ADORNO: Vorrei innanzitutto e molto
semplicemente aggiungere che le difficoltà a causa delle quali gli
uomini aspirano agli esoneri, difficoltà che non nego affatto,il
bisogno, dicevo, che spinge gli uomini a questi esoneri è proprio
l'onere che viene loro imposto dalle istituzioni, dunque da
ordinamenti del mondo a loro estranei e forniti di strapotere nei
loro confronti...E mi sembra che oggi sia addirittura un fenomeno
primario dell'antropologia che gli uomini si rifugino proprio presso
quel potere che fece loro il male di cui soffrono.
La psicologia del profondo ha anche
un'espressione per questo fenomeno, che essa definisce come
'identificazione con l'aggressore'...
GEHLEN: Signor Adorno, siamo ora così
lontani che effettivamente la nostra conversazione è al
termine...Vorrei però farle ancora un appunto. Sebbene abbia la
sensazione che noi si sia d'accordo sulle premesse di fondo, ho
l'impressione che sia pericoloso rendere insoddisfatto l'uomo di quel
poco che gli è rimasto nelle mani in questa situazione del tutto
catastrofica.
(da F.Cassano, L'umiltà del male,
Laterza, 2011, pp.54-5)
Il caro amico Caserini mi ha prestato
questo libro, credo, per consigliarmi maggiore umiltà, e minor
aristocraticismo e narcisismo morale e politico.
E' il consiglio che dà anche il buon
Cassano, non a caso appena entrato nelle fila dei senatori PD (pur
restando uno fra i pochi che val la pena di leggere ed ascoltare).
Il ragionamento è profondo, colto e
sensibile (non è una 'cassanata', insomma), ma non mi persuade più,
per nulla.
Ritengo invece che, davanti
all'impossibilità di praticare una politica democratica e di
realizzare una formazione che riesca a sviluppare dei nuovi
apprendimenti 2, l'unica possibilità che abbiamo (che ho) è quella
di salvare almeno la mia dignità personale, non collaborando col
male, non mescolandomi con le masse ignare e ignave, distinguendomi
il più possibile dal volgo ignorante e sempre più desideroso di
rimozione e menzogna, di identificazione con chi lo domina e lo
blandisce quotidianamente.
Basta con il buonismo e l'umiltà
vischiosa del bene e della bontà, che copre soltanto il nostro
moderatismo e il nostro dissanguato riformismo d'antan.
Meglio assumere le sembianze del
disumano, del malvagio, del cattivo, attraverso l'ironia,
l'aggressività, la passività estrema che disturba e inquieta,
l'incubo catastrofico che turba il quieto sonno dei sedicenti
viventi.
O meglio tacere, assumere la ieratica
ed aristocratica sembianza del monaco, dell'asceta, del sapiente
intoccabile, del filosofo incompreso e inarrivabile.
Il male non è per nulla umile, si fa
beffe dei vari tentativi del bene di ammansirlo, contenerlo, sedurlo,
sublimarlo. Il male è superiore perchè usa le debolezze dell'uomo,
da una posizione di superiorità e di disprezzo.
Ecco perchè vince: perchè è capace
di guerra e di conflitto contro la bontà e la stolida 'comprensione
di tutto e di tutti, sempre'.
Mi pare che, alla fine, Cassano (e
Caserini, e la cosiddetta sinistra...) si rifugino ancora e di nuovo
nella proposta cattolica, di accettazione della fralità umana, di
empatia compassionevole e partecipe, di solidarietà nel dolore e nel
limite.
Tutte fregnacce ottocentesche, molto al
di sotto della Ginestra leopardiana, che almeno partiva dal
riconoscimento del nulla e della catastrofe in cui siamo
ontologicamente immersi.
Chiamarsi fuori vuol dire proprio
questo: non accettare più il male minore, l'adattamento a quel che
siamo e al sano realismo senza utopia, coltivando l'illusione di
umili speranze cantate da Penelope (non quella della tela, purtroppo,
ben altra tempra di donna e di resistente passiva...).
Insomma, grazie per la proposta di
lettura (che consiglio a tutti), ma è inutile insistere: io lì non
ci sono più, non ci sto più.
Io so dove sono. Io non lo so.
Ma sono altrove.
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