sabato 2 settembre 2017

l'eterno (non) ritorno dell'identico

Mia madre apparteneva a una di quelle famiglie libiche per le quali Il Cairo era la capitale culturale. Amava la città e ci si muoveva con grande disinvoltura. Ripeteva spesso una frase che era solita dire sua madre ogni volta che incontrava delle persone tristi: 'Non biasimarli, evidentemente non sono mai stati al Cairo'.
All'epoca mia madre si comportava come se quel mondo dovesse durare per sempre. E credo sia questo quello che vogliamo dalle nostre madri: che conservino il mondo e, anche se è una menzogna, si comportino come se il mondo potesse essere conservato.
Mentre mio padre era ossessionato dal passato e dal futuro, mia madre era devota al presente.
Per tale ragione fu lei l'elemento veramente radicale della mia adolescenza. (pp.56-57)

L'uomo continuava a guardarmi, ma con un sorriso diffidente, adesso.
Suo figlio, un uomo dall'aria cortese, cominciò a punzecchiare il padre: 'Le sue condizioni sono peggiorate. Adesso ci sopporta al massimo per un giorno, forse due'.
'Dov'è che vai ?, gli ho chiesto.
Ha sorriso annuendo, come a dire: 'Non badare alle loro stupidaggini'. Quel gesto sembrava significare anche 'Passerà'.
'Va nel deserto, ha detto il figlio, va a a stare coi suoi cammelli. Li ama più dela sua famiglia. Li vizia mostruosamente'.
L'uomo continuava a guardarmi, deciso a non fare commenti.
Zio Mamhoud ha cercato di parlare con lui. 'Come biasimarlo ? E' stanco della gente.'
Siamo rimasti lì in silenzio, il mio braccio intrecciato al suo, la sua grande mano che stringeva la mia. Non voleva niente dalla mia vita, se non la mia vita stessa. (pp.64-5)

La visita dello zio Mamhoud quell'anno coincise con le partite di Coppa dei Campioni. Soltanto la lettura riusciva ad appassionare mio padre più del calcio. E nessuna squadra gli piaceva quanto il Bayern Monaco. Quando era via per lavoro, mia madre registrava tutte le partite. E ha continuato a farlo dopo che è stato sequestrato, registrando non solo le partite della squadra tedesca, ma tutte quelle che venivano trasmesse, per quanto irrilevanti, compreso il campionato egiziano di serie B. Ogni volta che tornavo a casa per le vacanze, trovavo lo scaffale dei videotape cresciuto di un metro. Ogni nastro etichettato, non con la solita precisione di mia madre, ma più frettolosamente, solo i nomi delle due squadre, Mali-Senegal, Camerun-Egitto, Juventus-Barcellona, e la data. Smise di farlo solo quando ci fu recapitata la prima lettera dal carcere di mio padre, tre anni dopo.
A quel punto aveva registrato centinaia di ore di calcio che mio padre, ricordo di aver calcolato, se fosse tornato con la sua passione per il calcio intatta, avrebbe impiegato anni a vedere. (p.69)

Sono andato a fare una passeggiata sul lungomare. Un ragazzino paffuto, dieci anni al massimo, in sella a una motoretta con quattro grosse ruote, zigzagava tra le famiglie...Disegnava dei cerchi, con le ruote anteriori sollevate in aria. E'mancato poco che investisse una coppia. Nè loro né lui hanno battuto ciglio. Adesso, con le ruote anteriori sempre a una trentina di centimetri dal selciato piastrellato, puntava dritto verso uno dei pilastrini che erano stati piazzati a distanze regolari proprio per impedire quella specie di passatempo. Ha rallentato, serrato la curva e ci si è infilato in mezzo, dimostrando un'eccezionale padronanza del mezzo. Si è fermato, come si aspettasse l'applauso che senza dubbio meritava. Un ragazzino ancora più piccolo è corso verso di lui ed è motato d'un balzo sul sedile posteriore della motoretta. Sono schizzati via.
Un bambino e una bambina giocavano a calcio con dei bicchieri di carta. Al padre, che chiedeva loro 'Cosa state facendo ?', la bambina ha risposto: 'Giochiamo', ma aveva dovuto interrompere il gioco e ora gli stava di fronte. 'Giocate coi rifiuti?', ha chiesto il padre.
'Non c'è altro con cui giocare', ha replicato il bambino trascinando via la sorella.
Poco più in là una bimbetta si è messa a piangere. Si nascondeva in grembo al padre.
'Non aver paura, le ha detto lui. Smettila di aver paura di tutto'.
Ecco di nuovo i due ragazzi della moto, sempre più veloci. Sono tornato sui miei passi. I bambini correvano sul marciapiede. Il fratello e la sorella che prima giocavano con i bicchieri di carta, adesso guardavano il mare contando ad alta voce. Hanno esaurito i numeri e sono scoppiati a ridere vedendo un bambino piccolo che si nascondeva dietro uno dei pilastrini. (pp.113-4)

I primi segnali che tra le mura di Abu Salim fosse accaduto qualcosa di orribile sono emersi solo parecchi anni dopo il massacro. Vennero alla luce frammenti di informazione, tutti incompleti, come se si badasse a non svelare d'un colpo l'intero quadro. Io sentivo i racconti e li registravo nel modo in cui tutti forse , dall'interno delle nostre singole vite, percepiamo le cose, -vale a dire che non le percepiamo affatto finchè non vengono ripetute infinite volte e, anche allora, le comprendiamo solo in parte. Vanno perdute così tante piccole informazioni che ogni piccola perdita provoca un dolore inspiegabile. Il potere evidentemente lo sa. Il potere evidentemente sa quanto è affaticata la natura umana, quanto siamo impreparati ad ascoltare, e disposti ad accontentarci di menzogne. Il potere evidentemente sa che, in fin dei conti, preferiremmo non sapere. Il potere evidentemente ritiene, visto come vanno le cose, che il mondo si confaccia più a chi perpetra i crimini che a coloro che arrivano a fatto compiuto, cercando giustizia, spiegazioni, verità. Il potere evidentemente considera patetici questi tentativi, eppure i parenti in lutto, i testimoni, gli investigatori e i cronisti non possono fare altro che cercare una ragione del diabolico imbroglio. Tutti loro, motivati dal proprio bisogno, ipotesi o ossessione, si affannano qui e là, come formiche dopo un picnic, trasportando le briciole, e il tempo scorre, raddoppiando all'infinito le distanze , allontanandoci dal fatto iniziale, riducendo ogni giorno la possibilità di scoprire cosa esattamente accadde o di accertarsi, proprio così, che sia davvero accaduto qualcosa.
(pp.216-217)


(Dedico queste pagine, tratte da 'Il ritorno. Padri, figli e la terra fra di loro', di Hisham Matar (2016), a tutte le famiglie Regeni che vivono in questo e nell'altro mondo).

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