l'avevo qui vicino a me e mi ha detto domani non so se io ci sarò...(F.Leali)
L'assenza del Bobby del mondo reale
gli permetteva di uscire con un Bobby immaginario e di innamorarsi di
lui; a distanza di molto tempo, dopo la rottura e il crollo, si era
chiesto se si sarebbe mai innamorato del Bobby del mondo reale senza
innamorarsi prima della versione immaginaria. Era riuscito a capirlo
soltanto dopo che Bobby lo aveva scaricato: la sua immaginazione era
ciò che rendeva il mondo reale e le persone reali appena accettabili
ai suoi occhi.
Era anche vero che non gli piacevano
le ragazze con i capelli corti, le donne pensierose e le persone che
non dovevano lavorare per vivere, e Carolina rientrava in tutt'e tre
le categorie. Erano questioni a sé stanti, che, con sua sorpresa,
non incidevano minimamente sull'amore che provava per lei; non
avrebbe mai immaginato di potersi innamorare di una persona così
diversa nell'aspetto e nel carattere dalle sue previsioni. D'altro
canto lei era stata in tutto e per tutto una sorpresa infinita.
La sorpresa era più gradevole che
sgradevole, ma a volte anche terribile, o comunque terrificante; di
tanto in tanto lo prendeva il panico e si chiedeva :' che cosa sto
facendo ?'. Ma ogni volta che gli succedeva, quando Carolina turbava
i suoi pensieri mentre era al lavoro, o faceva la fila per comprare
un panino, o pedalava faticosamente su per una salita ripida,
ritrovava la calma proprio pensando a lei. Era tutto molto strano e
molto meraviglioso e per certi versi gli sembrava di non meritarselo,
e non faceva che ripeterglielo: 'Non ti merito', le diceva, molto
tempo prima di cominciare a comportarsi in modo da confermarlo, e lei
rispondeva: 'Sì, invece. Tutti meritano di essere innamorati'.
'Come fai ad esserne così sicura
?', le aveva domandato una volta mentre facevano un picnic e
chiacchieravano sotto l'albero, e lei lo aveva guardato come se
venisse dalla luna.
'Tutti meritano di essere felici',
aveva risposto lei, come se lo stesse aiutando a risolvere un
problema di matematica. 'Tutti hanno bisogno di essere innamorati per
essere felici. Perciò tutti meritano di essere innamorati'.
'Forse non tutti hanno bisogno di
essere innamorati per essere felici. E tutti meritano veramente di
essere felici ?'.
'Certo, aveva risposto lei. Era
distesa sulla schiena con i piedi contro l'albero, piegata quasi a
novanta gradi. Will era seduto vicino alla sua testa e la fissava in
viso.
'Proprio tutti ? Anche Gengis Khan ?
Dracula ?'.
Lei si era tirata a sedere e aveva
preso il coltello dal suo piatto. 'Tutti -aveva detto- per un po'
almeno. Lo scrivo, così non te ne dimentichi'.
Aveva cominciato a incidere le
lettere nella corteccia argentea con il coltello, ma Will l'aveva
bloccata.
'Così danneggi l'albero', le aveva
detto.
Huff era già stato sposato, la
prima volta quando aveva appena sette anni.
Si era trattato di un accordo
informale ma non frivolo con una vicina di casa più grande di lui
che si chiamava Julia. Aveva deciso di mostrarle il pene e quando le
aveva chiesto se voleva vederlo, lei aveva risposto che poteva farlo
solo se erano sposati. Allora si era genuflesso e l'aveva chiesta in
moglie. Dopo averlo guardato di traverso un momento, lei aveva
serrato le labbra e infine aveva risposto: 'Penso di sì'...
Erano andati in luna di miele dietro
la rimessa degli attrezzi della ragazzina, dove lui le aveva fatto
vedere l'arnese. 'E' bello, non ti pare ?', le aveva domandato,
perchè proprio quella mattina aveva notato quanto era bello, e per
questo gli era venuto improvvisamente voglia di esibirlo. Lei aveva
detto: 'Non è male'.
Più tardi, quel pomeriggio, avevano
divorziato quando gli aveva portato un certificato scritto di suo
pugno. 'Con la presente -diceva- io divorzio da te'.
A distanza di molto tempo gli era
sembrato che nella sua brevità e pertinenza avesse un che di
godibile, e del resto la quasi assenza di rancore nel loro rapporto
costituiva di per sé un piacere particolare. In tutti i suoi
matrimoni successivi il rancore non era certo mancato, nei confronti
di Sylvia e di Natalie e di Carla e di Allison e di D'Artania.
Tutto questo per dire che era stato
sposato un numero sufficiente di volte per sapere il fatto suo, e per
sapere che una persona poteva sembrare magica e affascinante, quasi
la risposta aille tue preghiere e ai tuoi problemi, e poi dopo venti
minuti, due settimane, tre mesi o un anno, appena distoglievi gli
occhi un momento, diventava una creatura o una persona completamente
diversa. La magia si dissolveva, lei diventava annoiata e noiosa, e
l'unica caratteristica che si degnava di notare in te erano i tuoi
numerosi difetti.
'Tu, -gli aveva per esempio detto
D'Artania nel suo discorso di commiato- sei la persona più egoista
che abbia mai conosciuto'.
