Che
Pulcinella abbia una speciale relazione con la morte, è evidente dal
suo costume spettrale; come l'homo sacer, egli appartiene agli dei
inferi, ma appartiene loro così esageratamente, da saltare
tutt'intero al di là della morte. Ciò è provato dal fatto che
ucciderlo è inutile, se lo fucilano o impiccano, immancabilmente
risorge. E come è al di là o al di qua della morte, così è in
qualche modo al di qua della vita e al di qua della vita, almeno nel
senso in cui questa non può essere separata dalla morte. Decisivo è,
in ogni caso, che una figura infera e mortuaria abbia a che fare
essenzialmente con il riso...
Il
lazzo fa ridere, perchè l'azione in cui consiste è disdetta
nell'atto stesso in cui si compie. L'azione che, secondo un'antica e
venerabile tradizione, è il luogo della politica, qui non ha più
luogo, ha perso il suo soggetto e la sua consistenza. Il comico non è
solo un'impossibilità di dire esposta come tale nel linguaggio -è
anche un'impossibilità di agire esposta in un gesto.
Ma
Pulcinella non è, per questo, semplicemente impolitico, egli
annuncia ed esige un'altra politica, che non ha più luogo
nell'azione, ma mostra che cosa può un corpo quando ogni azione è
diventata impossibile. Di qui la sua attualità, ogni volta che la
politica attraversa una crisi decisiva -per Giandomenico Tiepolo, la
fine dell'indipendenza di Venezia nel 1797, per noi, l'eclissi della
politica e il regno dell'economia planetaria.
Mettendo
in questione il primato della prassi, Pulcinella ricorda che vi è
ancora politica al di qua e al di là dell'azione...Egli non è
impolitico -è piuttosto, come l'uomo del coro dell'Antigone
sofoclea, iperpolitico apolide (hypsipolis apolis), apolide perchè
più che politico e più che politico perchè 'senza città'...
Egli
testimonia, ogni volta, che non si può agire l'azione né dire la
parola -che, cioè, vivere la vita è impossibile e che questa
impossibilità è il compito politico per eccellenza.
Si
può agire solo al di là -o al di qua- dell'azione, si può dire
solo al di là -o al di qua- della parola, si può vivere solo al di
là -o al di qua- della vita.
Per
questo, di fronte a Pulcinella, il diritto mostra la sua maschera
comica, il processo si fa parodia, ricade sempre a lato (parà) di
ciò che dovrebbe giudicare e afferrare. E la prova è che la corda
non potrà strozzarlo, le pallottole non lo feriranno, le fiamme non
potranno arderlo.
Ciò
che resta nelle mani del diritto -e ogni volta sfugge da queste- è
solo l'uomo di paglia, il fantoccio di stracci che è stato
sostituito al vero Carnevale.
Benveniste
e Vernant hanno mostrato quale sia la natura di ciò che i Greci
chiamavano kolossos, un pupazzo d legno, di pietra, di argilla o di
cera che si sostituisce al cadavere mancante nei riti funebri e
permette di ristabilire rapporti corretti fra il mondo dei vivi e
quello dei morti.
Che
il colosso non sia la larva o lo spettro
è provato dal fatto che esso non somiglia in alcun modo al
defunto: è un burattino vagamente antropomorfo con le gambe saldate
e, per così dire, senza un vero volto, come Pulcinella o Pinocchio.
Ma esso non è nemmeno un semplice sostituto del cadavere mancante:
si poteva, infatti, in certi casi fabbricare un colosso anche in vita
della persona che doveva sostituire...
Il
colosso è, in un certo senso, una truffa: esso è un falso cadavere
o un falso morto, che si sostituisce a questi per ingannare la larva
e gli altri rappresentanti del regno dei morti. Pulcinella è un
colosso, un non morto, che sta dove dovrebbe essere un morto, parla e
gesticola in luogo di un morto e, in questo modo, beffa e imbroglia
la morte. Egli non appartiene propriamente né al mondo dei morti né
a quello dei vivi -è qui, irreparabilmente qui, in un inaccessibile
altrove.
E
un colosso -nè un morto né un demonio- è, in questo senso, anche
il pupazzo di paglia o di cenci che si brucia o impicca invece del
Carnevale. C'è un vivo dove dovrebbe esserci un morto, e questa
ostinata, consapevole, ironica dimora in luogo di un morto fa ridere,
perchè ci libera, truffandolo, dal doppio del morto -la larva, che
si aggira minacciosa nel luogo dei vivi. E la vita di Pulcinella è
questa vita che è per la morte non perchè si vota ad essa, ma
perchè ne fa comicamente le veci, perche beffa la morte.
Per
questo, nell'antiporta del Divertimento, Giandomenico ha raffigurato
Pulcinella mentre guarda il sepolcro in cui è sepolto. Egli vive
accanto alla sua morte, è in luogo della sua morte e, forse, il
sepolcro che contempla non è né vuoto né pieno: Pulcinella è,
insieme, dentro e fuori di esso...
(G.
Agamben, Pulcinella ovvero Divertimento per li regazzi, Nottetempo,
2015)
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