Al di là della sua
apparenza filantropica e compassionevole, l'idolatria del mondo si
nutre di amoralità assoluta anche rispetto ai propri sedicenti e
tanto sbandierati principi:
-la libertà e
indipendenza del mercato, valore assoluto del liberismo, viene
subito messa da parte appena c'è bisogno di rimettersi a succhiare
dalle mammelle del debito pubblico; ma il mercato non si sosteneva da
solo, non sosteneva tutto con il suo stesso sviluppo, non era capace
di risolvere da sé le sue crisi ? Tutto dimenticato.
-esiste solo
l'individuo, la società è solo una parola vuota, dicevano
convinti della loro a-morale; se gli individui fanno il bene e
producono tanto, questo andrà a favorire tutti e a creare un futuro
radioso per la società intera; ma appena arriva la crisi ecco che
tornano i valori della comunità, i vantaggi del legame sociale,
l'utilità del cooperare e del solidarizzare contro il mostro. Ma è
solo una finzione.
-la
razionalizzazione economico-finanziaria va applicata a tutto, non
c'è nessun valore che la superi, tutto deve essere dimensionato alle
sue esigenze; ma ora ci si accorge di cosa significhi aver tagliato
le spese sanitarie, educative e sociali, per le persone normali e per
i poveri. Ora lo dicono, tra qualche tempo riprenderanno a tagliare
(e ad arricchirsi) come prima.
-il consumo e la
produzione sono valori centrali, inarrivabili ed insuperabili;
ma, nell'emergenza igienico-sanitaria, vanno in secondo piano, almeno
temporaneamente: primum vivere, deinde consumari. In attesa di
riprendere a produrre e consumare come forsennati, chi potrà
ovviamente.
-non vogliamo
immigrati e poveracci nel nostro territorio, urlano in campagna
elettorale; ma ora che servirebbero 700.000 negri nei campi da
sfruttare per raccogliere frutta e pomodori o da sfruttare
nell'industria, chiedono di regolarizzarli tutti di corsa e li
farebbero piegare volentieri al sole sotto i caporali.
Lo
stato-capitalismo è una banderuola a-morale, opportunista o, come
amerebbe dire lui, flessibile.
E' così che va
avanti, sempre capace di riadattarsi a quel che accade, e riadattando
continuamente tutto a sé.
Funziona proprio
come un virus: parassita la nostra vita, ci succhia sino all'osso, e
ci ammazza.
Ma qui -in questo
dolore ed in queste sofferenze così tanto biasimate e così tanto
ricercate- cogliamo soprattutto qualcosa di più profondo e di più
antico rispetto al solo e stanco procedere di errori e decisioni
tecno-politiche a-morali ed opportunistiche.
L'unica morale
conosciuta dallo stato, dal capitalismo, dalle religioni è sempre e
solo quella del sacrificio. E' proprio questa seconda ideologia
dell'a-moralità, fondata sul sacrificio dell'homo sacer, ci insegue
e ci perseguita da millenni, perlomeno dalla fondazione delle civiltà
agricole e delle città.
Il sacrificio di
chi soffre (ma solo simbolicamente attenzione!) al servizio della
società (i nostri governanti, i leader, i funzionari, i
sacerdoti...) e si offre per gestire i nostri problemi e mettersi di
buzzo buono a risolverli, e a cui proseguiamo ad affidarci, volenti o
nolenti.
Il sacrificio di
chi presta la sua opera in prima linea, mandato al fronte da quelli
di cui sopra, spesso senza tutele, come i fanti in Russia, per
trasformarsi mitologicamente in eroi e martiri della patria nei riti
che i capi si inventeranno 'quando tutto sarà passato', ad eterna
memoria della loro e nostra immolazione.
Il sacrificio di
chi subisce tutto questo, sia la malattia che i dispositivi della
cura, e che deve obbedire coscienziosamente e disciplinatamente, per
il suo bene e perchè altri facciano il suo bene ed il bene della
Causa.
Quanto sarebbe
bello vivere le città sgombre, un cielo terso, un tempo senza
lavoro, se non lo facessimo per sacrificio, ma per scelta e per
piacere!
Ma non possiamo.
Possiamo solo obbedire passivamente, nell'acquiescenza più totale.
Anche il piacere
deve essere intriso di sacrificio.
E, in futuro, ci
sentiremo già contenti se potremo andare in ristorante o fare una
passeggiata oltre i 200 metri da casa. Passo dopo passo, saremo
contenti di poco, di sempre meno, di quasi nulla.
Sino a quando anche
questo poco, questo quasi nulla, sparirà.
Perchè quel che
sta accadendo, e soprattutto questo nostro obbedire ed adattarci
senza scampo e senza alternative, ci sta preparando al prossimo
sacrificio di cui questa emergenza rappresenta soltanto la metafora
preventiva, peraltro già ampiamente esplicitata di questi tempi: la
guerra.
La a-morale del
sacrificio ha sempre trovato nella guerra la sua realizzazione
necessaria e completa.
E sta per tornare,
è inutile chiudere gli occhi e girare la faccia, non andrà tutto
bene, per nulla.
La guerra prossima
ventura non avverrà, ad es. tra Cina e Stati Uniti, solo per motivi
di competizione o rilancio economico, che pure esistono e ci saranno,
come sempre, sotto gli alibi 'difensivi' di copertura che sempre sono
serviti per dichiararla e per farla (d'altra parte, anche questa
'guerra al virus' ha trovato i suoi agganci autodifensivi e
giustificatori in un batter d'occhio).
La guerra è e sarà
a breve il passaggio ulteriore inevitabile: ci faranno stare chiusi
in casa, ad attendere che, secondo tradizione, ci bombardino dal
cielo, come nei rifugi di un tempo.
Magari con le bombe
N, quelle che ammazzavano le persone e lasciavano intatte le case e
le banche.
E/o, più
creativamente e con maggiore innovatività, spargendo tra noi
l'effetto di armi batteriologiche, terrorizzandoci con i virus che da
tempo sperimentiamo nei nostri laboratori; immagino che anche l'Isis
possa trarre ispirazioni di questo tipo dagli eventi in corso.
Una bambina di
sette anni ieri ha chiesto a sua madre: 'Mamma, ma noi siamo nel
mondo ?'.
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