sabato 30 settembre 2017

houellè

Viaggiamo protetti nella luce uniforme
in mezzo a colline rimodellate dall'uomo
e il treno ha appena raggiunto la sua velocità di crociera
viaggiamo nella calma, in un vagone Alstom,

nella geometria dei piccoli appezzamenti di terreno,
viaggiamo protetti dai cristalli liquidi
dai tramezzi perfetti, dal metallo, dal vetro,
viaggiamo lentamente e sogniamo il vuoto.

A ciascuno le proprie noie, a ciascuno le proprie faccende;
una respirazione densa e semisociale
attraversa il vagone; alcuni vicini si annusano,
sembrano tormentati dalla loro parte animale.

Viaggiamo protetti in mezzo alla Terra
e i nostri corpi si restringono nelle conchiglie del vuoto
a metà del viaggio i nostri corpi sono solidali
voglio avvicinarmi alla tua parte umida.



Scrivere,
comunicare con gli uomini,
sono così lontani.
Godere
(di solito con la propria mano).
Un po' d'amore, odore di mela,
andarsene
(molto lontano, così lontano. Troppo lontano.)

Esiste uno spazio indivisibile e fecondo
in cui viviamo uniti nella nostra diversità,
tutto vi è silenzioso, immobile e profondo,
esiste uno spazio al di là dell'infanzia.


Abbiamo stabilito un rapporto diagonale
sotto la presenza oscura, incerta delle betulle
adunche, nel silenzio impuro e verticale
che ci avvolgeva come un'acqua
lustrale.

Il desiderio circondava le nostre vite come una fiamma,
abbiamo accettato di servirgli da stoppino
non immaginavo il potere di una donna,
lontano dalle tue labbra le mie labbra diventavano
in fretta secche
e morte.

Da solo sul divano la notte è soffocante,
mia sembra che la notte sia ogni volta più oscura;
accendo un fiammifero; la fiamma scaturisce, tremula,
le immagini del passato si incrociano fra le ombre,
mobili.

Rivedo le betulle,
stasera
mi verso un po' d'acqua,
sono solo nel buio.

Le masse d'aria soffiavano tra i boschetti di lecci,
una donna ansimava come se stesse partorendo
e la sabbia sferzava la sua pelle nuda e terrea,
le sue gambe si aprivano sul mio destino di amante.

Il mare si ritirò al di là dei miracoli
su un suolo nero e molle in cui si aprivano delle possibilità
aspettavo il mattino, il ritorno degli oracoli,
le mie labbra si dischiudevano per un grido invisibile

e tu eri il solo orizzonte della mia notte;
conoscendo il mattino, soli nelle nostre carni vicine,
abbbiamo attraversato, senza sofferenza e rumore,
le pelli sovrapposte della presenza divina

prima di penetrare in una pianura diritta
disseminata di corpi senza vita, nudi e irrigiditi,
camminavamo fianco a fianco su una strada stretta,
avevamo momenti di ingiustificato amore.

Ci svegliavamo presto, ricordati tesoro;
il mare era molto alto e schiumava sotto la luna
ce ne andavamo entrambi, fuggivamo senza
farcene accorgere
per vedere l'alba che aleggiava sulle dune.

Spuntava il mattino come un albero che cresce
nella città addormentata incrociavamo dei pescatori
attraversavamo vie serene di biancore;

benedizione dell'alba, gioia semplice offerta a tutti,
le nostre membra intorpidite fremevano di felicità
e posavo la mano sul tuo cuore.


Cerimonie, soli calanti,
poi la costellazione del Cigno
e la sensazione di essere indegno,
l'impossibilità del canto.

I tuoi occhi sono lo specchio del mondo
Marie, signora dei dolori,
Marie che fa battere il cuore;
attraverso te, la Terra è rotonda.

Non c'è abisso limite
in cui urlano le acque di terrore,
il tempo si ripiega e abita
nello spazio della tua dolcezza,

nello spazio del tuo splendore,
il tempo si ripiega e abita
una casa di pura dolcezza,
il tempo catturato dai riti

ci avvolge nel suo biancore
e sulle nostre labbra unite palpita
un canto muto, geometrico

di straziante dolcezza
un accordo perfetto, autentico,
un accordo in fondo ai nostri cuori.


C'è una strada, una possibilità di strada
e c'è pure un segno
che è dato ad alcuni,
ma alcuni sono indegni.

Tra i fiori del divano
i miei occhi si aprivano una strada
rinuncio a discolparmi
c'è l'occhio e poi la mano.

La possibilità di vivere
comincia nello sguardo dell'altro
i tuoi occhi mi aspirano e io mi inebrio,
mi sento lavato dalle mie colpe.

