lunedì 27 febbraio 2017

fake news

Trump e la Le Pen maramaldeggiano su stampa e giornalisti.
Dopo averli trasformati quasi tutti in lacchè, ora non gli basta più.
Non li invitano neppure alle conferenze stampa, devono morire.
D'altra parte, ormai, cosa contano i giornali, chi se li legge?
Non certo quelli che votano Trump o Le Pen.
Quelli non leggono, o leggono altro, magari sulla rete.
E se i fakes fossero solo su Internet (ed i potenti stanno provando a metterle la museruola con questo alibi) avremmo risolto. Ma quante fesserie e bugie assorbiamo quotidianamente anche da tv e giornali 'seri' ?
La carta stampata, infine, salve rarissime eccezioni tipo Il Fatto, non starebbe in piedi un giorno se non ricevesse fior fiore di contributi pubblici dai partiti e dai politici (per non parlare di multinazionali e riccastri).
Ma il tempo è trascorso, ora va fatta letteralmente fuori, ai potenti non serve più, rompe ancora troppo, nonostante quel che è ormai, e soprattutto costa troppo.

Qualche sera fa stavo andando al cinema a vedere Manchester by the sea (ve lo consiglio) e in via del Collegio un auto correva rombando, incurante di orecchie e passanti.
Due neri che andavano verso la cripto-moschea hanno protestato civilmente, un pò spaventati.
Il guidatore si è fermato e, con fare sprezzante, ha dichiarato: Guarda che qui io ci sono nato!
Sottinteso: non come te, negro di merda, che vieni ad invadermi il quartiere.
Mentre i due neri proseguivano a cercare di spiegare, mi sono avvicinato al finestrino e gli ho detto in faccia, arrabbiato: Bene, allora cerca di non ammazzare nessuno dei tuoi condomini. Stavi andando troppo forte, e basta. Non tirare fuori altre storie...
E' sgommato avanti, via, senza più fiatare. I neri mi hanno sorriso.
Certe volte, basta poco.

Mentre Bill Gates inizia a parlare di tassare le aziende che producono tecnologia sostitutiva del lavoro umano per dare un reddito ai milioni di disoccupati cjhe la robotica ha creato e ancor più creerà in futuro, Renzi continua a sparare fake news contro il reddito di cittadinanza, inventandosi altre formule magiche tipo 'lavoro di cittadinanza'. Di questo parlerebbe la Costituzione, sempre lei, poveraccia!
Ma possibile che segua Bill Gates sino in California, ma poi non lo segua nelle ovvietà, quando non gli conviene ?
Non sarebbe più serio dire a tutti i giovani che entro qualche decennio moltissimi lavori non ci saranno più e che, in assenza di contromisure ragionevoli, ci sarà sempre di più un sacco di gente senza lavoro e senza soldi ?
No, si continua a parlare di lavoro e di dignità del lavoro, come se fossimo ancora nella Genesi.
E posso capire la Chiesa, ed anche i marxisti, ma gli altri, i cosiddetti liberisti ?
Perchè mentono così spudoratamente, continuando a promettere quel che non sarà ?
Semplicemente perchè non possono dire la verità senza suicidarsi.

I Cinque stelle a Roma hanno accettato lo stadio, per quanto riveduto e corretto.
Ma possibile che nessuno osi dire che di stadi ne abbiamo anche troppi, a Roma ed altrove ?
E che ci sono altre priorità ? E che a questi non gliene frega niente dello stadio e del calcio, ma vogliono solo fare nuove città mercato sotto mentite spoglie e riempirci la vita di altri gadget e merci e cazzate da pagare ?
Fatti i lavori, poi, si lascia decadere tutto, come è accaduto con il Sant'Elia dopo Italia 90.
Ed ora ci tocca anche qui a Cagliari di digerire il nuovo stadio.
Così come hanno avuto il coraggio di fare con le Olimpiadi, i Cinque stelle avrebbero dovuto dire basta anche a Pallotta e ai palazzinari di ogni dove. Ma non ce l'hanno fatta e preferiscono indorare la pillola con finti discorsi sulla sostenibilità e il bene pubblico, anche loro...

