martedì 30 gennaio 2018

astensionismo attivo 2 !! leggete bene bene...

Questa mail è un invito a
chi è indeciso se votare o meno,
a chi è tentato dall'idea di non votare
e a chi da tempo non va a votare.

È ora di condividere ed esplicitare quali emozioni e motivazioni ci portano consapevolmente a non andare a votare alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 e a farci emergere come un movimento organizzato di non votanti consapevoli, quindi metter su una Campagna di Astensionismo Pubblico (C.A.P.) cioè ad immaginarci nuovi indirizzi, nuovi codici d’avviamento politico.

CAMPAGNA di ASTENSIONISMO PUBBLICO
no, st(r)avolta non voto!
SCIOPERO DALLE ELEZIONI

L’azione sarebbe quella di andare ai seggi elettorali come faremmo normalmente per votare e di far registrare nel verbale il nostro rifiuto a ritirare la scheda elettorale lasciando un reclamo scritto. L'attuale legge elettorale lo consente (vedi in calce) e inoltre ogni reclamo messo a verbale verrà   preso in esame dalla Camera nella seduta di convalida dei risultati delle elezioni, secondo quanto previsto dal Testo Unico delle leggi elettorali. 
Sono ovviamente ipotizzabili e auspicabili anche altre azioni pubbliche da pensare insieme.

Se ti-vi scrivo è proprio perché vorrei sapere davvero cosa ne pensi, sempre in calce puoi leggere le prime riflessioni che abbiamo iniziato a fare con alcune persone informalmente.

Ci vediamo, riflettiamo insieme su nuovi Codici d’Avviamento Politico?
Per co-costruirla e coordinarci ci vediamo:


DOMENICA 4 FEBBRAIO
ore 12.00
Centro Sociale SCUP
Via della Stazione Tuscolana 82, Roma
(metro A Furio Camillo)

per info, commenti e adesioni: 

CAMPAGNA di ASTENSIONISMO PUBBLICO
no, st(r)avolta non voto!
SCIOPERO DALLE ELEZIONI

L'idea è quella di cogliere la situazione del giorno delle elezioni come porta spazio-temporale di azione ed espressione pubblica di dissenso politico, un dissenso così serio e profondo che molte persone non votano più da anni e non per disinteresse della cosa pubblica ma tutt’altro.
I rituali delle attuali democrature ci spingono verso un'eutanasia delle democrazie stesse. Una democrazia senza popolo si delinea con sempre più evidenza. Le forme di democrazia diretta sono sempre più trascurate e vilipese. E la rappresentanza è ormai un simulacro senza sostanza. I partiti non hanno più bisogno del nostro voto, se non come ratifica dell'esistente e del già deciso. L'unico modo che abbiamo per ridare peso e valore al voto è astenerci pubblicamente, agendo politicamente l'astensione. L'assenza ci rende presenti molto più che una svuotata partecipazione.
Democratizzare la democrazia è l'unica strada per preservarla. Se la democrazia non si amplia e si rinnova, perisce. Si va infatti verso poteri democratici sempre più deboli e inefficaci. Il che riapre all'invocazione di poteri forti, ad una militarizzazione della vita sociale, ad un sempre maggiore controllo sull'informazione e su quel che resta delle nostre vite private. Il voto non rappresenta più il centro del governo politico delle nostre esistenze: il dominio viene esercitato in altre forme, più continue e quotidiane, nei dispositivi del lavoro e dello svago, nelle dimensioni del consumo e dello spettacolo, nelle mitologie securitarie. Le elezioni sono ormai solo un epifenomeno all'interno di queste cornici, ben più potenti e direttive. Andare a votare significa collaborare a mantenere e a sostenere questo stato di cose. Indipendentemente da cosa o chi votiamo, ci troviamo immersi in un modello collusivo, in cui sono coinvolti - più o meno in buona fede - gli stessi candidati ed eventuali eletti. Dobbiamo spezzare questo circolo che ci rende complici, iniziando proprio dal voto.
Dove si situa oggi il nostro astenerci dalla responsabilità politica? Proprio e soprattutto nel proseguire ad andare a votare. Qualunque sia la motivazione: timore per una situazione ancor meno democratica in cui non ci sia più neppure il voto, accettazione del meno peggio o del male minore, conformismo e abitudine, adesione seppur perplessa ad un programma politico o simpatia-amicizia per un candidato. Continuare a votare oggi significa non assumerci la nostra responsabilità politica, adeguare la nostra coscienza alla non-scelta di molti, collaborare a qualcosa che non collabora con noi, ma anzi ci esclude e ci tradisce senza ritegno. L'astensione, nella sua forma attuale, sostanzialmente clandestina e privata presuppone già una presa di posizione, fosse anche di rifiuto generico o di chiusura soggettiva; esprime perlomeno un anti-automatismo. Ma quel che proponiamo qui è il tentativo di rendere questa scelta, già di per sé rivelativa (di un malessere, di uno scontento, di un'estraneazione, di una separazione e presa di distanza), tale da assumere una responsabilità politica pubblica diretta e palese. Rappresenta quindi tutto l'opposto di un disimpegno o di un'assenza, ma assume il senso di una presa di parola e di presenza potentemente assertivo, tanto più se all'interno dell'attuale quadro politico, caratterizzato da cinismo, opportunismo e delega in bianco.

