domenica 29 aprile 2012

senza ghana

Il viaggio in Ghana si è concluso, e sono tornato sano e salvo (almeno credo). Sono rimasto a lungo in silenzio, anche su questo blog: non sapevo bene cosa scrivere, a caldo, nè tantomeno durante il viaggio. Non è stata un'esperienza facile e comoda, e sono tornato a casa molto stanco. Una stanchezza fisica, del corpo indolenzito e rattrappito, ma anche psichica, dell'anima. Sicuramente hanno pesato i trasporti, lunghi e faticosi, il caldo asfissiante e senza tregua, la continua necessità di riorganizzarci e coordinarci in gruppo, la mia età che avanza e non è più quella che mi ha permesso in passato di affrontare viaggi forse anche più impegnativi e stranianti. Ma la stanchezza è derivata anche e soprattutto da quel che ho visto: un villaggio quasi senz'acqua, senza luce elettrica e senza fogne, totalmente invaso -come tutto il Ghana- dal nuovo Dio Cellulare: 4 antennone, una per ogni compagnia, si stagliano nel cielo di Fufulsu e di tutti i villaggi che ho visitato; non contente, le compagnie hanno intonacato e colorato con i loro simboli le capanne e le casette, trasformandole in cartelloni pubblicitari permanenti. I capi tribù hanno preso soldi dalle compagnie telefoniche e si sono rifatti la casa e il conto in banca. I loro concittadini si beccano cellulari quasi a costo zero e un bel pò di radiazioni sulla testa (di cui sanno ben poco, ovviamente...). Ho visto un territorio intero devastato dalla plastica delle bustine di 'pure water': insieme alla plastica nera con cui avvolgono tutto il resto, il terreno è ricoperto continuamente dell'azzurrino e trasparente della plastica gettata, leggera, innocente e micidiale. Per non parlare del resto dei rifiuti, che assediano le metropoli e le strade, ma anche la bellissima foresta tropicale. E poi lo smog impenetrabile, ma che ti penetra i polmoni senza requie, di Accra e Kumasi, le innumerevoli auto e taxi e trò-trò che ti circondano senza tregua, in un mercato delle vite, dei corpi e delle anime che non ti lascia mai da solo e in silenzio. In che cosa stiamo trasformando il mondo ? Quasi ti consola trovarti nei meandri infiniti e disumani dell'aeroporto di Heathrow o nel grigio piovoso e ordinato di Linate. E di aver ritrovato il tuo letto. Brutto segno. In tutto questo, un gruppo di ragazzi che cercano di dare un senso alla loro vita, e di continuare a capire come va il mondo, e di provare a cambiare qualcosa in meglio. Speranza e disperazione che si mescolano, in un intrico che non si lascia interpretare facilmente ed univocamente. Sono stato contento di essere al loro fianco, e proverò a collaborare ancora. Ma restano tante donande e tanti dubbi, a cui non so ancora rispondere da solo, e forse neppure insieme a loro.

domenica 1 aprile 2012

verso fufulsu

Ieri sono andato a vedere 'The lady', dedicato alla vita di Aung San Su Kyi.
Dà un'idea della vita, delle scelte e della tenacia e forza di questa donna che, figlia di un generale, incarna oggi proprio la nonviolenza come  'l'equivalente morale della guerra'.
Ma la nonviolenza nel film è relegata ad una copertina di un libro di Gandhi e ad un'azione eroica, di lei che cammina impavida tra i fucili del regime.
Molto romanticismo familiare, molta narrativa occidentale che genera commozione, ma poco succo.
Così come era già accaduto per 'The iron lady', qualche mese fa.
Un film da vedere, per avvicinarsi al personaggio e per introdursi a quel che potrebbe essere la lotta politica nonviolenta. Ma non molto di più o di meglio.

Ieri sono tornato al Cungiareddu, con M.
Bella giornata di sole, cielo azzurrissimo, prati ricoperti di asfodeli e di fiorellini violetti.
Mimose, mandorli e ginestre che sbocciano.
La domus de janas sempre lì, da 3500 anni.
I campi verdissimi, ancora per poco, vista la calura crescente.
Il momento giusto per andare.
Quando tornerò dal Ghana, procederò gradualmente verso l' 'operazione casetta in campagna'.
Chi volesse essere coinvolto, batta un colpo!

Ieri ho iniziato a riempire le valigie, verso Fufulsu, piccolo villaggio a nord del Ghana, appunto.
Partirò martedì mattina presto, per Milano-Londra-Accra, con quattro giovani studenti, Giuseppe, Michael, Alice e Marta.
Siamo carichi di cibo, medicine, zanzariere, risme di carta e cancelleria, lenzuola e stoviglie, vaccini.
Io, come al solito, mi affido alla buona sorte contro germi, virus e insetti.
Starò lì solo 15 giorni, in un viaggio che, per loro, durerà due mesi.
Mi affido alla loro giovinezza, alle loro energie.
E spero di trovare almeno qualcosa tra quel che resta delle mie.
Sono curioso.
Mi è molto difficile immaginare quel che ci aspetta, anche se il primo gruppo è già tornato e ci ha raccontato qualcosa. E' la prima volta che starò così a lungo in un piccolo villaggio dell'Africa, senza luce e senza acqua corrente, circondato da persone che parlano poco inglese e molti dialetti incomprensibili (twi e gonja, soprattutto).
Ma il villaggio, circa 8000 persone col circondario, sta vicino all'White Volta e al crocicchio di strade importanti, non lontano dal Parco di Mole, ed è già attorniato da 4 antennone per le telecomunicazioni.
Potenza, un pò surreale, della modernità.
Quindi, forse, non perderemo del tutto i nostri contatti.
A meno che non mi venga da desiderarlo.
Ci sarà ancora qualche posto del mondo in cui si possa stare davvero soli ?