Oggi, salendo in filobus, verso la facoltà, una ragazza ripeteva un'esame di biologia alla sua collega.
Primo, lo faceva a voce altissima, senza rendersi conto di trovarsi in un contesto pubblico, con tanta gente intorno che l'esame non lo doveva dare, tantomeno in autobus.
Secondo, ripeteva le cose senza capire evidentemente nulla di quel che diceva, e senza neppure chiedersi che cosa stava dicendo. La banalità del bene.
Terzo: non aveva idea dell'italiano. A un certo punto ha detto: Questa definizione non me la ricordo mai, mi ansia!  MI ANSIA ?
Ora, per quanto si possa essere colti da sconforto, non ha senso reagire a tutto questo con le fakes stile Mastrocola o Recalcati. Non è con il ritorno ai valori, o allo studio della sintassi, o con la fine del gioco ed il ritorno alle cose serie, o al Nostro Padre freudiano quotidiano, che risolveremo le cose.
Non è con gli appelli a studiare, o con l'aggiunta di ore o di obblighi scolastici, o di disciplinarizzazione, che si uscirà da questo tunnel.
Il passato non torna, e non può tornare, grazie a Dio. Anche se qualcuno ci prova, eccome.

A proposito di postverità, ma cosa c'entra ormai questo Carnevale con il Carassegare, con il tagliar le carni, fare a pezzettini le consuetudini e i poteri, cambiare il mondo anche solo per qualche ora, mascherarsi per dir la verità, stravolgere le postazioni di sempre ?
Neppure più semel in anno licet insanire ?
E' tutto mercato, tutto finto. Solo spettacolo, turismo e folklore, senza più conflitto nè senso sociale.
Questo Carnevale mi mette tristezza, anzi: mi ansia.

E' rinata DP, ma non vuol più dire Democrazia Proletaria.
I transfughi d'alemiani si fanno chiamare ora  'democratici e progressisti'. Che fantasia!
Peccato che attualmente le due parole stiano agli opposti: la civiltà del progresso infatti non va più insieme alla democrazia. Il progresso l'abbiamo visto in questo ultimo secolo, e soprattutto in questo XXI ...
Della democrazia non sa più che farsene.
Intanto D'Alema annusa l'aria ed improvvisa (lui!) sparate-fakes sul superamento della forma partito, sulla necessità di darsi forme nuove, di andare oltre il già conosciuto.
Ma è solo in attesa della morte di Renzi, per riprendere possesso dei suoi feudi.
Non si può dire che non sia un bravo killer, o meglio -come sempre- un perfetto mandante.
Il lavoro sporco l'ha sempre fatto fare ad altri.

Un ragazzino che conosco bacia una ragazzina, in privato.
Nel giro di pochi minuti la notizia è sui social, lui deve ricevere telefonate o messaggi che gli chiedono se l'ha fatto davvero, che intenzioni ha, se la ama o no...
E si sente in obbligo di tenere lo smartphone acceso e di rispondere, anche se non sa bene neppure che cosa ha fatto, nè cosa accadrà, nè cosa sente davvero.
Come un attore consumato si fa il suo film, e partecipa a quello degli altri che lo chiamano, o della ragazzina che ha subito spifferato tutto alle sue amichette da gossip.
Sembra cinico e disincantato (che cos'è l'amore, in fondo ? l'amore vero non esiste, esiste solo il sesso...), ma sa di essere quasi totalmente solo davanti a questa enormità che sta avvenendo, e non sa che fare.
Ci chiede, domanda, cerca aiuto.
Si dibatte, come un pesciolino senza speranza, nella rete.

Da qualche mese i miei post vengono letti da centinaia e migliaia di persone che non conosco.
Non so come e perchè questo stia avvenendo ultimamente, a differenza di prima.
Chi mi sta diffondendo nell'etere, a mia insaputa e fuori dal mio controllo ?
Mi ansia, un pò, lo ammetto.
Meglio smettere ?
Chi può e sa, parli.











 

venerdì 24 febbraio 2017

no-global ?

