E quella delle crisi eclatanti, cataclismatiche, feroci, apparentementre improvvise e immediate.
Ora, in Grecia ed in Europa, le vie parallele si stanno incrociando.
Ieri, un grizzly in uno zoo in Minnesota ha sollevato un masso e l'ha scagliato contro la vetrata, dietro la quale stavano decine di tturisti, infrangendola e facendoli scappare di corsa.
Anche in Grecia il paziente-cavia ha capito che la cura l'ammazza e che i medici sono inesperti e cattivi, soltanto boriosi.
Si va verso l'emergency exit.
Sic exit gloria mundi.
Il nostro crepaccio, mi dico, è stata una bella bolla di fuoco partorita alle 8.46 di una bella mattina di settembre dal ventre di una torre gemella...Il decennio, il secolo scorso, forse il millennio sono cominciati in quel momento, con quell'immagine terribile e memorabile di parto isterico...Ci siamo illusi che si stesse entrando in un tempo dell'avvento, dell'irruzione di accadimenti squassanti che avrebbero strappato la trama degli eventi, portando con sé sciagura e distruzione ma anche rivelazione.
Da quel momento in avanti, tutto ciò che sarebbe potuto
ancora accadere era l'incidente, tutto ciò che poteva essere intentato era
l'attentato, tutto ciò che ci rimaneva da attendere era l'esplosione di una
bomba. Qualsiasi cosa, animata o inanimata, in quel clima da fine dei tempi
sembrava suscettibile di trasformarsi in ordigno esplosivo...Non ci rimanevano
che meraviglia e terrore. Terrore e meraviglia. La storia, appena rimessasi in
marcia, precipitava in fretta verso la sua fine.
Tutto si sarebbe presto compiuto...Avanti di quel passo,
tra un attentato in metropolitana, una mucca pazza e una guerra d'invasione,
per anni abbiamo annunciato ogni giorno la fine del mondo.
Poi, però, un'inversione di rotta. Verso la metà del
decennio le nostre paure hanno conosciuto un cambio di paradigma:
all'apocalisse si sostituiva il declino, alla catastrofe la decadenza. Lo
spettro della fine non si annunciava più
come schianto ma come sfinimento.
Abbiamo smesso di immaginare il futuro...come la
locomotiva impazzita del progresso lanciata verso l'incidente terminale e lo
abbiamo ripensato come un convoglio stanco, deviato a esaurire la propria corsa
su un binario morto.
Anche questa svolta è avvenuta in forma di esplosione
spettacolare, ma era il canto del cigno dello schema esplosivo: a esplodere era
ancora una bolla ma adesso non più bolla di fuoco, bensì bolla speculativa.
Passata la tempesta nel bicchiere d'acqua intossicata, il residuo lasciato sul
fondo era l'autocoscienza del declino. L'Occidente, l'Europa, l'Italia
soprattutto.
Ecco in quali tempi viviamo adesso.
(Antonio Scurati, Il padre infedele, 2013)
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