lunedì 28 settembre 2015

normalità, questo è quello che io voglio da te...


Inside out, un film che tenevo a vedere.
E' raro che si dia voce alle emozioni e che le si mostrino apertamente.
C'erano tante belle idee nel film: la discarica dei ricordi, il tunnel dell'astrazione, il fidanzato ideale che darebbe la vita per te, la megalopoli colorata e il treno che l'attraversa...
Ma, alla fine, resta la sensazione di trovarci ancora una volta nel solito sogno americano della normalità: le isole della stupidera, dell'onestà, dell'hockey, della famiglia che si sgretolano e si ricreano per magia, unici valori di una società che non cambia.
Ed una Gioia sempre allegra e vitale, quasi indisponente nel suo continuo blaterare e ridefinire in positivo qualunque cosa.
Nessuna sfumatura, solo luce assoluta o buio totale, Bene o Male, disastro (della diversità anormale) o felicità (della norma, della vita di tutti...).

Ritorno alla vita di Wim Wenders.
Film decente, il protagonista è bravissimo, e una storia che potrebbe prendere.
Ma, alla fine, ti chiedi: dov'è finito Wenders ?
Un film normale, che potrebbe fare qualunque regista normale.
Wenders non era questo. Cosa ne è stato di lui ?
Cosa ne è stato dei suoi angeli, dei suoi esploratori del nulla, dei suoi suoni e delle sue visioni ?
Sopravvivere a se stessi, diventare normali: la peggiore delle condanne.

Ieri è morto Pietro Ingrao, il grande patriarca comunista.
Trent'anni fa (lui ne avevo settanta, io ventitrè) ci siamo incontrati nel movimento pacifista.
Non me lo sono mai dimenticato: un poeta, un bambino curioso, un politico non normale.
Un politico che ascoltava, che parlava di emozioni, che sapeva commuoversi e piangere dentro i suoi occhi sempre liquidi, appuntiti e acquosi.
Che sapeva riconoscere i suoi errori, che sapeva lasciare, e dire no.
Una persona non normale.
E davvero, integralmente, umana.

Ho spedito Fare il morto all'editrice.
Non è un libro normale, forse neanche per loro.
Qualcuno che l'ha letto l'ha definito 'dadaista'. Forse anche 'situazionista'.
Quando me lo son visto lì, in pdf, ormai intoccabile, finito, mi è sembrato morto.
E' entrato nella bara di Quiqueg, speriamo che si riprenda e sopravviva, almeno fuori di me.
L'altro pomeriggio, tra uno spo(r)t e l'altro, ho visto la fine del vecchio 'Moby Dick' di John Huston.
Ismaele, alla fine si salva -unico superstite- su un piccolo relitto di legno.
E' proprio la bara che era stata costruita e intagliata per Quiqueg, a galleggiare ancora...
Anche lui, alla fine, è morto tra i flutti, pregando i suoi idoli.
Non era uno normale.
Ma neppure Ismaele, colui che racconta, lo era.
Anzi, lo è.



















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