giovedì 31 marzo 2022

'buoni e cattivi' show

 

Allora i tuoi sogni non saranno più così tranquilli. Tu vedrai nelle tue notti il capitale, come un incubo,che ti preme e minaccia di schiacciarti. Con occhio spaventato lo vedrai ingrossarsi, come un mostro dalle cento proboscidi, che avidamente ricercano i pori del tuo corpo per succhiarne il sangue. E finalmente lo vedrai assumere proporzioni smisuratamente gigantesche, nero e terribile nell'aspetto, con occhi e bocca di fuoco, trasmutare le sue proboscidi in larghissime trombe aspiranti, entro le quali vedrai scomparire migliaia di esseri umani: uomini, donne, fanciulli. Dalla tua fronte colerà allora il sudore della morte, perché la volta tua, della tua moglie e dei tuoi figli starà per arrivare. Ed il tuo ultimo gemito sarà coperto dallo sghignazzare allegro del mostro, felice del suo stato, tanto più prospero, tanto più inumano...(Carlo Cafiero).


A chi blatera di 'regressione della civiltà', si augura che questa 'follia' finisca e trae fariseicamente buoni auspici dalle finte trattative sempre in corso e mai in corso (e che si svolgono a solo vantaggio dei sedicenti mediatori) vorrei ricordare che le civilizzazioni sono sempre state fondate sulla violenza e sulla guerra; e che la guerra non è una follia, ma è una strategia razionalmente perseguita e preparata nel tempo.

Non stiamo retrocedendo, stiamo avanzando: nel senso che abbiamo sempre seguito e secondo le premesse profonde che proseguiamo ad esaltare ed imporre ai popoli.

Se le 'libere democrazie' non volessero più giungere al punto a cui siamo, e volessero differenziarsi davvero dalle autocrazie, basterebbe una semplice mossa: abolire unilateralmente la guerra e gli eserciti, le industrie d'armi e il loro smercio.

Questo sarebbe l'unico contributo alla storia e alla pace che potrebbero dare oggi.

Ed invece, per difendersi dalle autocrazie e per difendere la libertà e la democrazia, scelgono ancora una volta la guerra ed il riarmo.

E così dimostrano che non imparano dalla storia, che non sono diverse e che non sono né libere, né democratiche.

In quella che chiamavano libertà e pace (l'ordine mondiale nato dalla fine della guerra fredda) gli Stati Uniti e la Russia stanno perdendo la guerra contro la Cina e -irreversibilmente-declinando. L'Europa unita, politicamente, non è mai esistita e continua a non esistere.

Ora Stati Uniti e Russia si fanno la guerra per tentare di vincere la prossima pace (o nuovo ordine mondiale).

Chi vincerà questa guerra e resterà superstite potrà confrontarsi, o almeno così credono- ma a spese di quasi tutti noi- contro il potente mostro cinese.

Possiamo essere certi che gli Stati Uniti non accetteranno di perdere la guerra e di perdere la faccia.

In caso di sconfitta la loro logica è da sempre quella del 'muoia Sansone con tutti i filistei'.

E noi -i filistei- in mezzo, a far solo da companatico per il loro gustosissimo panino.



Cercare di combattere la violenza colla violenza è voler spegnere il fuoco col fuoco, è inondare un paese per abbassare il livello del fiume che straripa, è scavare un buco per avere terra da colmare un altro...(Lev Tolstoj).

Se la Russia, o chiunque altro non fosse alleato degli Stati Uniti, avesse fatto la metà di quel che gli USA e la Gran Bretagna hanno combinato nel mondo e in Ucraina negli ultimi vent'anni, la Nato avrebbe già usato da tempo le armi contro di lei.

La linea rossa della belligeranza attiva è già stata ampiamente superata dall'Occidente in armi, ma la Russia -per ora- non sta attaccando la Nato.

Mentre è evidente che la Nato sta già attaccando una Russia che avrebbe già da settimane sconfitto militarmente l'Ucraina se non stesse già combattendo di fatto contro la Nato intera.

State certi che, se scoppierà un conflitto nucleare, riusciremo ancora una volta a dimostrare che stiamo reagendo e che non saremo stati noi ad aggredire.

Sarà una magra consolazione per i superstiti, se ci saranno, di entrambe le parti.

Ma ancor prima che questo avvenga dobbiamo considerare i rischi già in corso, i boomerang che già si abbattono su noi tutti:

  1. Più la Russia trova difficoltà a marciare su terra, più resistenza armata troverà, più tempo passa e più sale l'escalation nelle tipologie di armamenti utilizzate;

  2. Maggiore è la resistenza e maggiori sono odio e brutalizzazione verso la cittadinanza sia a distanza sia quando la guerra entra nei luoghi abitati; per difendere la capitale si è scelto di far devastare il suo hinterland e di abbandonare a se stesse le città dell'est e del sud;

  3. Più distruzione viene prodotta e maggiore è la disperazione ed il numero dei profughi, la consistenza dell'esodo. La 'macchina dell'accoglienza' si trasformerà a breve in una 'macchina da guerra' in mano degli stati, ma anche di sciacalli senza scrupoli;

  4. Distribuire armi a vanvera, non solo agli eserciti regolari, ma anche ai semplici cittadini e ai miliziani irregolari e mercenari, determina una situazione fuori controllo, anche da parte dei governi, ora ma soprattutto nel prossimo futuro. (pensate a quel che sta accadendo in Libia, in Iraq o andate a vedere il film Flee, per capire come questo sia già avvenuto con i talebani in Afghanistan).

Questi fattori distruggeranno la nazione ucraina e la renderanno un inabitabile deserto, straziato da scontri permanenti tra fazioni armate, diviso tra potenze straniere che se la contendono, sfruttata e colonizzata nelle sue risorse, formalmente esistente ma di fatto impotente e suddita.

Libanizzazione, balcanizzazione, coreizzazione: esattamente l'opposto di quel che diciamo di volere. Questa sarà la vittoria di Putin e/o di Biden, qualunque sia la conclusione di questa guerra (che comunque non potrà finire lì).


É caduto un bottone

dalla giacca gonfia di un politico.

Ma i bottoni ancor son tanti,

come il suo cibo. (Cristian A. Grosso)

Ma, dopo i cattivi, parliamo dei buoni.

In primo luogo, l'amatissimo eroe Zelensky.

Sembrano passati secoli quando era solo un comico che suonava il piano con il suo virilissimo membro, a mani alzate.

Ora non le alza più, combatte e sferra discorsi e colpi sotto la cintura a chiunque non gli dia retta.

Ora è certamente un buon attore, con ottimi sceneggiatori.

Peccato che non l'abbiano invitato alla cerimonia degli Oscar.

Risulta perfetto nella competizione narrativa in corso: appare vincente rispetto ai russi, almeno nei nostri media e nelle nostre menti.

Ma cos'ha di buono nella realtà (e non ad Hollywood)?

Ha fatto di tutto per non giungere ad un Ucraina pluralista ed interculturale, tradendo gli accordi di Minsk.

Ha fatto alleanza con forze neonaziste ed ha sciolto tutti i partiti comunisti e filorussi.

Sta facendo massacrare la sua popolazione, in nome della nazione e dello stato.

Però è fotogenico.


In secondo luogo, parliamo di chi assiste ed accoglie in Europa (governi, volontari, Ong).

Ci troviamo di fronte alla più grande mobilitazione umanitaria di tutti i tempi, direi.

Che non ha precedenti, visto che sino ad ora siamo andati avanti a respingimenti ed accoglienze mal gestite e forzate.

Tutto davvero commovente, ma...

Come mai siamo diventati improvvisamente tutti così buoni?

Non lasciamoci confondere: al di là delle buone intenzioni di molti volontari e dei benefici effetti nell'emergenza immediata, ritorneremo cattivi a breve.

Come sempre, gli stati utilizzeranno i profughi come arma politica per le loro convenienze interne ed internazionali: merce di scambio, strumenti di ricatto, forza di pressione.

Le organizzazioni umanitarie e di accoglienza si accontenteranno di godere dei frutti del loro opportunismo parassitario, senza fare nulla per evitare il male a monte.

