Il viaggio era
cominciato in aereo, un giorno di luglio. A bordo, sfogliando il
Financial Times, avevo letto che la Corea del Sud detiene il record
mondiale di suicidi: una media di trentatrè al giorno. E che, per
scoraggiarne la diffusione, si erano inventati perfino i falsi
funerali. Grosse società come la Samsung o la Allianz pagavano
perchè i loro dipendenti passassero una giornata, anziché al
lavoro, a dire addio a se stessi, nella speranza che poi non lo
facessero veramente.
C'era un'apposita
organizzazione, chiamata Korea Life Consulting, che provvedeva a
tutto. Aveva già celebrato cinquantamila riti. Il numero
cinquantamila e uno, ho pensato mentre atterravamo, voglio essere io.
Così eccomi su un
altro aereo, per Seoul. E da lì su un altro ancora, per Gwangiu. E
da lì su un taxi per mezz'ora, fino a Naju...Un uomo gentile
chiamato canzone, Song, mi aspetta con l'ombrello aperto e mi conduce
in una stanza dove conoscerò il fondatore della società: il signor
Ko Min-su...
Andiamo in una seconda
stanza, molto più grande... Mi viene scattata una fotografia che
verrà prontamente stampata e infilata in una cornice di crisantemi
gialli e nastri neri...
Sulla lavagna passa un
lucido. Hanno intervistato cento uomini vissuti fino all'età di
ottant'anni. In media così hanno speso la loro esistenza: 23 anni a
dormire, 20 a lavorare, 6 a mangiare, 5 a bere e a fumare, altri 5
aspettando un appuntamento, 4 a pensare, 228 giorni a lavarsi la
faccia e i denti, 26 giocando con i figli, 18 a farsi il nodo della
cravatta. E, da ultimo, 46 ore di felicità.
La scritta rimane
accesa, nessun commento, silenzio. Una vita: 46 ore di felicità.
Abbassano le luci, mettono una candela sul banco, portano la mia
fotografia listata a lutto, un foglio e una penna.
'Adesso devi fare
testamento. Hai mezz'ora. Ricorda: devi considerare che davvero sta
per finire, non hai più tempo per cambiare nulla. Le cose che hai
sono le cose che hai, le persone che contano sono quelle che sono.'
Quando poso lo penna
l'uomo gentile chiamato canzone si avvicina,mi invita a portare con
me il testamento e a seguirlo: 'E' l'ora del tuo funerale'.
L'ultima sala è una
ghiacciaia, al fondo c'è un altare. Sul pavimento, appena illuminate
da una soffusa luce rossa, sono sparse file di bare, una ventina. Mi
indicano la mia, poi mi danno una vestaglia bianca, l'abito funerario
coreano.
Mi fanno sdraiare nella
bara...Essendo lungo, tocco con i piedi e con la testa, non ho spazio
per le braccia, che devo tenere conserte. Sto ancora cercando di
abituarmi quando vedo il coperchio scendere...Un martello batte sui
chiodi ai quattro lati, una manciata di terra viene fragorosamente
gettata sulla bara. Poi tutto tace. Buio.
Mi è stato detto che
'era tempo di riposare'. Di arrendersi, accettare la fine.
Chiese Kurt Cobain agli
altri Nirvana la sera prima di spararsi: 'Ragazzi, voi vi state
ancora divertendo ?'.
Si va avanti perchè
questo è e altro non c'è. Si sposa la vita in ricchezza e povertà,
per 46 ore di felicità e 228 a lavarsi la faccia e i denti.
Non aspettatevi che
bussi sul coperchio o urli per farmi aprire. Ho imparato a resistere
e, se ci riesco qua dentro, la prossima risonanza magnetica sarà uno
scherzo. Qualcosa accadrà: finchè c'è vita c'è vita. La speranza,
quella non mi sembra fondamentale. 'Non sperare in faccia a nessuno',
ammonisce il mio amico poeta Alessandro Bergonzoni. E Franco
Berardi, detto Bifo, in Heroes fornisce questi suggerimenti: 'Non
prendere parte al gioco, non aspettarti soluzioni dalla politica, non
essere attaccato alle cose materiali, non sperare. Non appartenere, E
ricorda che disperazione e gioia non sono incompatibili'.
Una voce lontana
annuncia:'Ora sei pronto per rinascere'.
Mi 'stappano'. Respiro.
Tolgo la vestaglia senza tasche e mi rimetto le scarpe. Risalgo le
scale.
Torno nell'ufficio di
Ko Min-su, che mi offre un the.
(Gabriele Romagnoli,
Solo bagaglio a mano, 2015, pp. 9-13, 84-6)
In
questi giorni le emozioni e i desideri, anche di scrivere, sono
piatti come non mai.
I
dolori del corpo fanno il resto.
Il
colon è sempre irritato: non ha digerito molte cose, mi sa.
L'anno
si conclude in forme sintomaticamente (e poco simpaticamente)
emblematiche di quel che è stato: 1 ora di felicità, forse, e tante
a mangiare, dormire e lavarsi i denti.
E,
sempre più spesso, a lamentarsi e a curarsi.
Ecco
la novità dell'ultimo anno: più tempo dal medico.
I miei
malanni si susseguono, dopo una vita passata in salute, e si
prolungano tanto, prima di sembrare guariti.
Non
morirò sano, come speravo. Anche in questo la mia vita si fa comune,
va a somigliare a quella di tutti. La peggiore delle punizioni.
Regali di Natale.
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