lunedì 4 gennaio 2016

se avessi fatto carrère

Il mio cuore è diventato duro e freddo come l'acciaio e se non fosse per il contatto con la tua piccola mano, l'unica cosa che sia ancora in grado di sentire, avrebbe completamente dimenticato persino l'idea di lottare. Se fosse vivo e caldo, quel cuore, e pieno di sangue come quello degli altri uomini, e non freddo e duro come l'acciaio, da tempo si sarebbe spezzato, svuotato di quel sangue che si sarebbe sparso in questo orrendo deserto che lo ha stritolato nella sua morsa grigia e gelida. Che ne sarebbe, Natocka, del cuore di un uomo comune, vivo e caldo, se fosse stretto in questa morsa grigia e gelida da cui sbucano solo coorti di orrendi spettri -brutti e silenziosi, ma che con il loro stesso silenzio, con i loro sogghigni soffocati, le loro strizzatine d'occhio, il loro atteggiamento così sfrontatamente irridente, parlano in modo tanto chiaro e intelligibile -gli spettri di tutte le speranze assassinate o amputate, gli spettri delle credenze forgiate dall'anima pura della mia adolescenza, gli spettri di di tutte le bassezze menzognere della vita – questi spettri che mi dicono così chiaramente con le loro labbra mute: e allora, cosa ci ha guadagnato ? Hai ottenuto almeno qualcosa di ciò che hai desiderato ? Non l'otterrai mai. Mai, hai sentito, mai. Capisci questa parola: mai ? Che hai da gridare: fatevi avanti, fatevi avanti tutti, non ho paura di nessuno, voglio vedervi ad uno ad uno, un viso dopo l'altro! Nessuno si farà avanti, perchè dovremmo ? Siamo gli umili, gli insignificanti, non siamo orgogliosi, non cerchiamo la rissa, non ne abbiamo bisogno per mangiarti vivo, mio piccolo falcone. Abbiamo fregato gente ben più robusta di te. Ad uno ad uno. E perchè vuoi che acconsentiamo ? Perchè mai ? Non sta in questo la nostra forza, noi procediamo piano piano, a passettini. Siamo la moltitudine, siamo legioni di legioni, siamo il mondo intero, e tu invece chi sei ? Tu sei solo, noi siamo il mondo intero, e tu sei solo, lo capisci ? Agitati, agitati quanto vuoi, noi aspettiamo, non abbiamo fretta, siamo gente umile. Perciò grida, mio piccolo falcone, grida e agitati, noi aspettiamo, non siamo orgogliosi, non siamo come te, che immaginavi che il mondo fosse stato creato per realizzarvi i tuoi sogni. Che furbo! La nostra forza, caro mio, non sta in questo, noi procediamo piano piano, tranquillamente -prima te ne mandiamo uno, poi un altro, poi un terzo, poi un decimo, e improvvisamente ti accorgi che c'è una folla. Bè, è così che ci poggeremo su di te, tutti insieme, in folla, per schiacciarti. E tutti saranno con noi, anche quelli che ti erano più vicini, anche loro saranno con noi. E con te, ragazzo mio, chi ci sarà con te ? Nessuno. Perchè di bei sogni grandiosi non si sazia nessuno -e anche se ci credessi ai tuoi sogni?- ci credi, almeno ? Credi davvero di poter far scorrere un fiume dal mare verso i monti, far muovere il sole dal tramonto all'alba? Ci credi proprio? E allora il tuo dolore, da dove viene? E la mortale spossatezza del tuo animo? E quella piega di disperazione all'angolo della bocca? Non lo sai forse che tutto ciò che hai toccato si è trasformato in distruzione e sventura? Non lo hai ancora capito, piccolo falcone? Sei solo, completamente solo, non ti accompagna né ti segue nessuno. Ti agiti ancora? Eppure lo sai già, che quando non ne potrai più di agitarti, in quel preciso istante noi saremo tutti lì, freschi e riposati, per schiacciarti con il nostro peso e la nostra moltitudine. E chi ti difenderà? Non ti difenderà nessuno -perchè hai davvero pestato i piedi a troppa gente con la tua diabolica arroganza. Sei solo, con i tuoi sogni grandiosi. Mentre noi saremo anche umili, ma siamo la moltitudine -oh che moltitudine!