La liberazione, sento venire la liberazione
e la vita libera, dove sta ?
Alcuni minuti sono davvero belli,
riconosco la mia innocenza.


So che ogni male viene da me,
ma l'io viene dall'interno
sotto l'aria limpida, c'è la gioia
ma sotto la pelle, c'è la paura.

In mezzo a questo panorama
di montagne di media altezza
riprendo a poco a poco coraggio,
accedo all'apertura del cuore
le mie mani non sono più impedite,
mi sento pronto per la felicità.



Lo ripeto, ci sono momenti perfetti. Non è semplicemente la scomparsa della volgarità del mondo; non è semplicemente l'intesa silenziosa nei gesti così semplici dell'amore...E' l'idea che questa intesa potrebbe essere duratura; che nulla, ragionevolmente, si oppone a che sia duratura. E' l'idea che un nuovo organismo è nato, dai gesti armoniosi e limitati; un nuovo organismo in cui noi possiamo, fin d'ora, vivere.


da M.Houellebecq, La ricerca della felicità 

candy

L'universo non ha un centro
ma per abbracciarsi si fa così:
ci si avvicina lentamente
eppure senza motivo apparente,
poi allargando le braccia,
si mostra il disarmo delle ali,
e infine si svanisce,
insieme,
nello spazio di carità
tra te
e l'altro.


C'è un male
che non aggiunge male
sgombera spazio
lo vara tagliando
la corrente del superfluo,
l'automa dell'anima.
C'è un male che fa guarigione:
dare la ferita
bilancia il polso
luccica semplice la lama
e lo spazio sgombro
addestra
il cuore spogliato.
E' difficile
a qualsiasi età
diventare adulti,
lasciar fare al macellaio
o all'autunno,
un'arte caritatevole.


La vita nuova
arriva taciturna
dentro la vecchia vita
arriva come una morte
uno schianto
qualcuno che spintona così forte
un crollo.
E' una scrittura tanto precisa
e netta da non lasciare dubbi
né sfumature di senso eppure
non dà direzioni né mete.
La nuova vita irrompe
come un vecchio che cade
sul ghiaccio, un pensiero
davanti a un muro, la
sirena di un'ambulanza.
Non ci sono feriti
né annunci di sciagura
solo noi da convincere
a lasciar perdere il miraggio
di una via rettilinea, di un
orizzonte, lasciarsi curvare,
piegare alla tenerezza
delle anse del destino.
La vita nuova
è come un grande tuono
sbriciolato
poi a poco a poco
l'erba si china
sotto la pioggia
la prende
la beve.

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Pesa essere amore grande?
Non essere luce sorvegliata,
ma squarcio abbagliante,
pesa ? Essere la sorte
di un deserto la sua improvvisa
ignota a tutti eppure evidente
fioritura, è pesante ?
Pesa reggere leggerezza,
petalo stracciato senza gambo ?
Fa sentire soli essere
assolutamente
amati
con decisione ferma
con assenza di volontà e precisione
di funambola,
fa sentire la solitudine
abdicata dell'amore grande ?
Bisogna spiantare il centro,
traslocare e sgomberare
l'amare grande,
notare il colore del cielo
offrirgli spogliato
il volto, il corpo allungarlo
come erba selvatica
alla luce. Bisogna
chiedere grazie al ghepardo del cuore
alla sua falcata che disegna
la profondità del fitto
l'abitudine paga del vuoto.
Bisogna che io muoia
che becchetti nella mano
tua
i semi della sparizione
bisogna che resti solo
quel leggero senza nome
che fa l'aria
innamorata
della stanza.

Non posso pensare gli occhi
non posso pensare la bocca
né l'infanzia salda delle parole
e nemmeno
la tenerezza crepitante del silenzio.
Attraverso la neve
ti penso.


Il tempo di lavarmi il viso
e già nasce in me in pieno corpo
accettazione smisurata
del presente,
amore docile
e senza discussioni
del suo nulla, già c'è
lestezza per la sparizione,
corpo cucciolo di dio
bestiale, di vita
arresa e sottoscritta,
di fiato felicemente speso
a trapassare il muro indifferente
delle faccende quotidiane.
Già c'è vuoto di mondo
e fitto di esistenza,

il fondo risonante
di vita nascosta celata,
di buca dentro il corpo,
di muso teso
a fiutare il mistero
millimetrico di teiera
e di lenzuola, di briciole
di senso oscuro e mosso
appena, come tenda lieve
sull'abissale trasparenza
che con cura cuce insieme
molecole
della natura amorosamente sgombra

delle cose.

