giovedì 16 aprile 2020

sacrifismo amorale


Al di là della sua apparenza filantropica e compassionevole, l'idolatria del mondo si nutre di amoralità assoluta anche rispetto ai propri sedicenti e tanto sbandierati principi:
-la libertà e indipendenza del mercato, valore assoluto del liberismo, viene subito messa da parte appena c'è bisogno di rimettersi a succhiare dalle mammelle del debito pubblico; ma il mercato non si sosteneva da solo, non sosteneva tutto con il suo stesso sviluppo, non era capace di risolvere da sé le sue crisi ? Tutto dimenticato.
-esiste solo l'individuo, la società è solo una parola vuota, dicevano convinti della loro a-morale; se gli individui fanno il bene e producono tanto, questo andrà a favorire tutti e a creare un futuro radioso per la società intera; ma appena arriva la crisi ecco che tornano i valori della comunità, i vantaggi del legame sociale, l'utilità del cooperare e del solidarizzare contro il mostro. Ma è solo una finzione.
-la razionalizzazione economico-finanziaria va applicata a tutto, non c'è nessun valore che la superi, tutto deve essere dimensionato alle sue esigenze; ma ora ci si accorge di cosa significhi aver tagliato le spese sanitarie, educative e sociali, per le persone normali e per i poveri. Ora lo dicono, tra qualche tempo riprenderanno a tagliare (e ad arricchirsi) come prima.
-il consumo e la produzione sono valori centrali, inarrivabili ed insuperabili; ma, nell'emergenza igienico-sanitaria, vanno in secondo piano, almeno temporaneamente: primum vivere, deinde consumari. In attesa di riprendere a produrre e consumare come forsennati, chi potrà ovviamente.
-non vogliamo immigrati e poveracci nel nostro territorio, urlano in campagna elettorale; ma ora che servirebbero 700.000 negri nei campi da sfruttare per raccogliere frutta e pomodori o da sfruttare nell'industria, chiedono di regolarizzarli tutti di corsa e li farebbero piegare volentieri al sole sotto i caporali.
Lo stato-capitalismo è una banderuola a-morale, opportunista o, come amerebbe dire lui, flessibile.
E' così che va avanti, sempre capace di riadattarsi a quel che accade, e riadattando continuamente tutto a sé.
Funziona proprio come un virus: parassita la nostra vita, ci succhia sino all'osso, e ci ammazza.

Ma qui -in questo dolore ed in queste sofferenze così tanto biasimate e così tanto ricercate- cogliamo soprattutto qualcosa di più profondo e di più antico rispetto al solo e stanco procedere di errori e decisioni tecno-politiche a-morali ed opportunistiche.
L'unica morale conosciuta dallo stato, dal capitalismo, dalle religioni è sempre e solo quella del sacrificio. E' proprio questa seconda ideologia dell'a-moralità, fondata sul sacrificio dell'homo sacer, ci insegue e ci perseguita da millenni, perlomeno dalla fondazione delle civiltà agricole e delle città.
Il sacrificio di chi soffre (ma solo simbolicamente attenzione!) al servizio della società (i nostri governanti, i leader, i funzionari, i sacerdoti...) e si offre per gestire i nostri problemi e mettersi di buzzo buono a risolverli, e a cui proseguiamo ad affidarci, volenti o nolenti.
Il sacrificio di chi presta la sua opera in prima linea, mandato al fronte da quelli di cui sopra, spesso senza tutele, come i fanti in Russia, per trasformarsi mitologicamente in eroi e martiri della patria nei riti che i capi si inventeranno 'quando tutto sarà passato', ad eterna memoria della loro e nostra immolazione.
Il sacrificio di chi subisce tutto questo, sia la malattia che i dispositivi della cura, e che deve obbedire coscienziosamente e disciplinatamente, per il suo bene e perchè altri facciano il suo bene ed il bene della Causa.
Quanto sarebbe bello vivere le città sgombre, un cielo terso, un tempo senza lavoro, se non lo facessimo per sacrificio, ma per scelta e per piacere!
Ma non possiamo. Possiamo solo obbedire passivamente, nell'acquiescenza più totale.
Anche il piacere deve essere intriso di sacrificio.
E, in futuro, ci sentiremo già contenti se potremo andare in ristorante o fare una passeggiata oltre i 200 metri da casa. Passo dopo passo, saremo contenti di poco, di sempre meno, di quasi nulla.
Sino a quando anche questo poco, questo quasi nulla, sparirà.

Perchè quel che sta accadendo, e soprattutto questo nostro obbedire ed adattarci senza scampo e senza alternative, ci sta preparando al prossimo sacrificio di cui questa emergenza rappresenta soltanto la metafora preventiva, peraltro già ampiamente esplicitata di questi tempi: la guerra.
La a-morale del sacrificio ha sempre trovato nella guerra la sua realizzazione necessaria e completa.
E sta per tornare, è inutile chiudere gli occhi e girare la faccia, non andrà tutto bene, per nulla.
La guerra prossima ventura non avverrà, ad es. tra Cina e Stati Uniti, solo per motivi di competizione o rilancio economico, che pure esistono e ci saranno, come sempre, sotto gli alibi 'difensivi' di copertura che sempre sono serviti per dichiararla e per farla (d'altra parte, anche questa 'guerra al virus' ha trovato i suoi agganci autodifensivi e giustificatori in un batter d'occhio).
La guerra è e sarà a breve il passaggio ulteriore inevitabile: ci faranno stare chiusi in casa, ad attendere che, secondo tradizione, ci bombardino dal cielo, come nei rifugi di un tempo.
Magari con le bombe N, quelle che ammazzavano le persone e lasciavano intatte le case e le banche.
E/o, più creativamente e con maggiore innovatività, spargendo tra noi l'effetto di armi batteriologiche, terrorizzandoci con i virus che da tempo sperimentiamo nei nostri laboratori; immagino che anche l'Isis possa trarre ispirazioni di questo tipo dagli eventi in corso.


Una bambina di sette anni ieri ha chiesto a sua madre: 'Mamma, ma noi siamo nel mondo ?'.




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