venerdì 19 luglio 2013

non nominare il nome di Dio, non nominarlo invano



Napo, ora anche innominabile ed innominato.
Lo sostiene Grasso, che cola, che saliva, che slingua,che lecca, da sempre, i culi dei potenti....
Degni esponenti del PD, entrambi.

In loro onore, ho ritrovato questo documento in codice (tra parentesi ed in grassetto le mie nuove ipotesi interpretative...)


L'innominato, figura chiave dell'intero romanzo, a differenza degli alti personaggi principali, appare solo al XX capitolo.  O SECOLO ?

 Come per Don Rodrigo (IL CAVALIERE ?), il Manzoni inizia la narrazione descrivendo la dimora dell'innominato; ma questa non è l'unica somiglianza tra i due signorotti. 

Entrambi vivono infatti in castelli sopraelevati, arroccati su una collina, IL QUIRINALE ?, dalla quale si può vedere tutto: il territorio circostante appare brullo, e le pietre, e le rocce non lasciano spazio che ad un'esigua vegetazione. Il Manzoni rende questo stato d'austerità, di abbandono, ed anche di paura, utilizzando due allitterazioni, la prima in “G”, la seconda in “R”. Vi sono però alcune sostanziali differenze tra i due uomini, infatti, se per Don Rodrigo, il Manzoni utilizza parole di insulto, e l'animale che più caratterizza e rappresenta l'indole dell'uomo, è un avvoltoio, per l'innominato l'autore utilizza l'aquila, simbolo per eccellenza e dell'autorità ferma e decisa. 

Andando avanti con la lettura della descrizione fisica dell'innominato, si nota subito una certa somiglianza con fra Cristoforo, non tanto per il candore dei capelli che caratterizza entrambi, quanto per la vivacità degli occhi neri, che, lampeggiando improvvisamente, stanno ad indicare una forza d'animo e di spirito notevole, ma comunque insolita per un uomo così anziano. 

Il Manzoni mette in luce ed informa sui sentimenti che da qualche tempo tormentano l'animo dell'innominato: non è tanto il pentimento che lo logora, quanto la paura della morte. Quella stessa morte che da giovane non lo sfiorava minimamente, ora è sempre nei suoi pensieri, insieme ad un'altra cosa che non lo aveva mai interessato: Dio. In lui vi sono sentimenti contrastanti, da una parte il rimorso ed il timore divino lo angosciano, dall'altra la superbia ed il potere che da sempre avevano caratterizzato la sua vita non lo vogliono lasciare. 

L'innominato, inoltre, pare molto orgoglioso, ed è proprio per questo che non riesce a pentirsi delle sue opere. 

Ma è nell'organizzare il rapimento di Lucia che una piccola parte dei suoi sentimenti repressi fa apparizione, e per un attimo questo prova ribrezzo e repulsione per l'azione che sta per compiere. Il Manzoni lo descrive addirittura ansioso durante l'attesa che lo separa dal vedere la carrozza, contenente la stremata Lucia (L'ITALIA ?), venire alla volta del castello. 
A questo punto, l'innominato, prova un altro sentimento fino ad allora per lui sconosciuto: la pietàL’aver strappato una povera contadina alla sua terra era un sopruso che lo riempiva di disgusto e che lo spinse a far chiamare un'anziana donna, l'unica dell'intero palazzo, da mandarle incontro per infonderle coraggio. …. Nel colloquio tra Don Rodrigo e l'innominato, si scopre che quest'ultimo è bene informato (DA DRAGHI ?) su tutte le vicende che si erano svolte e che ancora si stavano svolgendo in tutti i sobborghi del suo territorio. 

Non fa eccezione la storia della Monaca di Monza RUBY ?; infatti Egidio fa parte dei bravi PDL ? al servizio dell'innominato, ed è proprio per questo che organizza il rapimento di Lucia. 

In questo capitolo osserviamo inoltre, Gertrude (IL PD ?)mettere a nudo il suo vero carattere,  quando, anziché ribellarsi al piano dell’Innominato, lo asseconda, distruggendo così, come già successo in passato, un’altra vita innocente, quella di Lucia.

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