martedì 23 gennaio 2018

alle cocche indiane

Tutte le meravigliose esplorazioni e le magiche scoperte di Akhila erano
racchiuse nel fragile guscio di un uovo.
Prima ci fu l'uovo perfetto, bollito otto minuti, che tagliava a fettine e
sistemava su una fetta di pane imburrato.
Poi arrivò l'uovo bollito cinque minuti.
Akhila gli praticava un'apertura in cima e ne mangiava con un cucchiaio il
 bianco, quasi sodo e tremolante, e l'interno giallo ancora liquido.
Ma era l'uovo bollito tre minuti che la faceva sentire davvero avventurosa.
L'uovo bollito tre minuti era un uovo quasi crudo, che ingollava tutto d'un
colpo.
Però doveva essere bollente.
Una volta tento di sbattere un uovo crudo in una tazza di latte. ma le
venne quasi da vomitare. Per lei un uovo era un uovo se  circondato da un
guscio e battezzato dall'acqua bollente.

 Un *kolam* tracciato con trascuratezza indica che la padrona di casa è
negligente, sbadata e incapace. Uno disegnato in modo troppo elaborato
indica che la padrona di casa non pensa a se stessa, è sprecona e non sa
anteporre le necessità altrui alle proprie. *Kolam* intricati ed elaborati
sono riservati a occasioni speciali. Ma da quello che tracci ogni giorno si
deve comprendere che, anche se sei accurata, non sei un'avara. Dovrebbe
rivelare il tuo amore per la bellezza e il dettaglio. Il senso della
misura, una certa eleganza e, cosa più importante di tutte, la comprensione
del tuo ruolo nella vita. Il tuo *kolam* dovrebbe rivelare chi sei: una
brava donna di casa"  le aveva detto nei giorni successivi a quello in cui
 Akhila aveva messo da parte per sempre i libri di scuola.
Mamma possedeva un quaderno in cui aveva raccolto dei modelli di* kolam*
che aveva trovato sulle pagine delle riviste in tamil che leggeva:
c'era un *kolam
*per ogni occasione speciale immaginabile in una casa di brahmini e qualche
altra ancora.


Quello che per molte famiglie non è che un semplice rituale, per la mamma
era una vera e propria scienza. E il *kolam* quotidiano che Akhila
tracciava era un esperimento scientifico che allestiva ogni mattina. Come
prima cosa doveva spazzare il terreno, che poi veniva spruzzato con
dell'acqua per far depositare la polvere. Vivendo in città, non le toccava
 mischiare all'acqua sterco di vacca, per fortuna. Poi prendeva la ciotola
di polvere di pietra grossolanamente macinata, che mamma comprava a
sacchetti tutti i mesi, e si metteva a creare un *kolam*.
Mamma faceva personalmente i *kolam* nella stanza della *puja*. Per quello
adoperava farine fine di riso e i disegni uscivano dal quaderno dei suoi
ricordi.
Akhila lo odiava. Akhila odiava tutti i *kolam*: quelli esterni e quelli
interni. Odiava questa preparazione, quest'attesa e questo non sapere come
sarebbe stata la sua vita reale.
Ma quella mattina bisogna dire che Akhila aveva voglia di tracciare un
bellissimo *kolam*, che avrebbe fatto pronuciare a sua madre preziose
parole di lode. Voleva sentirle dire : " Akhilandeswari, questo è un
magnifico kolam, degno di una degna famiglia brahmina".


Prese dal baule di latta l'unica sari di Kancheepuram che possedesse e la
spiegò con delicatezza. Sarasa l'aveva tenuta gelosamente in serbo per
 l'ultimo viaggio della sua vita. Come tutte le mogli hindu degne di questo
nome, anche lei avevo pregato ogni giorno di poter morire prima di suo
 marito. Avrebbe voluto salire la scala verso il cielo, illuminata dal
fulgore del punto rosso accesso di *kumkum* sulla fronte. I rametti di
gelsomino sul capo avrebbero lasciato una scia di profumo al suo passaggio
e tutti quelli che l'avessero vista avrebbero pensato a quanto fosse stata
fortunata a morire con l'aspetto di una sposa. E sarebbe stata proprio
questa sari a lasciare di stucco tutta la gente che andava a rendere
omaggio a una donna che aveva ignorato quando era in vita. Ora che questo
non sarbebe più avvenuto, Sarasa lasciò scivolare i propri sogni fuori
dalle pieghe della sua sari. Palline di naftalina che si dissolvevano al
contatto con l'aria.
A che pensava Sarasa Mami quando aveva aiutato Jaya a indossare la sari?
Abbassala sui fianchi. Fa' vedere la curva della vita. Stringila sul petto.
Non nascondere il rilievo dei seni. Gettala oltre la spalla e falla
ricadere sulla schiena in modo che, quando cammini, lasci intravedere la
pienezza dei fianchi. Forse aveva la sensazione di partecipare alla
vestizione di una sposa, o forse c'era un senso di morte nella sua mente,
mentre scherzava e sistemava gli strati di tessuto.

Nello scompartimento scese il silenzio. Per un istante Akhila aveva
 immaginato che tra loro si fosse stabilito un legame. Dei feti che
s'agitano tra le pareti di un utero, traendo sostentamento dalle reciproce
 vite, aiutati dal buio esterno e dal fatto che ciò che veniva condiviso tra
quelle parti non sarebbe andato oltre quella notte, o quello spazio che li
conteneva.
'Del mondo, o su di lei, non ne so abbastanza da poter offrire consigli.
Tutto quello che posso fare è raccontarle di me, del mio matrimonio e di
quello che significa per me" prese a dirle Janari, ma lentamente, come se
 ogni parola dovesse essere scelta con grande cura. " Io sono una donna di
cui ci si è sempre presi cura. Prima erano mio padre e i miei fratelli, poi
 mio marito. Quando mio marito non ci sarà più, allora sarà mio figlio.
 Pronto a sostituire suo padre dal punto in cui lui avrà lasciato. Le donne
come me finscono per diventare fragili. I nostri uomini ci trattano come
 principesse. E per questo motivo guardiamo con diffidenza le donne forti,
che sanno cavarsela da sole. Capisce che sto dicendo?"


Anita Nair, -*Cuccette per signora*- 2012, Guanda































































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