venerdì 23 dicembre 2011

solitarietà

In queste Feste (feste?) mi dibatto ancor più, banalmente, tra socializzazione (desiderata ? forzata? inerziale ?) e voglia di star da solo (volontaria ? coatta ? esagerata ? sana ?)...
Concludo in bellezza, ed in coerenza perfetta, l'anno trascorso.
Nulla accade, da tempo, che almeno incrini questa eccelsa mia perfezione.

Traggo da 'Le strade di Quoz', nuovo libro di W. Least Heat-Moon, due pensieri sul tema:

'Sono convinto che la nostra felicità esiga che ci si debba continuare a mescolare col mondo, che ci si tenga al passo con lui mentre si muove...Dal 1793 al 1797 rimasi chiuso in casa, non vidi nessuno tranne chi veniva a trovarmi, e alla fine divenni molto sensibile all'effetto pernicioso che ciò aveva sul mio stato mentale, e alla sua diretta e irresistibile tendenza a rendermi inadatto alla società e a disagio quando dovevo per forza frequentarla...(Thomas Jefferson, a pagina 63).

'Lì dentro, Rhene, la Donna Capra, scomparve di fatto per le successive due decadi, in compagnia di una tribù di capre che adorava e che quasi sembrava non distinguere dalle persone...Il ritiro di Rhene in un camion modello T rinchiuso in un reconto per le capre fu così improvviso e totale che la gente del villaggio cominciò a chiedersi se la sua reclusione non fosse quella di una prigioniera...No, disse lo sceriffo alla gente, la Donna Capra non era obbligata; per quanto aveva potuto determinare, l'isolamento era avvenuto di sua volontà...Chi abita in un villaggio è inevitabilmente, in maniera inestirpabile, presente in un modo o nell'altro e, dato che non c'è niente di più lampante del tentativo di scomparire, è impossibile passare inosservati; il meglio che un eccentrico possa sperare + semplicemente la solitudine...' (pag.89).

E, a proposito di signore e signori festaioli, ritrovo oggi in Grazia Deledda questo dialogo tra pastori:

'I signori! Cosa credi che sieno i signori? Uomini come noi. E che credi che siano contenti ? Un corno!...Al posto di quei signori che ti sembrano felici  -se tu sapessi cosa bolle nella loro pentola - tu non ti ci vorresti neppure morto. Dietro i loro giochi c'è un mostro che li divora: sono deboli e malati di corpo, e vili e miseri d'anima. Sono pieni di debiti, di cure e di ansie, e il loro riso è come il tinnìo argentino di un piatto già rotto e che pur sembra nuovo...
Suonano, suonano! Ah, figli del cuore mio! Suonano come ronza la mosca in autunno quando sta per morire...' (Il vecchio della montagna, p.57).

In questo vecchio volume di famiglia, ho ritrovato un segnalibro di fiori essicati, appartenuto a mia madre, utilizzato da lei negli anni in cui io nascevo. Santo Natale !

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