Le popolazioni ospitanti non tarderanno a lungo prima di iniziare l'ennesima guerra tra poveri, quando capiranno quanto guerra e riarmo impoveriranno anche coloro che si illudono ancora di essere al sicuro e di poter accogliere altri più sfigati di loro.

Chi non lavora per abolire la guerra e l'ingiustizia lavora per il mantenimento della guerra e dell'ingiustizia.

Chi non lavora per riconoscere la catastrofe e continua a non nominarla se non per dire che siamo sempre solo sull'orlo, vuole la catastrofe.

Chi non ostacola il sorgere di sempre nuove emergenze, trae profitto, approfitta dell'emergenza.

Tolleranza, integrazione, umanitarismo, solidarietà: sono solo belle parole che nascondono il male.

Ce lo ricorderemo, quando le bombe non saranno più (soltanto) alla tv.

PS: Le citazioni sono tratte da 'Le vene, l'anima, il sangue, l'anarchia' del giovanissimo algherese Cristian Augusto Grosso (Catartica, 2020)

lunedì 28 marzo 2022

aprile, dolce dormire...

 

ZZZZZZZ...!

La mitopoietica Zeta dell'esercito russo, propagatrice di morte, ora per gli ucraini si ammanta di Zoè, vita.

Offre cibo e sussidi ai nemici, che escono dalle loro trappole come topi affamati e disperati.

Putin si prepara a gestire il suo nuovo protettorato, ad assistere una popolazione abbandonata e relitta, costretta alla distruzione di sé dal proprio governo e da manipoli di fanatici assoldati ed armati da potenze straniere.

'A chi mi dona pani, nau babbu' (A chi mi dà pane, lo chiamo babbo), dicono i sardi.

Ecco la vera conclusione di ogni guerra, dopo tanti mitomanici proclami ed eroiche esibizioni muscolari: 'i potenti decidono, i poveri muoiono', come ricorda Francesco ancora una volta.

La diagonale biopolitica che si muove sull'asse 'aggressività-empatia' mostra ancora una volta tutta la sua potenza persuasiva.

Putin fa così il nostro stesso gioco: guerra ed aiuti, distruzione e solidarietà, odio e compassione camminano insieme, alleandosi e coprendosi a vicenda.

Gandhi l'aveva già scoperto da giovane nella guerra anglo-boera: al di là delle apparenze, lavorare per la Croce Rossa era solo un modo per partecipare alla guerra stessa ed esserne complici.


L'umiliazione totale diviene così l'unica possibilità per chi sta sotto, da loro ma anche da noi.

Sì, perché quali poteri abbiano anche noi qui, rispetto a chi ci domina?

Possiamo ancora scrivere, manifestare, protestare, esprimere opinioni, ma poi?

E per quanto tempo ancora?

Non c'è da stupirsi se, in assenza di una democrazia reale in cui sia ancora possibile generare cambiamenti ed orientare le decisioni con la forza delle idee, in una realtà che ama chiamarsi TINA, restino soltanto la passività impotente, da un lato, e l'aggressione terrorista dall'altro.

Vedo i nostri governanti e presunti rappresentanti riuniti a Bruxelles a partorire il solito mostro del riarmo (niente di nuovo sul fronte occidentale) e sento una grande rabbia.

So che anche loro sono soltanto dei poveri uomini come me e non riesco ad odiarli.

So che non sarebbe una soluzione, ma un problema, se venissero eliminati come esseri umani.

Ma capisco che possa venir voglia di ucciderli.


Gli Stati, di fronte alla globalizzazione economico-finanziaria, hanno da tempo intrapreso la strada dell'autodifesa nazionalista e sovranista.

Quel che cambia sono gli accenti, i gradi, le misure, ma così è e vale per tutti, ovunque.

Strategia che si rivelerà perdente rispetto a quel che sta accadendo (crisi della globalizzazione e costituzione violenta di imperi neo-feudali che ingloberanno gli stati stessi), ma vincente – a breve termine- per favorire le elites oligarchiche, devastare definitivamente le libertà politiche interne ed annullare qualunque possibilità di una vita diversa per noi, comuni cittadini del mondo.

In questa prospettiva, e già da ora, le persone non contano nulla: né in Russia, né in Ucraina, né in Europa.

La gestione della pandemia e quella, conseguente e coerente, dei nuovi equilibri/squilibri tra blocchi politico-militari rappresentano il punto di svolta e di accelerazione -definitiva ed irreversibile- di questo processo, già in corso da almeno due decenni (l'altro punto di svolta è stato per me il 2001, tra Genova e Twin Towers).


Nel cadere in questo baratro, gli Stati Uniti hanno ancora una volta deciso di forzare e guidarne la caduta, sperando di trovare in essa le ragioni, paradossali ed impossibili, di una loro ascesa (o, almeno, di una loro tenuta).

Per provare ad ottenere questi risultati stanno, con una mossa sola (cioè, proprio questa guerra):

-riportando a vincoli più stretti -economici, energetici e militari- il continente europeo, dopo aver già ripreso in mano la Gran Bretagna con la Brexit; il gas americano va a creare nuove dipendenze, insieme alla Nato ed ai suoi costi crescenti. La transizione ecologica e l'autonomia politica ed economica dell'Europa possono ora attendere sine die.

-accerchiando e dissanguando la Russia con guerre di logoramento e corse agli armamenti senza fine, come già avvenuto nella prima guerra fredda; le parole di Biden in Polonia non erano quelle di uno squilibrato, ma esprimevano quel che gli Usa vogliono fare ma che non si può dire (da qui, e non dalla sostanza, lo scandalo (ipocrita) e le rettifiche (vane);

-rendendo più difficile l'espansione della Cina, che ha bisogno di un mondo pacificato per poter proseguire a colonizzarlo attraverso i commerci ed il denaro; il vero avversario degli Stati Uniti, infatti, sono e restano i cinesi.

Ma questa guerra, alla fine, li favorirà: ora restano a guardare fuori dal gioco della guerra e così si ergeranno ancor più a padroni dei traffici e mediatori dei conflitti per il mondo (quello che non guarda ad occidente, per ora, ma -in tempi non brevissimi- per tutti o quasi).


E, mentre tutto questo accade, ci si continua a rifugiare -anche in ambiti che si dichiarano d'opposizione o alternativi- in trite e ritrite ipotesi dormitive, quelle che servono cioè -secondo Bateson- per far finta di essere svegli e presenti, ma che in fondo ci servono solo per proseguire (o riuscire ancora) a dormire...

Ora capisco. Ecco forse cosa significa per noi questo ZZZZZZ....:

Ammazzatevi pure tra voi, ma -per favore- lasciateci in pace...!

Siamo noi che emettiamo quel suono, mentre -molto pacificamente- cerchiamo -nonostante tutto- di proseguire a ronfare tranquilli.


















venerdì 25 marzo 2022

dentro l'imbrunire

E il mio maestro mi insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire...

(F. Battiato, Prospettiva Nevskij)


Mario Draghi, il suo governo dei migliori e tutti i governi europei sono passati con molta disinvoltura dal Green Pass al Donbass.

D'altra parte non ci voleva molta inventiva, né uno slancio di creatività particolarmente originale, per rispondere con la guerra alla guerra.

Ci siamo già esercitati ampiamente e con profitto già coi Neanderthal, proprio quando abbiamo iniziato -senza autoironia alcuna- a definirci Sapiens.

Quando Zelensky, parlando alle Camere riunite, si autoesalta esclamando che 'il nostro popolo è diventato l'esercito', pare dimenticarsi che -se questo è purtroppo divenuto vero- allora più il popolo-esercito resiste più sarà colpito, bombardato, massacrato, rastrellato, fatto prigioniero, deportato, reso ostaggio.

Non si può pensare che un popolo-esercito possa evitarsi di stare in guerra e -se più debole- di finire in trappola come dei topi (senza formaggio).

La guerra, da sempre-al di là dell'epica e dei trionfi- è questo.

Non è Putin ad essere cattivo, è la guerra ad esserlo, sempre.

Le guerre giuste non esistono. Anche la Chiesa -che ci credeva dai tempi del medioevo- ha smesso di star dietro a chi giustificava stermini e crociate al grido di 'Gott mit uns'.

