Il semaforo da verde si fa
giallo e forse rosso. Il governo verde-giallo si allontana.
Al di là del solito
ottimismo di facciata (o ancor peggio dettato dall'ingenuità e da
sottovalutazioni degli ostacoli) da parte dei Cinquestelle, le parole
di Salvini manifestano tutta la durezza e consistenza dei problemi
che le due delegazioni stanno tentando di limare e risolvere.
Inevitabile, viste le
distanze presenti nei programmi, e ancor più su alcune premesse di
base dei due partiti, pur in presenza di varie affinità.
Se riuscissero, alla fine,
lo spostamento a destra della politica italiana sarebbe fortissimo e
più veloce che mai.
Ma c'è da dubitarne.
I passaggi appaiono troppo
complicati.
Se anche riuscissero a
superare tutti gli scogli tra i leader, c'è da verificare la tenuta
dell'accordo tra gli elettori e soprattutto quanto Mattarella sia
davvero disponibile a far passare un governo 'politico' di questo
tipo e natura.
E' evidente che avrebbe
preferito e ancora sceglierebbe un governo tecnico da lui scelto, e
che comunque non veda di buon occhio un governo Salvini-Di Maio.
E' molto probabile anzi che
Mattarella non si sia limitato alle sparate contro il sovranismo
antieuropeista e, nel commemorare Einaudi, a favore di un ruolo non
notarile e non formale nella scelta dei governi da parte del capo
dello stato.
Segnali già molto chiari, e
a mio parere, scorretti nei tempi e nei modi, dei suoi veri
intendimenti.
La sensazione è che stia
anche esprimendo forti perplessità sia sulle coperture fnanziarie
delle riforme proposte, sia su questioni centrali del contratto
(migranti, in primis, ma anche altri: giustizia, legittima difesa,
lavoro e pensioni...) e che anche su questo si basi l'attuale empasse
delle trattative in corso.
Mattarella ha detto no alle
proposte scaturite dal tavolo di mediazione, facendosi portatore
delle solite solfe che ben conosciamo e che di fatto stanno
governando e governeranno i paesi europei, indipendentemente da
qualunque risultato elettorale.
Infine, resta l'ingorgo sui
nomi dei ministri e soprattutto del Primo ministro.
Dopo aver rifiutato il
governo tecnico, i giallo-verdi rischiano di doverne proporne uno che
si affida a sua volta a tecnici lottizzati per area,
nell'impossibilità di trovare un candidato politico che possa andar
bene ad entrambi.
Ed anche qui, certamente
Mattarella ci sta mettendo becco e ce lo metterà.
Una proposta c'è, ma ieri è
emersa una contrarietà del Quirinale, ed è per questo che i due
sono usciti scornacchiati dal colloquio, senza però poter dire
apertamente quel chè è avvenuto nelle segrete stanze.
Insomma, la situazione resta
molto ingarbugliata e poco promettente, fragilissima sia al presente,
sia in prospettiva.
Permangono in me quattro
tristi consapevolezze:
-che la parola 'verde' sia
ormai in mano ad altri, che vivono ai suoi antipodi, e non sia
riuscita a determinare una formazione ecologista di rilievo in Italia
e in Europa.
Continuo a credere che
quella verde sia stata la vera occasione persa della nostra storia
politica recente.
-che se si andasse ad
elezioni ora o tra poco il centrodestra prenderebbe il potere da
solo, soprattutto ora che Berlu è tornato inopinatamente (e
ingiustamente) candidabile;
-che la parola 'rosso' ormai
sia solo un colore per il segnale di stop del semaforo;
-che qualunque governo
nascesse, sarebbe sempre e solo un governo del Presidente, cioè dei
soliti noti, alla faccia di chi ancora una volta ha votato.
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