E' raro ritrovarsi soli nella città dove si è vissuti quasi tutta la vita; eppure per me è letteralmente così.
Sto da solo in una stanza per dieci ore al giorno..
Sono ben rifornito di libri...In passato, quando avevamo un appartamento nostro, leggevo tutto il tempo. Compravo in continuazione libri nuovi, più di quanti, lo ammetto, riuscissi a leggerne.
Ma fintanto che li avevo intorno mi davano garanzia di una vita più grande, assai più preziosa e necessaria di quella che ero costretto quotidianamente a vivere.
Nel frattempo mi sta mantenendo Iva, mia moglie. La quale sostiene che non le pesa affatto e vuole che mi goda la libertà...Più o meno un anno fa ho ambiziosamente cominciato a scrivere vari saggi, per la maggior parte biografici, sui filosofi dell'Illuminismo. Ne stavo scrivendo uno su Diderot quando di punto in bianco ho smesso. Ma si dava vagamente per inteso, quando ho iniziato a sentirmi in bilico, che avrei continuato.
Io e i miei amici di Chicago ci siamo man mano allontanati. Non smaniavo di rincontrarli. Forse avremmo potuto superare qualche divergenza. Ma a mio parere si è allentato il legame che ci teneva uniti, e finora nulla mi ha spinto a cercare di ricostruirlo. E così sono molto solo. Me ne sto pigramente seduto nella mia camera, in attesa dei piccoli eventi cruciali della giornata, la domestica che bussa, l'arrivo del postino, certi programmi alla radio, e la sicura, cinica angoscia di certi pensieri. Ho pensato di andare a lavorare, ma non mi va di ammettere che non so come usare la mia libertà e che sono costretto a tuffarmi nella schiavitù del lavoro semplicemente perchè non ho risorse -in altre parole, non ho carattere...
Non posso fare nient'altro che aspettare, o rimanere in bilico, e sentirmi sempre più scoraggiato. Mi è del tutto chiaro che mi sto guastando, sto accumulando un'acredine e un rancore che come acidi divorano le mie doti di generosità e di buona volontà....
Ho iniziato a notare che quanto più attivo diventa il resto del mondo, tanto più lentamente io mi muovo, e la mia solitudine aumenta in proporzione al crescere del baccano e della frenesia...
Di solito sono fin troppo impaziente di trovare una ragione per lasciare la mia stanza. Non appena ci torno inizio a cercarne una. Quando esco non vado lontano. In media, mi muovo entro un raggio di tre isolati. Ho sempre il timore di imbattermi in un conoscente che si mostri stupito di vedermi e faccia domande. Evito di andare in centro e, quando devo, sto ben attento a tenermi lontano da certe strade...
Tuttavia, non sono bravo a trovare ragioni. Raramente esco più di quattro volte al giorno, tre volte per mangiare e la quarta per qualche commissione inventata o per qualche impulso, senza un vero motivo...
Stavo sfogliando 'Poesia e verità' di Goethe quando mi imbattei in questa frase: 'L'odio della vita ha cause sia fisiche che morali...Nella vita tutto il benessere si basa sulla regolare ricorrenza di fenomeni esterni. I cambiamenti del giorno e della notte, delle stagioni, dei fiori e dei frutti, e gli altri ricorrenti piaceri che ci si offrono perchè noi se ne possa godere- sono le principali fonti di piacere della nostra vita terrena. Quanto più siamo disponibili a questi diletti, tanto più saremo felici; ma se questi fenomeni mutevoli accadono e noi non dimostriamo alcun interesse, se rimaniamo insensibili di fronte a tali belle sollecitazioni, ecco che giunge il più doloroso dei mali, il più serio dei malanni- consideriamo la vita un peso insopportabile. Si dice che un inglese si impiccò per evitare di doversi continuare a vestire e svestire tutti i giorni'.
Continuai a leggere in preda a un sentimento inconsueto. Il titolo dell pagina successiva era 'Il tedio della vita'. Proprio così. Il tedio della vita, radix malorum. Seguiva la frase: 'Nulla suscita il tedio quanto il ripresentarsi della passione amorosa'. Profondamente deluso, misi via il libro.
(da Saul Bellow, L'uomo in bilico (Dangling man), 1953)
Domani, Epifania, compio 52 anni.
Un bel regalo ti porta la simpatica vecchietta. Auguri.
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