Ma il medioevo prossimo venturo prescrive invece di riarmarsi, paese per paese (con grande gioia di chi, anche tra i politici, fa i suoi veri guadagni con le armi (gli ex compagni comunisti e centrosinistri in prima fila: Pinotti, D'Alema, Guerini, De Gennaro, Renzi, Minniti...Non sarà per questi compagni di merenda che anche la molto sinistra Berlinguer ha scartato la mela marcia Orsini da Carta Bianca qualche giorno fa?).

Il tanto sbandierato esercito comune verrà imposto come un'aggiunta complementare alla Nato e alle forze nazionali. Come l'Unione Europea non ha preso il posto degli stati, così la nuova forza militare non sostituirà quel che esiste, ma sarà solo un nuovo modo di giustificare ed aumentare le spese militari (attualmente valutate in circa 1000 miliardi di dollari l'anno: 250 per l'Europa e 700 per gli USA).

L'Italia da sola passerebbe da una ventina ad una quarantina di miliardi (due finanziarie).

Così come le aziende farmaceutiche hanno approfittato dei fondi pubblici per finanziarsi i vaccini, così ora l'industria bellica sta approfittando della situazione per indirizzare una parte ancora più consistente dei bilanci pubblici verso il riarmo.

E tutto questo sta avvenendo -di fatto e sostanzialmente- senza opposizione.


Per continuare a coprire e giustificare tutto questo, continuiamo intanto a dover ascoltare le solite solfe del moderno paleolitico, con le solite modalità di comunicazione, già sperimentate in tutte le guerre e, più di recente, nel conflitto 'vax/no vax':

  1. la squalifica discriminatoria: chi prende posizione antimilitariste è subito definito 'filo-putiniano',censurato e messo all'angolo come dissidente (mentre si esaltano come sempre i dissidenti altrui, peraltro solo a parole: intanto vengono lasciati a macerare in carcere (Navalny da loro, Assange da noi);

    I sondaggi ora non valgono: il fatto che la maggioranza degli italiani sia contrario ad armare gli ucraini (e che ci fossero 350 parlamentari assenti davanti a Zelensky) viene fatto passare per un dettaglio, un'incomprensione o un incidente di percorso.

  2. le false alternative: o si armano gli ucraini o li si sta lasciando da soli. Come già scritto, esisterebbero molti altri modi migliori per aiutare gli ucraini.

    Due sono i popoli aggrediti dal governo di Putin: quello ucraino e quello russo.

    Noi dovremmo aiutare entrambi, interporci, fungere da mediatori tra loro.

    Se volessimo davvero far finire la guerra, e non farla proseguire, l'unica cosa che non è da fare è proprio armare loro e riarmare noi.

    Nel momento in cui scegliamo invece di armarli e riarmarci decidiamo che gli scontri proseguano, che crescano e si aggravino: sia in questa guerra (locale) che non finirà a breve, sia in quella (globale) che si sta (ri)definendo e che proseguirà per decenni;

  3. le false soluzioni: la comunità europea può salvarsi solo se si conferma e si rafforza come comunità euroatlantica. Ed invece, la storia passata dimostra (e quella presente e futura ancor di più lo fa e lo farà) che l'Europa può continuare ad esistere e ad avere un senso proprio, se e solo se si porrà al centro tra i due blocchi, fortemente autonoma e ben differente da entrambi i sistemi imperiali esistenti o prossimi venturi (Atlantisti e RussCindiani che siano, o altro ancora...). Solo così potremmo rappresentare un nuovo approdo per il fragile naviglio della storia umana.

    Un'alba (lontana) dentro l'imbrunire (che ci attornia)...



martedì 22 marzo 2022

tra il dire e il fare c'è di mezzo il male

 

SI FA MA NON SI DICE

Negli ultimi tre decenni si dichiaravano 'democratici e liberali' e nel frattempo si legavano mani e piedi ai rifornimenti energetici del nuovo Zar.

Che cosa non si fa pur di evitare di fare scelte energetiche ecologiche e non centralizzate.

Negli ultimi tre decenni, dopo aver esaltato Gorbacev nella pars destruens come liberatore d'Oriente (a parole), gli abbiamo organizzato contro un bel golpe e l'abbiamo di fatto abbandonato e sostituito da quell'ubriacone di Eltsin e da quella spia di Putin.

Che cosa non si è fatto pur di evitare che la Russia entrasse nell'Unione Europea o almeno divenisse alleato del nostro continente.

Non sarebbe stato più intelligente, coerente ed innovativo che ibernare la Nato e restarci, come invece abbiamo fatto?

Negli ultimi tre decenni la Nato, anziché farsi fuori da sé, ha anzi scelto di espandersi ad est sino a circondare ed accerchiare il gigante russo.

Che cosa non si fa pur di obbedire agli Stati Uniti.

Nell'ultimo anno, il governo russo ha chiesto di tener conto delle sue esigenze e di ri-trattare la situazione di confine tra Europa e Russia. Risposte? Nessuna o, peggio ancora, negativa.

Nessuna negoziazione possibile.

Da qui, da questi tre passaggi, oggi sorge una guerra che definiamo d'aggressione.

Come se si trattasse di un raptus improvviso, una follia senza precedenti e motivazioni, una cattiveria gratuita ed insensata di un barbaro mostro.

Cosa non si fa pur di non vedere (anche) i propri torti.


SI DICE MA NON SI FA

Nel frattempo, Putin è isolato? Tutti qui dicono di sì, ma...

Non lo è da noi europei: continuiamo a succhiare gas e petrolio da mamma Gazprom.

Non lo è dai nostri cosiddetti alleati: Turchia e Israele fanno il doppio gioco e si fingono mediatori per salvaguardare solo i loro interessi; gli Emirati e i sauditi fanno il triplo gioco, come già accade da tempo con il terrorismo islamista.

Nel resto del mondo -come ha ratificato il voto all'Onu- metà della popolazione del pianeta (tra cui Cina, India, Sudafrica e vari paesi africani) si astiene e sta a guardare come andrà a finire.

In fondo, spera che perdiamo ancora.

Non saremmo noi, Occidente, ad essere isolati nel mondo?

Il mondo ci invidia, ci teme, ci imita, dipende da noi.

Ma ci odia.

Sì. Il resto del mondo dice di amarci, ma ci odia.

Ed attende, sotto sotto ma neanche troppo, un nostro ulteriore, catastrofico crac.

Afghanistan docet.


TRA IL DIRE E IL FARE C'E' DI MEZZO...IL MALE!

Putin fa la guerra e cita Gesù Cristo: 'Nessuno ha un amore più grande di questo: sacrificare la propria vita per un amico'.

I cortei per la pace invocano il riarmo nostro e dell'Ucraina.

Non è strano.

Non vedo nessuno in giro che urli 'Voglio inquinare la Terra!'.

Nessuno che esclami 'Amo la mafia!'.

E non vi è alcuno, neppure Putin, che possa sfacciatamente dire 'Facciamo la guerra!'.

Ma tutto questo (inquinamento, traffici illegali, guerra, etc) avviene regolarmente, perché sotto banco (ma neanche troppo...) si fa esattamente il contrario di quel che si dice.

La politica è questo: l'arte di manipolare il vero per rendere il male politicamente corretto (accettabile, potabile, tollerabile, condivisibile).

Lo stesso sta per avvenire rispetto ad una Terza guerra mondiale e all'uso del nucleare.

Tutti negano, ma si farà (la guerra) e si userà (il nucleare).

Al momento giusto, le giustificazioni si troveranno come sempre, statene certi.

Zelensky ha ragione su poche cose, ma su una sì: che -se i negoziati dopo la resa ucraina falliranno (come è probabile)- le grandi potenze occidentali non potranno accettare lo status quo post bellico che – a quel punto- apparirebbe inevitabilmente come una vittoria russa su tutta la linea.

E proprio lì, alla fine di questa guerra, inizieranno davvero i problemi seri anche per noi.

Perchè l'Occidente potrebbe scegliere a quel punto soltanto tra due modi di morire: o rassegnandosi impotente all'espansione russa o distruggendosi sotto le bombe in una guerra di sterminio ormai senza più confini.

sabato 19 marzo 2022

letture nonviolente

sulle potenzialità dell'intervento nonviolento vedete anche questa proposta di Gianni Scotto: https://comune-info.net/fermare-la-guerra-12-proposte/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=Meglio+morti+che+russi%3F

 ma anche questo articolo (grazie, mauro!):


The Root Problem is War Not Putin

BY TIMOTHY BRAATZ

War is armed combat between political communities with the aim of inflicting serious injury or death on multiple, non-specified individuals.

