'Felici così non lo saremo mai più'.
Si voltò di scatto. Era Lotte...
Guardò il gruppo; nessuno sembrava avere idea di come
interpretare quella frase – ovvio, era rivolta solo a lui. Era come se gli
dicesse: non m'importa degli altri ma tu, Vincent, tu sai cosa intendo. Visto
che nessuno diceva nulla, chiuse il coltellino e scese dalla roccia.
'Proseguiamo ?'
'Ma mi conosci, continuò con forzata autoironia
guardandola di nuovo, sì se qualcuno lo conosceva, disse, era lei, e sapeva
benissimo cosa gli succedeva sempre, che non resisteva più di qualche settimana
con una persona senza buttare tutto al vento.
E a ogni modo, in generale, era convinto che una vita
regolata e tranquilla ti svuota l'anima...
'Vorrei poterlo evitare', riprese, con una sorta di
flemmatica rassegnazione.
Ma con lui, continuò, era sempre la stessa storia: nel
giro di tre settimaneera preso da una tristezza cupa e inesorabile che come una
nausea gli montava letteralmente in tutto il corpo.
Allora aveva la sensazione che due vite unite valgono
decisamente meno di una più una.
Lotte, lui l'unico ad ascoltare, aveva biascicato la sua
verità: che la vita è un fiammifero che viene sfregato ma la cui fiamma va
usata al più presto per accendere qualcos'altro, perchè se aspetti si spegne ed
è troppo tardi.
Stephan Enter, La presa, Iperborea, 2011
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