https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/23/il-sessantotto-lanno-piu-sciagurato-della-storia-recente/4109922/
Diego Fusaro attacca il '68, alla stregua di un novello Pasolini.
Non condivido tutto di quel che scrive, ma qualcosa sì.
Anche vedendo- ieri sera- il film tanto voluto da Michael Caine, My Generation, dedicato ai fasti della Swinging London, quella dei Beatles e Stones, di Mary Quant e Twiggy, di Donovan e Roger Daltrey.
Un film rivolto ad illustrare un sogno, un momento clou, che ha decisamente cambiato la nostra vita e il mondo.
Facile ora dire che siamo finiti peggio, con questa nostra finta libertà di mercato.
Ma come vivremmo se non ci fossimo almeno liberati dei parrucconi di un tempo ?
Dà da pensare pensare che chi aveva 18 anni nel 68 oggi ne ha 68.
E che tra poco andranno a votare per la prima volta proprio quelli che sono nati nel 2000, ed hanno ora 18 anni.
Nessuno di loro era presente ieri in sala.
I millennials, nella loro maggioranza,forse non sanno neppure cosa sia stato il 68.
Le loro speranze ed i loro sogni sono oggi più privati ed individuali, raramente collettivi.
Le loro relazioni sono perlopiù virtuali e a distanza.
Eppure alcuni di loro -e soprattutto quando crescono un pò, tra i 20 e i 30 anni- iniziano a rendersi conto che qualcosa manca alla loro vita: non solo il futuro, ma anche il presente.
A questo proposito, Umberto Galimberti, a distanza di un decennio da 'L'ospite inquietante. I giovani e il nichilismo', ha fatto pubblicare in questi giorni 'La parola ai giovani.. Dialogo con la generazione del nichilismo', che riprende, valorizza e commenta una buona parte delle lettere che gli sono arrivate nel tempo da giovani, soprattutto ragazze, in relazione alla sua rubrica fissa che tiene su D di Repubblica.
Pur nel pessimismo generale e nell'assunzione del nichilismo come dimensione ineluttabile del nostro tempo e del prossimo, il libro prova ad aprire spazi e tempi di vivibilità, di proposta e di prospettiva di vita che i giovani cercano e sperimentano, nonostante il mondo, e la sua carica di frustrazione e persistente carico di oppressione.
Lo stesso tentativo, abbastanza veltroniano nella sostanza, fa Ligabue col suo nuovo film, Made in Italy (che però non ho visto e non credo vedrò...).
Insomma, si sta cercando di riabilitare in qualche modo e disperatamente, la generazione dei bamboccioni.
Certamente si stanno addossando ai giovani d'oggi limiti e responsabilità che non sono loro, ma nostre.
Ma sono perplesso rispetto ad operazioni che, tentando di far emergere il positivo e lo speranzoso, pensano così di risolvere la faccenda, ben più intricata e disperata.
Peraltro, e qui direte che il mio pessimismo atavico prevale, credo che il 2018 sarà molto più un anno che ci ricorderà il centenario del 1918 (anno in cui si è conclusa la prima grande strage legalizzata del novecento) molto più che il cinquantesimo compleanno del tanto vituperato (o tanto osannato) '68.
Diego Fusaro attacca il '68, alla stregua di un novello Pasolini.
Non condivido tutto di quel che scrive, ma qualcosa sì.
Anche vedendo- ieri sera- il film tanto voluto da Michael Caine, My Generation, dedicato ai fasti della Swinging London, quella dei Beatles e Stones, di Mary Quant e Twiggy, di Donovan e Roger Daltrey.
Un film rivolto ad illustrare un sogno, un momento clou, che ha decisamente cambiato la nostra vita e il mondo.
Facile ora dire che siamo finiti peggio, con questa nostra finta libertà di mercato.
Ma come vivremmo se non ci fossimo almeno liberati dei parrucconi di un tempo ?
Dà da pensare pensare che chi aveva 18 anni nel 68 oggi ne ha 68.
E che tra poco andranno a votare per la prima volta proprio quelli che sono nati nel 2000, ed hanno ora 18 anni.
Nessuno di loro era presente ieri in sala.
I millennials, nella loro maggioranza,forse non sanno neppure cosa sia stato il 68.
Le loro speranze ed i loro sogni sono oggi più privati ed individuali, raramente collettivi.
Le loro relazioni sono perlopiù virtuali e a distanza.
Eppure alcuni di loro -e soprattutto quando crescono un pò, tra i 20 e i 30 anni- iniziano a rendersi conto che qualcosa manca alla loro vita: non solo il futuro, ma anche il presente.
A questo proposito, Umberto Galimberti, a distanza di un decennio da 'L'ospite inquietante. I giovani e il nichilismo', ha fatto pubblicare in questi giorni 'La parola ai giovani.. Dialogo con la generazione del nichilismo', che riprende, valorizza e commenta una buona parte delle lettere che gli sono arrivate nel tempo da giovani, soprattutto ragazze, in relazione alla sua rubrica fissa che tiene su D di Repubblica.
Pur nel pessimismo generale e nell'assunzione del nichilismo come dimensione ineluttabile del nostro tempo e del prossimo, il libro prova ad aprire spazi e tempi di vivibilità, di proposta e di prospettiva di vita che i giovani cercano e sperimentano, nonostante il mondo, e la sua carica di frustrazione e persistente carico di oppressione.
Lo stesso tentativo, abbastanza veltroniano nella sostanza, fa Ligabue col suo nuovo film, Made in Italy (che però non ho visto e non credo vedrò...).
Insomma, si sta cercando di riabilitare in qualche modo e disperatamente, la generazione dei bamboccioni.
Certamente si stanno addossando ai giovani d'oggi limiti e responsabilità che non sono loro, ma nostre.
Ma sono perplesso rispetto ad operazioni che, tentando di far emergere il positivo e lo speranzoso, pensano così di risolvere la faccenda, ben più intricata e disperata.
Peraltro, e qui direte che il mio pessimismo atavico prevale, credo che il 2018 sarà molto più un anno che ci ricorderà il centenario del 1918 (anno in cui si è conclusa la prima grande strage legalizzata del novecento) molto più che il cinquantesimo compleanno del tanto vituperato (o tanto osannato) '68.
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