da C.L.Candiani, La bambina pugile

giovedì 28 settembre 2017

tra letargocrazie e burdistan

Si fa un gran parlare in questi giorni sui giornali italiani delle nostre letargocrazie occidentali.
L'Espresso ha fatto scomodare anche il grande Sloterdjik, che gira a modo suo il coltello nella piaga, in occasione delle letargiche rielezioni della mitica Angelona.
Ormai le elezioni svolgono la funzione di un rituale anestetico e i loro risultati, anche quando appaiono nuovi o preoccupanti, vengono subito reinghiottiti dal grande blob di regimi in cui nulla mai si muove davvero e tutto ritorna sempre uguale.
Si vota, eppur si dorme, insomma.
Quando ci si accorgerà che le elezioni non c'entrano nulla con la democrazia sarà sempre troppo tardi.
Anzi, sarà proprio tardi. Una tirannia tecnocratica-finanziaria-militare è alle porte.
I regimi oligarchici e neo-aristocratici attuali ci dicono già tutto.
Ma non vogliamo vedere.
D'altronde come chiedere di vedere a chi ha deciso ormai di tenere gli occhi chiusi e proseguire a dormire ?
E' un letargo lungo, per un lunghissimo inverno, quello in cui ci troviamo da tempo.
E non dà segni di poter smettere, nonostante i casini nei quali ci troviamo quotidianamente.

In tutto questo casino, l'alternativa apparente e risorgente alle letargocrazie -in assenza di un'opposizione e di un conflitto agito al loro interno- sta diventando il Burdistan.
In sardo il burdo è il bastardo, il figlio di padre ignoto.
Ecco: oggi chi prova a decidere democraticamente, per esempio chiamando a votare i suoi cittadini in un referendum sull'indipendenza, viene considerato un bastardo e viene perseguito, isolato, represso.
La democrazia diretta (o anche i suoi surrogati) è malvista dalle letargocrazie.
Esse non amano il potere del popolo.
Non so se i referendum in corso porteranno davvero a qualcosa di meglio, anzi ne dubito.
Ma quel che è avvenuto in Kurdistan iracheno e sta per avvenire in Catalogna apre comunque ad un nuovo scenario: quello dei bastardi democratici.
Nessuno può riconoscerli come figli, nessuno li vuole accettare, tutti li rifiutano e cercano di farli fuori. Ma lì dentro, dentro quegli atti costituenti di rivolta e di liberazione, potrebbero celarsi in nuce le spinte per qualche novità.
La democrazia non può vivere a lungo in letargo.
Se  non muore, cerca una strada, fosse anche spuria, bastarda, non riconosciuta.
Non abbiamo più nulla da perdere.
Viva il Burdistan libero!






mercoledì 27 settembre 2017

nei secoli Fedeli 2

Alcuni magistrati finalmente giungono a penetrare la sancta sanctorum della corruzione universitaria e ad indagare una decina di baroni e conti e qual'è la reazione dell'Università stessa e del Ministero ?
Minimizzare, relativizzare, ridimensionare, mettere a tacere, tacere.
L'improbabile Fedeli parla di poche mele marce.
Nicolais attacca i magistrati, proponendo incredibili distinguo tra 'segnalare' e 'raccomandare'.
Quasi tutti i colleghi stanno in religioso e omertoso silenzio, e al massimo ne parlano in bagno, come sempre.
E questa sarebbe l'intellighenzia, l'autorità morale ed educativa del nostro paese.

Ma tutti sappiamo che quel che è venuto fuori è ridicolo e minimo rispetto alla realtà delle cose.
Non si può neppure parlare di sistema corrotto, come se vi fosse una deviazione rispetto ad un'istituzione che tendesse ad altro per forma e statuto.
No, il sistema universitario (come e più di tutte le altre istituzioni dello stato) è strutturalmente orientato alla clientela, al nepotismo, alla frode, al non riconoscimento dei meriti, allo sfruttamento dei giovani, alla gerarchia del dominio, all'ipocrisia farisaica, al calcolo bieco, alla violenza coperta delle relazioni, al sopruso.
Qualunque docente potrebbe raccontare la sua storia e nessuno, dico nessuno, ne sarebbe immune (me compreso).