IL 4 MARZO 2018 COME DICHIARARE E REGISTRARE IL RIFIUTO DI RITIRARE LA SCHEDA DI VOTO.
Con riferimento alle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n 361 e successive modifiche TITOLO VII Disposizioni penali Art. 104. Comma 5.

Ci si presenta al proprio Seggio elettorale con in mano la Tessera elettorale e il documento d’identità. Giunto il vostro turno, vi farete registrare normalmente il documento e vi farete timbrare la tessera elettorale poi solo al momento in cui vi stanno per dare le schede di voto vidimate quindi prima di recarvi nella cabina elettorale chiederete al Presidente o al Segretario del Seggio di mettere a verbale la vostra dichiarazione d’intenti, cioè il rifiuto a ritirare le schede elettorali, nel verbale farete scrivere quello che volete (esempio: rifiuto le schede perché non mi sento rappresentato, non credo nella democrazia rappresentativa etc...); è consigliabile ove possibile avere con sé un documento scritto in precedenza, in cui sia riportato il nostro reclamo, da consegnare al Presidente o al Segretario del seggio, richiedendo che venga allegato al verbale delle operazioni di voto. Il Presidente o il Segretario hanno l’obbligo di prendere atto dei voleri del cittadino e di trascriverlo sul verbale. Né il Presidente, né il Segretario potranno rifiutarsi perché se lo facessero compierebbero un reato, e sarebbero passibili di multa da 4.000 euro o addirittura della reclusione fino a tre mesi.

Solo così facendo il voto non andrà a nessuno, farà ugualmente cumulo alle presenze ma non rientrerà nel meccanismo del premio di maggioranza (come accade invece se la scheda viene ritirata e lasciata bianca o se viene scritta/disegnata si conta nulla). Quindi attenzione bisogna esprimere bene il proprio volere di rifiutare la scheda e di volerlo verbalizzare.

Ricapitolando:

1) Presentarsi al proprio seggio con il documento d’identità valido + tessera elettorale.
2) Aspettare con calma e gentilezza di essere registrati con i propri estremi di documento e di farsi timbrare la tessera elettorale.
3) Quando e solo quando vi stanno per dare la scheda elettorale da loro vidimata, dichiarate-sempre con calma e gentilezza- che rifiutate di ritirare la scheda di voto e che volete che venga messo a verbale che rifiutate di ritirare la scheda di voto e lasciate commento dove spiegate la motivazione (secondo il già citato DPR 30 marzo 1957, n. 361 – art. 104)
4) NON DOVETE RITIRARE ASSOLUTAMENTE la scheda elettorale (se si ritira e la si tocca la scheda viene contata come scheda nulla e quindi rientra nel meccanismo del premio di maggioranza).

