martedì 8 agosto 2017

tuono di mezzanotte

Una lettera muta.

...Perchè Caterina non sa, non sa davvero che cosa scriverà in quella lettera, sa soltanto che si concederà la soddisfazione di sottolineare il commiato.
Traccia rapidamente due righe, rilegge, depone la penna: le manca il sostegno di un grande dolore o per lo meno di una profonda emozione che la porti a manifestare il proprio scontento con frasi inequivocabili, forse risolutive -oppure frasi che espongano una rassicurante contraddizione, il genere di frasi appassionate, ma a doppio taglio, che si dovrebbero leggere soltanto di notte, a bassa voce, rivolgendosi all'oscurità ormai scesa, con la passione, in fondo al cortile -una voce sempre sul punto di tacere e di svanire nel silenzio.
Caterina dubita che qualcuno abbia voglia di ascoltare la sua voce triste che legge le gravi espressioni di un malcontento apparentemente ingiustificato -in verità, quelle che ha scritto non le sembrano ragioni vincenti, e neanche legittime forse, e in nessun caso spiegano la lettera in programma, quella che vorrebbe scrivere in quella stessa notte prima che si affievolisca il rancore.
'Chissà a che cosa pensano tutti quelli che se ne stanno ritirati nelle loro stanze dietro il fragile riparo dei vetri ?' si chiede Caterina. 'Forse cercano semplicemente di rocrdare quello che hanno dimenticato, e non sanno neppure quale forma avesse quella cosa, quale colore o suono o importanza, sanno soltanto che si allontana nel tempo una cosa da cui non sono certi di volersi separare'.
Molte voci segrete sussurrano nell'oscurità e nel silenzio della notte; sono fiati che nessuno più ascolta, troppo sottili per sopraffare le necessità perentorie che Caterina crede sia il suo presente -eppure basterebbe un momento di silenzio, solo un momento, per udire i sussurri di tutte le forme lievi che si allontanano ormai prive di vita e perfino della fragile apparenza di un ricordo.
Caterina apre la finestra e respira l'aria della notte satura di ombra e di silenzio. Là in basso, vede muoversi nell'oscurità una figura di bambino che cammina come se non avesse una meta precisa -adesso esce dal cancello- e adesso cerca di nascondersi qua e là nell'ombra mobile e densa degli alberi del viale, come cercasse di scomparire.
'E' soltanto un bambino,' mormora Caterina, 'Dove vorrebbe rifugiarsi a quest'ora di notte ?'
Ma all'improvviso, dall'oscurità che adesso circonda questa parte della Terra, precipita contro di lei e la percuote una violenta catastrofe sonora in forma di tuono, un cupo boato che segna esattamente la mezzanotte spaventando i cuori svegli e tormentando i dormienti.
Caterina si trova in balia di quell'esplosione senza lampi e senza pioggia, mentre un'onda di fosforescente luce lunare risale dal pavimento del cortile dove prima si era adagiata in conche di polvere bianca – e quando la notte si è acquietata nel consueto silenzio, le sembra di essere stata sola ad accogliere, con emozione e spavento, la catastrofe sonora che ha invaso lo spazio un attimo prima della mezzanotte -la sola a esplorare con lo sguardo un cielo senza neppure una nube che giustifichi quell'esagerato annuncio di tempesta.
Forse è stato soltanto il sussulto di un brusco risveglio a causa di quel fragore inaspettato che ora le torna in mente, anche se, in questa stagione, a mezzanotte, con il cielo sereno, nessuno potrebbe credere a un fenomeno temporalesco di tale portata.
Comunque, Caterina riprende la penna che le è caduta di mano, la sua penna Parker di lusso, e alla fine della pagina vuota scrive l'unico messaggio possibile: la lettera più silenziosa dell'alfabeto -una h come per ahimè, seguita da un punto interrogativo: ' h ? '


(Carla Vasio, Tuono di mezzanotte, Nottetempo, 2017) 

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