Fra poco parteciperò ad un incontro con studenti in cui verrà proiettato il film 'Diaz' e si parlerà di quel che è successo a Genova e quel che è accaduto dopo, in questi ultimi quasi sedici anni.
L'occasione mi ha portato a rifocalizzare quell'esperienza, che è stata così forte e decisiva per i movimenti a cui ho aderito, per la loro sorte e per la loro morte.
Con l'andare degli anni è risultato ancora più evidente quel che i muri di Genova significavano simbolicamente: la chiusura e la difesa di roccaforti di privilegio e di decisione autoritaria, non disponibile alla mediazione, e quindi post-democratiche. La violenza armata e la militarizzazione quali modalità di nuovo possibili in politica, in aggiunta ai soft power consumistici e da lavaggio del cervello massmediatico. La globalizzazione dei mercati e della finanza e la chiusura alla libera circolazione delle persone e dei poveri.

Qualcosa sta cambiando negli ultimi anni.
La globalizzazione ansima paurosamente.
I poveri e i migranti sono sempre di più, dentro i nostri confini o alle nostre frontiere.
La guerra sta avanzando e ormai copre buona parte del pianeta, in una forma o nell'altra (guerra classica, guerriglia, terrorismo).
Le aziende tornano a proteggersi di più e a cercare aiuto negli stati nazionali, il protezionismo e l'isolazionismo crescono e cresceranno insieme a Trump e alle nuove destre europee.
I social network e Internet per tutti non riescono più a nascondere l'isolamento e l'infelicità delle persone, oltre a manifestare un aumento della loro controllabilità ed autosfruttamento dei sè come risorsa digitale.
Le democrazie sono sempre più finte ed apparenti, sfiduciate dai cittadini, amorfe e sbiadite.

Quel che sta accadendo era stato predetto a Genova, qualche mese prima che accadesse l'attacco alle Torri Gemelle, evento che ha fatto il resto ed ha accelerato ulteriormente dei processi già in atto e, in gran parte, già decisi in alto.
Inutile dire ora che avevamo ragione.
Non siamo riusciti ad organizzare questo no, non siamo riusciti a darcela e a farcela dare questa ragione.
E, in compenso, da Genova in poi, ce le hanno date di santa ragione.
Intere generazioni, e soprattutto i giovani che si affacciavano all'azione politica proprio in quell'occasione, sono state minacciate e colpite fisicamente, in quei giorni.
E da allora si sono nascoste, si sono arrese, sono tornate a casa.
Il segnale è arrivato, chiaro. E ha funzionato: la paura ha chiuso gli spazi di una politica ancora possibile.
Molti anche i limiti interni ai movimenti. di cui abbiamo già parlato più volte.
Ma l'ondata è stata davvero potente.
Lo vediamo oggi, circondati come siamo da milioni di aspiranti Justin Bieber e scimmiottanti Paris Hilton, ipnotizzati dagli smartphone e mantenuti dal papà.
Vedremo quale sarà la situazione, tra altri quindici anni.

martedì 21 febbraio 2017

bandiera rosa trionferà

Come se non bastasse, si attendeva da un momento all'altro l'arrivo di alcuni politici. Per questo motivo, le autorità avevano ordinato di sgombrare le prime due file, che rimasero vuote sino all'arrivo di quei signori e anche dopo, poiché, sebbene fossero soltanto due, ciascuno si era portato appresso la sua brava scorta di pistoleros guardaspalle .
Questi si accomodarono in seconda fila, dietro i propri capi, i quali se ne stavano davanti uno di fronte all'altro, separati dall'anello dell'arena. Nel momento in cui iniziarono i combattimenti, si capì subito che tra loro non correva buon sangue.
Pareva che fossero arrivati sin lì per qualche antica rivalità, e lo davano a vedere non solo per il loro atteggiamento, ma anche durante i combattimenti.
Infatti, se uno di loro tifava per un gallo, l'altro parteggiava per il rivale. E così gli animi cominciarono a scaldarsi in quanto ognuno voleva che vincesse il proprio beniamino.
Presto scoppiarono i dissapori. Lo sconfitto si alzava in piedi assieme al suo gruppo di accompagnatori e incominciava a lanciare parolacce e minacce che i guardaspalle ripetevano ai loro avversari. Quello spettacolo dei due gruppi che litigavano tra loro finì per attirare l'attenzione dell'intero pubblico, che si aspettava di veder scoppiare una rissa tra quei tizi che non perdevano occasione di mostrare quanto erano spacconi.
Alcuni non tardarono ad abbandonare il recinto nel timore di una sparatoria.
Ma non successe nulla. Alla fine dei combattimenti, i due uomini politici uscirono dall'arena. Si incontrarono all'ingresso, e lì si presero a braccetto, e più tardi andarono tutti a bere nel locale migliore, insieme alle cantadoras, alle guardie del corpo che parevano aver dimenticato le precedenti cattive intenzioni, e al sindaco del paese, come se tutti stessero festeggiando quel felice incontro.
(Juan Rulfo, Il gallo d'oro, 1980)

