mercoledì 13 maggio 2015

autolettura del contatore

Ieri ho fatto ancora dei prelievi, come sapete.
Attendiamo il responso.
Quando uno arriva a sperare che si trovi qualcosa, è messo male.
Il mio corpo continua ad aggirarsi per il mondo e, come un sensore, lo ascolta, lo sente, lo incorpora.
Si sente ancora capace di emozioni, passioni, ironia e tenerezza, ma non trova rimandi e richiami per questo.
Non si innamora, e non fa innamorare.
Cammina tra paura e indifferenza.
Percepisce chiusura, la propria e del mondo.
Si sente tradito, ma non sa da chi o da cosa.
Si sente stanco, di aspettare soprattutto.
A proposito di attese: arrivano ora le cartoline spedite un anno fa da Angkor.

Mi sento una donna, colei che attende...
Oggi, questa tristezza di sempre, potrei chiamarla con il mio nome, tanto mi assomiglia.
Oggi questa tristezza è un sollievo, il sollievo di esser finalmente precipitata nel baratro che mia madre mi annuncia da sempre, quando urla nel deserto della vita.

Come si fa a non ritornare ? Bisogna perdersi. Non so. Imparerai. Vorrei che mi indicassero come perdermi. Bisogna non avere riserva mentali, disporsi a non riconoscere più nulla di quello che si conosce, dirigere i propri passi verso il punto più ostile dell'orizzonte, vasta distesa di acquitrini solcata ovunque da mille argini senza che si sappia perchè. (M. Duras)


In questo mondo, solo gli esseri caduti all'ultimo grado dell'umiliazione, ben al di sotto della mendicità, non solo senza considerazione sociale, ma guardati da tutti come sprovvisti della prima dignità umana, solo costoro hanno la possibilità di dire la verità. Tutti gli altri mentono. (S. Weil)


Io in generale sono stanca della vita terrestre. Mi cadono le braccia quando penso a quanti pavimenti lavati e non lavati, latte bollito e non bollito, padroni di casa, pentole, ecc, mi attendono ancora. In questo mondo non so vivere! (M.Cvetaeva)


Vivere è una fatica che, in alcuni momenti, appare impossibile da compiere; la fatica di percorrere la lunga processione degli istanti, di opporre resistenza al tempo; resistere al tempo è la prima operazione che l'essere vivi richiede.

Sono poche le situazioni, come quella dell'esilio, in cui si presentano, come in un rito iniziatico, le prove della condizione umana. Come se si stesse compiendo l'iniziazione dell'uomo.


Per non perdersi, per non alienarsi, nel deserto bisogna rinchiudere dentro di sé il deserto. Bisogna introdurre, interiorizzare il deserto nell'anima, nella mente, negli stessi sensi, aguzzando l'udito a detrimento della vista per evitare i miraggi ed ascoltare le voci. (M. Zambrano)







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