Uno spettro si aggira in Occidente, lo spettro della guerra.
L'Europa, che era riuscita per qualche decennio ad esportare la guerra (e a vendere le armi) in luoghi lontani ed esotici, da qualche anno ha cominciato ad essere accerchiata, a subire gli effetti boomerang delle sue stesse (non) azioni e (non) scelte.
Gli sbocchi, violenti e tragici, delle cosiddette 'rivoluzioni arabe' in Libia, Siria, Egitto -caratterizzate da una progressiva militarizzazione e clandestinizzazione della lotta, ormai sfociata in una vera e propria guerra civile in cui i civili sono ostaggi della guerra dopo esserlo stati della cosiddetta 'pace'- , stanno lì a ricordarcelo.
Ma ora tocca all'Ucraina, una terra 'europea': la guerra ri-inizia a penetrarci, ad invadere i nostri confini mentali, a rendersi di nuovo possibile tra di noi.
Quel che mi stupisce è la resistenza e la potenza di fuoco dei dimostranti.
Non si tratta più di semplici rivoltosi, ma di organizzazioni para-militari.
E questo renderà inevitabile l'intervento dell'esercito, visto che i manifestanti sono così armati e attrezzati che le stanno dando di brutto alle forze di polizia.
Il che rende sospettosi: su chi ci sta dietro, su quale ruolo stia giocando l'Europa, su dove sta finendo la Russia, etc...
Insomma, per essere il primo esempio di guerra civile europea, lascia già intravedere quale sarà la nostra sorte entro pochi anni, quali le scelte obbligate, gli automatismi, le ambiguità.
Ma noi continuiamo a vivere come se niente fosse.
Come se potessimo vivere per sempre di leggi elettorali, eterne casse integrazioni, insulsi spettacolini mediatici.
E qui, amaramente, sbagliamo.
Quando lo ammetteremo sarà troppo tardi.
Saremo già lì, nel turbine disastroso e avvampante della guerra.
I fuochi di Kiev annunciano questo, per chi vuole ancora guardare.
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