Finalmente anche il PD giunge al suicidio, dopo tanto inutile chiacchierare e penare.
E va a finire e a fallire, spero definitivamente, tutto quel pateracchio che ha assunto vari nomi e sembianze, vegetali ed animali, vegetative ed iperattive, ed ha abbattuto in breve tempo querce secolari ed esili, poco pacifici, ulivi. E che, ben prima e ben più spietatamente di Renzi, ha distrutto la sinistra in Italia (grazie all'opera diuturna dei vari Blair nostrani, da D'Alema a Veltroni, sino a Bersani, quelli che ora si stracciano le vesti, dimentichi di se stessi e confidenti che -di quel che hanno combinato- ci se ne dimentichi anche noi, come sempre...)
Una bandiera rosa (stinta e rosicchiata) viene riappesa sull'asta, ma non c'è vento.

Renzi va al centro, come previsto da tempo, a rifare una DC sociale e delle banche, nella miglior tradizione dorotea.
E vanno alla sua sinistra (ma, attenzione, non 'a sinistra') i patetici ras del passato, che andranno ad unirsi ai soliti ex-SEL (che sono sempre solo ex di qualcosa, senza mai contare nulla) e a pochi altri.
Elettoralmente, sarà per loro un disastro, come sempre dopo le scissioni e le ricomposizioni a sinistra.
Ed infatti gongolano Berlusconi e Grillo, che si vedono spianata la strada verso una corsa a due, e non più a tre, visto che i due schieramenti (quel che resterà a Renzi, ormai spolpato, e quel che seguirà i partenti, senza meta e senza futuro) si spartiranno le spoglie di un elettorato confuso e umiliato dai propri leader, ora in vena di divorzio, dopo anni da separati in casa.

Ci sarà da vedere se, in tutto questo rivolgimento, si possa aprire lo spazio finalmente per qualcos'altro.
Ma c'è da chiedersi se si tratti di una vera fase di cambiamento, o non sia solo l'ennesimo atto della stranota commedia dell'arte.
Infatti, l'occupazione dello spazio politico a sinistra è stata immediata ed è già in corso da parte dei soliti noti, con Vendola che sta dietro le quinte in attesa di candidarsi a capo di un fantomatico governo alternativo a Renzi, ma anche ai Cinquestelle (vero avversario politico e vero obiettivo polemico di tutti gli apparenti contendenti di oggi).
Insomma, è la solita Italia gattopardesca, senza onestà e dignità, degna solo di un (breve) romanzo messicano.




sabato 18 febbraio 2017

la grande illusione

Restano negli occhi innumerevoli immagini di questo densissimo viaggio.
Si mescolano ora alle facce conosciute, ai carrelli di Nonna Isa, alle parole di tesisti e colleghi, ai messaggi e alle telefonate di saluto.
Tornare a casa, cercare di dormire in orari regolari, lavorare come si riesce, riprendere a guardare la tv, passeggiare e andare in bici, scrivere e spedire letterine, ascoltare i suoni diversissimi di questa mia città quando mi sveglio, e non ritrovare le luci e il verde di laggiù.