La riforma Gelmini ha soltanto peggiorato le cose, fingendo nuovi maquillages anti-corruzione concorsuali ed anti-casta, ma di fatto determinando una situazione ancora più competitiva, degradata e degradante.
Chi ci lavora, in qualunque ruolo, lo sa bene cosa sono stati questi ultimi dieci anni e come si preparano i prossimi.
Torna il tema del post 'scolastico' precedente: l'Università, come la scuola, non è riformabile.
Andrebbe chiusa del tutto, e rifatta da capo, sulla base di una cultura e di una comunità veramente pubblica e veramente democratica, veramente al servizio di chi ci studia e ci insegna.
Questo mostro informe in cui stiamo ora è tutto fuorchè questo.

vedi oggi, Cantone:
http://www.repubblica.it/cronaca/2017/09/27/news/_negli_atenei_un_deficit_etico_cambiamo_le_commissioni_-176601209/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1












venerdì 22 settembre 2017

viaggio in catalogna

Quel che sta accadendo e sta per accadere in Catalogna rappresenta un passaggio ulteriore e forse decisivo verso la guerra (civile) in Europa occidentale.
Il conflitto, evidente e radicato nella storia, tra Barcellona e Madrid (città della monarchia e del franchismo e, comunque, centro simbolico dello Stato sovrano), evidenzia la realtà inconfutabile e irreversibile di alcuni processi di fondo dell'attuale e futuro percorso del nostro continente.
In primo luogo, il trionfo dell'autocentrazione (individualista e autopropulsiva, autodifensiva e identitaria) che si sostanzia In:
-la fine del tempo delle mediazioni (ogni parte pensa ora solo alle proprie ragioni e alla ragionevolezza assoluta del realizzarle, anche a discapito del dialogo e dell'interrelazione (che si considerano giustamente ormai alle spalle e già falliti o a cui si potrà tornare, ma solo dopo la lotta aperta);
-la realizzazione dell''idea secessionista (sia da parte dei ricchi che vogliono essere più ricchi (Brexit, Scozia, Catalogna il 1 ottobre, Lombardia e Veneto il 22), sia dei poveri che non vogliono diventare più poveri  (la richiesta di uscire dalla UE in movimenti come i Cinque stelle o il Front National));
-il ritorno del sovranismo (nella sua ambiguità di apparente anti-statalismo (in quanto vuole uscire dallo Stato 'cattivo'), ma di sostanziale statalismo (in quanto, vorrebbe andare a costituire un suo Stato 'buono');
-l'evidenza lampante che oggi le guerre civili sorgeranno proprio a partire dal conflitto tra gli Stati e i propri cittadini, ancor prima che tra gruppi sociali interni alla stessa nazione; lo Stato, anacronistico e boccheggiante da tempo, non è più la soluzione, ma il problema, se quel che si vuole far vivere è una democrazia, ovviamente, e non un regime neo-totalitario.
-che la protesta -anche nonviolenta- non sarà più tollerata e si agirà contro di essa come contro un attacco armato; la logica antiterrorismo permea già il nostro presente e la militarizzazione di quel che resta della vita civile è già tra noi. Il regime non farà passi indietro su questo, ed in questo troverà l'accordo di tutti gli altri Stati UE, paradossalmente (ma non troppo) proprio in nome del rispetto della Costituzione spagnola.

Detto questo, l'azione del governo Rajoy avrà ovviamente un forte effetto boomerang: l'attacco alla democrazia è tale che anche moltissimi catalani -anche non indipendentisti- sono scesi  e scenderanno in piazza a protestare. E in Europa in molti manifesteranno il loro sostegno al referendum.
E il referendum, in qualche modo, si farà.
Sarà  molto interessante vedere cosa accadrà nei prossimi giorni.
Sarà comunque un precedente che traccerà la via della nuova Europa, che purtroppo prevedo ben diversa dai sogni federalisti di Ventotene, e molto più vicina ai modelli di Donald Duck Trump e Teresa Minnie May.

A meno che questi catalani...

martedì 19 settembre 2017

più amore, più amori

A Vì
a Rò
a me
a Stè



Ma le storie non assomigliano abbastanza alla vita per i miei gusti. Nei romanzi qualcuno si sposa e tutto finisce lì – bè, lasciati dire che le cose non stanno così, e parlo per esperienza personale. Nella vita vera ogni fine è solo l'inizio di un'altra storia. Tranne quando si muore -quella sì che è una fine. Secondo me per essere davvero fedeli alla realtà i romanzi dovrebbero concludersi con la morte di tutti i personaggi; ma in quel caso non vorremmo più leggerli, dico bene ?
La vita non ti molla mai, non è vero ? E neppure la puoi chiudere come faresti con un libro.

Sono solo una donna che esamina l'esistenza da più anni di quelli che spero sarai in grado di stimare. E se c'è una caratteristica della razza umana che mi sembra inestirpabile, quella è la sua capacità di lasciarsi sorprendere da ciò che sorprendente non è. Hitler invade la Francia -che sorpresa! I presidenti vengono assassinati -stupefacente! I matrimoni non durano – inaudito! Cade la neve d'inverno -chi l'avrebbe mai detto !
E invece ci sarebbe da stupirsi del contrario.