venerdì 26 gennaio 2018

ebbing, missouri, italia

Ieri sera ho visto 'Tre manifesti, ad Ebbing, Missouri'.
Una madre si ribella al silenzio e alle collusioni della polizia che non sta indagando sulla fine atroce di sua figlia, stuprata da morta e bruciata su un prato, alla periferia della piccola città.
Paga lautamente tre grandi cartelloni, posti proprio nel punto in cui è avvenuto il crimine, e attacca apertamente le forze dell'ordine.
Un atto nonviolento, coraggioso e appassionato, che genera reazioni selvagge, inconsulte, terribili.
L'uscita dal silenzio genera la guerra.
Un film realistico, crudo, cinematograficamente bellissimo.
Una lezione politica.

Ora, vorrei far risaltare una coincidenza, casuale ma emblematica: :proprio ieri è stato celebrato qui da noi il secondo anniversario della scomparsa di Giulio Regeni al Cairo.
Ne passeranno molti altri, di anni e di ananiversari
Passeranno decenni, come già dimostrano tutti gli altri casi in cui siano coinvolti militari, servizi segreti, trafficanti, mafie. Cioè gli intoccabili, quelli per cui non valgono mai democrazia e giustizia.
Ustica, il caso Alpi-Hrovatin, il caso Cucchi stanno lì, tra i tanti altri , a dimostrarlo.
La storia italiana è costellata di finte e mezze verità, di attese infinite, di riabilitazioni senza condanna, di prescrizioni e ignavie.
Che i coraggiosi genitori di Giulio lo sappiano: non saranno le petizioni, gli articoli e gli appelli, gli striscioni o le fiaccolate a risolvere il caso, a far venir fuori la verità.
Troppe le connivenze, gli invischiamenti, i depistaggi, i misteri.
La democrazia liberale non è capace di affrontare le sue autocontraddizioni (i delitti compiuti da coloro che dovrebbero -teoricamente- difendercene)
Non dico che si debbano bruciare le sedi della polizia o picchiare gente per strada, come arriva a fare la protagonista del film.
Ma è necessario trovare delle forme nonviolente più aggressive ed efficaci, più pressanti e coercitive.
I genitori dovrebbero insediarsi per qualche giorno al Quirinale o occupare la sede diplomatica italiana in Egitto, inopinatamente riaperta, sino a quando qualcuno non dirà pubblicamente quel che già si sa e tutti pensano.
Una persona come Giulio, forse, l'avrebbe fatto.




mercoledì 24 gennaio 2018

18 e 68

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/23/il-sessantotto-lanno-piu-sciagurato-della-storia-recente/4109922/
Diego Fusaro attacca il '68, alla stregua di un novello Pasolini.
Non condivido tutto di quel che scrive, ma qualcosa sì.
Anche vedendo- ieri sera- il film tanto voluto da Michael Caine, My Generation, dedicato ai fasti della Swinging London, quella dei Beatles e Stones, di Mary Quant e Twiggy, di Donovan e Roger Daltrey.
Un film rivolto ad illustrare un sogno, un momento clou, che ha decisamente cambiato la nostra vita e il mondo.
Facile ora dire che siamo finiti peggio, con questa nostra finta libertà di mercato.
Ma come vivremmo se non ci fossimo almeno liberati dei parrucconi di un tempo ?

