domenica 3 maggio 2015

tra decadere e decedere

Mi piaceva stare lì, a guardare Jack, a guardare le sue gambe che erano molto più magre di quanto ricordassi, a guardare il suo torace che sembrava essere sprofondato ancora un po', solo il cazzo era lo stesso, solo gli occhi erano gli stessi, anzi no, in realtà solo il gran trapano come lo chiamavano nella pubblicità dei suoi film, l'uccello che aveva distrutto il culo di Marilyn Chambers, era lo stesso, il resto, occhi compresi, si stava spegnendo alla stessa velocità con cui la mia Alfa Romeo percorreva la valle di Aguangua o il Desert State Park illuminati dalla luce di una domenica agonizzante.
Credo che facemmo l'amore un paio di volte. A Jack non interessava più. Secondo lui, dopo tanti film si era prosciugato. Sei il primo uomo a dirmi questo, gli dissi. Mi piace guardare la tele, Joannie, e leggere romanzi di mistero...
Una notte, forse la seconda che passai a casa sua, o la terza, Jack era lento come una lumaca per quanto riguarda le confidenze e le rivelazioni, mentre ci bevevamo del vino accanto alla piscina mi disse che molto probabilmente sarebbe morto presto, sai come vanno queste cose, Joannie, quando è arrivata la tua ora è arrivata.
Mi venne voglia di urlargli che facessimo l'amore, che ci sposassimo, che mettessimo al mondo un figlio o adottassimo un orfano, che comprassimo un cane e un caravan e ci mettessimo a viaggiare per la California e il Messico...
Aspettai le prossime parole di Jack, quelle che per forza dovevano seguire, ma lui non disse altro.
Quella notte facemmo l'amore per la prima volta dopo molto tempo. Fu difficile mettere in moto Jack, il suo corpo non funzionava più, funzionava solo la sua volontà, e nonostante tutto lui insistette nel volersi mettere un preservativo, un preservativo per l'uccello di Jack, come se potesse starci in un preservativo, ma almeno questo servì a farci ridere un po', alla fine, entrambi su un fianco, infilò il suo grosso e lungo uccello flaccido fra le mie gambe, mi abbracciò dolcemente e si addormentò, io ci misi ancora molto a prendere sonno e mi baluginarono le idee più strane, a tratti mi sentivo triste e piangevo senza far rumore, per non svegliarlo, per non sciogliere il nostro abbraccio, a tratti mi sentivo felice e comunque piangevo, singhiozzando, senza la minima discrezione, stringendo fra le cosce il cazzo di Jack e ascoltando il suo respiro, dicendogli: Jack, so che stai facendo finta di dormire, Jack, apri gli occhi e baciami, ma Jack continuava a dormire o a far finta di dormire..., e a tratti non piangevo né mi sentivo triste o felice, mi sentivo solo viva e sentivo lui vivo e anche se tutto aveva uno sfondo tipo teatro, tipo farsa gentile, inoffensiva, persino appropriata, io sapevo che era tutto vero, che ne valeva la pena, e poi infilai la testa sotto il suo collo e mi addormentai.

(Roberto Bolano, Joanna Silvestri, 1997)


Perchè hai soffocato la tua bellezza nel grasso.
Perchè ti sei fatto beffe della nostra adorazione.
Perchè eri l'attore più grande che avevamo e hai buttato via la grandezza come spazzatura.
Perchè non riuscivi a prendere sul serio ciò che gli altri scambiavano per la propria vita.
Perchè così facendo ti sei fatto beffe della nostra, di vita.
Perchè sei morto incastrato nel grasso.
E già allora, avevi vissuto troppo.
Perchè ti detestavi, e ti sei reso detestabile.
Perchè il tuo amore è stato sparso senza cura, un avanzo gettato da una macchina in cosa.
E perchè hai amato uomini e donne, ma mai abbastanza.
Perchè il lento suicidio che nasce dal disprezzo di sé ci ripugna e ci affascina come il precipitare della tragedia in farsa, come la mostruosità della bellezza incancrenita.
Perchè quando ti hanno chiesto contro cosa ti ribellavi, hai risposto con magnifico sdegno Contro di voi.
Perchè anche noi volevamo rispondere così, ma non avevamo parole simili a disposizione.
Perchè come Johnny alla fine ci hai lasciati.
Perchè su quella moto sei divemtato sempre più piccolo lungo la strada che portava fuori dal paese, finchè non sei sparito.
Perchè sei sparito. Sei sparito davanti ai nostri occhi.
Perchè c'è una gioia selvaggia nella perdita, e nella perdita irrevocabile.
Perchè nello struggimento hai mostrato la tua anima. -Avrei potuto essere qualcuno!- sapendo quanto la sconfitta, il fallimento e l'ignominia sarebbero stati il tuo destino.
Perchè la tua bellezza ti ha sedotto, e ti ha trasformato in un buffone.
Perchè il buffone va sempre oltre, questa è la sua essenza.
Perchè, essendo un buffone, spargevi morte come se fosse seme.
Perchè tutto quello che avevi, lo hai dovuto sperperare.
Perchè hai tentato, come Paul Muni, di eclissarti nel film.

Perchè come il vedovo Paul di Ultimo Tango a Parigi hai scoperchiato la tua anima malata in una brillante devastazione. Perchè eri terrorizzato dall'idea di perderti per sempre, ma hai recitato lo stesso la parte del clown, scoprendoti le chiappe su una pista da ballo parigina.
Perchè l'attore non esiste, se non è al centro dell'attenzione.
Perchè il cuore dell'attore è un vuoto che nessuna adulazione può riempire.
La futilità della sessualità maschile, un baluardo contro la morte.
La farsa della sessualità maschile, un baluardo contro la morte.

Perchè nella tarda mezza età avevi già vissuto abbastanza.
Perchè a 80 anni avevi sopportato tutte le tue età, e iniziato a marcire dall'interno, come un albero gigantesco soffocato dai propri cerchi.
Perchè quando sei morto, abbiamo capito che eri morto da tempo.
Perchè non potevamo perdonare colui che aveva sperperato la grandezza.
Dove c'è stato così tanto amore, non può esserci perdono.

Perchè ci hai lasciati. E siamo da soli.
E ti raggiungeremmo all'inferno, se solo tu ci volessi.

(Joyce Carol Oates, Per Marlon Brando all'inferno, 2013)



Brani tratti da Racconti di cinema, a cura di E.Monreale e M.Pierini, Einaudi, 2014.

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