domenica 26 febbraio 2012

liberarsi della libertà

Far crescere la fiducia, far crescere gli scambi, far crescere i rapporti tra diversi, far crescere la pace...
E pensano di ottenere tutto questo proseguendo a
- proteggerci dal contagio, attraverso la creazione di firewalls che ci separino e salvino dal 'pericolo greco' ! (ma chi ci salva dal pericolo BCE o FMI ?)
-prometterci che 'il rigore genera crescita' (bum!)
- respingere gli immigrati sui barconi, ancor prima di riconoscerli, buttandoli in mare, annegandoli o spedendoli in Libia ! (e almeno, finalmente, la Corte Europea ci ha condannato per questo...)
- metterci gli uni contro gli altri (evasori contro cittadini onesti, garantiti contro precari, vecchi contro giovani...) !
- fare guerra e violenza al mondo, per dominarlo e controllarne le risorse (ma in Afghanistan stiamo arrivando alla resa dei conti, direi...).
Tutto questo solo per coprire il conflitto vero: che è e resta quello di classe, dei ricchi contro i poveri, come è sempre stato e sempre sarà.

Intanto, la democrazia muore.
Intanto, la libertà si rivela nella sua essenza: parola-mito multiuso, inattuale ed inattuabile.
'...Non facciamoci illusioni! Questi due concetti etico-estetici, la libertà e la ragione...non hanno più una bella cera. A poco a poco essi sono andati lentamente 'fuori corso'. La gente non sa più 'che cosa farsene'. Si è lasciato che avvizzissero. Ma questo non fu tanto un successo dei loro avversari, quanto un insuccesso dei loro amici. E non facciamoci un'altra illusione! Noi, o chi verrà dopo di noi, non torneremo a quelle idee così come sono. Il nostro compito, e il senso delle prove che lo spirito dovrà affrontare, sarà invece - questo è il compito dolorosamente promettente, e così raramente compreso, di ogni generazione - attuare il trapasso verso il nuovo- trapasso sempre necessario, e anzi ardentemente desiderato- con le minori perdite possibili!'  (R. Musil, Discorso sulla stupidità, 1937).

E la rivoluzione, dove è andata a finire ? Dove, quando, e se, e come, tornerà ?
Perchè parlare di rivoluzione ? Per il capriccio di contrapporsi al discredito di cui gode oggi questa parola? E perchè no ? E' sempre salutare dare uno scrollone all'ideologia. Ma, a parte questo, non abbiamo la responsabilità d pensare la decisione che si apre alla possibilità stessa di decidere? E qual'è la parola che da due secoli a questa parte ha sorretto, più di ogni altra, questo genere di riflessione? Con quale altra parola sostituirla, dopo due secoli?
Si è detto e ripetuto che la 'rivoluzione' non mette capo a nulla, che peggiora anche le cose. E' vero -ma questo vuol dire tuttavia farsi beffe della storia. La rivoluzione è anche il momento in cui viene alla luce la libertà comune, l'essere-in-comune della libertà. Ed è il momento in cui l'essere, come tale, è consegnato alla decisione. Non possiamo, malgrado tutto, pensare altrimenti questa parola. Le riforme, le conosciamo da lungo tempo, e più ce ne sono e meno cambiamenti avvengono. Mentre la rivolta resta prigioniera della disperazione che la scatena...
Che dire, e che fare, se è comunque vero che noi dobbiamo ancora, nonostante tutto, decidere di rompere col corso precostituito delle cose, tutte già decise. Che dire, e che fare, se l'intollerabile è sempre dinanzi a noi? E se la libertà non fa che diventare sempre più cupa, sempre più sfrenata?...Dopo tutto non è la parola che davvero importa -ma resta il fatto che non abbiamo pensato fino in fondo tutto ciò che 'rivoluzione' dà ad intendere. E soprattutto, resta il fatto che la gente muore di fame, di guerra, di droga, di noia...
La libertà manipolata (dai poteri, dal capitale) potrebbe dare il titolo a mezzo secolo di storia. Pensare la libertà dovrebbe voler dire:sottrarla alle manipolazioni, comprese quelle del pensiero, soprattutto quelle. Il che esige qualcosa che ha il sapore proprio della rivoluzione, anche nel pensiero...La democrazia è sempre meno esposta a critiche e aggressioni esterne, ma sempre più in preda a critiche e disillusioni interne...
Tutto ciò ci riporta alla domanda: che vuol dire, oggi, pensare la 'libertà' ? Vuol dire se non altro, in modo chiaro, che le idee acquisite sulla libertà...sono 'funzionali' a loro volta alle pratiche meno liberatorie di questo mondo spaventoso e disincantato, e sono rese da esso sempre più 'obsolete'...
(J.-L.Nancy, L'esperienza della libertà, 1988).

1 commento:

  1. Penso che bisogna iniziare a pensare ad costruire una società senza governo, dove in armonia La società non si ottiene per mezzo di regole, attraverso diverse leggi o mediante l'obbedienza a qualsiasi autorità.
    Non ci sono padroni, senza servi....... altra cosa importante consiste nel lavorare insieme, o addirittura vivere insieme. Nella nuova società non ci sono elementi per approfittare degli altri, ma per vivere in modo da non ostruire gli altri e ci si aiuta a vicenda in caso di necessità.
    una società in cui vengono prese le decisioni non dall'alto ma dal basso. Perché quello che le persone fanno, insieme o da soli, di solito si svolge nel loro ambiente immediato, a casa o in un sé collettivo che ben si conosce. Questo significa anche che c'è sempre collettivamente il decidere sulle cose che si fanno insieme e che tutto non si basa su considerazioni di profitto.
    Rispetto per la natura e per tutte le essenze che il creato ci ha dato in custodia deve diventare ragione di vita.
    Siamo riusciti a toglierci di dosso le macerie del passato adesso siamo pronti per costruire Le basi per un nuovo Mondo

    RispondiElimina