In cima alla mia torre, scrive, non vedo nessuno, nessuno viene a trovarmi, non vado a trovare nessuno. Divento sempre più selvatica e anche, detto tra noi, sempre più stanca.

Sono le sette. Non ho nessun programma,...e si delinea la prospettiva preoccupante di una serata solitaria, sdraiato sul letto, mentre la gente va a spasso per le strade, si incontra nei bar, chiacchiera, sorride, si bacia, insomma fa quello che la gente fa il sabato sera in una grande città, se è gente normale. Per tutta la vita mi sono considerato non normale, eccezionale, al tempo stesso meraviglioso e mostruoso, il che è comune da adolescenti ma preoccupante alla mia età e per quanto vada dallo psicanalista tre volte la settimana, vedo sempre meno motivi perchè la situazione cambi.
Uscendo dall'albergo,..noto un centro massaggi e, avvicinandomi, che quel centro non offre solo massaggi, ma anche una seduta di floating -che consiste nel galleggiare in un contenitore d'acqua salata, senza dover fare alcun movimento per rimanere a galla. Il contenitore...ha le dimensioni di una grossa vasca da bagno, ma munita di un coperchio ed ermeticamente chiusa, in modo che il rilassamento non sia turbato da nessuno stimolo esterno, visivo o uditivo. Non ci vuole molto per capire che quel tank somiglia moltissimo a una tomba, e intuire che la prospettiva di passare un po' di tempo in quella tomba mi ha subito rinvigorito: ho trovato come occupare la serata...
La stanza dove si trova il tank sta a metà fra una jacuzzi, una cabina a raggi Uva e una camera mortuaria. Faccio la doccia, poi entro nel contenitore. Chiudo il coperchio. Galleggio, nudo, sull'acqua tiepida, leggermente collosa. Oscurità totale, silenzio totale, tranne il battito di sangue nelle arterie...Mi piace o no? Difficile rispondere. Il mondo esterno non esiste più. Immagino che sia un arricchimento per chi passa la giornata nella continua apprensione di una vita professionale stressante...Il mio problema è esattamente l'opposto. Non frequento molto il mondo esterno, la vota reale, e passo la maggior parte del tempo nel mio mondo interiore, di cui sono stanco, per l'appunto, e in cui mi sento prigioniero. Sogno solo di uscire da questa prigione, ma non ci riesco, e perchè mai ? Perchè ne ho paura, e anche, ed è la cosa più spiacevole da ammettere, perchè in fondo mi piace...

L'amico Pavel mi racconta una storiella ebraica. Abramo supplica Jahvè: Jahvè, Jahvè, un giorno vorrei tanto vincere la lotteria! Ti supplico Jahvè, ti scongiuro, te lo chiedo da così tanto tempo, concedimelo, solo questo, solo per una volta, e non ti chiederò mai più niente. Jahvè, fai che vinca la lotteria. Piange, in ginocchio, si torce le mani. Alla fine Jahvè sbuca dalla nube e dice: Abramo ti ho sentito, voglio esaudirti. Ma ti prego, dammi una possibilità. Per una volta nella vita, compra un biglietto!

(da La vita come un romanzo russo, 2007)


Si diceva convinto che lo sguardo di uno scrittore su questa tragedia potesse completare e trascendere largamente altri approcci, più riduttivi, come quello della psichiatria o di altre scienze umane. Ci teneva a persuadere me e se stesso che un qualsiasi 'recupero narcisistico' era lontano dai suoi pensieri (perlomeno consci).

