lunedì 15 luglio 2013

passava di qui, un anno fa

 Un'ora faavevo lei che si specchiava dentro gli occhi miei un'ora fa,
 l'avevo qui vicino a me e mi ha detto domani non so se io ci sarò...(F.Leali)



L'assenza del Bobby del mondo reale gli permetteva di uscire con un Bobby immaginario e di innamorarsi di lui; a distanza di molto tempo, dopo la rottura e il crollo, si era chiesto se si sarebbe mai innamorato del Bobby del mondo reale senza innamorarsi prima della versione immaginaria. Era riuscito a capirlo soltanto dopo che Bobby lo aveva scaricato: la sua immaginazione era ciò che rendeva il mondo reale e le persone reali appena accettabili ai suoi occhi.


Era anche vero che non gli piacevano le ragazze con i capelli corti, le donne pensierose e le persone che non dovevano lavorare per vivere, e Carolina rientrava in tutt'e tre le categorie. Erano questioni a sé stanti, che, con sua sorpresa, non incidevano minimamente sull'amore che provava per lei; non avrebbe mai immaginato di potersi innamorare di una persona così diversa nell'aspetto e nel carattere dalle sue previsioni. D'altro canto lei era stata in tutto e per tutto una sorpresa infinita.
La sorpresa era più gradevole che sgradevole, ma a volte anche terribile, o comunque terrificante; di tanto in tanto lo prendeva il panico e si chiedeva :' che cosa sto facendo ?'. Ma ogni volta che gli succedeva, quando Carolina turbava i suoi pensieri mentre era al lavoro, o faceva la fila per comprare un panino, o pedalava faticosamente su per una salita ripida, ritrovava la calma proprio pensando a lei. Era tutto molto strano e molto meraviglioso e per certi versi gli sembrava di non meritarselo, e non faceva che ripeterglielo: 'Non ti merito', le diceva, molto tempo prima di cominciare a comportarsi in modo da confermarlo, e lei rispondeva: 'Sì, invece. Tutti meritano di essere innamorati'.
'Come fai ad esserne così sicura ?', le aveva domandato una volta mentre facevano un picnic e chiacchieravano sotto l'albero, e lei lo aveva guardato come se venisse dalla luna.
'Tutti meritano di essere felici', aveva risposto lei, come se lo stesse aiutando a risolvere un problema di matematica. 'Tutti hanno bisogno di essere innamorati per essere felici. Perciò tutti meritano di essere innamorati'.
'Forse non tutti hanno bisogno di essere innamorati per essere felici. E tutti meritano veramente di essere felici ?'.
'Certo, aveva risposto lei. Era distesa sulla schiena con i piedi contro l'albero, piegata quasi a novanta gradi. Will era seduto vicino alla sua testa e la fissava in viso.
'Proprio tutti ? Anche Gengis Khan ? Dracula ?'.
Lei si era tirata a sedere e aveva preso il coltello dal suo piatto. 'Tutti -aveva detto- per un po' almeno. Lo scrivo, così non te ne dimentichi'.
Aveva cominciato a incidere le lettere nella corteccia argentea con il coltello, ma Will l'aveva bloccata.
'Così danneggi l'albero', le aveva detto.


Huff era già stato sposato, la prima volta quando aveva appena sette anni.
Si era trattato di un accordo informale ma non frivolo con una vicina di casa più grande di lui che si chiamava Julia. Aveva deciso di mostrarle il pene e quando le aveva chiesto se voleva vederlo, lei aveva risposto che poteva farlo solo se erano sposati. Allora si era genuflesso e l'aveva chiesta in moglie. Dopo averlo guardato di traverso un momento, lei aveva serrato le labbra e infine aveva risposto: 'Penso di sì'...
Erano andati in luna di miele dietro la rimessa degli attrezzi della ragazzina, dove lui le aveva fatto vedere l'arnese. 'E' bello, non ti pare ?', le aveva domandato, perchè proprio quella mattina aveva notato quanto era bello, e per questo gli era venuto improvvisamente voglia di esibirlo. Lei aveva detto: 'Non è male'.
Più tardi, quel pomeriggio, avevano divorziato quando gli aveva portato un certificato scritto di suo pugno. 'Con la presente -diceva- io divorzio da te'.
A distanza di molto tempo gli era sembrato che nella sua brevità e pertinenza avesse un che di godibile, e del resto la quasi assenza di rancore nel loro rapporto costituiva di per sé un piacere particolare. In tutti i suoi matrimoni successivi il rancore non era certo mancato, nei confronti di Sylvia e di Natalie e di Carla e di Allison e di D'Artania.
Tutto questo per dire che era stato sposato un numero sufficiente di volte per sapere il fatto suo, e per sapere che una persona poteva sembrare magica e affascinante, quasi la risposta aille tue preghiere e ai tuoi problemi, e poi dopo venti minuti, due settimane, tre mesi o un anno, appena distoglievi gli occhi un momento, diventava una creatura o una persona completamente diversa. La magia si dissolveva, lei diventava annoiata e noiosa, e l'unica caratteristica che si degnava di notare in te erano i tuoi numerosi difetti.
'Tu, -gli aveva per esempio detto D'Artania nel suo discorso di commiato- sei la persona più egoista che abbia mai conosciuto'.