Il mio amore per Stuart era sincero. Mi innamorai di lui senza complicazioni, semplicemente. Andavamo d'accordo, il sesso funzionava, amavo il fatto che lui amasse me, tutto qui.
Poi, dopo il matrimonio, mi innamorai di Oliver , in modo niente affatto semplice, molto complicato anzi, assolutamente contro la mia volontà e la mia ragione. Rifiutavo quel sentimento, mi ci opposi, provai un forte senso di colpa. Ma mi sentivo anche profondamente eccitata, intensamente viva, desiderabile...
Ognuno sa per certo che è stata solo questione di sesso, che Stuart non era granchè a letto mentre Oliver faceva faville, e che sebbene io possa dare l'impressione di una con la testa a posto, in realtà sono una fraschetta, per non dire una troia...
Il punto è che si possono amare due persone una dopo l'altra, una al posto dell'altra, come è successo a me. Si può amarle in modi diversi. Il che non vuol dire che un amore sia sincero e l'altro no. E' questo che avrei tanto voluto spiegare a Stuart. Li ho amati entrambi di cuore. Non mi credi ? Bè, non fa niente, non ho più voglia di perorare la causa...
E guardandomi indietro, mi sorprende che non accada più spesso. Molto tempo dopo mia madre disse, a proposito di un'altra situazione sentimentale : 'Una volta che il cuore si è intenerito, si è tutti in pericolo'. Capivo bene cosa intendeva. Essere innamorati rende inclini all'innamoramento. Non è un paradosso tremendo ? Una terribile verità ?

Allora, ci sono questi granchi di scoglio che non credo esistano nel tuo paese. Quel che c'è di strano è che sviluppano un'unica grossa chela, solo una cioè, l'altra rimane di dimensioni normali. Ed è questa superchela la prelibatezza, così i pescatori si limitano a strapparla via per poi rigettare il resto del granchio in mare. E sai che cosa fa quello ? Ricomincia daccapo a sviluppare la superchela. E' così che dicono tutti, perciò deve essere vero. Uno penserebbe che i granchi fossero troppo traumatizzati, che si lasciassero colare a picco e morissero. Macchè. Ci riprovano, invece, come se l'amputazione del braccio non fosse mai successa.
Come direbbe la mia amica Marcelle: ti ricorda niente ?
I suoi lineamenti corporei suggeriscono il rancido tanfo ascellare da palestra, se non l'aridità spirituale di un esercizio fisico da domestica cyclette...
Non guardare me. L'unico sport che pratico è l'ironia.


(Julian Barnes, Amore,dieci anni dopo, 2000)

mercoledì 13 settembre 2017

nei secoli Fedeli

C'è un modo migliore per togliere ai ragazzi il peso della scuola : dichiarare bancarotta e chiuderla.
Inutile e ridicolo proseguire a rendergliela più appetibile, ciurlando nel manico o occhieggiando ai loro presunti bisogni (di meno compiti a casa, di poter usare lo smart phone in classe, di linguaggi più moderni e alla moda, etc etc)...
La confusissima ministra che propone la riduzione sperimentale delle ore di scuola media inferiore e superiore e la fine dei compiti a casa per la primaria è la stessa che straparla  dell'ennesimo innalzamento dell'obbligo scolastico a 18 anni.
Ministro, lascia perdere, lascia stare. Non ne sai e non ne capisci.
La formazione dei giovani ormai passa solo casualmente nelle aule, e solo per obbligo,
Se fosse volontario andare a scuola, non ci andrebbero neppure gli insegnanti.