'Qual'è il tuo volere, amor mio ?',
gli domandò di nuovo lei guardandolo trepidante...
Huff trasse un respiro, ma lì per
lì non sapeva cosa rispondere. In fondo era una questione complicata
chiedere a qualcuno che cosa voleva, e ancora più complicata
chiederlo e sembrare, come sembrava lei, di tenerci veramente a
sentire la risposta. Avrebbe potuto risponderle 'non lo so', e
sarebbe stata la verità, perchè la sua perla di saggezza più
profonda, più vera e più sudata era che in realtà non sapeva cosa
voleva, che era spinto da un desiderio confuso, e che il segreto per
diventare una persona serena non consisteva, come consigliava la
gente, nel rinunciare al desiderio bensì nel rendersi conto di
potersi fermare lì e limitarsi ad accettare che fosse impossibile
definire concretamente ciò che si voleva davvero.
Quindi avrebbe potuto girarsi verso
di lei e dire 'Voglio....' e manifestare l'oggetto del suo desiderio
con una breve danza o un gesto o una bella scopata, che era
senz'altro l'approssimazione migliore di cui disponeva per esprimere
quello che intendeva, dal momento che i suoi grugniti e i suoi gemiti
e soprattutto la sua eiaculazione lo articolavano in modo
ineccepibile, senza parole con sincerità. Le abbondanti, vigorose
eiaculazioni erano la sua caratteristica più sincera.
Ma era troppo presto per quel grado
di sincerità.
La conosceva appena da mezz'ora ed
era sposato con lei da cinque minuti...
Quella volta scoparono
appassionatamente, perchè sembrava giusto così...
'Basta con le lacrime, amore' gli
disse lei, mentre le frignava addosso, ma Huff non riusciva a
smettere, nemmeno all'idea che avrebbe potuto fecondarla per sbaglio
con la sua tristezza, e nemmeno all'idea di quale frutto un'unione
simile avrebbe potuto dare. 'Un bambino costituzionalmente incapace
di essere felice' pensò, e una parte di lui guardò quel bambino
mentre annusava e leccava e spingeva, mentre il suo uccello guizzava
e sgroppava, mentre rotolando le saliva sopra e riscendeva e la
chiavava ora davanti ora da dietro ora di fianco...
Le lacrime facevano parte della sua
natura e costituivano il suo destino, e sebbene non desiderasse mai
nessuna delle cosa terribili che gli toccavano, ci si crogiolava
ugualmente, scambiando il cinismo per coraggio e la disperazione per
buonsenso.
'Piango perchè è tutto
bellissimo', gli disse Huff, ma il bambino non lo ascoltò, era
convinto che la sordità fosse una virtù.
'Basta con le parole, amor mio'
disse la sua signora, e allora Huff non parlò più, ma cercò di
spiegargli a gesti quel che voleva dire, e gli parve di cominciare a
scoprire quel che voleva dire attraverso quella scopata meravigliosa,
come se non avesse mai, in tutti i giorni in cui si era mostrato
avveduto, a volte fingendo a volte no, capito davvero qualcosa della
sofferenza o della gioia fino a quel preciso momento, che racchiudeva
e ricapitolava le lotte nominate e innominate di tutta la sua vita,
il cui risultato stava affannosamente creando e affannosamente
aspettando allo stesso tempo, senza sapere davvero se sarebbe stato
un trionfo oppure una sconfitta finchè venne, con entrambe le
braccia tese sopra la testa e la sua signora innalzata alle stelle
dal suo uccello più che duro, più che eloquente. Venne e venne e
venne ancora cadendo all'indietro, come per un chilometro d'aria o
per una vita, atterrando sull'erba con un rumore simile al suo nome,
con la sensazione di pronunciare per la prima volta il suo nome nel
modo giusto perchè per la prima volta sapeva chi era e qual era la
sua vera essenza e cosa voleva veramente, ossia precisamente quello.
Infine, il marito le portò un
girasole.
'Che cos'è ?' gli domandò.
'Sposami' disse lui.
'Siamo già sposati'.
'Sposami di nuovo' disse Oberon.
Sposa la nostra nuova vita. Saremo meno di quello che eravamo prima,
te lo prometto. Non dimenticheremo quello che abbiamo perduto, però
non trascureremo le nostre gioie future. Riesci a figurartelo ?'.
Lei guardò il fiore ma non la sua
faccia, 'No' , rispose.
'Oh, disse lui, vieni con me,
Titania.
Le tese la mano, come se ci fosse un
altro posto dove andare oltre a quello in cui si trovavano.
Riassumeva in una frase quanto Oberon fosse meraviglioso, e quanto
intensamente lei desiderasse distruggerlo e distruggere l'amore che
provava per lei proprio in quel preciso istante.
Ancora un mese dopo Titania
rimpiangeva di non avergli detto 'Non so come fare ad amarti adesso',
oppure ' Non desidero più amarti', oppure ' Cosa potrebbe mai
significare amarti adesso ?'.
Invece, disse: 'Io non ti amo. Non
ti ho mai amato. Marito mio, amico mio, vita mia, io non ti amo. Non
ti ho mai amato'.
(Chris Adrian, La grande notte,
2011)
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