Il mio cuore è diventato duro e
freddo come l'acciaio e se non fosse per il contatto con la tua
piccola mano, l'unica cosa che sia ancora in grado di sentire,
avrebbe completamente dimenticato persino l'idea di lottare. Se fosse
vivo e caldo, quel cuore, e pieno di sangue come quello degli altri
uomini, e non freddo e duro come l'acciaio, da tempo si sarebbe
spezzato, svuotato di quel sangue che si sarebbe sparso in questo
orrendo deserto che lo ha stritolato nella sua morsa grigia e gelida.
Che ne sarebbe, Natocka, del cuore di un uomo comune, vivo e caldo,
se fosse stretto in questa morsa grigia e gelida da cui sbucano solo
coorti di orrendi spettri -brutti e silenziosi, ma che con il loro
stesso silenzio, con i loro sogghigni soffocati, le loro strizzatine
d'occhio, il loro atteggiamento così sfrontatamente irridente,
parlano in modo tanto chiaro e intelligibile -gli spettri di tutte le
speranze assassinate o amputate, gli spettri delle credenze forgiate
dall'anima pura della mia adolescenza, gli spettri di di tutte le
bassezze menzognere della vita – questi spettri che mi dicono così
chiaramente con le loro labbra mute: e allora, cosa ci ha guadagnato
? Hai ottenuto almeno qualcosa di ciò che hai desiderato ? Non
l'otterrai mai. Mai, hai sentito, mai. Capisci questa parola: mai ?
Che hai da gridare: fatevi avanti, fatevi avanti tutti, non ho paura
di nessuno, voglio vedervi ad uno ad uno, un viso dopo l'altro!
Nessuno si farà avanti, perchè dovremmo ? Siamo gli umili, gli
insignificanti, non siamo orgogliosi, non cerchiamo la rissa, non ne
abbiamo bisogno per mangiarti vivo, mio piccolo falcone. Abbiamo
fregato gente ben più robusta di te. Ad uno ad uno. E perchè vuoi
che acconsentiamo ? Perchè mai ? Non sta in questo la nostra forza,
noi procediamo piano piano, a passettini. Siamo la moltitudine, siamo
legioni di legioni, siamo il mondo intero, e tu invece chi sei ? Tu
sei solo, noi siamo il mondo intero, e tu sei solo, lo capisci ?
Agitati, agitati quanto vuoi, noi aspettiamo, non abbiamo fretta,
siamo gente umile. Perciò grida, mio piccolo falcone, grida e
agitati, noi aspettiamo, non siamo orgogliosi, non siamo come te, che
immaginavi che il mondo fosse stato creato per realizzarvi i tuoi
sogni. Che furbo! La nostra forza, caro mio, non sta in questo, noi
procediamo piano piano, tranquillamente -prima te ne mandiamo uno,
poi un altro, poi un terzo, poi un decimo, e improvvisamente ti
accorgi che c'è una folla. Bè, è così che ci poggeremo su di te,
tutti insieme, in folla, per schiacciarti. E tutti saranno con noi,
anche quelli che ti erano più vicini, anche loro saranno con noi. E
con te, ragazzo mio, chi ci sarà con te ? Nessuno. Perchè di bei
sogni grandiosi non si sazia nessuno -e anche se ci credessi ai tuoi
sogni?- ci credi, almeno ? Credi davvero di poter far scorrere un
fiume dal mare verso i monti, far muovere il sole dal tramonto
all'alba? Ci credi proprio? E allora il tuo dolore, da dove viene? E
la mortale spossatezza del tuo animo? E quella piega di disperazione
all'angolo della bocca? Non lo sai forse che tutto ciò che hai
toccato si è trasformato in distruzione e sventura? Non lo hai
ancora capito, piccolo falcone? Sei solo, completamente solo, non ti
accompagna né ti segue nessuno. Ti agiti ancora? Eppure lo sai già,
che quando non ne potrai più di agitarti, in quel preciso istante
noi saremo tutti lì, freschi e riposati, per schiacciarti con il
nostro peso e la nostra moltitudine. E chi ti difenderà? Non ti
difenderà nessuno -perchè hai davvero pestato i piedi a troppa
gente con la tua diabolica arroganza. Sei solo, con i tuoi sogni
grandiosi. Mentre noi saremo anche umili, ma siamo la moltitudine -oh
che moltitudine!
