sabato 30 settembre 2017

candy

L'universo non ha un centro
ma per abbracciarsi si fa così:
ci si avvicina lentamente
eppure senza motivo apparente,
poi allargando le braccia,
si mostra il disarmo delle ali,
e infine si svanisce,
insieme,
nello spazio di carità
tra te
e l'altro.


C'è un male
che non aggiunge male
sgombera spazio
lo vara tagliando
la corrente del superfluo,
l'automa dell'anima.
C'è un male che fa guarigione:
dare la ferita
bilancia il polso
luccica semplice la lama
e lo spazio sgombro
addestra
il cuore spogliato.
E' difficile
a qualsiasi età
diventare adulti,
lasciar fare al macellaio
o all'autunno,
un'arte caritatevole.


La vita nuova
arriva taciturna
dentro la vecchia vita
arriva come una morte
uno schianto
qualcuno che spintona così forte
un crollo.
E' una scrittura tanto precisa
e netta da non lasciare dubbi
né sfumature di senso eppure
non dà direzioni né mete.
La nuova vita irrompe
come un vecchio che cade
sul ghiaccio, un pensiero
davanti a un muro, la
sirena di un'ambulanza.
Non ci sono feriti
né annunci di sciagura
solo noi da convincere
a lasciar perdere il miraggio
di una via rettilinea, di un
orizzonte, lasciarsi curvare,
piegare alla tenerezza
delle anse del destino.
La vita nuova
è come un grande tuono
sbriciolato
poi a poco a poco
l'erba si china
sotto la pioggia
la prende
la beve.

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Pesa essere amore grande?
Non essere luce sorvegliata,
ma squarcio abbagliante,
pesa ? Essere la sorte
di un deserto la sua improvvisa
ignota a tutti eppure evidente
fioritura, è pesante ?
Pesa reggere leggerezza,
petalo stracciato senza gambo ?
Fa sentire soli essere
assolutamente
amati
con decisione ferma
con assenza di volontà e precisione
di funambola,
fa sentire la solitudine
abdicata dell'amore grande ?
Bisogna spiantare il centro,
traslocare e sgomberare
l'amare grande,
notare il colore del cielo
offrirgli spogliato
il volto, il corpo allungarlo
come erba selvatica
alla luce. Bisogna
chiedere grazie al ghepardo del cuore
alla sua falcata che disegna
la profondità del fitto
l'abitudine paga del vuoto.
Bisogna che io muoia
che becchetti nella mano
tua
i semi della sparizione
bisogna che resti solo
quel leggero senza nome
che fa l'aria
innamorata
della stanza.

Non posso pensare gli occhi
non posso pensare la bocca
né l'infanzia salda delle parole
e nemmeno
la tenerezza crepitante del silenzio.
Attraverso la neve
ti penso.


Il tempo di lavarmi il viso
e già nasce in me in pieno corpo
accettazione smisurata
del presente,
amore docile
e senza discussioni
del suo nulla, già c'è
lestezza per la sparizione,
corpo cucciolo di dio
bestiale, di vita
arresa e sottoscritta,
di fiato felicemente speso
a trapassare il muro indifferente
delle faccende quotidiane.
Già c'è vuoto di mondo
e fitto di esistenza,

il fondo risonante
di vita nascosta celata,
di buca dentro il corpo,
di muso teso
a fiutare il mistero
millimetrico di teiera
e di lenzuola, di briciole
di senso oscuro e mosso
appena, come tenda lieve
sull'abissale trasparenza
che con cura cuce insieme
molecole
della natura amorosamente sgombra

delle cose.

da C.L.Candiani, La bambina pugile

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