Si fanno gli amiconi sulla pelle dei ragazzi, educandoli all'accondiscendenza e alla facilità di poter ottenere tutto quel che vogliono, mentre si accrescono le richieste di competizione, le lotte e la spinta alle gerarchie, e ritorna l'autoritarismo in politica.
Si confonde la democrazia e la libertà con la facilitazione e la riduzione dei conflitti di superficie, mentre si accentuano quelli di classe e tra generazioni, nella loro più terribile e bieca sostanzialità.
Mai generazioni intere di giovani sono state tanto traviate e prese per il culo dagli adulti quanto quella attuale.
Generazioni che si trovano nel nulla e si troveranno nella guerra, e che non capiranno neppure dove e come ci sono finite, protette dal silenzio e dalla collusione di genitori e insegnanti che proseguono a fare gli struzzi, ad assecondarli nel loro isolarsi tecno-indotto e fottersene di tutto e tutti, per poter fare lo stesso con loro.
.
Ma non servirà a nulla.
I ragazzi hanno mangiato la foglia e sono colmi di cinismo e disincanto, permeato soltanto da una melassa sentimentaloide.
Sanno di dipendere totalmente dalla famiglia, la parassitano sinchè ce ne sarà, e sperano che qualcuno gli dia prima o poi successo e denaro, e non certo per meriti scolastici.
Hanno capito che il resto è solo retorica.
Che la scuola e l'università se ne fregano degli studenti e non esistono per loro.
Anche le riforme che si stanno facendo da tempo servono solo alle aziende, al mercato del lavoro e della finanza, ai calcoli statistici sulla disoccupazione presunta o reale, a quelli che fanno i calcoli sulla pelle dei popoli.
Gli studenti, così come i clienti nel mondo del consumo, sono l'ultima ruota del carro.
Devono limitarsi a obbedire e, se possono pagare, a comprare la merda che gli viene propinata per istupidirli sempre di più.
D'altra parte, i bisogni sono stati ben costruiti, ed i conflitti messi in cantina.
La trappola è perfetta e ben studiata, e i dispositivi (in primo luogo proprio gli smart-phone) fanno il loro sporco lavoro.

L'unica scuola sensata sarebbe una scuola tutta centrata sulle relazioni, e sui corpi, una scuola che resiste all'omologazione e alla riduzione della vita a tecnica.
E di quanto ne avrebbero bisogno giovani e grandi...
Ed invece la mistificazione continua: ora anche le Università si mettono a parlare di flip lessons (e plof e plaf) per potenziare gli smart skills e compagnia cantante.
Il tutto servirà soltanto a svuotare ulteriormente le lezioni e a renderle funzionali all' e-learning: si risparmierà, non ci si incontrerà più, si lavorerà a casa, in gruppi virtuali e in rete, e si andrà a dare l'esame, magari solo con dei test di verifica, e neppure in presenza.
Dietro tutto questo gran parlare di cooperazione e comunicazione, vi è soltanto il fine di far fare all'istruzione l'ulteriore passo verso la sua definitiva trasformazione in un mero assemblaggio di tecnologie didattiche miranti all'efficienza produttiva e alla competizione tra centri di studio e ricerca sempre più specializzati, razionalizzati e post-umani.
Mentre cerchiamo di umanizzare i robot (con risultati relativamente scarsi) ci impegniamo per robotizzare il vivente (con esiti davvero rapidi e ragguardevoli).







domenica 10 settembre 2017

muore sansone, ma non i filistei...

Attraverso sul Freccia Bianca la Pianura padana: finalmente piove, cielo grigio, campi verdi.
Tutto torna a posto, possiamo stare tranquilli, l'estate volge all'autunno, siamo salvi.
Gli ulivi porteranno frutto, dopo i fichi, come sempre.
Leggo la Considerazione inattuale di Nietzsche contro David Strauss; uno dei colti filistei che avrebbero ammorbato la nostra vita per vari secoli sino ad oggi,
Gente da Corriere o Repubblica, giornalisti che si stracciano le vesti per i tifoni sulla Florida, ma non muovono un passo contro i finti G8 dei loro capi o le brighe dei loro stessi proprietari.
Non voler vedere quel che sta accadendo davanti ai nostri occhi.
Oppure vederlo, dirlo, ma non fare nulla.
Saper solo sprecare soldi pubblici (160 miliardi di dollari per Harvey, 200 per Irma, e così via con tutti i loro fratellini e sorelline che verranno...).

