giovedì 26 novembre 2015

una emilyana a parigi

Dopo un grande dolore, i sensi solenni s'atteggiano-
come tombe i nervi siedono cerimoniosi, 
il cuore -irrigidito- si chiede: fui io a sopportare
e fu ieri, o secoli addietro ?

Meccanici si muovono i piedi,
percorso di terra, di aria, di nulla,
un cammino legnoso,
che va a caso,
una pace di quarzo, come pietra.

Questa è l'ora di piombo,
che ricorda chi sopravvive,
come gli assiderati, la neve.
Dapprima una sensazione di freddo, poi lo stupore.
Infine, la resa. 

(1862)


Quando le luci si spengono
poco per volta ci si abitua al buio
come quando il vicino, sollevando alto
il lume, sigilla il suo addio

Dapprima, i passi si muovono incerti
nel buio improvviso
poi, lo sguardo si abitua alla notte
e senza incertezza affrontiamo la strada

Ed è così nelle oscurità più fonde
in quelle notti lunghe della mente
quando non c'è luna che disveli un suo segno
quando non c'è stella che -dentro- si accenda

e i più coraggiosi -per un poco- brancolano
e battono a volte dritti in fronte
contro il tronco di un albero
ma poi imparano a vedere

E allora è la Notte che si trasforma
oppure un qualcosa nella vista
che alla Mezzanotte si conforma,
E la vita procede quasi senza incertezza.

(1862)


Sognamo, ed è buona cosa.
Ci farebbe male, fossimo svegli.
Uccidiamoci, visto che non è altro che un gioco.
Urliamo, tanto siam noi che giochiamo.

Che male c'è! Gli uomini muoiono, di fuori
è, questa, verità di sangue
Ma noi moriamo sul palco
e il teatro non muore

Attenti a non scuoterci
chè non si aprano gli occhi a nessuno dei due,
per paura che il fantasma dimostri l'inganno
e la fredda sorpresa

ci congeli in steli granitiche
con sopra solo Età e Nome
e forse una frase in egizio
E' più prudente, sognare.

 (1862)

Il cuore ricerca il piacere, dapprima
e poi, la dispensa dal dolore
e poi, quei blandi anodini
che anestetizzano la sofferenza.

E poi di potersi addormentare
e poi, se tale fosse
la volontà del suo inquisitore,
il lusso di morire.

(1862)


Presentimento è quell'ombra lunga, sul prato
che preannuncia il tramonto dei Soli

L'avvertimento all'erba sorpresa
che la Notte sta per sopraggiungere.

(1863)


Non sarebbe aspra sfortuna
ricordare quanto sono infelice
se potessi dimenticare quanto sono stata felice
ma il ricordo di alberi in fiore

ogni anno rende difficile il novembre
poi, un giorno, io che ho avuto quasi coraggio,
come un bambino perderò la strada
e morirò di freddo.

(1863)


Morbido come un massacro di soli
trucidati dalla sciabole della notte.

(1868)


Grandi strade di silenzio portavano
lontano, alla volta di zone di pausa, vicine,
Qui non vi era segnale, nè dissenso
nè universo, nè legge.

Gli orologi dicevano che era mattino
a distanza le campane sollecitavano la notte.
Qui tuttavia il tempo non aveva fondamento 
perchè l'epoca si estingueva.

(1870)


Se non avessi mai visto il sole
avrei sopportato l'ombra.
Ma la luce ha reso il mio Deserto
ancora più selvaggio.

(1872)


Era come se le strade precipitassero
poi fu l'mmobilità.
Eclisse: tutto ciò che era dato vedere alla finestra.
Terrore: tutto ciò che provavamo.

A poco a poco, i più coraggiosi uscirono piano
allo scoperto, per vedere se il Tempo c'era ancora.
La natura indossava un grembiule d'opale
e impastava aria più pura.

(1877)


Sembrava un giorno di quiete
senza minacce, nè in cielo nè in terra.
Finchè al tramonto 
un rosso casuale,
un colore diffuso, che sembrava
disperdersi, oltre la città, verso occidente.

Ma quando la terra iniziò a vibrare
e le case svanirono in grande fragore

e le creature umane, tutte, si rintanarono
allora fu il terrore che ci fece capire,
come capirono coloro che videro
la Dissoluzione, il Papavero nella nuvola.

(1877)


Un dono senza pretese, parole impacciate
sono i modi in cui al cuore umano
è rivelato il Nulla.
'Nulla' è la forza 
che il mondo rinnova.

(1883)


(da Emily Dickinson, Silenzi) 
 

Nessun commento:

Posta un commento