Dà da pensare pensare che chi aveva 18 anni nel 68 oggi ne ha 68.
E che tra poco andranno a votare per la prima volta proprio quelli che sono nati nel 2000, ed hanno ora 18 anni.
Nessuno di loro era presente ieri in sala.
I millennials, nella loro maggioranza,forse non sanno neppure cosa sia stato il 68.
Le loro speranze ed i loro sogni sono oggi più privati ed individuali, raramente collettivi.
Le loro relazioni sono perlopiù virtuali e a distanza.
Eppure alcuni di loro -e soprattutto quando crescono un pò, tra i 20 e i 30 anni- iniziano a rendersi conto che qualcosa manca alla loro vita: non solo il futuro, ma anche il presente.
A questo proposito, Umberto Galimberti, a distanza di un decennio da 'L'ospite inquietante. I giovani e il nichilismo', ha fatto pubblicare in questi giorni  'La parola ai giovani.. Dialogo con la generazione del nichilismo', che riprende, valorizza e commenta una buona parte delle lettere che gli sono arrivate nel tempo da giovani, soprattutto ragazze, in relazione alla sua rubrica fissa che tiene su D di Repubblica.
Pur nel pessimismo generale e nell'assunzione del nichilismo come dimensione ineluttabile del nostro tempo e del prossimo, il libro prova ad aprire spazi e tempi di vivibilità, di proposta e di prospettiva di vita che i giovani cercano e sperimentano, nonostante il mondo, e la sua carica di frustrazione e persistente carico di oppressione.
Lo stesso tentativo, abbastanza veltroniano nella sostanza, fa Ligabue col suo nuovo film, Made in Italy (che però non ho visto e non credo vedrò...).
Insomma, si sta cercando di riabilitare in qualche modo e disperatamente, la generazione dei bamboccioni.
Certamente si stanno addossando ai giovani d'oggi limiti e responsabilità che non sono loro, ma nostre.
Ma sono perplesso rispetto ad operazioni che, tentando di far emergere il positivo e lo speranzoso, pensano così di risolvere la faccenda, ben più intricata e disperata.

Peraltro, e qui direte che il mio pessimismo atavico prevale, credo che il 2018 sarà molto più un anno che ci ricorderà il centenario del 1918 (anno in cui si è conclusa la prima grande strage legalizzata del novecento) molto più che il cinquantesimo compleanno del tanto vituperato (o tanto osannato) '68.

martedì 23 gennaio 2018

per altre vie

Mi rendo conto che nella mia vita sono sempre arrivato a tutto quel che sono diventato o che ho raggiunto per altre vie.

Ho partecipato alla politica solo dentro movimenti, ed ogni volta che mi sono trovato a collaborare con i partiti mi sono sentito finto, stretto, inautentico.
Ed oggi, quel che mi interessa delle elezioni, è la campagna per non votare.
Ho sempre pensato che la politica fosse sempre altrove rispetto ai luoghi depositari della 'politica'.

Ho un lavoro all'Università, a cui sono arrivato quasi per caso, e provenendo da contesti non accademici ed anti-accademici. Mi sento sempre di più un formatore prestato all'Università, che è giunto ad insegnarci per vie traverse, molto diverse da quelle di tutti i miei colleghi. La cosa si nota, soprattutto nel modo di stare in aula e di rapportarsi agli studenti.

Ho sempre cercato di vivere l'amore, ma non ho mai pensato di voler mettere su famiglia, di avere rapporti stabili, di far figli. Ho sempre cercato di stare insieme ad altre persone, ma senza mai dimenticare me stesso e senza mai infilarmi in legami strutturali. Le persone che ho incontrato si sono sentite legate a me, ma sempre in un modo solo 'nostro', non normale, non tipico, non standard.

Il mio modo di stare il mondo, in generale, è sempre stato molto particolare.
Ho sempre guadagnato più denaro di quel che riesco a spendere e non riesco a vivere il lavoro come qualcosa che valga di più che stare a leggere, a viaggiare o anche solo ad oziare.
Ho sempre cercato di rispettare le regole e le persone, sono capace di stare nei sistemi umani regolari.
Ma non mi hanno mai convinto, e non credo che valga la pena di vivere per loro.
Ho sempre pensato che la vita vera sia altrove, che passi  per altre vie...

So che, in una certa misura, questa mia percezione possa rivelarsi solo un'illusione.
Ma è un'illusione che mi permette di vivere, e di pensarmi ancora vivo, a modo mio.





