Da un mese è uscito il nuovo romanzo di Milena Agus, 'Sottosopra', e ieri Mile mi ha fatto l'onore e dato il piacere di conversarne con lei, in pubblico, alle Zunch Towers dell'Unione Sarda.
Una donna umile, Annina, vive in un bugigattolo al piano di sotto e vorrebbe salire ai piani alti, magari per amore. Per amore di Mr Johnson, che sta al piano nobile, quello di sopra, grazie alla sua carriera di musicista famoso e alla sua ricca moglie, donna molto distante da lui, sia fisicamente (ritorna a casa solo a metà romanzo), sia mentalmente (vive il marito come un alieno, ormai da tempo...).
Lui, infatti, ha rinunciato a carriera e successo e cerca di vivere libero e tranquillo, riparato e lontano dal mondo e dalla pubblicità, e soprattutto dal far soldi.
Un de-crescente volontario, come si direbbe oggi.
Inevitabile, per me, tentare di questi tempi una lettura 'divergente' del testo come se ci trovassimo di fronte ad un 'romanzo sociale' (che va a comporre una trilogia 'sociale', con i precedenti 'Il vicino' e 'La contessa di ricotta').
La stessa Alessandra Menesini (assente per influenza) sulle pagine del suo quotidiano aveva parlato di 'racconti gentili sopra uno strato di ferocia'.
Il parallelo diretto, e provocatorio, è stato con 'Il popolo dell'abisso' di Jack London, in cui l'autore si veste da povero e prova a vivere insieme ai barboni di East End a Londra, nel 1902.
Nel capitolo 'La discesa', scrive:
Da nessuna parte, nelle vie di Londra, si può sfuggire allo spettacolo della povertà più abietta...Ma la regione in cui si addentrava la mia carrozza non era che una miseria senza fine. Nelle strade formicolava una razza a sè, gente di piccola statura, d'aspetto pietoso, la maggior parte ubriachi di birra...Davanti a un mercato, vecchi d'ambo i sessi, barcollanti, frugavano nella spazzatura per cercarvi patate marce, fagioli e altre verdure di scarto. Come uno sciame di mosche intorno a un paniere di frutta marcia, ragazzetti tuffavano le loro braccia, fino alle ascelle, in luride cloache, per levarne chissà quali rifiuti, che divoravano avidamente....Per la prima volta in vita mia, sentivo la paura della folla impadronirsi di me. Era come la paura del mare. Tutta quella miserabile moltitudine che sfilava, una strada dopo l'altra, mi appariva come i flutti dell'oceano, immenso e nauseabondo, che mi stringeva da ogni lato, minacciando di ballare sopra di me e di inghiottirmi...
Nel suo giro successivo, London si veste da povero e gira a piedi, come uno di loro.
Nei miei stracci, ora, sfuggivo alla peste delle mance e potevo dar di gomito agli altri uomini, su delle basi di uguaglianza completamente nuove. Anzi, alla fine della giornata, le parti si erano invertite. Ero io che dicevo un 'grazie' riconoscente a un signore che mi aveva dato da tenere le briglia del suo cavallo, e che, in ricompensa, aveva lasciato cadere un penny nella mia mano avida...Nelle stazioni della metropolitana adesso, prima ancora che avessi manifestato le mie intenzioni, mi tendevano subito un biglietto di terza classe...Per la prima volta entravo in contatto con le classi popolari inglesi, e imparavo a conoscerle dal vero. Quando, agli angoli della strada o nei pub, discorrevo con dei vagabondi o con degli operai, mi parlavano da uomo a uomo, con naturalezza e senza secondi fini. E quando, finalmente, penetrai nell'East End, fui ben felice di constatare che quella paura della folla, già da me provata, non mi preoccupava più. Ero diventato parte di essa. Il vasto e maleodorante oceano, in cui ero entrato, si era richiuso sopra di me. E la sola sensazione sgradevole che provavo, era la maglia da fochista che continuava a rasparmi la pelle.
Mile è convinta che, se noi entriamo a contatto e conosciamo direttamente qualcuno, iniziamo a frequentare i nostri 'vicini', potremo sempre trovare in loro qualcosa di buono ed anche di straordinario, qualcosa da raccontare.
In barba a tutti i manuali di psicologia interculturale, la sua lingua gentile ci invita a cercare sempre l'angelo che è dentro gli stronzi che siamo.
E a vederlo.
Senza rimuovere lo spiacevole, il doloroso, il disperante, ma -appunto- oltrepassandolo e trasfigurandolo in una visione più alta e dolce, da fiaba (nel senso che a questa parola davano i Grimm e Andersen, non i sentimentalisti di oggi...).
Ho voluto dedicare, infine, a Mile (si parva licet) un piccolo brano che è stato scritto, da Roberto Galaverni, per Wislawa:
La piccola magia di ogni sua cosa passa proprio di qui: l'intensità e la vitalità che possono essere attributo di ciò che è comune. Questa scrittrice possiede un suo particolare genio della normalità, così per lei il cosiddetto 'ordinary man' è colui che può diventare il luogo o il conduttore di qualcosa di straordinario. Credo del resto che proprio dal nesso felice tra normalità ed eccezionalità siano anzitutto derivati il riconoscimento e la condivisione davvero inusuali dell'opera di questa scrittrice.
Durante questi convegni solo in tè va in calore.
La gente siede sulle sedie, muove le labbra.
Ognuno accavalla le gambe per conto proprio.
Un piede tocca così il pavimento,
l'altro ciondola liberamente nell'aria.
Solo ogni tanto qualcuno si alza,
si avvicina alla finestra
e attraverso una fessura delle tende
scruta furtivo in strada.
(da Un parere in merito alla pornografia)
E' stata una bella serata, direi.
Siamo un duo comico di buon livello: ognuno dei due sa ridere dell'altro, con grazia.
Il resto l'ha fatto Mile, con la sua disarmante, impacciata e luminosa capacità di essere mai più nè meno che se stessa.
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