War is slaughter.

War is a highly contagious disease, spreading germs the way a common cold causes its human host to sneeze. Among the many war germs are hatred, fear, dehumanization, tribalism, glorification of violence, and legitimization of murder. Without sufficient therapy, each war leads to the next.

For the recent slaughter outbreak in Ukraine, contact tracing is easy. A partial remission began in Europe in 1953, but the germs festered in a U.S.-Soviet nuclear arms standoff. An international disarmament movement addressed the infection. The greatest breakthrough was empowering General Secretary Mikhail Gorbachev, in 1988, to withdraw the Soviet Union from the Cold War and call for a “nuclear-free and nonviolent world.” Rejecting Dr. Gorbachev’s prescription, the U.S. war syndicate’s European command, known as NATO, expanded its military presence eastward to the borders of Russia, Belarus, and Ukraine.

Ukraine was slaughter-free from 1953-2014. The killing resumed in response to disagreement over whether the national government should be more aligned with Russia or NATO/European Union. In early 2022, Russian president Vladmir Putin intensified the conflict by sending more troops into Ukraine.

Conflict is inevitable, violence is not. The Russian-NATO-Ukrainian-Belarusian conflict is complex. The root problem, though, is that so many participants are infected with the essential war germ: the belief that killing is 1) a legitimate way to resolve conflict and 2) the only viable method of national defense. The little voice in your head saying, “Someone needs to bomb Putin’s tanks” or “If I were there, I’d be shooting Russians”—that’s the war germ.

I contend that if the goal was to minimize human suffering, the violent response to Putin’s violent invasion has proved counterproductive. Thousands of Ukrainian and Russian fighters have died. The frustrated Russian invaders have turned to indiscriminate urban bombing. Civilian deaths are mounting. Millions have fled their homes.

Meanwhile, individual Europeans and North Americans hurry to join the mutual slaughter. Prominent voices plead for NATO aircraft to enter the fray. They sympathize with Ukrainians, yet call for increased suffering. They don’t know what else to do.

In 1940, Adolf Hitler sent German forces into Denmark. Understanding that military resistance was futile, the Danes—without nonviolence training—opted for protest, noncooperation, and sabotage. Their cities weren’t destroyed. Casualties were relatively minimal. The Danes endured five years of humiliating German occupation. They survived.

Imagine the Ukrainians doing likewise. Indeed, protest rallies have begun in Russian-occupied cities. It might violate your sense of justice and honor—there’s the war germ again—but perhaps nonviolent resistance to foreign occupation is better than mutual slaughter and whatever follows.

Since we’re just imagining, we can do better. In 1994, the Ukrainian government renounced its nuclear weapons. What if the government had eliminated its military altogether and replaced it with nonviolent training for all? We’ve seen small groups of unarmed Ukrainians turn back Russian tanks; imagine millions—men, women, children—with the courage and knowledge for nonviolent resistance. Sympathetic foreigners could join them without worsening the situation.

Of course, since an anti-military Ukrainian government would have shunned NATO’s advances, Putin might have left Ukraine unmolested. Putin, you see, is just a vector; the real enemy is war itself.

While we’re at it, imagine nonviolent international peacekeepers—no guns, no blue helmets—who can intervene between parties in conflict, reducing fear and dehumanization, bearing witness. Nonviolent Peaceforce already does this on a small scale; more such non-governmental groups are needed. Then, when a warlord orders a foreign invasion, tens of thousands of unarmed civilians, from around the world, could converge to stand in the way.

Nonviolent defenders could never stop an invading army.” That’s the war germ. But many bewildered and remorseful Russian soldiers quickly surrendered in Ukraine. Imagine how many more would have abandoned their posts if, rather than dodging Ukrainian bullets, they had found themselves face-to-face with a festive parade of civilians expressing concern and friendship, refusing to become infected with the dehumanizing desire to kill, but also refusing to give way.

Just to be clear: Nonviolence isn’t passivity and doesn’t involve flight. Nonviolence is confronting your opponent with courageous compassion. Nonviolence requires the willingness to suffer, even die—just like soldiering—but without the willingness to cause harm.

Nonviolence promises a cure for the war disease. Imagine if masses of trained nonviolent defenders had minimized casualties in Ukraine and demoralized—no, re-moralized—the Russian invaders. One such highly visible success would prove to many skeptics that killing is not the only viable method of national defense—an important step toward total delegitimization of murderous conflict resolution. The first country that institutionalizes unarmed civilian defense will change the world.

Alternatively, we can keep hoping the disease will cure itself, that more slaughter will end all wars.



venerdì 18 marzo 2022

prenderci in giro

 

Siamo già entrati nella fase 2 della guerra: si va chiarendo che lo scontro politico-militare è tra Russia e Stati Uniti. E che l'Ucraina, già armata e addestrata da tempo, rappresenta soltanto lo strumento con cui -ed il territorio su cui- combatterlo.

Putin è un criminale di guerra, esclamano Biden e Blinken (e meno male che Trump era uno squilibrato!).

C'è da fidarsi: loro sì che se ne intendono.

Ma vedrete che -dopo mille accuse reciproche- il criminale di guerra Putin tratterà col criminale di guerra Biden e che l'Ucraina sarà costretta -e proprio da quest'ultimo!- a capitolare: ad accettare di cedere quel che avrebbe ceduto senza subire (e far subire) le perdite e distruzioni che vediamo e che verranno. Dopo gli applausi per i suoi bei discorsi (preparati evidentemente da colti e sapienti spin doctors occidentali), Zelensky vedrà concludersi dolorosamente (per lui e per il popolo che rappresenta fieramente) il sequel della sua telenovela preferita, 'Servant of the people'.

Così come oggi non viene accontentato, domani -quando avrà perso la guerra- lo metteranno nell'angolino che gli spetta.

Il cinismo dei due criminali è già stato infatti ampiamente verificato in molte occasioni anche recenti, mentre proseguivano a fare affari tra loro e a spese dei loro 'amici'.

L'Ucraina non è già da tempo un paese sovrano (come tutti, peraltro).

Semplicemente, dopo questa guerra, non sarà più un protettorato interamente occidentale, ma alcune sue parti diverranno un protettorato russo.

Sempre che questa soluzione, la più comoda e meno sanguinosa per tutti -ed anche per noi- si realizzi veramente e le parti non si impuntino.

Perchè, se invece si irrigidissero, i criminali di guerra (ed i loro rispettivi, criminali alleati) potrebbero avere campo libero per collaborare ad ulteriori criminali imprese da giocare sulla nostra pelle di europei sudditi (ed incapacitati a non esserlo, perché -anche noi- evidentemente non sovrani).

La libertà di cui cianciamo, per contrapporla all'illibertà del nemico, è soltanto un artifizio retorico: quel che ci differenzia da tempo è solo il grado e le forme, non la sostanza.


Nel frattempo, sembriamo scoprire solo ora -con ipocrita sorpresa- che se armo il mio alleato contro l'avanzata nemica su terra sto favorendo la distruzione delle città e l'uccisione di molti civili dal cielo.

Ecco perché, non potendo ottenere dalla Nato la chiusura dei cieli, l'Ucraina è stata condannata dalla Nato (e si è autocondannata, non potendo -anche lei-scegliere altrimenti) ai bombardamenti indiscriminati su ospedali, scuole, teatri, abitazioni.

Quanto più l'esercito russo fatica a penetrare sul territorio tanto più colpirà con missili e caccia.

E tanto più sarà feroce quando arriverà -comunque- dentro le aree urbane.

E quanto più la resistenza resisterà, tanto più sale il rischio che Putin decida di fare il salto dal convenzionale al nucleare (per lo meno 'tattico').

Quel che la Nato dice di voler evitare è esattamente quel che provoca: trasformare un conflitto armato (apparentemente) locale in una guerra nucleare globale.

La Terza guerra mondiale infatti è iniziata. Ma non dall'Ucraina.

Dall'Afghanistan, dalla Libia, dall'Iraq, dallo Yemen, dal Libano, dalla Siria, dalla Cecenia.

