Mia madre apparteneva a una di
quelle famiglie libiche per le quali Il Cairo era la capitale
culturale. Amava la città e ci si muoveva con grande disinvoltura.
Ripeteva spesso una frase che era solita dire sua madre ogni volta
che incontrava delle persone tristi: 'Non biasimarli, evidentemente
non sono mai stati al Cairo'.
All'epoca mia madre si comportava
come se quel mondo dovesse durare per sempre. E credo sia questo
quello che vogliamo dalle nostre madri: che conservino il mondo e,
anche se è una menzogna, si comportino come se il mondo potesse
essere conservato.
Mentre mio padre era ossessionato
dal passato e dal futuro, mia madre era devota al presente.
Per tale ragione fu lei l'elemento
veramente radicale della mia adolescenza. (pp.56-57)
L'uomo continuava a guardarmi, ma
con un sorriso diffidente, adesso.
Suo figlio, un uomo dall'aria
cortese, cominciò a punzecchiare il padre: 'Le sue condizioni sono
peggiorate. Adesso ci sopporta al massimo per un giorno, forse due'.
'Dov'è che vai ?, gli ho chiesto.
Ha sorriso annuendo, come a dire:
'Non badare alle loro stupidaggini'. Quel gesto sembrava significare
anche 'Passerà'.
'Va nel deserto, ha detto il figlio,
va a a stare coi suoi cammelli. Li ama più dela sua famiglia. Li
vizia mostruosamente'.
L'uomo continuava a guardarmi,
deciso a non fare commenti.
Zio Mamhoud ha cercato di parlare
con lui. 'Come biasimarlo ? E' stanco della gente.'
Siamo rimasti lì in silenzio, il
mio braccio intrecciato al suo, la sua grande mano che stringeva la
mia. Non voleva niente dalla mia vita, se non la mia vita stessa.
(pp.64-5)
La visita dello zio Mamhoud
quell'anno coincise con le partite di Coppa dei Campioni. Soltanto la
lettura riusciva ad appassionare mio padre più del calcio. E nessuna
squadra gli piaceva quanto il Bayern Monaco. Quando era via per
lavoro, mia madre registrava tutte le partite. E ha continuato a
farlo dopo che è stato sequestrato, registrando non solo le partite
della squadra tedesca, ma tutte quelle che venivano trasmesse, per
quanto irrilevanti, compreso il campionato egiziano di serie B. Ogni
volta che tornavo a casa per le vacanze, trovavo lo scaffale dei
videotape cresciuto di un metro. Ogni nastro etichettato, non con la
solita precisione di mia madre, ma più frettolosamente, solo i nomi
delle due squadre, Mali-Senegal, Camerun-Egitto, Juventus-Barcellona,
e la data. Smise di farlo solo quando ci fu recapitata la prima
lettera dal carcere di mio padre, tre anni dopo.
A quel punto aveva
registrato centinaia di ore di calcio che mio padre, ricordo di aver
calcolato, se fosse tornato con la sua passione per il calcio
intatta, avrebbe impiegato anni a vedere. (p.69)
Sono andato a fare una passeggiata
sul lungomare. Un ragazzino paffuto, dieci anni al massimo, in sella
a una motoretta con quattro grosse ruote, zigzagava tra le
famiglie...Disegnava dei cerchi, con le ruote anteriori sollevate in
aria. E'mancato poco che investisse una coppia. Nè loro né lui
hanno battuto ciglio. Adesso, con le ruote anteriori sempre a una
trentina di centimetri dal selciato piastrellato, puntava dritto
verso uno dei pilastrini che erano stati piazzati a distanze regolari
proprio per impedire quella specie di passatempo. Ha rallentato,
serrato la curva e ci si è infilato in mezzo, dimostrando
un'eccezionale padronanza del mezzo. Si è fermato, come si
aspettasse l'applauso che senza dubbio meritava. Un ragazzino ancora
più piccolo è corso verso di lui ed è motato d'un balzo sul sedile
posteriore della motoretta. Sono schizzati via.
Un bambino e una bambina giocavano a
calcio con dei bicchieri di carta. Al padre, che chiedeva loro 'Cosa
state facendo ?', la bambina ha risposto: 'Giochiamo', ma aveva
dovuto interrompere il gioco e ora gli stava di fronte. 'Giocate coi
rifiuti?', ha chiesto il padre.
'Non c'è altro con cui giocare', ha
replicato il bambino trascinando via la sorella.
Poco più in là una bimbetta si è
messa a piangere. Si nascondeva in grembo al padre.
'Non aver paura, le ha detto lui.
Smettila di aver paura di tutto'.
Ecco di nuovo i due
ragazzi della moto, sempre più veloci. Sono tornato sui miei passi.
I bambini correvano sul marciapiede. Il fratello e la sorella che
prima giocavano con i bicchieri di carta, adesso guardavano il mare
contando ad alta voce. Hanno esaurito i numeri e sono scoppiati a
ridere vedendo un bambino piccolo che si nascondeva dietro uno dei
pilastrini. (pp.113-4)
I primi segnali che tra
le mura di Abu Salim fosse accaduto qualcosa di orribile sono emersi
solo parecchi anni dopo il massacro. Vennero alla luce frammenti di
informazione, tutti incompleti, come se si badasse a non svelare d'un
colpo l'intero quadro. Io sentivo i racconti e li registravo nel modo
in cui tutti forse , dall'interno delle nostre singole vite,
percepiamo le cose, -vale a dire che non le percepiamo affatto finchè
non vengono ripetute infinite volte e, anche allora, le comprendiamo
solo in parte. Vanno perdute così tante piccole informazioni che
ogni piccola perdita provoca un dolore inspiegabile. Il potere
evidentemente lo sa. Il potere evidentemente sa quanto è affaticata
la natura umana, quanto siamo impreparati ad ascoltare, e disposti ad
accontentarci di menzogne. Il potere evidentemente sa che, in fin dei
conti, preferiremmo non sapere. Il potere evidentemente ritiene,
visto come vanno le cose, che il mondo si confaccia più a chi
perpetra i crimini che a coloro che arrivano a fatto compiuto,
cercando giustizia, spiegazioni, verità. Il potere evidentemente
considera patetici questi tentativi, eppure i parenti in lutto, i
testimoni, gli investigatori e i cronisti non possono fare altro che
cercare una ragione del diabolico imbroglio. Tutti loro, motivati dal
proprio bisogno, ipotesi o ossessione, si affannano qui e là, come
formiche dopo un picnic, trasportando le briciole, e il tempo scorre,
raddoppiando all'infinito le distanze , allontanandoci dal fatto
iniziale, riducendo ogni giorno la possibilità di scoprire cosa
esattamente accadde o di accertarsi, proprio così, che sia davvero
accaduto qualcosa.
(pp.216-217)
(Dedico queste pagine,
tratte da 'Il ritorno. Padri, figli e la terra fra di loro', di
Hisham Matar (2016), a tutte le famiglie Regeni che vivono in questo
e nell'altro mondo).
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