La catastrofe delle democrazie
parlamentari è insita nella globalizzazione e nell'accelerazione
istantanea degli scambi e delle informazioni, ha a che vedere con le
trasformazioni generali del modo in cui viviamo lo spazio ed il
tempo, attraverso i medium ed i dispositivi che ci attorniano
predisponendo le forme delle nostre relazioni.
Il populismo demagogico è la
dimensione necessaria e inevitabile in cui può muoversi la politica
in un contesto così definito.
Non ci sono più non-populisti che
possano attaccare altri definendoli populisti.
Si tratta sempre e soltanto ormai di
una lotta tra simili, con piccole varianti quasi irrilevanti.
Cosa distingue oggi, rispetto al modo
in cui ci si atteggia a leader e si comunica alle masse elettorali,
un Trump da un Macron, una Le Pen da un Salvini, un Berlusconi da un
Renzi, un Di Maio da un Farage?
Chiunque abbia provato ad atteggiarsi,
anche solo in parte, diversamente nel governare (Prodi, D'Alema, Veltroni, Amato,
Monti, Letta, e ultimamente Gentiloni) ne è uscito con le ossa
rotta, sia politicamente che elettoralmente.
Ed anche la Merkel, l'unica e ultima
esponente della politica tradizionale, sta per uscire di scena,
travolta dall'avanzare della destra populista che sta gradualmente
spolpando il suo eletttorato e ancor più quello del suo tradizionale
alleato socialdemocratico.
Il primo a capire tutto, da noi, è
stato Craxi.
E' lui ad aver cercato di ergersi a
primo leader della nuova era populista.
DC e PCI hanno fatto alleanza contro di
lui ed il suo tentativo personale è abortito.
Il resto l'hanno fatto i giudici.
Il secondo tentativo, anch'esso
fallito, a partire proprio da Mani Pulite, l'ha fatto Di Pietro.
Ma si è trovato di fronte il super
populista per eccellenza, Berlusconi: in parte è riuscito a
sconfiggerlo (o almeno a farlo punire e limitare) nelle aule
giudiziarie, ma quando ha provato a duellare con lui sull'arena
politico-culturale, è stato certamente il secondo a stravincere e ad
emarginare l'altro, a ucciderlo con le sue stesse armi.
Il populismo demagogico mediatico di
Berlusconi è ancora ben vivo e vegeto, al di là dei suoi successi
ed insuccessi elettorali e processuali.
Renzi ha tentato di porsi come suo
alter ego, importando il populismo per la prima volta a 'sinistra', e
travolgendo definitivamente quel poco che restava della tradizione
social-comunista nel PD.
Quel che chiamavamo bipolarismo è
sempre stato di fatto anche e soprattutto un bipopulismo.
Con le ultime elezioni ed il nuovo
governo si realizza un ulteriore passo: ci troveremo temporanemente
in un quadripopulismo (PD, FI, 5S, Lega) che tenderà entro le
prossime elezioni a ricompattarsi in due patti neo-populisti (uno
'macroncino' che terrà insieme i seguaci di Renzi e Berlu ed uno a
trazione leghista con quella parte dei 5S che seguiranno Di Maio).
Crescerà l'astensione dei nuovi delusi
e traditi delle due parti (i non-renzi e i non-di maio) e resterà finalmente un
vuoto a sinistra, che comunque -se vorrà e potrà rinascere- non
potrà che essere a sua volta populista.
E' presto (ma non troppo) per parlarne.
Le elezioni europee (e forse italiane)
del 2019 saranno il momento della verità: dovrebbero segnare
un'ulteriore ascesa del populismo di destra, un'ulteriore passo verso
l'estinzione della sinistra tradizionale, e la diffusione di un
neo-centrismo 'en marche'.
Così potremo tornare serenamente a
quel bell'inciucio bipopulista, che sarà osannato come ritorno al
bipolarismo maggioritario e presidenzialista (di fatto minoritario,
come negli USA e in Francia, ma più stabile e più affidabile per mercati e finanza).
Il sogno di Craxi (e di Gelli) si sarà
finalmente realizzato.
Perchè Craxi visse, fu crocifisso,
morì, ma non fu sepolto.
Nessun commento:
Posta un commento