La differenza di oggi è che è arrivata -come amano dire retoricamente- nel cuore dell'Europa.

La scoperta è che non possiamo e non potremo più sottrarci.

Ecco perché Macron continua a togliere speranza ai negoziati ed invita l'Europa 'a prepararsi ad una guerra ad alta intensità'. E lo stesso, con altre parole, fa Draghi quando continua a ripetere 'Noi vogliamo fare la pace, ma Putin non vuole'.


(Tra parentesi: gli aiuti militari all'Ucraina sono degli autofinanziamenti: è solo una partita di giro

Gli stati occidentali si pagano le loro stesse armi, comprandole con i propri fondi pubblici o trasferendo denaro con cui poi il paese in guerra gliele compra.

Gli stati in questo modo finanziano le proprie industrie belliche (e cioè se stessi) mentre appaiono come coloro che aiutano altri (ad armarsi).

Se i sindacati, anziché sfilare nei cortei pacifisti, smettessero di supportare e difendere le fabbriche d'armi, le guerre semplicemente non si farebbero per mancanza di materiale.

Invece si preferisce produrre armi, venderle o far finta di regalarle e dire poi che non si vuole la guerra ed il loro uso.

Si fanno i soldi e si salva la faccia, giocando con il culo di chi in guerra ci va e la fa per procura al nostro posto. É una gran presa in giro.

Un giro perfetto.)


Ma basta per ora parlare di guerra. Parliamo di pace.

Qual è il giro che fa la pace quando è incorniciata dalla violenza?

La pace è vista come quiete, assenza di conflitto.

Il conflitto è il male che rompe la quiete e la pace ed è inteso quindi come violenza.

La guerra è una soluzione del problema che determina una nuova pacificazione, cioè un ritorno alla quiete-pace originaria rotta dal conflitto.






La pace incorniciata dalla nonviolenza, invece, fa un altro giro, del tutto diverso.

La pace sussiste e cresce non se vi è assenza di conflitto, ma assenza di violenza.

Il conflitto qui non è un male, ma è un sintomo, una spia della presenza di violenza nel contesto in questione.

La gestione e trasformazione nonviolenta del conflitto rappresenta la chiave per elaborarlo positivamente e far diminuire la violenza del sistema, accrescendo le sue possibilità di vera 'pace'.


Il pacifismo generico, quindi, accoglie i due primi stadi dello schema 1, ma rifiuta il terzo (la guerra). O almeno lo rifiutava, visti gli ultimi cortei che invece (come già accaduto in parte per la Jugoslavia) invitano ad armare gli ucraini e sembrano credere ad una guerra umanitaria.

La nonviolenza si oppone al pacifismo e rifiuta tutt'e tre gli stadi del primo disegno, cambiandone profondamente premesse e conclusioni.

Pacifismo e nonviolenza quindi non solo non sono sinonimi, ma sono (e lo stanno divenendo sempre più chiaramente) antagonisti ed incompatibili.


Se esistesse realmente un movimento nonviolento per la pace cosa dovrebbe/potrebbe fare...?

 (PS: sulle potenzialità della nonviolenza attiva vedi anche il prossimo post)

1. Sostenere, stimolare, coordinare e difendere tutti quegli atti di protesta, di smarcamento, di non collaborazione e di disobbedienza che iniziano a spuntare qua e là, coraggiosi e soli.

L'intrepida giornalista moscovita che è scomparsa e ricomparsa dopo aver mostrato un cartello in tv.

I dissidenti russi che manifestano e si fanno arrestare a migliaia; quelli che occupano le superville degli oligarchi nei luoghi di villeggiatura europei.

Gli appelli di insegnanti e professori universitari russi contro la guerra.

L'obiezione di coscienza di migliaia di giovani russi.

La resistenza non armata dei cittadini ucraini contro i sindaci collaborazionisti a Kherson e a Melipol.

I maschi ucraini che non ci stanno a uccidere e morire in guerra e disertano, entrando in clandestinità o fuggendo in altri paesi.

2. Farsi promotore di veri processi di mediazione. Non una posizione 'né-né', ma 'e-e', tipica di ogni processo di mediazione davvero equidistante. Non attraverso mediatori quindi che abbiano interessi in campo (non USA o UE, ma neppure Turchia o Israele).

L'ONU è stata definitivamente rottamata con questa guerra.

Sarebbe necessario ed urgente creare esperimenti di diplomazia popolare diretta, corpi di mediazione che siano pronti e capaci di intervenire in situazioni di conflitto per prevenire le guerre e per favorire l'insorgere di immediate trattative al loro primo deflagrare.

3. Farsi promotore di vere forze di interposizione neutrale e di neutralizzazione del conflitto armato, contingenti di polizia internazionale e corpi civili di pace, così come peraltro previsto dalla Carta dell'Onu e rimasta ovviamente e premeditatamente lettera morta.

In alternativa, l'attività dei volontari e delle ONG viene finanziata dai governi per intervenire ad assistere coloro che vivono i disastri della guerra che gli stessi stati producono: la compassione da cattiva coscienza va da sempre insieme alla distruzione, come le gambe e le bombe scendevano dal cielo abbracciate a Kandahar.

Sarebbe il tempo di creare delle ONG che intervengano prima e al posto della guerra e la smettano di arrivare soltanto come avvoltoi sul luogo del delitto a mis-fatto compiuto.

Se non volessero essere -come è ora- solo dei complici e delle comparse.




martedì 15 marzo 2022

meglio morti che russi ?

Nei primi anni '80 -quando ci trovavamo a Comiso a lottare contro l'installazione dei Cruise- circolava un libriccino della CND (Campaign for Nuclear Disarmament) che si intitolava 'Protest to survive'.

I suoi promotori, tra cui personaggi famosi come E.P.Thompson e B. Russell, proponevano uno slogan che icasticamente sentenziava: 'Meglio rossi che morti !'.

I loro avversari, favorevoli al rischio nucleare pur di salvarsi dal rischio comunista, si opponevano esclamando, altrettanto iperbolici: 'Meglio morti che rossi!'.

Quel che mi colpisce ora, in questa guerra -a differenza di altre, passate ed in corso- tanto propagandata e sbandierata, è il riproporsi di un conflitto morale e politico di questa natura.

Zelensky e i tanti autoproclamati pacifisti che oggi esaltano la libertà e i diritti dei popoli anche a costo di fare la guerra, di armare e riarmarsi, ricordano quei guerrafondai di allora.

Gente che usa il liberalismo e l'idealismo a corrente alternata e solo quando gli fa comodo.

Abbiamo rivissuto nei due anni appena trascorsi lo stesso tipo di dilemma, ma i sedicenti pacifisti armati di oggi l'avevano risolto esattamente all'opposto: il virus pandemico faceva loro scegliere ed imporre a tutti noi il valore supremo della vita, della salute e della sopravvivenza a discapito della libertà e dei diritti personali e sociali.

Allora bisognava essere 'realisti', ora gli stessi ci richiamano all'idealismo per valori che dovrebbero indurci a giustificare e reclamare la guerra.

Allora, la responsabilità morale risiedeva nel proteggere e vaccinarsi per salvare vite umane; ora, invece, risiede nell'assumere il ruolo di combattenti che fanno (fare) la guerra in nome della pace.

Allora la libertà si poteva sacrificare per sopravvivere, ora si sacrificano vite e salute per gli ideali di patria, democrazia, giustizia.

Le cose non sembrano tornare per via logica; ma ritrovano un senso nel cogliere la matrice comune che sta al fondo di entrambe le scelte: lo Stato e le sue istanze di controllo, ordine, dominio su tutti noi.

Lo stesso Stato che ci ha imposto vaccini e pass su pass, obbligandoci ancora oggi a rinunciare a quei pochi brandelli di libertà che ci restavano, ora è lo stesso a volerci far credere che solo la guerra potrà salvare la libertà nostra e degli ucraini.

E, così come per il Covid, quasi tutti dietro a seguirlo.

E, così come per il Covid, quasi tutti a condannare chi non si allinea sul fronte contro il comune nemico e continua a chiedere equidistanza, ascolto, alternative, mediazioni.



Entro poco finirà la fase maniacale. Degli ucraini e dei loro 'Vinceremo!'.

