All'aeroporto
di scalo, Dubai degli emiri e degli schiavi, ore 6.30, dopo una breve
notte in aereo da Bali e Giacarta.
Qualche
ora di attesa, utili a rimettersi in sesto e provare a scrivere
qualcosa su questo viaggio.
Siamo
reduci dalle tre giornate dedicate alla cremazione della moglie del
re già defunto qualche anno fa, un'anziana olandese, che non contava
più nulla, come peraltro il suo illustre consorte, ma sapeva certo
contare qualcos'altro, visto che per il suo funerale è riuscita a
spendere 40 miliardi di rupie, più di 3 milioni di euro.
Spettacolo
strepitoso, comunque.
Si
inizia il sabato con addobbi del tempio, compianti quasi allegri,
feste e banchetti.
Ci
siamo messi il sarong ed abbiamo visto le famiglie delle caste alte
sfilare tutte imbellettate e impizzettate (sia per i pizzi
multicolori delle camicette, sia per le pizzette che si sono
pappate...)
Nel
frattempo già da giorni era iniziata la costruzione del
toro-sarcofago, nel quale alla fine sarà bruciato il corpo, e della
torre a 9 piani, sempre più stretti e raffinati man mano che si sale
verso l'alto, che rappresenta il cielo, poggia su una tartaruga che
regge il mondo, ed è adornata di cigni, barong (demoni protettori
che scacciano gli spiriti maligni) e cili (divinità-madri che
portano con sé fecondità e prosperità).
Il
tutto, ieri, è stato trasportato a braccio e di corsa da centinaia
di persone, con noi e molti altri dietro, a suon di musica, tra
sorrisi e canzoncine, lazzi e frizzi.
Nei
funerali balinesi niente lacrime, l'anima si libera e sarà più
felice, che si reincarni o entri nella moksa, la liberazione totale
dal ciclo della metempsicosi.
Divertirsi
con la morte, fondamento di qualunque il-ludetica.
Qual
posto migliore per verificarlo ?
A
Bali tutto è bello proprio in quanto ama consumarsi nello spazio di
un giorno, come la manna non dura: non durano i cestinetti di palma
infiorati e colmi di riso, caramelle e profumati di incenso e fiori
di frangipane.
Tutto
vive, tutto va benedetto (anche i motorini e le lavatrici), tutto si
consuma e passa, tutto ritorna.
Come
si concili tutto questo col turismo di massa e la finanza
internazionale solo i balinesi lo sanno.
Ma
è loro proprio l'arte della conciliazione tra demoni e dei, del
dualismo sempre moderato.
A
meno che non ci si giochi il prestigio con i galli da combattimento o
non si debbano costruire templi a più piani (meru) che aiutino gli
dei a fare su e giù con la terra.
Il
viaggio sta finendo ed è stato certo uno dei più belli della mia
vita.
Giava
e Bali (alla fine non siamo riusciti ad andare oltre, in un solo
mese) sono due isole davvero incredibili: la bellezza della natura,
la semplicità e l'accoglienza delle persone che abbiamo incontrato,
la potenza e l'eleganza della vita quotidiana, la maestosità delle
foreste e dei templi, dei vulcani e delle onde. Non manca nulla, a
questo paradiso, reso inferno dai demoni, ma che tenta sempre
disperatamente di salvarsi.
Un
luogo che ti riconcilia con la vita, con i ritmi lenti e le
accelerazioni del cosmo, con l'acqua che benedice e il fuoco che
purifica.
Siamo
stanchi, ma davvero appagati.
Abbiamo
fatto bene a partire, ancora una volta.
E
lo rifaremo, appena potremo, ancora verso l'Oriente (dopo
l'Indonesia, l'India...?)
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