Da piccola credevo che la guerra e la pace fossero due
opposti.
Eppure ho vissuto in pace mentre il Vietnam era in
fiamme, e ho conosciuto la guerra solo quando il Vietnam ha deposto le armi.
Credo che la guerra e la pace siano di fatto amiche e si
prendano gioco di noi.
Quando gli piace, quando gli fa comodo, ci trattano da
nemici, senza curarsi della definizione o del ruolo che gli assegniamo.
Quindi, per scegliere la direzione del nostro sguardo
forse non dobbiamo fidarci dell'apparenza né dell'una né dell'altra. Per mia
fortuna ho avuto dei genitori che sono riusciti a conservare il loro sguardo
indipendentemente dal colore del tempo, del momento.
Mia madre mi recitava spesso il proverbio che era scritto
sulla lavagna del suo ottavo anno di scuola a Saigon: la vita è una battaglia
in cui la tristezza porta con sé la sconfitta.
Mia madre ha combattuto le sue prime battaglie tardi,
senza tristezza...
Un tempo, nella vita che aveva perduto, era la
primogenita del padre perfetto...
Passava i pomeriggi a pettinarsi, truccarsi e vestirsi
per accompgnare mio padre alle serate mondane. Grazie alla stravaganza della
vita che conduceva, le era permesso qualsiasi sogno, soprattutto quelli che
faceva per noi. Ci preparava, me e i miei fratelli, a diventare al tempo stesso
musicisti, scienziati, politici, sportivi, artisti e poliglotti.
Tuttavia, poiché il sangue continuava a scorrere e le
bombe a cadere in lontananza, ci insegnava a inginocchiarci come i domestici.
Ogni giorno mi costringeva a lavare quattro mattonelle
del pavimento e a pulire venti fave germogliate, togliendo le radici una ad
una.
Ci preparava alla caduta. Aveva proprio ragione perchè,
ben presto, non abbiamo più avuto il pavimento sotto i piedi...
Mia madre mi metteva spesso in situazioni imbarazzanti...
Ho creduto a lungo che provasse un immenso piacere a
spingermi costantemente sull'orlo del baratro...
Più tardi ho capito anche che sicuramente mia madre aveva
dei sogni per me, ma soprattutto che mi ha dato gli strumenti perchè
ricominciassi a mettere radici, a sognare.
Il giorno in cui ho raggiunto la mia destinazione ad
Hanoi, sono passata davanti a una minuscola stanza che dava sulla strada.
All'interno, un uomo e una donna disponevano alcuni mattoni per creare un
muretto che dividesse la stanza in due.
Giorno dopo giorno il muretto cresceva, fino a
raggiungere il soffitto.
La mia segretaria mi ha raccontato che si trattava di due
fratelli che non volevano più condividere lo stesso tetto. La madre era rimasta
impotente di fronte a questa separazione, forse perchè lei stessa trent'anni
prima aveva eretto muri simili fra i vincitori e i vinti. E' morta durante i
miei tre anni di soggiorno ad Hanoi.
Ha lasciato in eredità alla più grande il ventilatore
senza l'interruttore e al più piccolo l'interruttore senza il ventilatore.
Un proverbio vietnamita dice: Solo chi ha i capelli
lunghi ha paura, perchè nessuno può tirare i capelli a chi non ne ha.
E così, per quanto possibile, cerco di acquistare
soltanto le cose che non superino il limite del mio corpo.
(Kim Thùy, Riva, 2010)
La gente in tv parla del caldo torrido, dell'afa.
Milano come Hong Kong, esclama atterrito il meteorologo.
Le rane che siamo iniziano a sentire odore di lesso ?
Certo il caldo non è il problema peggiore che abbiamo,
direi.
Eppure, solo per qualche vecchietto che ansima e crolla, per
due ghiaccioli in più nel freezer, quanto si chiacchiera...!
Vado al bancomat e lo trovo inattivo.
Ma solo per qualche ora, e ho 50 euro a casa che mi
aspettano.
Penso ai fratelli ellenici, che stanno a guardare la loro
tesserina di plastica, hanno ancora qualche soldo rimasto in banca, ma non
possono neppure ritirarli.
Poveri e risparmiatori: il colmo del calvinismo per un
popolo notoriamente godurioso e spendaccione!
Oggi si vota la Buona scuola, e passerà definitivamente
l'ennesima, pessima sua riforma.
Sparuti manifestanti davanti alla Sovrintendenza scolastica,
a fianco al giardinetto.
'Torna a casa Rentzie, sa bona scola seus nosu', 'Sa bona
scola seus nosu, no sa pinokiara de su guvernu Rentzie', dicono gli striscioni
appesi. Facili (ed autoconsolanti) ironie.
Ed ora ? Pronti a
disobbedire alla legge, o si torna tutti a casa, anzi in aula, zitti zitti, con
la coda tra le gambe, ancora una volta ?
Usque tandem ?
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