In cima alla mia torre, scrive, non
vedo nessuno, nessuno viene a trovarmi, non vado a trovare nessuno.
Divento sempre più selvatica e anche, detto tra noi, sempre più
stanca.
Sono le sette. Non ho nessun
programma,...e si delinea la prospettiva preoccupante di una serata
solitaria, sdraiato sul letto, mentre la gente va a spasso per le
strade, si incontra nei bar, chiacchiera, sorride, si bacia, insomma
fa quello che la gente fa il sabato sera in una grande città, se è
gente normale. Per tutta la vita mi sono considerato non normale,
eccezionale, al tempo stesso meraviglioso e mostruoso, il che è
comune da adolescenti ma preoccupante alla mia età e per quanto vada
dallo psicanalista tre volte la settimana, vedo sempre meno motivi
perchè la situazione cambi.
Uscendo dall'albergo,..noto un
centro massaggi e, avvicinandomi, che quel centro non offre solo
massaggi, ma anche una seduta di floating -che consiste nel
galleggiare in un contenitore d'acqua salata, senza dover fare alcun
movimento per rimanere a galla. Il contenitore...ha le dimensioni di
una grossa vasca da bagno, ma munita di un coperchio ed ermeticamente
chiusa, in modo che il rilassamento non sia turbato da nessuno
stimolo esterno, visivo o uditivo. Non ci vuole molto per capire che
quel tank somiglia moltissimo a una tomba, e intuire che la
prospettiva di passare un po' di tempo in quella tomba mi ha subito
rinvigorito: ho trovato come occupare la serata...
La stanza dove si trova il tank sta
a metà fra una jacuzzi, una cabina a raggi Uva e una camera
mortuaria. Faccio la doccia, poi entro nel contenitore. Chiudo il
coperchio. Galleggio, nudo, sull'acqua tiepida, leggermente collosa.
Oscurità totale, silenzio totale, tranne il battito di sangue nelle
arterie...Mi piace o no? Difficile rispondere. Il mondo esterno non
esiste più. Immagino che sia un arricchimento per chi passa la
giornata nella continua apprensione di una vita professionale
stressante...Il mio problema è esattamente l'opposto. Non frequento
molto il mondo esterno, la vota reale, e passo la maggior parte del
tempo nel mio mondo interiore, di cui sono stanco, per l'appunto, e
in cui mi sento prigioniero. Sogno solo di uscire da questa prigione,
ma non ci riesco, e perchè mai ? Perchè ne ho paura, e anche, ed è
la cosa più spiacevole da ammettere, perchè in fondo mi piace...
L'amico Pavel mi racconta una
storiella ebraica. Abramo supplica Jahvè: Jahvè, Jahvè, un giorno
vorrei tanto vincere la lotteria! Ti supplico Jahvè, ti scongiuro,
te lo chiedo da così tanto tempo, concedimelo, solo questo, solo per
una volta, e non ti chiederò mai più niente. Jahvè, fai che vinca
la lotteria. Piange, in ginocchio, si torce le mani. Alla fine Jahvè
sbuca dalla nube e dice: Abramo ti ho sentito, voglio esaudirti. Ma
ti prego, dammi una possibilità. Per una volta nella vita, compra un
biglietto!
(da La vita come un romanzo russo,
2007)
Si diceva convinto che lo sguardo di
uno scrittore su questa tragedia potesse completare e trascendere
largamente altri approcci, più riduttivi, come quello della
psichiatria o di altre scienze umane. Ci teneva a persuadere me e se
stesso che un qualsiasi 'recupero narcisistico' era lontano dai suoi
pensieri (perlomeno consci).