'Qual'è il tuo volere, amor mio ?', gli domandò di nuovo lei guardandolo trepidante...
Huff trasse un respiro, ma lì per lì non sapeva cosa rispondere. In fondo era una questione complicata chiedere a qualcuno che cosa voleva, e ancora più complicata chiederlo e sembrare, come sembrava lei, di tenerci veramente a sentire la risposta. Avrebbe potuto risponderle 'non lo so', e sarebbe stata la verità, perchè la sua perla di saggezza più profonda, più vera e più sudata era che in realtà non sapeva cosa voleva, che era spinto da un desiderio confuso, e che il segreto per diventare una persona serena non consisteva, come consigliava la gente, nel rinunciare al desiderio bensì nel rendersi conto di potersi fermare lì e limitarsi ad accettare che fosse impossibile definire concretamente ciò che si voleva davvero.
Quindi avrebbe potuto girarsi verso di lei e dire 'Voglio....' e manifestare l'oggetto del suo desiderio con una breve danza o un gesto o una bella scopata, che era senz'altro l'approssimazione migliore di cui disponeva per esprimere quello che intendeva, dal momento che i suoi grugniti e i suoi gemiti e soprattutto la sua eiaculazione lo articolavano in modo ineccepibile, senza parole con sincerità. Le abbondanti, vigorose eiaculazioni erano la sua caratteristica più sincera.
Ma era troppo presto per quel grado di sincerità.
La conosceva appena da mezz'ora ed era sposato con lei da cinque minuti...


Quella volta scoparono appassionatamente, perchè sembrava giusto così...
'Basta con le lacrime, amore' gli disse lei, mentre le frignava addosso, ma Huff non riusciva a smettere, nemmeno all'idea che avrebbe potuto fecondarla per sbaglio con la sua tristezza, e nemmeno all'idea di quale frutto un'unione simile avrebbe potuto dare. 'Un bambino costituzionalmente incapace di essere felice' pensò, e una parte di lui guardò quel bambino mentre annusava e leccava e spingeva, mentre il suo uccello guizzava e sgroppava, mentre rotolando le saliva sopra e riscendeva e la chiavava ora davanti ora da dietro ora di fianco...
Le lacrime facevano parte della sua natura e costituivano il suo destino, e sebbene non desiderasse mai nessuna delle cosa terribili che gli toccavano, ci si crogiolava ugualmente, scambiando il cinismo per coraggio e la disperazione per buonsenso.
'Piango perchè è tutto bellissimo', gli disse Huff, ma il bambino non lo ascoltò, era convinto che la sordità fosse una virtù.
'Basta con le parole, amor mio' disse la sua signora, e allora Huff non parlò più, ma cercò di spiegargli a gesti quel che voleva dire, e gli parve di cominciare a scoprire quel che voleva dire attraverso quella scopata meravigliosa, come se non avesse mai, in tutti i giorni in cui si era mostrato avveduto, a volte fingendo a volte no, capito davvero qualcosa della sofferenza o della gioia fino a quel preciso momento, che racchiudeva e ricapitolava le lotte nominate e innominate di tutta la sua vita, il cui risultato stava affannosamente creando e affannosamente aspettando allo stesso tempo, senza sapere davvero se sarebbe stato un trionfo oppure una sconfitta finchè venne, con entrambe le braccia tese sopra la testa e la sua signora innalzata alle stelle dal suo uccello più che duro, più che eloquente. Venne e venne e venne ancora cadendo all'indietro, come per un chilometro d'aria o per una vita, atterrando sull'erba con un rumore simile al suo nome, con la sensazione di pronunciare per la prima volta il suo nome nel modo giusto perchè per la prima volta sapeva chi era e qual era la sua vera essenza e cosa voleva veramente, ossia precisamente quello.


Infine, il marito le portò un girasole.
'Che cos'è ?' gli domandò.
'Sposami' disse lui.
'Siamo già sposati'.
'Sposami di nuovo' disse Oberon. Sposa la nostra nuova vita. Saremo meno di quello che eravamo prima, te lo prometto. Non dimenticheremo quello che abbiamo perduto, però non trascureremo le nostre gioie future. Riesci a figurartelo ?'.
Lei guardò il fiore ma non la sua faccia, 'No' , rispose.
'Oh, disse lui, vieni con me, Titania.
Le tese la mano, come se ci fosse un altro posto dove andare oltre a quello in cui si trovavano. Riassumeva in una frase quanto Oberon fosse meraviglioso, e quanto intensamente lei desiderasse distruggerlo e distruggere l'amore che provava per lei proprio in quel preciso istante.
Ancora un mese dopo Titania rimpiangeva di non avergli detto 'Non so come fare ad amarti adesso', oppure ' Non desidero più amarti', oppure ' Cosa potrebbe mai significare amarti adesso ?'.
Invece, disse: 'Io non ti amo. Non ti ho mai amato. Marito mio, amico mio, vita mia, io non ti amo. Non ti ho mai amato'.

(Chris Adrian, La grande notte, 2011)





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