Una lettera muta.
...Perchè Caterina non sa, non sa
davvero che cosa scriverà in quella lettera, sa soltanto che si
concederà la soddisfazione di sottolineare il commiato.
Traccia rapidamente due righe,
rilegge, depone la penna: le manca il sostegno di un grande dolore o
per lo meno di una profonda emozione che la porti a manifestare il
proprio scontento con frasi inequivocabili, forse risolutive -oppure
frasi che espongano una rassicurante contraddizione, il genere di
frasi appassionate, ma a doppio taglio, che si dovrebbero leggere
soltanto di notte, a bassa voce, rivolgendosi all'oscurità ormai
scesa, con la passione, in fondo al cortile -una voce sempre sul
punto di tacere e di svanire nel silenzio.
Caterina dubita che qualcuno abbia
voglia di ascoltare la sua voce triste che legge le gravi espressioni
di un malcontento apparentemente ingiustificato -in verità, quelle
che ha scritto non le sembrano ragioni vincenti, e neanche legittime
forse, e in nessun caso spiegano la lettera in programma, quella che
vorrebbe scrivere in quella stessa notte prima che si affievolisca il
rancore.
'Chissà a che cosa pensano tutti
quelli che se ne stanno ritirati nelle loro stanze dietro il fragile
riparo dei vetri ?' si chiede Caterina. 'Forse cercano semplicemente
di rocrdare quello che hanno dimenticato, e non sanno neppure quale
forma avesse quella cosa, quale colore o suono o importanza, sanno
soltanto che si allontana nel tempo una cosa da cui non sono certi di
volersi separare'.
Molte voci segrete sussurrano
nell'oscurità e nel silenzio della notte; sono fiati che nessuno più
ascolta, troppo sottili per sopraffare le necessità perentorie che
Caterina crede sia il suo presente -eppure basterebbe un momento di
silenzio, solo un momento, per udire i sussurri di tutte le forme
lievi che si allontanano ormai prive di vita e perfino della fragile
apparenza di un ricordo.
Caterina apre la finestra e respira
l'aria della notte satura di ombra e di silenzio. Là in basso, vede
muoversi nell'oscurità una figura di bambino che cammina come se non
avesse una meta precisa -adesso esce dal cancello- e adesso cerca di
nascondersi qua e là nell'ombra mobile e densa degli alberi del
viale, come cercasse di scomparire.
'E' soltanto un bambino,' mormora
Caterina, 'Dove vorrebbe rifugiarsi a quest'ora di notte ?'
Ma all'improvviso, dall'oscurità
che adesso circonda questa parte della Terra, precipita contro di lei
e la percuote una violenta catastrofe sonora in forma di tuono, un
cupo boato che segna esattamente la mezzanotte spaventando i cuori
svegli e tormentando i dormienti.
Caterina si trova in balia di
quell'esplosione senza lampi e senza pioggia, mentre un'onda di
fosforescente luce lunare risale dal pavimento del cortile dove prima
si era adagiata in conche di polvere bianca – e quando la notte si
è acquietata nel consueto silenzio, le sembra di essere stata sola
ad accogliere, con emozione e spavento, la catastrofe sonora che ha
invaso lo spazio un attimo prima della mezzanotte -la sola a
esplorare con lo sguardo un cielo senza neppure una nube che
giustifichi quell'esagerato annuncio di tempesta.
Forse è stato soltanto il sussulto
di un brusco risveglio a causa di quel fragore inaspettato che ora le
torna in mente, anche se, in questa stagione, a mezzanotte, con il
cielo sereno, nessuno potrebbe credere a un fenomeno temporalesco di
tale portata.
Comunque, Caterina riprende la penna
che le è caduta di mano, la sua penna Parker di lusso, e alla fine
della pagina vuota scrive l'unico messaggio possibile: la lettera più
silenziosa dell'alfabeto -una h come per ahimè, seguita da un punto
interrogativo: ' h ? '
(Carla Vasio, Tuono di mezzanotte,
Nottetempo, 2017)
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