Si sta rivelando un viaggio strano questo per me: da un po' non lasciavo Cagliari (e consorte), e da molto tempo, vari anni, non vedevo e non sentivo più le persone che sto incontrando in questi giorni.
Persone che mi riportano agli anni della mia intensa attività di formatore, tra gli ottanta e i novanta, anni in cui si poteva ancora credere di lottare contro l'omologazione e la guerra, ma in cui già si intuiva di quanto le possibilità di uscirne vivi andassero a ridursi velocemente.
Già sentivamo quanto stavamo diventando inattuali.
Gli incontri odierni hanno confermato questa sensazione, di appartenere al passato: un passato che ha avuto un valore, e che ancora si ripete in qualche modo e in forme nuove: persone ch ancora lavorano nel sociale, per i giovani, con i migranti, che provano a restare aperti a chi è diverso, umano o animale, nero o bianco che sia.
Ma tutto questo resta tragicamente dentro all'orrore inconfessabile e confessato del mondo per come è andato a costruirsi intorno e dentro le nostre vite oscurate.
Un mondo in cui tutto sembra ancora quasi funzionare, come i trasporti pubblici o i musei di Bologna (ieri ho girato per questa città, dopo tanto tempo che non ci passavo più).
Una città che si tinge di retorica della memoria, anche di ciò che è stato distrutto, di ciò che non si vuole più neppure ricordare, di ciò che non si è mai risolto e non si potrà più: Guttuso e i funerali di Togliatti, Radio Alice e il '77, la strage alla stazione, il DC9 esploso a Ustica (ho visto ieri le due opere di Boltanski sulle anime -al Mambo- e la ricostruzione del relitto aereo nell'hangar di via del Saliceto).
Una città ed una cultura alta, ma totalmente filistea, che mostra per nascondere, ricorda per dimenticare, fa arte per espellere l'estetica dall'etica dell'esistere.
La città dotta di Zangheri, di Imbeni e Irigaray, e dei pirla attuali, più o meno renziani, come il Merola di turno, uno che fa chiudere il Làbas da un giorno all'altro, su invito del solito Minnie-Minniti, ed ora vuole riaprirlo, davanti alle proteste del quartiere e della gente comune (ieri molte migliaia di persone ha attraversato via dei Mille e le ho viste passare, con piacere e distacco, come un buon colto fiisteo...).

E poi ho visto Dunkirk all'Odeon in una via Mascarella, come sempre adibita a ghetto per i birrai e i birraioli che, bevendo birra artigianale e filistea si illudono ancora, così, di non esserlo, di essere alternativi
Anche ieri gratis, così come accaduto ad Arezzo (sono stato ospite in entrambi i casi di persone che stanno nel giro dei cinema, altra cosa strana e buffa di questo viaggio).
Nolan compie un'operazione inquietante: un'esaltazione della guerra e della patria in una cornice totalmente nichilistica sulla guerra e sulla patria.
Più che Nolan sembra Clint Eastwood, un repubblicano che fa il democratico.
Un film filisteo ?
D'altra parte, anche il film visto ad Arezzo, l'ultimo Soldini (Il colore nascosto delle cose), non sa bene dove andare.
Forse vuol solo dirci proprio questo: che siamo tutti ciechi e non sappiamo dove andare, e dove stiamo andando...



sabato 2 settembre 2017

l'eterno (non) ritorno dell'identico

Mia madre apparteneva a una di quelle famiglie libiche per le quali Il Cairo era la capitale culturale. Amava la città e ci si muoveva con grande disinvoltura. Ripeteva spesso una frase che era solita dire sua madre ogni volta che incontrava delle persone tristi: 'Non biasimarli, evidentemente non sono mai stati al Cairo'.
All'epoca mia madre si comportava come se quel mondo dovesse durare per sempre. E credo sia questo quello che vogliamo dalle nostre madri: che conservino il mondo e, anche se è una menzogna, si comportino come se il mondo potesse essere conservato.
Mentre mio padre era ossessionato dal passato e dal futuro, mia madre era devota al presente.
Per tale ragione fu lei l'elemento veramente radicale della mia adolescenza. (pp.56-57)

L'uomo continuava a guardarmi, ma con un sorriso diffidente, adesso.
Suo figlio, un uomo dall'aria cortese, cominciò a punzecchiare il padre: 'Le sue condizioni sono peggiorate. Adesso ci sopporta al massimo per un giorno, forse due'.
'Dov'è che vai ?, gli ho chiesto.
Ha sorriso annuendo, come a dire: 'Non badare alle loro stupidaggini'. Quel gesto sembrava significare anche 'Passerà'.
'Va nel deserto, ha detto il figlio, va a a stare coi suoi cammelli. Li ama più dela sua famiglia. Li vizia mostruosamente'.
L'uomo continuava a guardarmi, deciso a non fare commenti.
Zio Mamhoud ha cercato di parlare con lui. 'Come biasimarlo ? E' stanco della gente.'
Siamo rimasti lì in silenzio, il mio braccio intrecciato al suo, la sua grande mano che stringeva la mia. Non voleva niente dalla mia vita, se non la mia vita stessa. (pp.64-5)