Degli occidentali e delle loro trombe pacifistiche che chiedono la guerra e accolgono milioni di profughi senza sapere che cosa sarà di loro (ma si può già immaginare, purtroppo).

Finirà. Ed inizierà, dolorosamente, quella depressiva: gli ucraini (combattenti o meno) capiranno sulla loro pelle che cosa significhi subire un massacro.

L'attore Zelensky e il pugile Klitsckho (sindaco di Kiev) la smetteranno di agitare la lingua e i pugni.

Hanno portato la loro nazione alla distruzione e alla morte, anziché difenderla dalla guerra.

Che cosa significa difendere un popolo se non evitargli la distruzione delle case, gli esodi di massa, le stragi di fragili esistenze abbandonate?

Ed invece, difendere significa ancora solo contrattaccare, respingere, violentare ed uccidere a propria volta.

E questi sarebbero quindi, alla fine, 'i nostri valori' ?

Perchè gli ucraini hanno preso questa strada senza prospettive e senza speranza?

Perchè spinti da altri, perché invasati di potere, perché votati ad un nazionalismo machista, mitomanico e megalomane.

Ma anche noi europei, quando assisteremo alla loro disfatta militare capiremo di aver solo coperto il nostro vuoto politico, le nostre collusioni e la nostra viltà.

Solo questo sta dietro il nostro tifo per la causa ucraina, di cui -sinceramente- non ci importerebbe un bel nulla (come è stato finora, d'altronde), se non fossimo alla canna del gas (russo) e presi per le palle, come al solito, dalla Nato.

La depressione salirà ancora nelle nostre società, cresceranno ulteriormente angoscia e panico.

La guerra economica che abbiamo intrapreso, infatti, non tarderà a trasformarsi presto in un'economia di guerra: austerità, inflazione ed immiserimento per la maggioranza, risorse destinate ad una spaventosa corsa agli armamenti (spacciata per Nuova Difesa Europea), oligarchie sempre più dispotiche e prepotenti, contrasto e confrontation continua tra superpotenze imperiali.

Perchè ormai lo sappiamo: al di là dei proclami e delle rassicurazioni, siamo nella merda.



























sabato 12 marzo 2022

nuovi giochi e vecchi(ssimi)





Il vecchissimo gioco

L'Occidente: 'c'è un aggressore ed un aggredito, noi stiamo con gli aggrediti...'

La Cina scarica su Usa e Nato le responsabilità della guerra: 'Hanno spinto la tensione verso il punto di rottura'.

In sistemica si chiama 'punteggiatura della sequenza degli eventi'.

Risponde alla classica domanda: 'chi ha iniziato?'.

Ogni parte dice e cerca di dimostrare che, in caso di conflitto, ha iniziato l'altro.

Ma, quando si arriva all'aggressione bellica (o ad un omicidio, o anche soltanto ad un litigio con percosse) molte cose sono avvenute prima, coperte o palesi, tra le parti.

Provocazioni, offese, silenzi omertosi, mosse tattiche, appelli inascoltati, rimozioni, mancanze ed insistenze.

La violenza è sempre un circolo vizioso.

Impossibile dire davvero -imparzialmente- 'chi, quando, come' ha iniziato.

Ma è decisivo -per giustificarsi- riuscire a portare l'altro ad aggredire apertamente, in modo tale da poterlo accusare di essere lui, solo lui, l'unico aggressore e che tu, invece, debba necessariamente re-agire 'per difenderti'.

La guerra di difesa vuole sempre apparire tale; per farlo, ha bisogno di dimostrare sempre che il 'casus belli' scaturisca dal comportamento del nemico.

La violenza strutturale (apparentemente non aggressiva) sa sempre come stimolare la violenza diretta (esplicitamente aggressiva e distruttiva).

Vale tra i partner, come tra i gruppi e tra gli stati.

É sempre la solita vecchia storia, quella che stiamo vivendo oggi.

E ci siamo ricascati, ci ricaschiamo ogni volta...



Il nuovo gioco?

La pedagogia delle catastrofi rivela però ancora una volta tutta la sua potenza innovativa.

Quel che sta accadendo -infatti, inevitabilmente- ci costringe a cambiare vita.

Non sarà un'emergenza breve, e soprattutto non sono e saranno di piccola portata le sue conseguenze.

L'emergenza Covid è stata scaraventata in un attimo nell'angolo, scavalcata dal nuovo spettacolo e dalle nuove urgenze. Toccherà anche alla guerra: quando gli ucraini vivranno la loro disfatta militare, la smetteremo ipocritamente di commuoverci, anche i media li lasceranno alla loro triste sorte e sorgerà una nuova, più attraente, emergenza all'orizzonte (non mancheranno).

La guerra ai califfati ora sembra un giochetto, rispetto a questa. Il terrore di stato ci appare -e giustamente- ben più potente, esplosivo ed organizzato dei terrori islamisti.

La crescita economica è di nuovo in coma, boccheggiante: la decrescita (forzata) è d'obbligo, fosse anche soltanto per risparmiare e risparmiarsi qualcosa.

Sul fronte energia, ad esempio: la ricerca di alternative al fossile (petrolio e gas) dovrà – forzatamente- accelerare.

Ma pensiamo anche alle migrazioni: l'accoglienza ai profughi (milioni) sta cambiando, a partire dai paesi più riluttanti, forzati ad agire -in senso opposto ad intenzioni e dichiarazioni precedenti- da esodi di massa senza precedenti (ma antecedenti e inferiori a quelli che verranno).

E pensiamo al cambiamento climatico: si ritorna ai problemi dell'oggi, il futuro può attendere e ri-entrare nei ranghi marginali dell'agenda politica (fatte salve -forse- le eventuali accelerazioni nella ricerca di alternative energetiche di cui sopra). In attesa di nuovi cataclismi che, per qualche ora o giorno, ci riportino a parlarne, invano.

Lo choc della guerra, insomma, ben più della pandemia, potrebbe costringerci a cambiare per forza.

C'è da dubitare che la militarizzazione delle nostre vite in corso possa comportare anche un cambio nelle premesse profonde.

Ma, per scelta o per forza, attraversando la catastrofe, qualcosa di nuovo dovrà avvenire, in questo nuovo ordine mondiale che avanza impetuosamente e fuori controllo.



Il vecchio gioco.

Ma, nell'apparenza del nuovo, fa impressione proseguire a vedere i potenti d'Europa riuniti a Versailles, come un tempo i re di Francia (quelli che erano stati ghigliottinati qualche secolo fa), che -come se niente fosse- si intrattengono a corte, danzano i loro minuetti, si fanno gli inchini e sghignazzano tra loro, prima di emettere i loro terribili proclami, divenuti improvvisamente seri e decisi, bellicosi e fieri di rappresentarci (e sbertucciarci).

Si continua, ogni volta, a coltivare l'illusione che l'Europa unita abbia la forza di liberarsi dei vincoli che hanno oppresso i suoi singoli stati per ormai quasi un secolo.

Un' Europa autonoma ed autodeterminata avrebbe potuto e dovuto svolgere un ruolo di mediazione in questa guerra, senza appiattirsi su USA e Nato e sulla loro politica di occupazione-militarizzazione dell'Ucraina in funzione anti-russa (occupazione iniziata ben prima di quella armata da Putin due settimane fa).

Ma, ancora una volta, così non è. Pur trovandoci in mezzo tra i due blocchi riemergenti, e pur dipendendo enormemente da entrambi, ci siamo schierati dalla solita parte contro l'altra, scegliendo di non poter scegliere mai.

Lo si è capito -un anno fa- quando l'Ema non ha riconosciuto i vaccini 'comunisti'.

Lo si capisce ora quando la Russia torna ad essere il nemico numero uno dell'Occidente libero.

Siamo ancora lì, e non ci si riesce a muovere di un passo.

Le corde che ci legano sono troppo stringenti: lo osserviamo dalla miriade di luoghi comuni, reazioni automatiche, negazione di alternative, atteggiamenti eroistici che ci attorniano senza requie in tv, in rete e nelle discussioni quotidiane.

La guerra appare -coattivamente- come l'unica soluzione, come il vaccino (USA) lo è stato per il virus e la DAD (USA) di Google e Microsoft per l'istruzione.

E chi guarda altrove è solo un traditore della patria, un renitente, un disertore.

