Mi piaceva
stare lì, a guardare Jack, a guardare le sue gambe che erano molto
più magre di quanto ricordassi, a guardare il suo torace che
sembrava essere sprofondato ancora un po', solo il cazzo era lo
stesso, solo gli occhi erano gli stessi, anzi no, in realtà solo il
gran trapano come lo chiamavano nella pubblicità dei suoi film,
l'uccello che aveva distrutto il culo di Marilyn Chambers, era lo
stesso, il resto, occhi compresi, si stava spegnendo alla stessa
velocità con cui la mia Alfa Romeo percorreva la valle di Aguangua o
il Desert State Park illuminati dalla luce di una domenica
agonizzante.
Credo che
facemmo l'amore un paio di volte. A Jack non interessava più.
Secondo lui, dopo tanti film si era prosciugato. Sei il primo uomo a
dirmi questo, gli dissi. Mi piace guardare la tele, Joannie, e
leggere romanzi di mistero...
Una notte,
forse la seconda che passai a casa sua, o la terza, Jack era lento
come una lumaca per quanto riguarda le confidenze e le rivelazioni,
mentre ci bevevamo del vino accanto alla piscina mi disse che molto
probabilmente sarebbe morto presto, sai come vanno queste cose,
Joannie, quando è arrivata la tua ora è arrivata.
Mi venne voglia
di urlargli che facessimo l'amore, che ci sposassimo, che mettessimo
al mondo un figlio o adottassimo un orfano, che comprassimo un cane e
un caravan e ci mettessimo a viaggiare per la California e il
Messico...
Aspettai le
prossime parole di Jack, quelle che per forza dovevano seguire, ma
lui non disse altro.
Quella notte
facemmo l'amore per la prima volta dopo molto tempo. Fu difficile
mettere in moto Jack, il suo corpo non funzionava più, funzionava
solo la sua volontà, e nonostante tutto lui insistette nel volersi
mettere un preservativo, un preservativo per l'uccello di Jack, come
se potesse starci in un preservativo, ma almeno questo servì a farci
ridere un po', alla fine, entrambi su un fianco, infilò il suo
grosso e lungo uccello flaccido fra le mie gambe, mi abbracciò
dolcemente e si addormentò, io ci misi ancora molto a prendere sonno
e mi baluginarono le idee più strane, a tratti mi sentivo triste e
piangevo senza far rumore, per non svegliarlo, per non sciogliere il
nostro abbraccio, a tratti mi sentivo felice e comunque piangevo,
singhiozzando, senza la minima discrezione, stringendo fra le cosce
il cazzo di Jack e ascoltando il suo respiro, dicendogli: Jack, so
che stai facendo finta di dormire, Jack, apri gli occhi e baciami, ma
Jack continuava a dormire o a far finta di dormire..., e a tratti non
piangevo né mi sentivo triste o felice, mi sentivo solo viva e
sentivo lui vivo e anche se tutto aveva uno sfondo tipo teatro, tipo
farsa gentile, inoffensiva, persino appropriata, io sapevo che era
tutto vero, che ne valeva la pena, e poi infilai la testa sotto il
suo collo e mi addormentai.
(Roberto
Bolano, Joanna Silvestri, 1997)
Perchè hai
soffocato la tua bellezza nel grasso.
Perchè ti sei
fatto beffe della nostra adorazione.
Perchè eri
l'attore più grande che avevamo e hai buttato via la grandezza come
spazzatura.
Perchè non
riuscivi a prendere sul serio ciò che gli altri scambiavano per la
propria vita.
Perchè così
facendo ti sei fatto beffe della nostra, di vita.
Perchè sei
morto incastrato nel grasso.
E già allora,
avevi vissuto troppo.
Perchè ti
detestavi, e ti sei reso detestabile.
Perchè il tuo
amore è stato sparso senza cura, un avanzo gettato da una macchina
in cosa.
E perchè hai
amato uomini e donne, ma mai abbastanza.
Perchè il
lento suicidio che nasce dal disprezzo di sé ci ripugna e ci
affascina come il precipitare della tragedia in farsa, come la
mostruosità della bellezza incancrenita.
Perchè quando
ti hanno chiesto contro cosa ti ribellavi, hai risposto con magnifico
sdegno Contro di voi.
Perchè anche
noi volevamo rispondere così, ma non avevamo parole simili a
disposizione.
Perchè come
Johnny alla fine ci hai lasciati.
Perchè su
quella moto sei divemtato sempre più piccolo lungo la strada che
portava fuori dal paese, finchè non sei sparito.
Perchè sei
sparito. Sei sparito davanti ai nostri occhi.
Perchè c'è
una gioia selvaggia nella perdita, e nella perdita irrevocabile.
Perchè nello
struggimento hai mostrato la tua anima. -Avrei potuto essere
qualcuno!- sapendo quanto la sconfitta, il fallimento e l'ignominia
sarebbero stati il tuo destino.
Perchè la tua
bellezza ti ha sedotto, e ti ha trasformato in un buffone.
Perchè il
buffone va sempre oltre, questa è la sua essenza.
Perchè,
essendo un buffone, spargevi morte come se fosse seme.
Perchè tutto
quello che avevi, lo hai dovuto sperperare.
Perchè hai
tentato, come Paul Muni, di eclissarti nel film.
Perchè come il
vedovo Paul di Ultimo Tango a Parigi hai scoperchiato la tua anima
malata in una brillante devastazione. Perchè eri terrorizzato
dall'idea di perderti per sempre, ma hai recitato lo stesso la parte
del clown, scoprendoti le chiappe su una pista da ballo parigina.
Perchè
l'attore non esiste, se non è al centro dell'attenzione.
Perchè il
cuore dell'attore è un vuoto che nessuna adulazione può riempire.
La futilità
della sessualità maschile, un baluardo contro la morte.
La farsa della
sessualità maschile, un baluardo contro la morte.
Perchè nella
tarda mezza età avevi già vissuto abbastanza.
Perchè a 80
anni avevi sopportato tutte le tue età, e iniziato a marcire
dall'interno, come un albero gigantesco soffocato dai propri cerchi.
Perchè quando
sei morto, abbiamo capito che eri morto da tempo.
Perchè non
potevamo perdonare colui che aveva sperperato la grandezza.
Dove c'è stato
così tanto amore, non può esserci perdono.
Perchè ci hai
lasciati. E siamo da soli.
E ti
raggiungeremmo all'inferno, se solo tu ci volessi.
(Joyce Carol
Oates, Per Marlon Brando all'inferno, 2013)
Brani tratti da
Racconti di cinema, a cura di E.Monreale e M.Pierini, Einaudi, 2014.
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