promesse minacce mollezze

Si avvicinano le urne e tornano vecchie e nuove promesse: riduzione delle tasse, più lavoro per tutti, sicurezza totale.
Qualcuno arriva anche a ri-promettere Potere al popolo!...
E Renzi, dopo tutte le lamentazioni del passato, si inventa gli Stati Uniti d'Europa, pur di acchiappare i dieci voti in più della Bonino...
Tutte parole che saranno presto dimenticate e contraddette non appena le elezioni saranno alle spalle, come sempre.
Anche Berlu, che va a rassicurare l'Unione Europea e a proporsi come nuovo statista moderato, appena rieletto riprenderà a dire peste e corna dell'Unione, come se le leggi se le fossero votate da soli...
Tutto in  Italia accade come se il passato non fosse mai avvenuto, come se dimenticassimo tutto quel che già sappiamo, come se le persone non fossero le stesse di sempre e potessero fare cose diverse da quelle che hanno fatto in passato.
Bene, se qualcuno le rivoterà anche questa volta, non potrà essere perdonato.
Tolleranza zero.

E poi ci sono le minacce: o noi o il caos, i Cinque stelle sarebbero la rovina del paese, non vogliamo neppure pensarci, etc etc...
Scalfari ne è l'emblema, e non è un caso che il terrorismo anti-grillino sia l'unica cosa che ormai l'accomuni a De Benedetti.
Meglio le larghe intese, come si va profilando ancora una volta in Germania, a discapito dei soliti poveri social-democratici (non soddisfatti del crollo elettorale, e pronti a ripercorrere le tappe dei socialisti francesi o greci).

Davanti alla minaccia a 5 stelle, tutto diventa meno pericoloso.
Cosa volete che sia il riferimento alla difesa della razza bianca di Fontana (che nessuno si sogna di contestare come candidato alla Regione Lombardia)!
O cosa volete che sia il ritorno in campo di un pluripregiudicato come Berlu, riaccolto in Italia ed in Europa, come se niente fosse mai avvenuto !
O perchè preoccuparsi del riemergere neofascista !
Promesse, minacce, ma soprattutto mollezze.
Questa è la sostanza della nostra vita, non solo politica.
Dietro tanti strepiti, solo tanta, molle, marmellata in cui tutto prosegua a sguazzare...



alle cocche indiane

Tutte le meravigliose esplorazioni e le magiche scoperte di Akhila erano
racchiuse nel fragile guscio di un uovo.
Prima ci fu l'uovo perfetto, bollito otto minuti, che tagliava a fettine e
sistemava su una fetta di pane imburrato.
Poi arrivò l'uovo bollito cinque minuti.
Akhila gli praticava un'apertura in cima e ne mangiava con un cucchiaio il
 bianco, quasi sodo e tremolante, e l'interno giallo ancora liquido.
Ma era l'uovo bollito tre minuti che la faceva sentire davvero avventurosa.
L'uovo bollito tre minuti era un uovo quasi crudo, che ingollava tutto d'un
colpo.
Però doveva essere bollente.
Una volta tento di sbattere un uovo crudo in una tazza di latte. ma le
venne quasi da vomitare. Per lei un uovo era un uovo se  circondato da un
guscio e battezzato dall'acqua bollente.

 Un *kolam* tracciato con trascuratezza indica che la padrona di casa è
negligente, sbadata e incapace. Uno disegnato in modo troppo elaborato
indica che la padrona di casa non pensa a se stessa, è sprecona e non sa
anteporre le necessità altrui alle proprie. *Kolam* intricati ed elaborati
sono riservati a occasioni speciali. Ma da quello che tracci ogni giorno si
deve comprendere che, anche se sei accurata, non sei un'avara. Dovrebbe
rivelare il tuo amore per la bellezza e il dettaglio. Il senso della
misura, una certa eleganza e, cosa più importante di tutte, la comprensione
del tuo ruolo nella vita. Il tuo *kolam* dovrebbe rivelare chi sei: una
brava donna di casa"  le aveva detto nei giorni successivi a quello in cui
 Akhila aveva messo da parte per sempre i libri di scuola.
Mamma possedeva un quaderno in cui aveva raccolto dei modelli di* kolam*
che aveva trovato sulle pagine delle riviste in tamil che leggeva:
c'era un *kolam
*per ogni occasione speciale immaginabile in una casa di brahmini e qualche
altra ancora.


