venerdì 25 maggio 2018

gli amici del popolo

La catastrofe delle democrazie parlamentari è insita nella globalizzazione e nell'accelerazione istantanea degli scambi e delle informazioni, ha a che vedere con le trasformazioni generali del modo in cui viviamo lo spazio ed il tempo, attraverso i medium ed i dispositivi che ci attorniano predisponendo le forme delle nostre relazioni.
Il populismo demagogico è la dimensione necessaria e inevitabile in cui può muoversi la politica in un contesto così definito.
Non ci sono più non-populisti che possano attaccare altri definendoli populisti.
Si tratta sempre e soltanto ormai di una lotta tra simili, con piccole varianti quasi irrilevanti.
Cosa distingue oggi, rispetto al modo in cui ci si atteggia a leader e si comunica alle masse elettorali, un Trump da un Macron, una Le Pen da un Salvini, un Berlusconi da un Renzi, un Di Maio da un Farage?
Chiunque abbia provato ad atteggiarsi, anche solo in parte, diversamente nel governare  (Prodi, D'Alema, Veltroni, Amato, Monti, Letta, e ultimamente Gentiloni) ne è uscito con le ossa rotta, sia politicamente che elettoralmente.
Ed anche la Merkel, l'unica e ultima esponente della politica tradizionale, sta per uscire di scena, travolta dall'avanzare della destra populista che sta gradualmente spolpando il suo eletttorato e ancor più quello del suo tradizionale alleato socialdemocratico.

Il primo a capire tutto, da noi, è stato Craxi.
E' lui ad aver cercato di ergersi a primo leader della nuova era populista.
DC e PCI hanno fatto alleanza contro di lui ed il suo tentativo personale è abortito.
Il resto l'hanno fatto i giudici.
Il secondo tentativo, anch'esso fallito, a partire proprio da Mani Pulite, l'ha fatto Di Pietro.
Ma si è trovato di fronte il super populista per eccellenza, Berlusconi: in parte è riuscito a sconfiggerlo (o almeno a farlo punire e limitare) nelle aule giudiziarie, ma quando ha provato a duellare con lui sull'arena politico-culturale, è stato certamente il secondo a stravincere e ad
emarginare l'altro, a ucciderlo con le sue stesse armi.
Il populismo demagogico mediatico di Berlusconi è ancora ben vivo e vegeto, al di là dei suoi successi ed insuccessi elettorali e processuali.
Renzi ha tentato di porsi come suo alter ego, importando il populismo per la prima volta a 'sinistra', e travolgendo definitivamente quel poco che restava della tradizione social-comunista nel PD.
Quel che chiamavamo bipolarismo è sempre stato di fatto anche e soprattutto un bipopulismo.

Con le ultime elezioni ed il nuovo governo si realizza un ulteriore passo: ci troveremo temporanemente in un quadripopulismo (PD, FI, 5S, Lega) che tenderà entro le prossime elezioni a ricompattarsi in due patti neo-populisti (uno 'macroncino' che terrà insieme i seguaci di Renzi e Berlu ed uno a trazione leghista con quella parte dei 5S che seguiranno Di Maio).
Crescerà l'astensione dei nuovi delusi e traditi delle due parti  (i non-renzi e i non-di maio) e resterà finalmente un vuoto a sinistra, che comunque -se vorrà e potrà rinascere- non potrà che essere a sua volta populista.
E' presto (ma non troppo) per parlarne.
Le elezioni europee (e forse italiane) del 2019 saranno il momento della verità: dovrebbero segnare un'ulteriore ascesa del populismo di destra, un'ulteriore passo verso l'estinzione della sinistra tradizionale, e la diffusione di un neo-centrismo 'en marche'.
Così potremo tornare serenamente a quel bell'inciucio bipopulista, che sarà osannato come ritorno al bipolarismo maggioritario e presidenzialista (di fatto minoritario, come negli USA e in Francia, ma più stabile e più affidabile per mercati e finanza).
Il sogno di Craxi (e di Gelli) si sarà finalmente realizzato.
Perchè Craxi visse, fu crocifisso, morì, ma non fu sepolto.



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