I mille miei volti in questo volteggiare, le piccole storie che abbiamo incontrato – e molte già dimenticate-, i sorrisi e le curiosità dei giavanesi, la fierezza quieta e semplice dei balinesi, la sfrontatezza degli occidentali residenti, hippies arricchiti o turisti sedotti dal sole, la dolcezza dei volti delle donne, la bellezza delicata e istintuale dei maschi, scolpiti nel legno e nella roccia.
Le continue benedizioni, i cestinetti di fiori e di frutta, gli altari e i templi ininterrotti, le famiglie riunite nelle case comuni: un culto che è vita quotidiana, in ogni momento.
Sensazione di angoscia, mista ad invidia, nel pensarsi così liberi e soli come siamo ormai qui.
Non riusciremmo più a concepire la nostra vita dentro la staticità delle caste o perennemente immersi negli stessi tessuti familiari.
Ma, di tutta questa libertà da tradizione e valori, che cosa ce ne stiamo facendo ?

Stiamo arrivando anche lì, è chiaro.
Non so quanto potranno resistere, quanto già non siano solo simulacri quel che vediamo oggi.
Eppure, molti danno la sensazione netta di crederci ancora, davvero.
Di credere ancora in qualcosa che non sia solo utilità o funzione, successo o denaro.
Di vivere ancora nel dono, nell'emozione comune, nel bene diffuso di un sentire insieme il tutto, o almeno qualcosa.
Influssi di esotismo, incensati da profumi e spezie, che ti abbindolano ?
Forse.
Solo un breve viaggio in un'altra realtà, che continua a nascondersi molto più che a rivelarsi, giustamente e inevitabilmente?
Certo.
Ma in molti momenti ci è sembrato bello vivere con loro e, in qualche senso, come loro.
Un bel gioco, una bella illusione.






















mercoledì 15 febbraio 2017

cumpà

Un buon compagno di viaggio è puntuale agli appuntamenti, prevede con anticipo le situazioni, si prepara con attenzione.
Ma è anche un buon improvvisatore, sa cogliere le evenienze, si adatta alle situazioni inattese, si diverte a farsi cogliere di sorpresa.

Un buon compagno di viaggio sa ridere delle fregature e degli imbrogli, ed ogni tanto sa rendere pan per focaccia. Sa ridere nelle situazioni imbarazzanti, ed anche di se stesso.
E' curioso di quel che accade, si scoraggia per breve tempo, e si riprende con velocità.
Sa trasformare quel che non torna rispetto ai propri piani in una possibilità di variazione.

Un buon compagno di viaggio sa accettare l'imponderabile e l'inevitabile.
Accoglie i limiti, quando arrivano e quando ci si arriva, propri e di chi l'accompagna.
Conosce i limiti dell'essere un turista aspirante viaggiatore, e sa che intorno il mondo va spesso nell'altro senso: cerca sempre di trasformare chi viaggia in un aspirante (ed espirante) turista.

Un buon compagno di viaggio ti ascolta, tiene conto di te, non ti forza mai, ma talvolta ti sprona a tentare qualcosa che non sai di poter fare e che non sai neppure di desiderare.
O ad avvicinare qualcosa che temi, che temi di desiderare, o che desideri tanto da temerla.
In un vero viaggio qualche volta, alla fine, ami qualcosa che non volevi, e non vuoi più qualcosa che pensavi di amare.

Un buon compagno di viaggio, insomma, sa giocare.
Anche quando non sa giocare bene proprio quel gioco lì, è comunque in grado di provarci.
E, se proprio non se la sente, apprezza il fatto che tu ci provi, e ti guarda con amore mentre giochi.
E, anche in quel momento, non ti fa sentire solo, e non si sente solo.

Un buon compagno di viaggio ti sa salutare e lasciare, sempre riconoscente per quel che è avvenuto.
Anche se non ci fossero altri viaggi, e soprattutto se fosse l'ultimo.
Ma spera che altri sogni si compiano, e inizia ad immaginarli con te.

