Da due settimane ormai mi aggiro zoppicante per il mondo.
Il medico dice che un legamento del ginocchio si è stirato.
Mi ha consigliato ghiaccio e ketoprofene.
Da ieri il dolore si è molto attutito, grazie a loro, anche se il trauma permane.
Ma non sentire più tanto dolore facilita la rimozione del problema.
L'ecografia appare un affare lontano, se non mi fa male.
Qualche analogia ?
Attraversare la strada a tempo dei semafori, le strisce in mezzo alle macchine, saltare marciapiedi e scalini, scendere e salire scale: tutto diventa più difficile, e rallento (me stesso e gli altri).
Assumersi la responsabilità di rallentare, di fermarsi, di lasciare è difficile quanto quella di accelerare, di procedere, di continuare.
La nostra società, mi vien da dire, è come un essere con due gambe a pezzi, messe molto peggio della mia, ma che vuole continuare ad avanzare, ad espandersi, a correre, a sentirsi forte e sana.
Che grave e ridicolo errore: trascinare moncherini mentre braccia e colli proseguono a mulinare a vuoto !
Questo penso quando vedo i saldi nelle vetrine.
Trarre le conseguenze, quasi impossibile farlo davvero per quasi tutti quelli che ancora incontro ogni tanto.
Lo scopro ogni volta che parlo (ma ne vale la pena?) con elettori PD.
Più sono stati traditi ancora una volta (e lo riconoscono) e più attendono ancora una volta le elezioni per riandare a votare e rivotare PD .
Ma di quale psichiatra avrebbero bisogno ?
Non molto diverso di quello che dovrebbe curare gli imperterriti elettori dell'altro agente cancerogeno, il sempre sottostimato Berlu.
Accetto di essere zoppo, mi curo con calma, apprezzo uno sguardo sul mondo più lento e goffo, più incapace di fare quel che abitualmente facevo con facilità.
Mi assaggio da vecchio, quando farò con fatica le scale di casa con la spesa, come qualche giorno fa.
Mi preparo, mi educo alla mancanza di me, di un piccolo legamento che mi cambia la vita.
Incomincio a perdere i legami anche dentro di me; forse esagero, mi dico.
Ma non mi allarmo, non lotto, non mi affatico contro la perdita.
Quasi ne godo.
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