era chiamata rinascita e sviluppo e che oggi è solo desolazione e inquinato silenzio di morte.
Il mare è bellissimo, a vedersi. La natura resistente e ridente. La gente si affolla sulle spiagge.
Ma il disastro è stato compiuto, anche nelle anime e nei corpi malati, nell'insorgenza massiccia di tumori e leucemie, nelle bonifiche promesse e mai eseguite, negli occhi risentiti dei senza lavoro di oggi.
Costeggiare Portovesme, ritrovare i luoghi della mia infanzia non ancora contaminata, rivedere i paesetti intorno dai nomi fantasiosi (Matzàccara, Paringiànu, Bruncu Tèula, Flumentèpido), mi ha dato piacere e dolore insieme.

Ora si riprova ad incartare il prodotto, a renderlo nuovamente appetibile per i turisti.
Mi sembrano le boulangerie francesi, che impacchettano tutto in involucri infiniti, o i ristoranti della nouvelle cuisine, che infiorettano mezzetto di cibo come se fosse oro, e così lo paghi.
Mi sembrano come i vescovi che celebrano i funerali sulle macerie, dopo il terremoto.
E che invocano un Dio che è già fuggito da tempo, scacciato dagli uomini.
O invocano Madre Teresa, e la fanno santa, per proseguire a caritare sulla povertà prodotta dai potenti.
Si cercano modi di stare nel nulla, di consolarsi e confortarsi per non pensare e per non cambiare.
Si prosegue la vacanza, mentre il carbone continua a nutrire le centrali, le petroliere si muovono sullo stretto dei tonni, ed anche il nostro giorno tramonta con splendidi riflessi di rosa.

Leggo in questi giorni Adriano Olivetti, negli scritti e discorsi degli anni '50, raccolti in 'Città dell'uomo':
E non resta all'infelice città che ricorrere quando ormai è troppo tardi a clamorose e decorative lotte contro i rumori, a costosissimi sventramenti, all'uso indiscriminato, incontrollato e caotico dell'elemento verticale, i quali rimangono i sintomi più appariscenti di una concezione e di una strategia urbanistica errata. ..
Per questo, il mondo moderno,avendo richiuso l'uomo negli uffici, nelle fabbriche, vivendo nelle città tra l'asfalto delle strade e l'elevarsi delle gru e il rumore dei motori e il disordinato intrecciarsi dei veicoli, rassomiglia un poco ad una vasta, dinamica, assordante, ostile prigione dalla quale bisogna, presto o tardi evadere...
Le metropoli, nella loro crescita disordinata, presentano forme ormai esaurite, incapaci di contenere il nuovo nella sua giusta proporzione. Il borghese si avvede dell'inadeguatezza delle città solo quando la sua automobile è ferma in coda a lunghe file nella circolazione ormai ostruita, ovvero quando non trova più spazio per il parcheggio. Non sa che era già vecchia per l'operaio che non trova casa che a due ore di distanza dal luogo del proprio lavoro...
Se lo Stato, i Comuni e le Provincie dovessero limitarsi ai puri aspetti economici dell'edilizia popolare, la civiltà si muoverebbe sul puro piano della tecnica.
Affinchè la tecnica serva all'uomo e non divenga un'insensata dominatrice occorre dunque che i complessi edilizi servano ad edificare gli elementi di una civiltà nuova.
Molte coscienze inquiete sono oggi in crisi, in una crisi dolorosa, perchè per esse i partiti non hanno rispettato la verità, non hanno avuto tolleranza e hanno in qualche modo tradito gli stessi ideali dai quali erano nati. Per risolvere questa inquietudine, che è una malattia delle anime, bisogna far sì che il moto naturale per la conquista del benessere individuale coincida nell'azione di ogni giorno con la propria coscienza sentimentale...