'Starò nascosto al mondo', così ha dichiarato il Papa sul suo prossimo futuro.
Ritiro volontario e libero, se non tenessimo conto delle varie condizioni che l'hanno spinto a farlo.
Un Papa absconditus quindi, in un mondo che ha già da tempo fatto nascondere Dio.
Epicuro ci invitava a 'vivere nascosti' già più di duemila anni fa.
Il suo 'lathe biosas' ancora riecheggia fra i filosofi e si fa sempre più attuale.
Ognuno a modo suo si ritira, si ripiega, si ricantuccia, si accoglie.
Non possiamo fare altro che 'stare in raccoglimento', nel disastro che avanza e ci sommerge.
Tempo fa amavo citare un bellissimo brano di Mandela in cui invitava tutti a far rifulgere il proprio valore e ad essere capaci di usare il proprio potere di vivere e di creare.
Oggi mi sento più vicino a quel che Amos Oz fa dire, all'inizio del libro, a Theo (nomen omen), il protagonista di 'Non dire notte' :
Sono le sette di sera e lui è seduto sul balcone di casa, al terzo piano. Guarda il giorno che muore e aspetta: chissà che cosa promette l'ultima luce, che cosa ha in serbo.
Ha davanti il cortile deserto con la sua striscia d'erba, qualche oleandro, una panchina e un pergolato di bouganvillea abbandonato a se stesso.
Il cortile finisce con un muro di pietra su cui si delinea il profilo di una porta successivamente murata....
Oltre il muro si erigono due cipressi. Nella luce della sera hanno un colore che è nero, non verde.
Oltre si dispiegano colline desolate: laggiù c'è il deserto...
Il cielo ingrigisce. Qualche nuvola ferma, una di esse riflette debolmente la luce del sole che cala.
Del resto dal balcone non si vede. Sul muro di pietra in fondo al cortile un uccellino s'agita come se avesse scoperto qualcosa d'incontenibile. E tu ?
Cala la notte. In città si accendono i lampioni e le finestre: fra un lembo e l'altro di buio.
Il vento aumenta e con lui arriva odore di cenere e polvere.
Il chiaro di luna distende una maschera mortuaria sulle colline nei pressi, come se non fossero più colline ma note basse.
Questo posto è per lui la fine del mondo. Non che ci stia male, alla fine del mondo.
Ha ormai fatto quello che poteva fare, d'ora in poi aspetterà...
'E dove dovremmo rifulgere, e a chi serve il nostro fulgore...?', scrive Ezra Zussman nella poesia che apre la raccolta. 'Su tutto è steso un sorriso fiacco sbiadito dolente...', ha scritto poi, in una poesia sulle sere autunnali.
Intanto abbandona il balcone, entra in casa, si siede, posa i piedi scalzi sul tavolino del salotto, mentre le braccia cadono pesantemente ai lati della poltrona, come attratte dal freddo pavimento.
Non accende nè il televisore nè la luce...
Da dentro osserva le colline, attraverso la porta a vetri del balcone e attraverso la cinta di pietre in fondo al cortile. Sente riconoscenza ma non gli è chiaro per che cosa, se non per quelle colline...
Sveglio ma intontito resta seduto in poltrona, come dopo un sonno profondo.
Coglie sì gli immobili nessi fra il deserto e l'oscurità.
Gli altri questa sera si stanno divertendo, combinano, rimpiangono.
Lui dal canto suo si concede volentieri questo momento, che non gli appare vuoto.
Adesso trova giusto il deserto, ha ragione il chiaro di luna.
Davanti a lui, alla finestra, tre o quattro stelle intense sopra le colline.
Sottovoce dice, Ora si respira.
one day baby we'll be old....http://www.youtube.com/watch?v=O-cmMTHQDLI
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