Ma val la pena, ancora una volta, di stare dalla parte del torto e di urlare -ancora e sempre: 'non in mio nome!'.

 

martedì 8 marzo 2022

parole al vento (di guerra)

 

Non farci coinvolgere!

Osservo con soddisfazione che, dopo più di dieci giorni dai primi missili, il sito di Repubblica abbia corretto il titolo 'Il conflitto Russia-Ucraina' in 'La guerra Russia-Ucraina'.

Il conflitto esiste da molti decenni e attraversa diverse dimensioni e livelli: culturali, territoriali, politici, economici.

Quel che si è avviata ora è una guerra, che non è altro che uno dei modi (violenti) di gestire quei conflitti. Confondere guerra e conflitto è un dogma irrinunciabile per chi vuole difendere l'idea che l'unica risposta sia quella militare.

Non possiamo esimerci dall'essere coinvolti in un conflitto come questo, perché ci coinvolge alla radice. Un'altra cosa sarebbe/è farci coinvolgere dalla guerra.

Ma anche su questo livello il mantra del 'non farci coinvolgere' (per quanto resistiamo ad entrare direttamente in campo) mostra evidentemente la corda: siamo già nella lista russa dei paesi 'ostili' e stiamo giocando col fuoco.

Quando l'Ucraina sarà invasa e Kiev occupata, la tentazione ed i richiami ad entrare apertamente in guerra per l'Occidente si faranno pressanti.

Credo che -come ho già scritto- lì tradiremo definitivamente gli ucraini.

L'alternativa sarebbe ancora più tragica e sanguinosa, e si chiamerebbe Terza Guerra Mondiale (nucleare). Non vedo dove sarebbe il guadagno in termini di distruzione e morte per l'Europa e la Russia intere. Per evitare, forse, 100.000 morti ucraini e russi metteremmo a rischio la vita di milioni di persone nel mondo intero.

Credo che, se la follia si porrà dei limiti, l'unica vittima sacrificale è, sarà e resterà l'Ucraina.

Ma, purtroppo per tutti noi, non è detto che questi limiti non possano essere scavalcati, come spesso è accaduto nella stupefacente e terribile storia degli umani.


Non generare escalation!

In ogni prima fase di guerra questo è l'altro mantra d'obbligo per chi dice di volere la pace.

Lo dicevano tutti, prima che iniziasse, e sappiamo com'è andata.

Continuano a dirlo tutti, ora che ci siamo dentro fino al collo, e sapremo come andrà.

La guerra è, per sua essenza, causa ed effetto d'escalation.

Dentro una guerra non può non esserci escalation.

A meno che almeno una delle due parti non disarmi unilateralmente e vada a trattative.

O a meno che non si erga una potenza mediatrice che abbia la forza, il prestigio e la fiducia delle parti per 'costringerle' a trattare e a far cessare il fuoco.

Non mi pare che queste due condizioni si stiano realizzando.

E quindi escalation è e sarà, ancora per un bel po': con buona pace di tutti, la guerra continuerà sino a quando Putin vorrà.

La fase 2, ad occupazione avvenuta, è ancora tutta da vedere.

Rappresaglie reciproche (politiche, energetiche, militari, nucleari?) sono però certe sin d'ora.

Il nuovo dis-ordine mondiale è -comunque- alle porte.


We stand with Ucraine!

Il terzo mantra è 'c'è un aggressore e un aggredito, noi stiamo con questi contro quelli'.

Ogni volta che un bullo aggredisce una vittima sono molte le domande -sistemiche- che dovremmo porci. E comprendere (o almeno ascoltare) le motivazioni del bullo non significa giustificarne le azioni o non cercare di interromperne la violenza in atto.

Se si vuole mediare è necessario non parteggiare.

A meno che non si sia diventati razzisti verso un popolo (compresi i russi anti-Putin ed anti-guerra), e non più contro un governo o uno Stato.

Mi pare ovvio -anche ai nostri occhi oltre che inevitabilmente a quelli dei russi- che non possiamo porci come mediatori se -nel frattempo- diamo armi ed aiuti ad una parte sola.

E se è impossibile essere neutrali, possiamo però sempre provare ad essere equidistanti e multiparziali.

E se non possiamo esserlo noi, è importante trovare qualcuno che ci possa riuscire.

Magari un africano?

Se fossi un africano sarei incazzato nero con noi: dopo un decennio di respingimenti razzisti, ora stiamo per ospitare milioni di bianchi ucraini, a braccia aperte, come se all'improvviso fossero spuntati cuori, abitazioni, lavoro e risorse.

Per farci amare da qualche milione di ucraini, stiamo scegliendo di rafforzare l'odio ed il risentimento nei nostri confronti da parte di miliardi di neri ed asiatici.

Ce li meritiamo di brutto.

Tutto questo 'amore' è ipocrita, anticristiano, buonista ma discriminatorio e razzista nel profondo.

Come sempre, 'we stand with ourselves', e basta.


La democrazia vincerà!

L'ultimo ritornello è 'il crimine non paga, il diritto e la democrazia vinceranno'.

Nel 2019 Putin già dichiarava ad un giornalista che 'la democrazia aveva fatto il suo tempo'.

Come dargli torto?

Tutti i tentativi di 'democratizzare la democrazia' -perlomeno dagli anni 80 ad oggi- sono stati respinti, marginalizzati, ridicolizzati, repressi.

Il ritorno al dispotismo e al (neo)feudalesimo era già nelle cose da tempo: la post-democrazia non l'ha inventata Putin né questa guerra.

La stiamo realizzando ovunque, attraverso le nostre scelte, i nostri mercati, i nostri muri e le nostre guerre.

Che il crimine paga l'abbiamo già dimostrato noi ampiamente.

Che il diritto e la democrazia non vincono contro la violenza e la prepotenza, anche.

In Afghanistan, in Libia, in Siria, in Birmania, a Guantanamo, in Palestina, in Algeria, in Egitto.

Così come in Russia, Bielorussia, Kazakistan o in Turkmenistan, Cina, India e Pakistan.

La democrazia che volevamo esportare con la guerra ora ci si ritorce contro: noi l'abbiamo persa, loro l'hanno rifiutata. In entrambi i casi, per un solo amore: quello per il dominio ed il denaro.

Questa guerra, e quelle che verranno, sono soltanto il consequenziale epilogo della storia nel capitalismo (occidentale).

Una storia che aveva intenzionalmente confuso globalizzazione con cultura planetaria, e sostituito impunemente l'ecologia con il greenwashing, la nonviolenza con il pacifismo, il socialismo con il solidarismo filantropico.

E che continua a farlo, con insistenza spocchiosa, arroganza senza fine e totale assenza di lungimiranza.

Putin guarda all'indietro, propala modelli e orientamenti terribili, ma ha una visione del futuro.

Noi no.



domenica 6 marzo 2022

come formichine impazzite

 

Il terribile amore per la guerra ci attiva. Molto più dell'amore per la pace, o per il bene del pianeta.

Come tante alacri formichine, gli ucraini si industriano per ogni dove a produrre ordigni, ad affastellare sacchi e cavalli di frisia, a cantare patriottici inni.

Quel che li anima lo chiamano 'amor di patria', e non è altro che il solito, terribile 'amore per la guerra'.

Intanto, qui da noi, i sergenti cattivi, quelli che bellamente producevano e vendevano armi sino ad un attimo fa per la gloria del PIL nazionale, ora fanno i sergenti buoni e si agitano a salvare bambini, a pregare col Papa, ad amare le badanti. (vedi Salvini e, si parva licet, Cappellacci).

L'onorevolissima Pinotti, già Ministra della Difesa, invoca tradizioni partigiane, mentre lavora per proseguire a produrre armi da combattimento per Finmeccanica o Leonardo.

Renzi ora attacca Putin e adora i gialloblu, ma si scopre che il suo governo aveva venduto ai russi i blindati ora in uso, peraltro in un periodo in cui era già vietato dalle sanzioni.

Ed anche D'Alema tratta tangenti per sé in cambio di armi per una repubblica delle banane in America del sud.

Per non parlare di Berlu e delle sue felici, ormai superate, memorie sul lettone dell'amico russo.

E di Israele (Israele!) che si offre per mediare i conflitti, vista la sua grande esperienza di mediazione nei suoi territori (palestinesi).