La visita dello zio Mamhoud quell'anno coincise con le partite di Coppa dei Campioni. Soltanto la lettura riusciva ad appassionare mio padre più del calcio. E nessuna squadra gli piaceva quanto il Bayern Monaco. Quando era via per lavoro, mia madre registrava tutte le partite. E ha continuato a farlo dopo che è stato sequestrato, registrando non solo le partite della squadra tedesca, ma tutte quelle che venivano trasmesse, per quanto irrilevanti, compreso il campionato egiziano di serie B. Ogni volta che tornavo a casa per le vacanze, trovavo lo scaffale dei videotape cresciuto di un metro. Ogni nastro etichettato, non con la solita precisione di mia madre, ma più frettolosamente, solo i nomi delle due squadre, Mali-Senegal, Camerun-Egitto, Juventus-Barcellona, e la data. Smise di farlo solo quando ci fu recapitata la prima lettera dal carcere di mio padre, tre anni dopo.
A quel punto aveva registrato centinaia di ore di calcio che mio padre, ricordo di aver calcolato, se fosse tornato con la sua passione per il calcio intatta, avrebbe impiegato anni a vedere. (p.69)

Sono andato a fare una passeggiata sul lungomare. Un ragazzino paffuto, dieci anni al massimo, in sella a una motoretta con quattro grosse ruote, zigzagava tra le famiglie...Disegnava dei cerchi, con le ruote anteriori sollevate in aria. E'mancato poco che investisse una coppia. Nè loro né lui hanno battuto ciglio. Adesso, con le ruote anteriori sempre a una trentina di centimetri dal selciato piastrellato, puntava dritto verso uno dei pilastrini che erano stati piazzati a distanze regolari proprio per impedire quella specie di passatempo. Ha rallentato, serrato la curva e ci si è infilato in mezzo, dimostrando un'eccezionale padronanza del mezzo. Si è fermato, come si aspettasse l'applauso che senza dubbio meritava. Un ragazzino ancora più piccolo è corso verso di lui ed è motato d'un balzo sul sedile posteriore della motoretta. Sono schizzati via.
Un bambino e una bambina giocavano a calcio con dei bicchieri di carta. Al padre, che chiedeva loro 'Cosa state facendo ?', la bambina ha risposto: 'Giochiamo', ma aveva dovuto interrompere il gioco e ora gli stava di fronte. 'Giocate coi rifiuti?', ha chiesto il padre.
'Non c'è altro con cui giocare', ha replicato il bambino trascinando via la sorella.
Poco più in là una bimbetta si è messa a piangere. Si nascondeva in grembo al padre.
'Non aver paura, le ha detto lui. Smettila di aver paura di tutto'.
Ecco di nuovo i due ragazzi della moto, sempre più veloci. Sono tornato sui miei passi. I bambini correvano sul marciapiede. Il fratello e la sorella che prima giocavano con i bicchieri di carta, adesso guardavano il mare contando ad alta voce. Hanno esaurito i numeri e sono scoppiati a ridere vedendo un bambino piccolo che si nascondeva dietro uno dei pilastrini. (pp.113-4)

I primi segnali che tra le mura di Abu Salim fosse accaduto qualcosa di orribile sono emersi solo parecchi anni dopo il massacro. Vennero alla luce frammenti di informazione, tutti incompleti, come se si badasse a non svelare d'un colpo l'intero quadro. Io sentivo i racconti e li registravo nel modo in cui tutti forse , dall'interno delle nostre singole vite, percepiamo le cose, -vale a dire che non le percepiamo affatto finchè non vengono ripetute infinite volte e, anche allora, le comprendiamo solo in parte. Vanno perdute così tante piccole informazioni che ogni piccola perdita provoca un dolore inspiegabile. Il potere evidentemente lo sa. Il potere evidentemente sa quanto è affaticata la natura umana, quanto siamo impreparati ad ascoltare, e disposti ad accontentarci di menzogne. Il potere evidentemente sa che, in fin dei conti, preferiremmo non sapere. Il potere evidentemente ritiene, visto come vanno le cose, che il mondo si confaccia più a chi perpetra i crimini che a coloro che arrivano a fatto compiuto, cercando giustizia, spiegazioni, verità. Il potere evidentemente considera patetici questi tentativi, eppure i parenti in lutto, i testimoni, gli investigatori e i cronisti non possono fare altro che cercare una ragione del diabolico imbroglio. Tutti loro, motivati dal proprio bisogno, ipotesi o ossessione, si affannano qui e là, come formiche dopo un picnic, trasportando le briciole, e il tempo scorre, raddoppiando all'infinito le distanze , allontanandoci dal fatto iniziale, riducendo ogni giorno la possibilità di scoprire cosa esattamente accadde o di accertarsi, proprio così, che sia davvero accaduto qualcosa.
(pp.216-217)


(Dedico queste pagine, tratte da 'Il ritorno. Padri, figli e la terra fra di loro', di Hisham Matar (2016), a tutte le famiglie Regeni che vivono in questo e nell'altro mondo).