Una seconda équipe di psichiatri ha formulato la stessa diagnosi: il romanzo narcisistico continua in carcere, permettendo al protagonista di sfuggire ancora una volta alla violenta depressione che lo ha minacciato per tutta la vita. Al tempo stesso Romand si rende conto che...non gli sarà mai possibile essere considerato una persona sincera, e teme che nemmeno lui riuscirà mai a ritenersi tale. Prima tutti credevano a tutto ciò che diceva, adesso nessuno crede più a niente, e lui stesso non sa cosa credere....Si può solo auspicare che giunga, anche a costo di una depressione endogena il cui rischio resta alto, a difese meno sistematiche, a una maggiore ambivalenza e autenticità.

(da L'avversario, 2000)

Come avrete intuito, in questi giorni mi sono tuffato definitivamente nell'opera omnia di Emmanuel Carrère. Sento verso di lui gli stessi sentimenti che provo per me, o per quel che avrei potuto essere, o che in parte sono stato e da cui oggi fuggo: ammirazione, invidia, paura, diffidenza, amore, odio, nostalgia, identificazione in qualcuno o qualcosa, smarrimento, chiarezza e lucidità estrema, spietatezza della verità e menzogna narrativa, disgusto, gioia dello scrivere.

Due dialoghi di questo inizio d'anno, con amici di vecchia data che non vivono qui.
Nel primo, ho provato ancora una volta a spiegare che la mia attuale e decisa riluttanza a mostrarmi ed esibirmi in pubblico, a rendermi visibile, a partecipare alla vita sociale, non nasce da una imposizione mentale, da un doverismo eteronomo o da una ricercata dignità filosofica o ideologica. Nasce dalle mie emozioni profonde, dal mio desiderio di non essere più quell'essere che ero, di non riuscirci più. Non è più in campo la volontà di essere o non essere qualcosa o qualcuno. Non sono più 'un personaggio'. Sento così di essere a contatto con i miei archetipi inconsci più profondi, che ora vengono fuori. Ne soffro molto, perchè ha dei costi alti, soprattutto per il mio ego e per la mia libido. Una parte di me se ne lamenta, si dice infelice. Questa mia nuova versione non piace al mondo, non l'attrae, anzi l'allontana a gambe levate. E, lo so, questo vi fa anche preoccupare per la mia sorte. Ma non posso fare altro, né lo vorrei. Starei molto peggio, credetemi, se provassi a conciliarmi col mondo come, mi sembra, provate a fare voi con un'abnegazione encomiabile, lo riconosco. Quando vi vedo a gestire figli, rapporti di coppia, stress da lavoro, problemi economici, mi dibatto, irrisolto, tra l'ammirazione e l'incomprensione. Ma si deve essere pronti ad ardere nella propria fiamma: com'è possibile rinnovarsi senza prima essere divenuti cenere ?

A taluni, seppure personalmente incapaci di sciogliere le proprie catene, è nondimeno dato affrancare gli amici.
Queste due frasi tratte dallo 'Zarathustra' rispuntano da un libro di Yalom, Le lacrime di Nietzsche, regalatomi per il compleanno (in anticipo) dal mio primo amico.
E questa frase vale molto bene per il secondo: ieri ho saputo che finalmente ha deciso di lasciare la moglie, il matrimonio e la casa di sempre.
E' una bella notizia per lui, che mi rincuora per un vero nuovo inizio, non solo d'anno.
Da tempo ci speravo, per il bene suo, e di tutti (anche dei suoi familiari).
Un augurio di cuore per la sua, e loro, nuova vita.

P.S.: Ieri notte davano in tv 'Al di là del bene e del male', un film del 1977 della Cavani, che descrive la vicenda filosofico-amorosa della Trinità (Fritz Nietzsche-Paul Reè-Lou Salomè), conclusasi malamente. Alla fine del film Nietzsche è ormai folle, e suona il piano da solo, recluso in una stanza...Divenuto cenere, non gli è stato concessa un'ulteriore possibilità di rinnovarsi.
Ci sarà per me ? Per noi ? Per questa nostra forma di vita ? Per questa nostra umanità ?
Non possiamo saperlo ora.
Ora possiamo preoccuparci solo della fase in corso: quella dell'autocremazione.





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