domenica 24 marzo 2013

la badante di bucarest

Un breve accenno ad un breve romanzo di Gianni Caria, intelligente e sensibile magistrato di Sassari: l'abbiamo invitato giovedì a presentare, infatti, il suo 'La badante di Bucarest' (Robin ed., 2012).

La letteratura e le arti continuano a farci vedere il futuro un pò prima che accada, come sempre.
Qui si immagina la storia di Maria, ex professoressa di italiano, che ha perso il posto -come tanti altri- in un'Italia definitivamente catastrofizzata, che è tornata alle lire, che non può più rimuovere il disastro, e che è ormai in mano ad altri, colonizzata da quei popoli che sinora aveva dominato e sfruttato.
Ecco perchè ora tocca ad un'italiana andare a fare la badante ad una ricca famiglia rumena, e a vivere sensazioni, pensieri, umiliazioni, rinunce, delusioni e vergogne che noi oggi continuiamo a far vivere qui a chi sappiamo e vediamo ogni giorno per le nostre strade e nelle nostre case.
Così Maria, alla partenza del lunghissimo viaggio in bus che la porterà da Roma a Bucarest, ricorda il suo primo incontro con Enzo, il padre dei suoi figli, da cui ora si separa anche fisicamente:

Ho diritto al silenzio, un silenzio tutto mio...Ancora due ore alla prima sosta, e mi godo il mio silenzio.
Un silenzio tutto mio, non quello dei giorni passati, il silenzio colpevole di Enzo, quello punitivo di Irene, quello indifferente di Carlino. Mi appoggiavo a quei silenzi, corrimani di scale ripide e senza sbocchi.
Il non sentire gli altri mi serviva per non sentire il dolore.
Ora ho bisogno di sentire il mio dolore, perchè è tutto mio e non voglio darlo a nessuno, me lo voglio coccolare il mio dolore, e farlo crescere.
Il silenzio di Enzo è colpevole, perchè non sa che fare. Non sa perchè è successo.
Il ritorno a questa nuova età primitiva l'ha colto di sorpresa mentre cercava una sigaretta, e non ha smesso di cercarla. Parlava tanto, Enzo, nel suo ufficio al ministero, fra i caffè numerosi delle riunioni sindacali.
'Protezionismo non è più una parolaccia, bisogna sdoganare le parole...!'...
Altre cose non erano più parolacce, ma segno dei tempi: chi non cambia mai idea è un imbecille, le regole del mercato, l'italianità. Ultima parolaccia, la sicurezza. Quante volte la sua insicurezza stava dietro l'uso di quella parola. Sicurezza, sicurezza...Vogliamo forse che vengano a rubarci le nostre cose...Sono dappertutto...
Enzo leggeva il giornale e trovava conferme, guardava la tv e trovava risposte. Quante non parolacce gli sentii dire, quanti finalmente quando il vento andò nella sua direzione.
'Almeno si decide, almeno si fa qualcosa', gli occhi lucidi, la voce alta a dare forza al superamento delle vecchie idee.
Enzo è colpevole perchè mi ha mentito.
Io non capivo, non mi interessavo, ma lui doveva dirmelo che sarebbe stato il disastro.

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