Ora ci troviamo a Bali già da
mercoledì scorso, abbiamo lasciato Legian e la penisola a sud, regno
di turisti e surfer, e ci godiamo il clima artistico della città di
Ubud, circondata da templi e da verdissime campagne.
Ma di questo parleremo appena
possibile.
Ora
vogliamo tornare indietro a quasi una settimana fa, quando ci siamo
diretti verso l'area dei vulcani ed il mitico monte Bromo.
Iniziamo
la giornata con una lunga attesa alla stazione dei bus, qui si parte
solo quando il bus è pieno oppure quando chi è presente è disposto
a pagare i posti vuoti, il tempo trascorre veloce mentre vari
indonesiani chiedono ad Enri se sia mussulmano per via delle sue
papaline e alcuni vorrebbero comprargliele e i più sfacciati se le
provano ridendo. Si parte e risaliamo dal livello del mare fino a
2000 metri attraverso paesini inerpicati nella foresta tropicale.
Appena scendiamo capiamo che la situazione climatica è drasticamente
cambiata dall'afa dei 30 gradi passiamo a 8-10 gradi con raffiche di
vento e nuvole minacciose dentro cui ci muoviamo. Mettiamo le calze,
i pile e compriamo un kitschissimo ma caldissimo cappellone di lana
bluette. L'albergo è il più costoso che ci siamo permessi ma è
quasi dentro il cratere e possiamo fare tutte le passeggiate a piedi.
Andiamo
a letto presto per svegliarci alle 4.00 e incamminarci verso il tanto
decantato Bromo sunrise ma ci troviamo da soli, nel buio più
totale con 5 gradi e una sorta di tormenta di pioggia e nebbia che ci
avvolge. Avanziamo nel cratere con la sola luce da minatori che Enri
ha ricevuto per il suo compleanno dai nipoti. Solo durante il
percorso grazie ad un motociclista pietoso capiamo che il Bromo è il
vulcano che fuma sulla sinistra e non il bel monte verde -il Batok-
che noi avevamo puntato come meta. All'inizio della salita in cui
siamo ancora da soli vediamo alle nostre spalle un'orda di centinaia
di persone, soprattutto gli immancabili giapponesi, che si avvicina
ad ampie falcate, sia a piedi che in scooter o a cavallo. Ci
sbrighiamo a salire per arrivare in cima in solitudine. La nebbia è
sempre più inesorabile e sulfurea ma riusciamo ad intravedere il
tempio indu e la scalinata di 250 gradini scolpiti nella roccia che
conduce al fumosissimo cratere maggiore. Il sole è sorto ma
dell'alba nemmeno l'ombra! Una situazione surreale, sembrava di
camminare nel vuoto e di essere in un mondo parallelo. Infreddoliti,
fradici ma contenti dell'avventura torniamo lentamente verso il
deserto di sabbia e lava che ci riporta verso l'hotel Permai dove ci
attende una bella colazione con Mie Goreng (noodles fritti con
verdure, uova, carne), Toast con burro e marmellata di fragole, uova,
the e caffè.
La
sera piove sempre e l'indomani la giornata è molto peggiore della
precedente. Sembrava impossibile, ma è vero: non si vede quasi nulla
e i turisti rinunciano alla camminata verso il monte.
Noi
ce ne stiamo tranquilli nella nostra stanzetta, a leggerci un libro
di Onfray sulla postanarchia spiegata a sua nonna, sino a quando non
spiove e miracolosamente esce il sole.
Lo
spettacolo dall'alto è stupendo, emozionante, strepitoso e iniziamo
una passeggiata per campi terrazzati di cavoli e cipolle, sul crinale
del cratere maggiore.
Qui
incontriamo case di contadini che piantano gli ortaggi, e un gruppo
di bambini che ha piantato invece delle grandi girandole di bambù
che ruotano e rombano velocissime al forte vento che giunge da sud.
Una
bellissima passeggiata, luminosa e dolce, in cui scopriamo qualcosa
della vita dei Tengger, una minoranza arroccata su queste cime, non
islamica, che ancora oggi fa i sacrifici al divino Bromo.
Dopo
una lunga attesa di quasi due ore, riusciamo a raggiungere
Probolinggo con un bemo, e ci imbsrchiamo subito in quel che si
rivelerà il più lungo viaggio di questo viaggio (durata promessa 8
ore, ma in realtà 12, traghetto per Bali incluso.
Arriveremo
a Denpasar soltanto all'1.30 di notte e ce la finiamo in un love
motel, circondati da danzatrici nude sui bassorilievi, ma in una
stanza non dotata di lenzuolo e carta igienica.
Le
varie sceneggiate di Enri non portano a nulla, il cameriere non
capisce un tubo, anche se riesce almeno ad aggiustare il sifone che
perde.
Purtroppo
però piove in bagno dal tetto, ma scopriamo che si tratta di una
tipica scelta architettonica del posto.
Divertente
e assurda situazione, very indonesian style.
Ma
il letto è comodo, e dormiamo della grossa. Che bello!
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