Quello che per molte famiglie non è che un semplice rituale, per la mamma
era una vera e propria scienza. E il *kolam* quotidiano che Akhila
tracciava era un esperimento scientifico che allestiva ogni mattina. Come
prima cosa doveva spazzare il terreno, che poi veniva spruzzato con
dell'acqua per far depositare la polvere. Vivendo in città, non le toccava
 mischiare all'acqua sterco di vacca, per fortuna. Poi prendeva la ciotola
di polvere di pietra grossolanamente macinata, che mamma comprava a
sacchetti tutti i mesi, e si metteva a creare un *kolam*.
Mamma faceva personalmente i *kolam* nella stanza della *puja*. Per quello
adoperava farine fine di riso e i disegni uscivano dal quaderno dei suoi
ricordi.
Akhila lo odiava. Akhila odiava tutti i *kolam*: quelli esterni e quelli
interni. Odiava questa preparazione, quest'attesa e questo non sapere come
sarebbe stata la sua vita reale.
Ma quella mattina bisogna dire che Akhila aveva voglia di tracciare un
bellissimo *kolam*, che avrebbe fatto pronuciare a sua madre preziose
parole di lode. Voleva sentirle dire : " Akhilandeswari, questo è un
magnifico kolam, degno di una degna famiglia brahmina".


Prese dal baule di latta l'unica sari di Kancheepuram che possedesse e la
spiegò con delicatezza. Sarasa l'aveva tenuta gelosamente in serbo per
 l'ultimo viaggio della sua vita. Come tutte le mogli hindu degne di questo
nome, anche lei avevo pregato ogni giorno di poter morire prima di suo
 marito. Avrebbe voluto salire la scala verso il cielo, illuminata dal
fulgore del punto rosso accesso di *kumkum* sulla fronte. I rametti di
gelsomino sul capo avrebbero lasciato una scia di profumo al suo passaggio
e tutti quelli che l'avessero vista avrebbero pensato a quanto fosse stata
fortunata a morire con l'aspetto di una sposa. E sarebbe stata proprio
questa sari a lasciare di stucco tutta la gente che andava a rendere
omaggio a una donna che aveva ignorato quando era in vita. Ora che questo
non sarbebe più avvenuto, Sarasa lasciò scivolare i propri sogni fuori
dalle pieghe della sua sari. Palline di naftalina che si dissolvevano al
contatto con l'aria.
A che pensava Sarasa Mami quando aveva aiutato Jaya a indossare la sari?
Abbassala sui fianchi. Fa' vedere la curva della vita. Stringila sul petto.
Non nascondere il rilievo dei seni. Gettala oltre la spalla e falla
ricadere sulla schiena in modo che, quando cammini, lasci intravedere la
pienezza dei fianchi. Forse aveva la sensazione di partecipare alla
vestizione di una sposa, o forse c'era un senso di morte nella sua mente,
mentre scherzava e sistemava gli strati di tessuto.

Nello scompartimento scese il silenzio. Per un istante Akhila aveva
 immaginato che tra loro si fosse stabilito un legame. Dei feti che
s'agitano tra le pareti di un utero, traendo sostentamento dalle reciproce
 vite, aiutati dal buio esterno e dal fatto che ciò che veniva condiviso tra
quelle parti non sarebbe andato oltre quella notte, o quello spazio che li
conteneva.
'Del mondo, o su di lei, non ne so abbastanza da poter offrire consigli.
Tutto quello che posso fare è raccontarle di me, del mio matrimonio e di
quello che significa per me" prese a dirle Janari, ma lentamente, come se
 ogni parola dovesse essere scelta con grande cura. " Io sono una donna di
cui ci si è sempre presi cura. Prima erano mio padre e i miei fratelli, poi
 mio marito. Quando mio marito non ci sarà più, allora sarà mio figlio.
 Pronto a sostituire suo padre dal punto in cui lui avrà lasciato. Le donne
come me finscono per diventare fragili. I nostri uomini ci trattano come
 principesse. E per questo motivo guardiamo con diffidenza le donne forti,
che sanno cavarsela da sole. Capisce che sto dicendo?"


Anita Nair, -*Cuccette per signora*- 2012, Guanda