Trovare un buon compagno di viaggio, in un vivere solitario, è la cosa più bella che possa capitarti.








martedì 14 febbraio 2017

potlach e ceneri

All'aeroporto di scalo, Dubai degli emiri e degli schiavi, ore 6.30, dopo una breve notte in aereo da Bali e Giacarta.
Qualche ora di attesa, utili a rimettersi in sesto e provare a scrivere qualcosa su questo viaggio.
Siamo reduci dalle tre giornate dedicate alla cremazione della moglie del re già defunto qualche anno fa, un'anziana olandese, che non contava più nulla, come peraltro il suo illustre consorte, ma sapeva certo contare qualcos'altro, visto che per il suo funerale è riuscita a spendere 40 miliardi di rupie, più di 3 milioni di euro.
Spettacolo strepitoso, comunque.
Si inizia il sabato con addobbi del tempio, compianti quasi allegri, feste e banchetti.
Ci siamo messi il sarong ed abbiamo visto le famiglie delle caste alte sfilare tutte imbellettate e impizzettate (sia per i pizzi multicolori delle camicette, sia per le pizzette che si sono pappate...)
Nel frattempo già da giorni era iniziata la costruzione del toro-sarcofago, nel quale alla fine sarà bruciato il corpo, e della torre a 9 piani, sempre più stretti e raffinati man mano che si sale verso l'alto, che rappresenta il cielo, poggia su una tartaruga che regge il mondo, ed è adornata di cigni, barong (demoni protettori che scacciano gli spiriti maligni) e cili (divinità-madri che portano con sé fecondità e prosperità).
Il tutto, ieri, è stato trasportato a braccio e di corsa da centinaia di persone, con noi e molti altri dietro, a suon di musica, tra sorrisi e canzoncine, lazzi e frizzi.
Nei funerali balinesi niente lacrime, l'anima si libera e sarà più felice, che si reincarni o entri nella moksa, la liberazione totale dal ciclo della metempsicosi.
Divertirsi con la morte, fondamento di qualunque il-ludetica.
Qual posto migliore per verificarlo ?
A Bali tutto è bello proprio in quanto ama consumarsi nello spazio di un giorno, come la manna non dura: non durano i cestinetti di palma infiorati e colmi di riso, caramelle e profumati di incenso e fiori di frangipane.
Tutto vive, tutto va benedetto (anche i motorini e le lavatrici), tutto si consuma e passa, tutto ritorna.
Come si concili tutto questo col turismo di massa e la finanza internazionale solo i balinesi lo sanno.
Ma è loro proprio l'arte della conciliazione tra demoni e dei, del dualismo sempre moderato.
A meno che non ci si giochi il prestigio con i galli da combattimento o non si debbano costruire templi a più piani (meru) che aiutino gli dei a fare su e giù con la terra.

Il viaggio sta finendo ed è stato certo uno dei più belli della mia vita.
Giava e Bali (alla fine non siamo riusciti ad andare oltre, in un solo mese) sono due isole davvero incredibili: la bellezza della natura, la semplicità e l'accoglienza delle persone che abbiamo incontrato, la potenza e l'eleganza della vita quotidiana, la maestosità delle foreste e dei templi, dei vulcani e delle onde. Non manca nulla, a questo paradiso, reso inferno dai demoni, ma che tenta sempre disperatamente di salvarsi.
Un luogo che ti riconcilia con la vita, con i ritmi lenti e le accelerazioni del cosmo, con l'acqua che benedice e il fuoco che purifica.
Siamo stanchi, ma davvero appagati.
Abbiamo fatto bene a partire, ancora una volta.
E lo rifaremo, appena potremo, ancora verso l'Oriente (dopo l'Indonesia, l'India...?)
























domenica 12 febbraio 2017

ubud re

Alla fine niente viaggio al Batur, è piovuto troppo.
Siamo rimasti a Ubud, a goderci i musei d'arte balinesi e la cremazione di Ibu Nelly Sukawati, che dovrebbe essere la mamma della regina, se abbiamo capito bene.
Sulla cremazione, che si conclude domani con il mega-rogo, scriveremo in seguito.
Qui, alcune immagini del museo d'arte, davvero molto bello.
Bali è un'opera d'arte continua, la grazia e la bellezza sono ovunque, nonostante noi.
Ma anche al museo ci siamo fatti un'idea più generale della sua produzione artistica.