lunedì 15 luglio 2013

nero scarafaggio di corsia

C'è un piccolo scarafaggio nero, di quelli che si trovano vicini all'acqua, che mi è sempre tanto piaciuto. Se sollevi la roccia sotto cui vive, sfreccia via. Se gli blocchi il passaggio prova a prendere un'altra strada. Se gli blocchi ogni strada oppure lo tiri su arriccia le zampe sotto il corpo e si finge morto.
Niente riesce a distoglierlo dalla sua messa in scena, il che ha prodotto la leggenda secondo cui morirebbe di paura. Gli puoi strappare le zampe, una dopo l'altra e lui non batterà ciglio. E' solo quando gli strappi via la testa dal corpo che gli vedi un impalpabile tremito d'insetto, e questo sicuramente è un moto involontario.
Che cosa gli passa per la testa negli ultimi momenti ? Forse non ha cervello, forse il suo cervello è estroflesso in puro comportamento, come dicono che sia per la mantide religiosa (divinità ottentotta).
E nondimeno, dal punto di vista formale si tratta di una vera creatura di Zenone.
Adesso sono morto solo per tre quarti. Ora sono morto solo per sette ottavi.
Il segreto della mia vita indietreggia all'infinito davanti alle tue dita che mi sondano. Tu e io potremmo passare l'eternità a dividere frazioni.
Se io resto ancora fermo abbastanza tu te ne andrai via.
Ora sono morto solo per quindici sedicesimi.

(J. M. Coetzee, Il racconto di Jacobus Coetzee, in Terre al crepuscolo, 2003)


La nostra vita di mortali mi pare tutta qui.
Lo sento soprattutto ora, al capezzale di mio padre, in mano a medici certo ignari e forse competenti e ad infermiere sorridenti e premurose.
Che si prendono cura di lui, con parole attente e gesti dolci.
E che continuano nel frattempo a sondarlo, a togliergli pezzi, ad aggiungergli sacche e aghi e tubicini di plastica (pulitissima e perfetta, casualmente attraversata da cellule in metastasi, urina e sangue...).

Purchè sopravviva, ancora un po'.
Purchè essi vivano, e si sentano vivi, ancora un po'.
Purchè io mi senta vivo, lo senta vivo, almeno un po'.

Prende anche me, quella sensazione di bontà, mentre lo guardo, mentre lo imbocco, o ci parlo.
Quando mi guarda, con quegli occhi, da sempre tristissimi, ora supplichevoli e morenti.
Ma quel che provano, che proviamo, questa che chiamiamo umanità, compassione, bontà, cosa ha a che vedere con il bene ?
Con il suo bene ? Con la vita ?
Solo paura, paura della morte.


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