Ora: già si sfiora il ridicolo a veder negoziare delle parti già in guerra, come se -a questo stadio del conflitto- fosse ancora possibile farlo senza mediatori o arbitri.

Ma se il mediatore è Israele, la soglia del ridicolo è ampiamente superata e si entra nel grottesco.


Ma come non restare scettici anche davanti a tutto quest'agitarsi di volontari, ong, associazioni di solidarietà che nulla fanno contro la guerra, quando sarebbe il tempo, ed ora si attivano per coglierne i malefici frutti?

Ricordano i filantropi inglesi di fine ottocento che si prendevano cura dei derelitti con i soldi ricavati dalle conquiste coloniali, che -nel frattempo- proseguivano col loro sostegno.

Ma 'tanto è ladro chi ruba che chi para il sacco', ci ricordava Don Milani.

La solidarietà non salverà un bel nulla, se non la nostra cattiva coscienza.

Se fossimo capaci -prima- di essere umani, potremmo smettere -dopo- di fare gli umanitari.

 

Scopriamo che i 'no war' contano sui media molto meno, dei 'no vax'.

Non ci si perita neppure di invitarli a trasmissioni o talk show, non se ne parla sui giornali.

Semplicemente non esistono.

E quando appaiono sono lì con i loro stupidi, ingenui, utopistici slogan e balletti in piazza, in cui invocano -insensatamente e -giustamente- invano- la pace nel mondo con le loro pietose bandierine iridate che non hanno mai detto null'altro che 'lasciateci in pace'.

E queste stesse manifestazioni 'per la pace', quando la situazione degli ucraini precipiterà, si trasformeranno in cortei che richiedono il nostro intervento militare, per salvarli ovviamente.

Intanto, si continuano a mostrare gli eroici soldatini civici della terra invasa, ma nessuno parla dei 3000 obiettori russi che non hanno seguito Putin in questa metodica follia.

E Roberto Bolle che sale sul palco a Dubai, invocando pace ed unità dei popoli attraverso l'arte, ed avvolge con la bandiera blu e gialla una sua danzatrice: si fa una scelta di campo e si spaccia l'arte per linguaggio di pace che unisce le genti.

É proprio per premesse come queste, quelle di chi -da buon integralista democratico- si sente buono e fa il male senza neppure averne o coglierne l'intenzione, che è scoppiata anche questa ennesima guerra.

Se tu umili l'Iraq o la Libia, i problemi globali sono relativi (anche se vediamo ampiamente le conseguenze di quel che abbiamo combinato anche in quei paesi)

Ma se tu umili un gigante come la Russia, se provi ad accerchiarlo ed inglobarlo, a non riconoscerne i bisogni, se insisti soltanto a sfruttarne le risorse senza che si senta adeguatamente rispettato, ecco che allora -ad un certo punto- qualcosa accade.

E, come già accaduto con i radicalismi islamici, giù tutti ad esclamare: 'incredibile, impensabile, imprevedibile, assurdo...!!'.

Significa proprio non aver capito nulla di come funzionano gli umani.


Questa guerra non è tra Russia ed Ucraina.

É uno scontro tra due imperi feudali ipercapitalisti in formazione: uno, ad Ovest (USA/UE), palesemente ed irreversibilmente in declino, ed un altro -la RusCindia- ad Est, palesemente ed irreversibilmente in ascesa.

La parte in ascesa vuole dare un altro colpo, con questa guerra, ad un Occidente che- da parte sua- vede come sempre solo nella guerra una possibilità di ripresa e di riequilibrio dei poteri.

Ma quel che otterranno -entrambi- sarà soltanto un ulteriore aumento catastrofico del caos sistemico globale: migrazioni ed esodi, distruzioni e inquinamenti radioattivi, stragi di civili, guerre permanenti, morte definitiva di qualunque istituzione regolativa internazionale.

Ed ancora una volta gli Stati Uniti si limiteranno a vendere e distribuire armi e guerra e a far sì che tutti i conflitti però si vivano in Europa: saremo solo noi a dover gestire le conseguenze -attuali e a lungo termine- di quel che sta accadendo oggi.

E, per quanto ancora più isolati e alla frutta, gli USA ne usciranno comunque meglio di noi europei, come sempre. E noi ne diverremo ancora più dipendenti e li seguiremo in altre guerre e in altre disfatte (perché il corso della storia non si può forzare più di tanto, se l'unica nostra forza -e non ne possiamo neppure essere più tanto sicuri come un tempo- è la guerra).

Credere in qualcosa di diverso significa non aver capito nulla di quel che è già accaduto nel XX secolo e a quel che sta venendo a cambiare nel XXI.

E molte cose stanno per cambiare, esclusa la guerra.

Solo lei, sotto il trucco, è sempre la stessa.

giovedì 3 marzo 2022

Generale Attanaglio

 



C.v.d., ecco subito giunto il nuovo stato d'emergenza infinita.

Sino al 31 dicembre eccoci ri-attanagliati in Italia, questa volta dalla guerra.

Col consenso di tutti in Parlamento (con sparutissime ed encomiabili eccezioni).

'Non volteremo la faccia dall'altra parte!', esclama il Drago.

Ed infatti: la faccia è sempre, da sempre, voltata verso lì, solo verso la guerra.

Magari voltassimo la faccia, finalmente, da un'altra parte: quella che smette di produrre e vendere armi, di premiare e non isolare chi lo fa, di fare a gara di potenza e prepotenza ogni giorno.

Ma l'unica guerra che non ci piace è sempre e solo quella degli altri.

La nostra è sempre quella giusta: difende i nostri valori, la libertà e la democrazia.

Ma l'unico valore che la guerra riconosce è la guerra stessa.

Sia che si offenda, sia che ci si difenda.

Ma l'umanità non è (lo sarà mai ?) pronta a riconoscerlo.

E la storia non produce apprendimento, e si ripete, in barba a qualunque proclama di ravvedimento o lungimiranza.


La seconda manovra a tenaglia è quella che si sta abbattendo sui poveri ucraini.

Da un lato, l'invasione russa, che non lascerà loro scampo sino a quando non raggiungerà i suoi sanguinari obiettivi d'espansione. Sarà una strage, uno sterminio, di casa in casa: migliaia di esseri umani spariranno dal mondo in pochi giorni od ore.

Dall'altro, la totale ipoteca dell'Occidente che, con le sue armi d'aggressione e pelosa compassione, se la sta acquisendo di fatto, per la parte che Putin le lascerà governare (o strapperà a quest'ultimo con un'altra guerra) in futuro.

In ogni caso, un paese non più sovrano.

Ma d'altra parte, questo termine che senso ha ormai, per qualunque Stato?

La sovranità identitaria è soltanto l'extrema ed illusoria ratio per provare a difendersi dall'imperialismo neofeudale in ascesa.

Questi sono solo gli ultimi gemiti degli Stati nazionali, che saranno -entro qualche decennio-obbligati a scegliere solo tra un impero o l'altro (che si chiami con nuovi nomi, oppure USA-UE e Rus-Cindia...).


La terza tenaglia si sta chiudendo sull'economia e sulla popolazione russa.

Sanzioni mai viste prima porteranno la maggioranza dei russi ad odiare noi, non Putin (salvo quelli che, tra loro, lo detestavano già e in aggiunta qualche risentito oligarca).

I nostri aiuti militari non faciliteranno di certo i negoziati, ma anzi avvicineranno ancor più pericolosamente la possibilità di un'escalation tra i blocchi, sino all'utilizzo di armi nucleari.

Le testate tattiche da teatro non sono più un tabù; come si sa da tempo, hanno decretato la fine della MAD (Mutua distruzione assicurata) e quindi di una più probabile deterrenza al loro uso.

Continuiamo a non crederlo possibile.

Ma questa incredulità è la stessa che ci impedisce di accettare il cambiamento climatico e di cambiare davvero strada.

Ed è la stessa che ha sempre colpito le persone, spesso anche sagge e normalmente intelligenti, sino ad un'ora prima dello scoppio fatale.

Prima che la tenaglia stringa definitivamente a morte le nostre fragili, nude vite.

'Siamo tutti in pericolo', ci ricordava Pasolini nella sua ultima intervista, prima di essere ucciso.