domenica 9 febbraio 2014

precipitando su noi stessi

il carattere delle perone si sviluppa nel tempo? 
nei romanzi, naturalmente, sì: altrimenti non ci sarebbe storia.
ma nella vita ?
a volte me lo chiedo.
cambiano i nostri atteggiamenti, le nostre opinioni, assumiamo nuove abitudini e nuove bizzarrie; ma è un'altra cosa, un fatto più decorativo.
forse il carattere è simile all'intelligenza, anche se raggiunge il suo picco massimo leggermente più tardi, diciamo, tra i vent'anni e i trenta.
dopodichè, non ci schiodiamo più da lì. siamo soli.
se così fosse, si spiegherebbero parecchie esistenze, non vi pare ? nonchè, se il termine non risulta troppo solenne, la nostra tragedia.

da giovane sei in grado di ricordarti la tua esistenza tutta intera.
più tardi la memoria si riempie di toppe e brandelli.
è un pò come la scatola nera degli aerei, che registra quel che accade in caso di incidente.
se non succede nulla, il nastro si cancella da sè.
perciò, se davvero precipiti, è chiaro perchè l'hai fatto; ma se non vai giù, allora il giornale di bordo del tuo viaggio si fa assai meno limpido.
oppure, per metterla in un altro modo.
qualcuno una volta ha detto che i suoi periodi storici preferiti erano quelli in cui tutto precipita, percè significano la nascita imminente di qualcosa di nuovo. 
ha senso questa teoria se la applichiamo alla vita dei singoli individui ?
morire quando sta per nascere qualcosa di nuovo, anche se la novità in questione riguarda proprio noi ? perchè, esattamente come ogni cambiamento storico o politico prima o poi delude, così succede con il diventare adulti. con la vita.
certe volte penso che lo scopo dell'esistenza sia quello di riconciliarci, per sfinimento, con la sua perdita finale, dimostrandoci che, indipendentemente dal tempo che ci vorrà, la vita non è affatto all'altezza della propria fama.

si arriva alla fine della vita, no, non della vita in sè, ma di qualcos'altro: alla fine di ogni probabilità che qualcosa di quella vita cambi.
ci viene concesso un lungo momento di pausa, quanto basta a rivolgerci la domanda: che altro ho sbagliato ?
...c'è l'accumulo. c'è la responsabilità.
e al di là di questo, c'è il tempo inquieto. 
il tempo molto inquieto.

(julian barnes, il senso di una fine, 2011)

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