Una seconda équipe di psichiatri ha
formulato la stessa diagnosi: il romanzo narcisistico continua in
carcere, permettendo al protagonista di sfuggire ancora una volta
alla violenta depressione che lo ha minacciato per tutta la vita. Al
tempo stesso Romand si rende conto che...non gli sarà mai possibile
essere considerato una persona sincera, e teme che nemmeno lui
riuscirà mai a ritenersi tale. Prima tutti credevano a tutto ciò
che diceva, adesso nessuno crede più a niente, e lui stesso non sa
cosa credere....Si può solo auspicare che giunga, anche a costo di
una depressione endogena il cui rischio resta alto, a difese meno
sistematiche, a una maggiore ambivalenza e autenticità.
(da L'avversario, 2000)
Come avrete
intuito, in questi giorni mi sono tuffato definitivamente nell'opera
omnia di Emmanuel Carrère. Sento verso di lui gli stessi sentimenti
che provo per me, o per quel che avrei potuto essere, o che in parte
sono stato e da cui oggi fuggo: ammirazione, invidia, paura,
diffidenza, amore, odio, nostalgia, identificazione in qualcuno o
qualcosa, smarrimento, chiarezza e lucidità estrema, spietatezza
della verità e menzogna narrativa, disgusto, gioia dello scrivere.
Due dialoghi di
questo inizio d'anno, con amici di vecchia data che non vivono qui.
Nel primo, ho
provato ancora una volta a spiegare che la mia attuale e decisa
riluttanza a mostrarmi ed esibirmi in pubblico, a rendermi visibile,
a partecipare alla vita sociale, non nasce da una imposizione
mentale, da un doverismo eteronomo o da una ricercata dignità
filosofica o ideologica. Nasce dalle mie emozioni profonde, dal mio
desiderio di non essere più quell'essere che ero, di non riuscirci
più. Non è più in campo la volontà di essere o non essere
qualcosa o qualcuno. Non sono più 'un personaggio'. Sento così di
essere a contatto con i miei archetipi inconsci più profondi, che
ora vengono fuori. Ne soffro molto, perchè ha dei costi alti,
soprattutto per il mio ego e per la mia libido. Una parte di me se ne
lamenta, si dice infelice. Questa mia nuova versione non piace al
mondo, non l'attrae, anzi l'allontana a gambe levate. E, lo so,
questo vi fa anche preoccupare per la mia sorte. Ma non posso fare
altro, né lo vorrei. Starei molto peggio, credetemi, se provassi a
conciliarmi col mondo come, mi sembra, provate a fare voi con
un'abnegazione encomiabile, lo riconosco. Quando vi vedo a gestire
figli, rapporti di coppia, stress da lavoro, problemi economici, mi
dibatto, irrisolto, tra l'ammirazione e l'incomprensione. Ma si
deve essere pronti ad ardere nella propria fiamma: com'è
possibile rinnovarsi senza prima essere divenuti cenere ?
A taluni, seppure personalmente
incapaci di sciogliere le proprie catene, è nondimeno dato
affrancare gli amici.
Queste due frasi
tratte dallo 'Zarathustra' rispuntano da un libro di Yalom, Le
lacrime di Nietzsche, regalatomi per il compleanno (in anticipo) dal
mio primo amico.
E questa frase vale
molto bene per il secondo: ieri ho saputo che finalmente ha deciso di
lasciare la moglie, il matrimonio e la casa di sempre.
E' una bella
notizia per lui, che mi rincuora per un vero nuovo inizio, non solo
d'anno.
Da tempo ci
speravo, per il bene suo, e di tutti (anche dei suoi familiari).
Un augurio di cuore
per la sua, e loro, nuova vita.
P.S.: Ieri notte
davano in tv 'Al di là del bene e del male', un film del 1977 della
Cavani, che descrive la vicenda filosofico-amorosa della Trinità
(Fritz Nietzsche-Paul Reè-Lou Salomè), conclusasi malamente. Alla
fine del film Nietzsche è ormai folle, e suona il piano da solo,
recluso in una stanza...Divenuto cenere, non gli è stato concessa
un'ulteriore possibilità di rinnovarsi.
Ci sarà per me ?
Per noi ? Per questa nostra forma di vita ? Per questa nostra umanità
?
Non possiamo
saperlo ora.
Ora possiamo
preoccuparci solo della fase in corso: quella dell'autocremazione.
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